domenica 25 maggio 2014

"In Europa un'Italia pulita, democratica, giusta"

Il Partito Comunista Italiano di Enrico Berlinguer nelle elezioni europee del 17 giugno 1984 conquistò 11.714.428 voti, pari al 33,33%, e 27 parlamentari. Superò i consensi ottenuti dalla Democrazia Cristiana.
Trent'anni dopo, è impressionante l'attualità delle questioni affrontate alla vigilia di quel voto, dal Segretario del PCI, in una intervista rilasciata a Genova il 7 giugno, ventiquattro ore prima del malore che, a Padova, lo avrebbe ucciso.

Si parte con l'appello alla partecipazione per "contribuire a dare più forza a coloro che lottano per cercare di cambiare lo stato delle cose"; si prosegue con l'importanza di "costruire un'Europa politica, fattore di distensione e di cooperazione internazionale"; si chiede di "portare in Europa l'immagine e la realtà di un Paese più pulito, più democratico e più giusto". Si ricorda che "le elezioni cadono in un momento cruciale della vita politica italiana" e "possono finalmente aprire la strada a Governi che guardino agli interessi generali e non siano caratterizzati dalla conflittualità continua fra i partiti della maggioranza e fra le loro fazioni".
Il Fatto Quotidiano, con la giornalista Teresa Tacchella, ha pubblicato i passaggi più significativi.

Genova. 7 giugno 1984: mancano 10 giorni alle elezioni europee...
Chi ha più anni ed ha sofferto la guerra guarda con speranza all’Europa, tra i più giovani c’è invece indecisione, sfiducia, scetticismo.
Una sfiducia che può tradursi in astensionismo, cosa risponde Enrico Berlinguer a questi cittadini?
È comprensibile, afferma, che ci siano dei fenomeni di sfiducia data la condizione del nostro Paese, il modo in cui è stato ed è governato. Tuttavia, pensiamo che non votare significhi lasciare il campo libero ai responsabili dei guasti di cui soffre l’Italia e dei problemi non risolti che sono all’origine della sfiducia dei cittadini. E quindi, noi pensiamo che si debba votare e che il voto possa esercitare un’influenza sulla vita del Paese, possa contribuire a dare più forza a coloro che lottano per cercare di cambiare lo stato delle cose”.
Ma al voto europeo viene attribuito un significato pieno di incertezza. Secondo lei qual è la posta in gioco?

Prima di tutto, la questione della “unità politica” dell’Europa. È proprio dalle file del gruppo comunista che è venuta la proposta più innovativa che sia stata fatta nel corso di questi cinque anni di vita del parlamento europeo eletto: la proposta di Altiero Spinelli che rappresenta una via d’uscita alla crisi che attraversa la Comunità Europea. Spinelli propone, infatti, di passare da un semplice “mercato comune” a una “unificazione politica dell’Europa” e di spostare l’asse del potere dai governi che hanno fatto soltanto praticamente dei compromessi fra di loro, al Parlamento Europeo eletto a suffragio universale dai popoli della Comunità Europea. Questa è la prima questione che direttamente concerne il futuro dell’Europa. Tuttavia, le elezioni cadono anche in un momento cruciale della vita politica italiana. Esse possono dare un’indicazione, manifestare una volontà dell’elettorato, nel senso di contribuire a porre fine all’attuale situazione che, contrariamente a quello che viene predicato dai partiti al governo, è di assoluta ingovernabilità. Possono finalmente aprire la strada a governi che guardino agli interessi generali e non siano caratterizzati dalla conflittualità continua fra i partiti al governo e fra le loro fazioni.
C’è un rapporto stretto fra il voto europeo e la situazione politica italiana?
Certo. Soprattutto nel senso che dobbiamo portare in Europa l’immagine e la realtà di un Paese che non sia caratterizzato dalla P2, dalle tangenti, dall’evasione fiscale e dalla iniquità sociale qual è quella che si è vista col decreto che taglia i salari, per portare invece nella Comunità Europea il volto di 

un Paese più pulito, più democratico, più giusto.
Ma quale pace si può costruire?
La pace è la pace. E oggi significa evitare che l’umanità possa precipitare nella guerra atomica e nucleare che significherebbe la fine della civiltà umana. Anzi, come dice Alberto Moravia che si presenta come candidato indipendente nelle nostre liste, la fine della stessa specie umana. Per la pace oggi si lotta soprattutto opponendosi alla corsa al riarmo che è in pieno svolgimento fra le due massime potenze, cercando la soluzione politica dei conflitti che sono aperti in varie zone del mondo; cercando di far sì che l’Italia e l’Europa agiscano come fattori di distensione e di cooperazione sul piano mondiale.
Dalle domande dei cittadini emergono altri due argomenti al centro del dibattito politico: la disoccupazione giovanile e le pensioni.
Le sorti della gioventù sono in gran parte legate al futuro della Comunità Europea, perché se l’Europa continuerà a decadere, a perdere punti rispetto agli Stati Uniti e al Giappone, il numero dei disoccupati crescerà inevitabilmente. Oggi ci sono 13 milioni di disoccupati nei 10 paesi della Comunità Europea e l’Italia è forse il paese che ha la percentuale più alta. Quanto ai pensionati noi ci siamo sempre battuti e continueremo a batterci per i loro diritti e le loro rivendicazioni, contro la sordità dei governi. L’attuale governo non è stato ancora in grado di presentare un progetto di riforma e di riordino del sistema pensionistico. 

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1 commento:

  1. Con i problemi del paese siamo ancora a quel punto!
    Con i portafogli e i diritti degli italiani sicuramente no.
    C'è chi lo ha ingrossato e chi assottigliato. I più.
    Carlo

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