sabato 12 ottobre 2019

Missione (quasi) zero sul clima

Bologna, la sfida è il Passante di Mezzo. Se c'è emergenza clima ... (10 ottobre, ore 8,10)

















Il cosiddetto «decreto clima» è un insieme di incentivi il cui effetto sul clima – cioè il taglio di emissioni di gas serra – è assolutamente marginale. Oltre la metà dei fondi disponibili è destinata alla promozione della mobilità pubblica e per l’acquisto di biciclette, il che è di per sé condivisibile, ma è ben lungi dal delineare una politica coordinata oltre a non essere quantitativamente significativo.
Le parti qualificanti della proposta iniziale – un comitato interministeriale sul clima per valutare l’effetto sulle emissioni delle diverse politiche e misure e il ruolo del Cipe per armonizzare la strategia nazionale sul clima, in corso di elaborazione, con la programmazione economica – e la progressiva riduzione dei sussidi alle fossili, rimandata alla legge di bilancio, sono stati estromessi dal testo finale.
Questi aspetti per così dire «istituzionali» sarebbero stati in effetti una svolta e la questione di un «governo delle politiche» mirate agli obiettivi climatici rimane un tema irrisolto. 
Ci possono essere ovviamente diverse soluzioni, ma la proposta annunciata è stata soppressa, dunque siamo a zero.
Prendiamo la misura più importante, i 255 milioni destinati all’acquisto di bici e abbonamenti per chi rottama ciclomotori a due tempi e auto fino a Euro 3 (ma già in alcune città si proibiscono gli Euro 4): che effetto potranno avere? Non sappiamo se il ministero abbia fatto una stima sul taglio della CO2 legata al decreto: questo andrebbe fatto su tutte le misure di tutti i ministeri che hanno impatto sulle emissioni di gas serra, e il ministero dell’ambiente dovrebbe dare l’esempio allegando una valutazione trasparente dei decreti.
Per una stima dell’ordine di grandezza, possiamo valutare che in media eliminare dalla strada un’automobile significa tagliare 1 tonnellata circa di CO2 all’anno, dunque stiamo parlando di un ordine di grandezza di 170 mila tonnellate di CO2 (supponendo nulle le emissioni da mezzi pubblici usati in alternativa, il che ovviamente non è) rispetto ai quasi 428 milioni di tonnellate emesse nel 2017. Dunque, se «la nostra casa brucia» – per dirla con Greta – il governo ha approvato l’acquisto di un piccolo innaffiatoio da balcone.
Del resto, il contesto generale delle politiche italiane sul clima è deprimente: mentre le emissioni di gas serra che sono in controtendenza e nel 2019 tornano a crescere, anche per il blocco delle rinnovabili di questi anni, il governo italiano non vuole firmare la lettera degli otto Paesi europei che chiedono maggiore ambizione per gli obiettivi 2030 (taglio del 55% sul 1990). Allo stesso tempo, il ministro Patuanelli difende l’attuale proposta di Piano energia e clima, mero aggiornamento della Strategia Energetica Nazionale di Calenda, che è troppo poco ambiziosa e che mantiene il gas naturale al centro della strategia: con questa sarà impossibile azzerare le emissioni di CO2 al 2050, obiettivo dichiarato dal governo.
E’ di questi giorni la notizia che in Svezia è stata bocciata l’autorizzazione a un nuovo terminale di Gnl (gas naturale liquefatto) sulla base di considerazioni climatiche: se il gas naturale è meglio del carbone, rimane una fonte fossile e dunque bisognerà progressivamente ridurne l’utilizzo. Se, invece, si continuano a costruire nuove infrastrutture per il gas di fatto si stanno creando futuri «stranded asset», investimenti poi non recuperabili. Se poi i «gas rinnovabili» – come il biogas o gas di sintesi a partire da energia solare – avranno un ruolo, le infrastrutture esistenti bastano e avanzano.
L’Eni, la più importante industria nazionale del settore, attivamente impiegata in una campagna di comunicazione «sostenibile«, è in realtà uno dei principali ostacoli a tradurre gli obiettivi di una seria politica climatica in politica industriale. L’altro grande assente è Fca, in netto ritardo sugli investimenti necessari all’auto elettrica. Nel frattempo, il governo sul clima fa solo propaganda.

Giuseppe Onufrio, direttore Greenpeace Italia, il manifesto, 12 ottobre


Primo: ridurre il numero di veicoli ed autocarri contemporaneamente in circolazione.
Via San Donato, ore 8,20, direzione centro: la colonna di mezzi è ferma nonostante "il verde"




Secondo: razionalizzare l'uso delle strade esistenti.
A14 - Tangenziale, ore 8,28: le 12 corsie possono essere meglio utilizzate (senza portarle a 16-18)
Terzo: curare le manutenzioni.
Il cemento e l'asfalto (qui il ponte di San Donnino) si sgretolano ...













Quarto: regolamentare il traffico pesante.
TIR ed autoarticolati sono "fuori controllo" e pericolosi ...
(dal ponte di San Donnino, 12 ottobre, ore 8,30)































Contemporaneamente: investire nelle infrastrutture Ferrovie regionali
e nel SFM bolognese, ancora ad un solo binario!
(Qui la Bologna - Portomaggiore, cadenza solo diurna ed ogni 30', nonostante i nuovi insediamenti)













Investire nei treni: ancora assolutamente inadeguati a fronteggiare la domanda presente e potenziale
(Qui la stazione Bologna San Vitale, ancora senza biglietteria automatica)











Investire nella mobilità sostenibile, programmata ed integrata:
trasporti collettivi e condivisi, percorsi ciclabili protetti e sicuri
(ore 8,40, in coda a San Donnino)


Mentre sui quartieri della periferia nord - est volano sempre più aerei,
con il carico di rumore e smog ...
Effetto di uno sviluppo continuo del Marconi, senza limiti e coordinamento




A Bologna, in Comune, manifestano centinaia di cittadini
(sabato 12 ottobre 2019)
















Tante mamme e nonne dalla Pescarola, dal Navile, da San Donato e San Vitale ...



















Uniti nella lotta ...




... con amarezza, ironia, determinazione. E' ora di conversione ecologica!
Se non ora, quando

6 commenti:

  1. Per la prima volta gli incentivi (modesti) sono per la rottamazione dalle auto più inquinanti ai trasporti pubblici e alle bici.
    Un passo avanti.
    Non compiuto in una necessaria selezione delle grandi opere pensate dai precedenti governi e ribadite da Paola De Micheli, ora a capo del MIT. Tra queste devastanti infrastrutture stradali ed autostradali. Una follia antistorica.
    Ciao!

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    1. Tutto vero.
      Il fatto è che "l'emergenza climatica ed ecologica" richiede misure forti di conversione dello sviluppo e delle "abitudini" consolidate.
      Fin qui, le risposte sono assolutamente inadeguate.
      Gianni

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  2. Caro Gianni, il decreto clima era già timido adesso sembra completamente svuotato.
    Il giudizio dei giovani di Friday For Future Italia, (meno sprovveduti di quello che si può pensare rispetto alla loro giovane età) con i quali Costa aveva detto di voler aprire un rapporto preferenziale, non sono per niente soddisfatti e in una nota sulla loro pagina Facebook evidenziano: «Dopo diverse settimane di trattative, il Consiglio dei Ministri ha approvato il DecretoClima proposto dal min. Sergio Costa. Alcune bozze circolate nei giorni scorsi avevano fatto ben sperare: si parlava di taglio ai sussidi a combustibili fossili, di un Comitato Interministeriale sui Cambiamenti Climatici, di un Cipe “verde”. Ebbene, per ora non ce n’è nessuna traccia: il primo è stato rinviato alla prossima Manovra di bilancio; gli altri due sono spariti. Non è sicuramente questa la radicalità che serve oggi per affrontare la crisi climatica».
    Gianni ma tu pensi che ci sia un modo più forte per farci sentire? Temo che in Italia le grandi manifestazioni siano solo un ricordo...

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    1. Di grandi manifestazioni ne abbiamo recentemente riviste proprio grazie a Fridays for Future ...
      Penso siano molto importanti. Un vento nuovo e positivo.
      Una utile sveglia per chi vuole ascoltare!
      E' chiaro che non bastano. Che questa cultura deve sostanziarsi in progetti coerenti, iniziative mirate, diverse priorità da parte di Governi ed Amministrazioni locali e regionali.
      Personalmente, per sciogliere nodi controversi rivaluterei anche i referendum popolari e nuovi strumenti di consultazione democratica.
      La sfida deve essere più alta, coraggiosa, ambiziosa.
      Penso che molte delle cosiddette "grandi opere" siano condivise al massimo da consistenti minoranze.
      Un esempio? Il Passante di Mezzo di Bologna. E' vero molti denunciano il tempo perso in Tangenziale ... Ben altro è convincere la maggioranza dei cittadini e degli elettori che potenziare questo grande asse viario fino a 16-18 corsie sia "la priorità per Bologna e per l'Emilia Romagna" come continuano imperterriti a sostenere Merola, Bonaccini, Donini e De Micheli.
      Gianni

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  3. Conte - Costa delusione.
    Di Maio e C. hanno abbandonato gli impegni radicali di cambiamento.
    Bonaccini - De Micheli irremovibili sulle loro vecchie tesi.
    I fatti ed i movimenti sociali non interessano?
    Possibile?

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    1. Prevale sicuramente una profonda inadeguatezza.
      Nelle attuali maggioranze politiche come nelle minoranze che addirittura negano "l'emergenza climatica ed ecologica".
      Tuttavia è questo il tempo per battersi in direzione di un cambiamento radicale.
      I movimenti culturali e sociali possono incidere. Già qualcosa si è mosso ... Molto di più si impone per il comune futuro.
      Servono argomenti, partecipazione, elaborazione, sintesi nuove e più avanzate.
      Gianni

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