domenica 8 ottobre 2023

Un popolo che sottomette un altro popolo ...

La polizia israeliana evacua una donna e la figlia a Ashkelon - Ap/Tsafrir Abayov










Le sirene che mi hanno svegliato ieri mattina erano accompagnate dalle concitate notizie che alla radio parlavano di forze armate entrate in Israele. Cercare di decifrare ciò che la radio diceva, era parte della cosa più importante: sapere cosa stava succedendo a familiari e amici. Molto presto la mattina, le mie nipoti sembravano liete di trovarsi in una stanza protetta che rende la vita un po’ più sicura in caso di attacco, mentre al sud un’amica mi diceva di sentirsi terrorizzata.

Si trovava nella sua stanza blindata, con la porta ben chiusa, ma senza sapere se le voci che si sentivano provenire dael resto della casa fossero di soldati israeliani o di palestinesi. A Sderot, una città a tre chilometri dal college nel quale ho insegnato negli ultimi 25 anni, i palestinesi sono entrati nella stazione di polizia e hanno ucciso tutti i presenti, poliziotti o civili, vittime che si sono aggiunte ad altri che sono stati uccisi o presi in ostaggio. Più tardi mi è stato comunicato che l’intera famiglia di uno dei nostri studenti è stata massacrata. Una delle nostre insegnanti si sta riprendendo a fatica dal trauma dell’attacco al suo kibbutz vicino alla Striscia di Gaza.

Al momento in cui scriviamo in questo sabato sera si parla di 150 morti, civili o membri delle forze armate, e di circa 1000 feriti. Decine di israeliani, soldati e civili, fatti prigionieri e portati nella Striscia di Gaza. È probabile che queste cifre tragiche aumentino nelle prossime ore.

Mentre le sirene di allarme ci avvertivano di oltre 2200 missili lanciati soprattutto verso la parte meridionale del paese, radio e televisione trasmettevano il timore che attacchi missilistici diffusissimi e distruttivi avrebbero presto colpito l’intero paese. L’ombra degli Hezbollah libanesi e forse dell’Iran si profilava più grande che mai.

Di fronte all’enorme numero di vittime fra soldati e civili, oltre agli ostaggi a Gaza, lo stupore: come è possibile essere stati presi così alla sprovvista? I migliori servizi segreti del mondo, il miglior esercito… Miliardi investiti in ogni genere di protezioni che dovevano impedire le incursioni sotterranee del passato recente. Tanti progressi tecnologici, telecamere sofisticate a disposizione di abili soldati e soldatesse, in grado di individuare ogni possibile attacco del nemico.

Nelle ultime settimane le discussioni su un possibile attacco di Hamas sono state dominate da due questioni chiave: Hamas esprimeva un interesse crescente per il miglioramento della situazione economica nella Striscia di Gaza, mentre cercava di assicurarsi un posto nella difficile questione di un accordo tra Arabia Saudita e Israele favorito dagli Stati uniti. Per la leadership israeliana questa sarebbe la «pace» ideale: insieme all’Arabia saudita e ad alcune concessioni poco rilevanti ai palestinesi, non solo poter ottenere una presunta pace regionale, ma anche garantire la sopravvivenza del vergognoso governo di Netanyahu e dei suoi alleati di estrema destra.

E i palestinesi? Beh, per loro un po’ più di soldi da parte dei sauditi e del Qatar. E chi parteciperebbe ai negoziati? Abu Mazen, l’Olp, Hamas? Hamas nei negoziati? E l’influenza dell’Iran?

La «sorpresa» della guerra del 1973 è ancora oggi oggetto di discussione. I commentatori più esperti ci promettono che l’enorme sorpresa di oggi dovrà essere attentamente studiata. Sì, ma rimane la questione essenziale: il paradigma dominante. I migliori servizi segreti, il migliore esercito, quando ancora oggi si celebra una concezione basata sull’occupazione dei palestinesi, sul terrore di Stato, e noi che «siamo i più morali», e gli altri che esercitano un «terrore disumano».

Un popolo che sottomette un altro popolo non può essere libero e la barbarie della leadership israeliana non ci porterà mai a un miglioramento della situazione. Nei prossimi giorni le forze armate israeliane cercheranno di «cancellare l’affronto», mentre gli ostaggi israeliani saranno, forse, l’unico freno possibile alla furia di domani.

Zvi Schuldiner, il manifesto, 8 ottobre


Torna la guerra infinita del Medio Oriente: missili, bombe, morti, diritti negati da decenni ...













Israele / Palestina. Basta retorica, trent'anni dopo Oslo.

La guerra non ha quasi mai una colpa sola e neppure l’ultima risolverà nulla. Ma smettiamola di fare della retorica su Israele e Palestina. Da una parte i “regolari” che hanno uno Stato, dall’altra dei “terroristi” al quale vorremmo darne uno ma alla nostra maniera, una sorta di prigione a cielo aperto come la Striscia di Gaza. Se ne era parlato molto in queste settimane mentre si moltiplicano le ipotesi di un accordo storico tra Israele e Arabia Saudita, un altro segnale che il baricentro del mondo arabo si spostava verso il Golfo.

Trent’anni dopo gli accordi Oslo, con il Patto di Abramo voluto da Trump, l’apertura delle relazioni diplomatiche tra Riad e Tel Aviv avrebbe potuto dare forse, nella migliore delle sole ipotesi, il via alla nascita dei due stati, di cui uno palestinese foraggiato dall’Arabia Saudita che ne avrebbe dovuto essere il garante internazionale. Lo scrivevano giornali informati come il «New York Times». Una fuga in avanti che poteva sembrare anche esagerata.

E soprattutto emergeva una domanda: cosa ne pensano i sia pure assai divisi palestinesi? La loro opinione che fossero di Gaza o della Cisgiordania dei territori ancora occupati in violazione del diritto internazionale, non era contemplata. Perché? Perché in Medio Oriente è importante non chiedere la loro opinione, ma costruire la narrativa che deve portare una parte politica, un avversario o un nemico alla resa o al consenso, senza troppo discutere. Prendere o lasciare. Ed ecco che il coro europeo segue, privo di un copione, di conoscenze, persino di buonsenso. Poi chiedetevi perché fuori c’è, ancora, la guerra.

Alberto Negri, il manifesto, 8 ottobre


 La prima pagina di Repubblica e l'editoriale del direttore Maurizio Molinari "Gli obiettivi del Terrore" ... (8 ottobre 2023)




... "due campi opposti in Medio Oriente: quello di chi cerca una pace regionale per comporre il secolare conflitto arabo - israeliano e quello di chi invece vuole perpetuarlo, credendo solo nella guerra" ... (la Repubblica, 8 ottobre)


Le tesi dello "storico" Paolo Mieli sul Corriere della Sera ... (8 ottobre)


... "apparentemente non c'è nessuna connessione tra gli accadimenti ucraini e quelli israeliani. Ma è solo apparenza. Sergio Mattarella l'altro ieri ha evocato il clima che precedette lo scoppio della Seconda guerra mondiale ... L'Europa non si accorse e cedette, cedette, cedette" ... (8 ottobre)


La prima pagina di Avvenire e l'editoriale di Andrea Lavazza "Terrorismo, risposte, obiettivi di pace: ferita inattesa, scenario fosco" ... (8 ottobre)


... "dobbiamo constatare che il nodo palestinese è stato trascurato colpevolmente dalla comunità internazionale e i frutti velenosi di quella disattenzione si sono schiusi senza preavviso. Israele ne paga ora un alto ed inaccettabile prezzo, che chiede e merita totale solidarietà. I lutti potrebbero moltiplicarsi se non si sperimenteranno nuove vie di pace vera e duratura che tolgano spazio ai fondamentalisti che che soffiano sui fuochi dell'odio". (8 ottobre)


Il Fatto Quotidiano titola "La guerra mondiale a rate: ora tocca a Israele e Hamas" ... (8 ottobre)


Scrive Raniero La Valle su il Fatto Quotidiano "Guerra: perché le parole di Mattarella sono gravi" ... (8 ottobre 2023)






3 commenti:

  1. È boom della produzione di armi! Le vittime siamo tutti noi.
    s.

    RispondiElimina
  2. Una storia infinita di vendette e rappresaglie. Chi costruisce la convivenza?
    Raffa

    RispondiElimina
  3. A me pare che prevalgono da ogni parte i peggiori istinti.
    ☆☆☆

    RispondiElimina