No Merola. Per la salute, investire nei trasporti

Bologna e l'Emilia soffrono di inquinamento.
Da oltre dieci giorni consecutivi le polveri sottili superano i valori di allarme fissati dalle autorità competenti (vedi ARPA).
È colpita la salute dei cittadini.
Prevenire sarebbe decisivo per ridurre tanto le malattie (in particolare di bambini ed anziani), quanto la spesa sanitaria (attuale e, soprattutto, futura).

Ma la prevenzione non è priorità delle classi dirigenti del nostro paese (grandi imprenditori, manager, banchieri, burocrati, potenti della comunicazione, capi partito ...) e delle politiche del Governo LettAlfano, in assoluta continuità con il passato.
Riflettiamo sulle scelte per la mobilità delle persone e delle merci.
Da due anni, anche gli italiani (come da più tempo fanno i cittadini di molti altri paesi importanti e ricchi d'Europa) comprano più bici che auto. Aumentano le persone che usano i trasporti pubblici anziché i mezzi privati. In Emilia Romagna gli utenti registrano un incremento di oltre il 10% (vedi il   Comunicato Legambiente Emilia Romagna).
Purtroppo alla domanda dei cittadini non corrispondono l'offerta dell'organizzazione del territorio e le scelte di governo delle città e del paese: i percorsi protetti e sicuri per i ciclisti quotidiani sono assolutamente inadeguati (come da precedenti post) e, pure, treni regionali, tram e bus subiscono tagli pesanti, vengono ridotti e non ammodernati.
Le cifre del disastro sono riportate su il manifesto di martedì 17 dicembre, da un articolo del prof. Domenico Gattuso, dell'Università Mediterranea di Reggio Calabria: "l'età media degli autobus è di 11 anni, contro la media di 6 anni nel resto dell'Europa occidentale; l'immatricolazione di autobus è passata da 5.000 unità nel 2005 a poco più di 2.000 nel 2012; nel 2005 l'industria metalmeccanica italiana sfornava circa 3.500 bus, nel 2012 appena 490 (l'Irisbus, che era un gioiello di industria nazionale, è stata mortificata);  le risorse pubbliche per gli autobus sono passate nello stesso periodo da 2,3 a 0,11 miliardi di euro; il 50% dei comuni italiani soffre una sotto-dotazione di infrastrutture, impianti e veicoli di trasporto pubblico".
In Emilia Romagna il taglio dei servizi ferroviari regionali negli ultimi due anni è stato del  5.9%.
Tutto questo, mentre grandi risorse pubbliche e private continuano a essere indirizzate nelle "grandi opere" infrastrutturali, in nuove autostrade e nei Treni ad Alta Velocità, fonti di indebitamento, corruzione e disastri ambientali (come dimostrano autorevoli studi, inchieste giornalistiche e giudiziarie).
Alcune correnti di pensiero, diversi politici, qualche partito, Presidenti di Regione, Sindaci e Assessori di medie e grandi città, a fronte di queste clamorose contraddizioni teorizzano la privatizzazione dei servizi di trasporto collettivo e provano a praticare la via del disimpegno delle istituzioni pubbliche dalle aziende di trasporto. Agli onori di questa triste cronaca prima Genova, poi Firenze del Sindaco - Segretario.
Potevano mancare Bologna e l'Emilia Romagna? Il Sindaco, Virginio Merola, con una svolta che ha spiazzato la Provincia e diversi suoi compagni ed amici di partito, propone alla Regione di uscire dalle Aziende partecipate e controllate, a partire da Tper (l'azienda per il trasporto pubblico regionale, che solo pochi mesi fa ha incorporato ATC Bologna). Già in estate l'Assessore Peri, voleva vendere le quote possedute dalla Regione.
"È in atto un vero e proprio smantellamento dei servizi pubblici di trasporto, una strategia perseguita con determinazione da una politica liberista di stampo thacheriano che ha già provocato molti danni in Europa e che rischia di generare ulteriori disastri" continua il prof. Domenico Gattuso.
"E dietro i servizi di trasporto pubblico una realtà di indotto e di impatto sociale che forse viene sottovalutata.
L'opposto di quella che dovrebbe essere una sana politica, come se privatizzazione fosse automaticamente equivalente ad efficienza e soluzione dei problemi.
Le mille storie emerse in questi anni in Europa dimostrano il contrario (un esempio emblematico è il caso dell'Alitalia).
Il guaio è che si persevera, con ingenti contributi pubblici diretti o indiretti alle Ferrovie, ad Alitalia, alle grandi lobbies di settore (facile fare  gli imprenditori con i soldi pubblici), scaricando il peso e le contraddizioni sulla popolazione e sui lavoratori".
Contro queste scelte, sciagurate ed irresponsabili, occorre mettere in campo subito idee e iniziative.
Una mobilitazione di lavoratori, pendolari ed utenti dei servizi, ambientalisti e cittadini interessati a costruire un mondo migliore e sostenibile!