martedì 3 dicembre 2013

Dalle "larghe" alle "strette" intese

Cambia lo scenario. Per tutti.
1. Berlusconi dopo aver "tentato" e "condizionato" il PD, portandolo a sostenere un "Governo degli sconfitti" (PD, PdL, Scelta Civica e UdC) e a rinunciare al "Governo del cambiamento", annunciato e perseguito (?) da Bersani dopo il voto, ora passa alla opposizione denunciando il fallimento di LettAlfano (operazione analoga aveva proposto ai tempi del Governo Monti).
Il risultato, per lui, è chiaro: da un lato ha contribuito a determinare nuove incomprensioni, tensioni, rinunce, divisioni, "veleni" nel campo avverso (PD e SEL oggi sono su fronti opposti, la contrapposizione tra Centrosinistra e Movimento 5 Stelle - salvo significative eccezioni, come la decadenza di Berlusconi - è esperienza quotidiana, il PD risulta privo di comuni strategie e prospettive), dall'altro, pure mantenendo diversi amici (auto-definiti "diversamente berlusconiani" e  promessi alleati nel futuro Centrodestra) al Governo e in Ministeri chiave (dagli Interni, alla Difesa, alle Infrastrutture, alla Sanità, alla Agricoltura, alle Riforme Istituzionali, - forse- anche alla Giustizia), si concede "mani libere": i suoi falchi, falchetti, iene e pitoni potranno sbizzarrirsi sulle prede indifese della fattoria Italia.

2. Il Nuovo Centrodestra "di Governo" è un gruppo composito, di vecchi dirigenti democristiani (Formigoni, Giovanardi ...), socialisti (Cicchitto, Sacconi ...), missini (Filippo Berselli, Saltamartini ...) e, soprattutto, di ciellini (Lupi, Paolo Foschini ...), di giovani Ministri (Alfano, De Girolamo, Lorenzin, Quagliariello) e sottosegretari (in costante crescita, per questi signori difficile dimettersi ...), di discussi politici siciliani (Schifani, Bonsignore, Castiglione ...).
"Diversamente berlusconiani", ma nessuno può onestamente pensare rinuncino a politiche e pratiche conosciute, di conservazione, clientelari, liberiste.
Facile prevedere che faranno pesare in vari modi e su diversi fronti il loro ruolo determinante per garantire (a Napolitano ed Enrico Letta) la stabilità, gli equilibri di potere dati e gli impegni assunti dall'Italia con le autorità politiche-economiche-finanziarie europee. Nessun "tradimento" della loro origine, delle loro radici, della loro collocazione di centrodestra. Semmai, la possibilità di ottenere maggiori risultati restando al Governo e condizionando gli "avversari-alleati" del PD.
Possibile, semmai, che provino a costruire un rapporto più stretto con il piccolo grande Centro di Casini, di Mauro, che fu di Monti. In attesa degli sviluppi della vicenda politica e giudiziaria di Berlusconi, dell'evoluzione dei partiti popolari e della destra in Europa ed anche delle novità e delle dinamiche che emergeranno in casa PD dopo l'8 dicembre.
3. Il PD dopo aver accettato (e motivato) le "larghe intese"si trova ad essere il principale (solo?) partito di questo Governo (paralizzato e in difficoltà). Il LettAlfano non è (e non sarà mai) il suo Governo e non risponde (e non risponderà mai) alle esigenze ed alle volontà del blocco sociale del Centrosinistra (che, del resto, alle primarie del 2012 aveva scelto - con Bersani - altre soluzioni): basta considerare le proteste espresse, in questi giorni, sulla Legge di Stabilità, dai sindacati confederali (che vedono lavoratori, pensionati, disoccupati sempre più poveri e indifesi) e dagli amministratori degli Enti Locali (progressivamente privi di risorse e obbligati a nuove odiose imposte locali).
Enrico Letta ed altri dirigenti del PD hanno detto (e ripetono con voce sempre più flebile) di essere "più liberi" e "più forti" perché Berlusconi è "fuori dalla maggioranza". Originali affermazioni per chi, fino a poco tempo fa, teorizzava il valore e la necessità delle "larghe intese". Sicuramente una straordinaria (vecchia) capacità (italiana) di adattarsi rapidamente ad ogni situazione, pur di occupare le stanze di governo.
Occorre, sicuramente, riconoscere che la rottura con Berlusconi non è poca cosa. Simbolicamente e non solo. La decadenza del Cavaliere da senatore è un fatto importante. Semmai è da considerare l'alleanza diversa che lo ha consentito, considerata ancora da troppi, "occasionale". Ma la gravità della crisi richiederebbe che oltre "lo scalpo" di un indubbio protagonista della recente storia italiana, condannato dalla Giustizia in via definitiva, si affrontassero con strategie nuove e diverse i problemi dei cittadini e del Paese.
Si tratta, cioè, di rompere con la cultura e la politica prevalente nell'ultimo ventennio e negli anni di crisi della "prima Repubblica". Quella cultura e quella politica praticata non solo da Forza Italia e dal Popolo delle Libertà e, prima di loro, dalla Democrazia Cristiana di Forlani ed Andreotti e dal Partito Socialista di Bettino Craxi, con l'intreccio perverso di affari, corruzione, conflitti di interessi, elusione ed evasione fiscale, spreco di risorse, sviluppo distorto, indebitamento pubblico, burocrazia dilagante, diritti negati, illegalità diffusa, inquinamento, sfruttamento, cura di carriere personali ... che caratterizza tanta parte della società e della politica italiana.
Non pare, però, che a questo fine il Congresso del PD sia portatore di risposte utili. Più che una occasione per riflettere su strategie, riforme ed alleanze necessarie per cambiare il paese e l'Europa, risulta essere una conta tra gruppi dirigenti locali e nazionali, impegnati prevalentemente a difendere o conquistare posizioni di potere.
La prevista affermazione di Matteo Renzi antepone un ricambio radicale di leadership e generazionale ad un chiaro progetto di cambiamento e di riforme del sistema economico - sociale e della qualità dello sviluppo.
La sfida per la premiership con Enrico Letta appare la riproposizione del tradizionale confronto tra correnti politico-culturali dei DS e del PD : difficili alleanze e mediazione tra soggetti diversi (dall'Unione, all'Ulivo, al Bene Comune alleato al Centro) e tentazione alla "vocazione maggioritaria", propria di un irrealistico e (sempre più) inesistente bipartitismo (che muove oggi il Sindaco di Firenze, come ieri Valter Veltroni).
4. Il Movimento 5 Stelle dopo l'inatteso successo elettorale, ha pagato il prezzo conseguente alle aspettative create e alla naturale inesperienza ed impreparazione dei "cittadini" in Parlamento: deputati e senatori per la prima volta, privi di vita e conoscenza istituzionale, progetto politico ed organizzazione approssimativi, mancanza di radicamento territoriale, leadership autoritaria di Beppe Grillo (e Gianroberto Casaleggio). Così, giuste intuizioni, proposte e battaglie, felici provocazioni e indicazioni, pratiche corrette e coerenti si sono intrecciate a silenzi, gaffe, opportunismi, posizioni inaccettabili e contraddittorie, centralismo antidemocratico.
E' arrivato davvero il tempo di andare oltre.
Di unire rivolta morale e politica a progetti, programmi, strategie di cambiamento.
Anche perché il passaggio di Berlusconi all'opposizione ed il rinnovo generazionale di Renzi fanno intravvedere un contesto diverso e in movimento (con la possibilità di nuove elezioni politiche).
Per il M5S la sfida è capitale e passa per una crescita repentina di capacità progettuale, di democrazia partecipata, di solidarietà intergenerazionale, di intelligenza collettiva, di radicamento locale e di collegamenti internazionali.
Qualcosa di nuovo si è manifestato all'incontro di Genova.
Ma la crisi e gli appuntamenti incalzano e non aspettano chi si attardasse a dispute minori.
5. Che sarà de La via Maestra? Quali scelte faranno nelle prossime settimane le risorse democratiche e di sinistra che si sono mobilitate negli ultimi tempi per l'attuazione dei principi e degli indirizzi della Carta Costituzionale? Sandra Bonsanti, don Luigi Ciotti, Maurizio Landini, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, i tanti intellettuali e le decine di migliaia di persone che hanno discusso nelle piccole e grandi città e che hanno partecipato alla manifestazione romana di Piazza del Popolo del 16 ottobre scorso? Alcuni primissimi risultati di quella mobilitazione sembrano a portata di mano, come la rinuncia ai più ambiziosi progetti di modifica della Costituzione discussi nella Commissione dei saggi voluta da Napolitano e Letta. Ma se l'obiettivo comune era quello di andare oltre la pura difesa della Carta e di lavorare alla costruzione di una società di diritti, lavoro, giustizia e sviluppo eco-compatibile La via Maestra da percorrere è ancora tanta e un ruolo attivo di riferimento e di impegno è quanto mai indispensabile per confrontarsi, unire forze e conquistare risultati.


di nuovo

4 commenti:

  1. Dunque domenica ritieni inutile andare a votare?
    L.

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  2. Penso che la scelta del segretario del PD (come di qualsiasi altro partito) competa agli iscritti (secondo lo statuto e le regole che organizzano la partecipazione democratica).
    Così, la scelta del candidato a guidare una alleanza elettorale compete a coloro che si impegnano a sostenere quella coalizione (che si presuppone unita da un programma ed una visione politica comune).
    Sono però convinto che oggi abbiamo bisogno di ben altro che della scelta dei capi. La partecipazione delle persone deve essere organizzata innanzitutto per stabilire le priorità, gli investimenti e le politiche di governo ...
    Interessante l'articolo di Barbara Spinelli su la Repubblica di oggi.
    Gianni

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  3. Dopo la sentenza della Corte Costituzionale si pone anche il problema della legittimità del Parlamento. Se questo non rispetta i principi costituzionali, tra i quali quello di rappresentanza dei cittadini è pensabile che in questo Parlamento ci si proponga addirittura di modificare la Costituzione? Non è il caso di scegliere, quanto prima, la via maestra del voto?
    Nik

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  4. Forse è il caso di riflettere bene.
    La Corte Costituzionale mette in discussione un tema di fondo, in controtendenza con la cultura prevalente negli ultimi tempi.
    Il Parlamento non deve solo garantire il Governo del Paese, la cosiddetta "governabilità" ... Camera e Senato debbono anche "rappresentare" adeguatamente i cittadini. Se la rappresentanza, nel nostro tempo, è data da tre, quattro o più "aree" politiche (il Centrosinistra, il Centrodestra, il Centro-centro, il Movimento 5 Stelle, ... ) è democratico prenderne atto. Senza forzature autoritarie. Che inevitabilmente ridurrebbero la partecipazione al voto (già molto bassa) e la responsabilità sociale di molti. Una politica più forte, nel rappresentare visioni del mondo, interessi sociali, progetti di vita ...
    Più modesta (nessuno rappresenta da solo la maggioranza del paese) e più coraggiosa nel trovare punti di incontro e mediazione (nobile) tra diversi, alleanze vere, per fare delle cose concordate preventivamente, discusse e condivise dai propri sostenitori (anche attraverso referendum, come in Germania) alla luce del sole. Sarebbe un grande passo avanti, rispetto alle pratiche di questi anni ... No?

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