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"Troppo è troppo! No ai progetti autostradali" un manifesto per il referendum svizzero ... |
"Meloni, stiamo arrivando" sostiene Elly Schlein dopo le regionali. "Ora abbiamo un profilo chiaro e forte" afferma ancora la Segretaria del PD. Questo motiverebbe il "risultato straordinario" ottenuto nella tornata elettorale d'autunno per il rinnovo delle rappresentanze e delle Presidenze di Emilia Romagna, Liguria ed Umbria. Eppure una analisi obiettiva dei dati e dei processi non pare proprio possano supportare questa lettura. Sicuramente interessata a continuare una narrazione. Forse indice dei timori legittimi della vigilia. Testimonianza di una perdurante sottovalutazione delle capacità critiche di parte considerevole dell'elettorato. Sicuramente delle modeste ambizioni di cambiamento che animano i Democratici italiani.
Partiamo dai fatti.
I consensi elettorali della coalizione di DestraCentro sono in calo in tutte e tre le Regioni al voto. In Liguria almeno 1 elettore su 4 che nelle passate regionali ha votato Toti a ottobre non ha scelto Marco Bucci. Il Sindaco di Genova ha perso quasi 92 mila voti dei 383 mila andati nel 2020 al suo predecessore arrestato, dimissionario, che ha patteggiato una condanna a due anni e un mese: cioè meno 24% dei suffragi. Dunque, anche una parte della destra non apprezza corruzione, illegalità e dipendenza dai potenti di turno abituati a condizionare ed elargire mazzette in cambio di asservimento delle pubbliche amministrazioni. In Umbria la Presidente di Regione uscente, ricandidata, ha perso oltre 1 elettore su 3. Pure lei almeno 91 mila voti dei 255 mila che l'avevano eletta 5 anni fa: in cinque anni meno 35%. Inevitabile un giudizio negativo sull'esperienza di governo compiuta (dalla sanità alla ricostruzione post terremoto). In Emilia Romagna partendo dall'opposizione stesso risultato: Elena Ugolini perde il 35% dei voti che alle regionali del 2020 erano andati a Lucia Borgonzoni, oggi Sottosegretaria del Governo Meloni: meno 363 mila sul milione e 14 mila allora ricevuti. Evidentemente, qui, la destra non è considerata alternativa credibile, apprezzabile ed auspicabile anche da quella larga parte di elettori che non si identificano in questo CentroSinistra ed hanno deciso di non sostenere con il voto il "modello emiliano - romagnolo".
Di questo arretramento complessivo della coalizione di DestraCentro il "Campo largo" ha usufruito in Umbria: la candidata, Stefania Proietti, cattolica, indipendente, Sindaca di Assisi, ha migliorato il risultato conseguito nelle regionali del 2019 di 16 mila voti, il 10%, raggiungendo 182 mila suffragi, pari al 51,2% di chi ha espresso una indicazione. In Liguria, non è andata così: i 17 mila voti in più conquistati dal 3 volte Ministro Andrea Orlando rispetto al giornalista indipendente Ferruccio Sansa che nel 2020 sfidò Toti non sono risultati sufficienti a prevalere sul CentroDestra versione Bucci. Inevitabile riflettere sul fatto che almeno 39 mila elettori che nel giugno scorso hanno votato per PD, M5S, AVS, Riformisti e Stati Uniti d'Europa non hanno ritenuto meritevole di sostegno il dirigente nazionale del PD e la sua coalizione. Difficile pensare che la causa di questo magro risultato stia nel No di Conte e M5S a Italia Viva (alle Europee di giugno la somma degli alleati di Matteo Renzi ha raccolto complessivamente 23 mila voti). Più plausibile ritenere che il "Campo" di Orlando non sia apparso ad una parte significativa di elettori una vera e sostanziale alternativa al sistema di potere radicato al Porto, dominante nella Città della Lanterna, in Regione e a livello nazionale. Del resto anche in Emilia Romagna la maggioranza assoluta dei seggi in Regione conquistata dalla Coalizione De Pascale (34 su 50) ed anche dal solo PD (28 su 50) non può e non deve trarre in inganno. Il neo eletto Presidente ha perso almeno il 22,9% dei voti assoluti con cui Stefano Bonaccini aveva vinto la sfida nel 2020: 273 mila consensi su 1.195 mila. Il PD ne ha persi 108 mila, la lista Civica del Presidente ne ha persi 67 mila, AVS ha raccolto 44 mila voti in meno delle 2 liste (Coraggiosa, Ecologista e Progressista di Elli Schlein e Verdi di Silvia Zamboni) presenti 4 anni fa, i Riformisti 8 mila. E il M5S passando da "terza forza" ad alleato ha perso almeno 49 mila voti dei 102 mila che ottenne 4 anni fa. Forse ancor più, proponendosi oggi in una ben diversa collocazione (senza fornire adeguate motivazioni). Perdite generalizzate per l'esito scontato della contesa? E' naturalmente una delle possibili letture, anche se fino all'ultimo assai forte è stata la campagna per richiedere un "voto utile". Pare più ragionevole pensare al progressivo cambio generazionale dell'elettorato e ad un giudizio critico severo dovuto ai fatti ed alle politiche perseguite da Bonaccini e dalle forze che lo hanno coadiuvato. Con l'accresciuto ruolo nazionale del gruppo dirigente emiliano del CentroSinistra (si pensi all'ascesa dei "coraggiosi" bolognesi Elly Schlein e di Igor Taruffi a Segretaria e responsabile dell'organizzazione nazionale dei Democratici a metà mandato e del modenese alla Presidenza del PD e al Parlamento Europeo) ma anche con le promesse di "sicurezza" e di benessere evaporate di fronte alle alluvioni e ad un governo del territorio e della sanità che causa conseguenze pesanti sulle comunità ed è sempre più difficile e irresponsabile fare ricadere su "ambientalisti e animalisti" che difendono "nutrie, alberi e natura" (come De Pascale ed altri sindaci ed amministratori hanno ripetuto). Il fatto è che piuttosto che produrre una nuova sintesi di governo, di innovazione e di trasformazione sociale il Patto (emiliano romagnolo) per il Lavoro e per il Clima si è tradotto in una gestione elitaria e conservatrice di una crescita economica e dei consumi incapace di fronteggiare le sfide globali e le contraddizioni locali più esplosive. Così anziché rinnovarsi le conquiste popolari del secondo dopoguerra del secolo scorso si sono progressivamente contratte determinando crisi e problemi ulteriori: fasce di povertà diffuse e nuove dipendenze, riduzione di risorse materiali e naturali, di servizi e di vita, di libertà e di democrazia.
Due dati possono essere portati a supporto di questa interpretazione del "risultato problematico" e niente affatto "straordinario" del CentroSinistra in Emilia Romagna.
Primo. Gli elettori che hanno votato direttamente il Presidente della Regione - se si esclude il 2014 con l'effetto provocato dal voto anticipato per le dimissioni di Vasco Errani in seguito ad indagini giudiziarie - non è mai stato così basso: il 27,7% degli aventi diritto. Sempre, dal 1970, l'investitura popolare della guida politica della Regione proveniva da una quota ben più rilevante dell'intero corpo elettorale (negli anni '70 e '80 il solo PCI raccoglieva oltre il 40% di voti tra gli aventi diritto, vedi sotto) e dopo l'introduzione della elezione diretta del Presidente della Giunta, a partire dal 1995, gli eletti hanno raccolto (con l'eccezione detta) il voto di almeno 1 elettore su 3 (vedi ancora sotto).
Secondo. Nel voto per il rinnovo del Parlamento Europeo del giugno scorso i partiti che hanno dato vita in Regione alla coalizione vincente avevano ottenuto, ognuno sotto il proprio simbolo, 1.110.202 voti. Ovvero 188 mila in più di De Pascale il 16 e 17 novembre. Rispetto alle europee di 5 mesi fa al PD sono mancati oltre 74 mila voti, ai riformisti e affini di Futura 38 mila, all'Alleanza Verdi e Sinistra oltre 50 mila, al M5S 89 mila. Dunque pare proprio che il recente voto in Emilia Romagna confermi l'inversione di tendenza a lungo registrata nel secolo scorso: che premiava le amministrazioni locali rosse (comuniste e socialiste) per un riconosciuto e diffuso "buongoverno": ora anche tra una parte significativa di coloro che esprimono una appartenenza ideale e politica progressista e di sinistra (per il Parlamento di Strasburgo) non si trovano "ragioni forti" e comunque "motivanti" per sostenere il "Campo" di De Pascale.
L'astensione dal voto supera il 53%. Un dato enorme. Un elemento che deve fare riflettere ed agire chiunque si riconosce nella Costituzione prodotta e consegnataci dai protagonisti della lotta di liberazione antifascista.
Perché proprio la Carta fondamentale della Repubblica indica come fini comuni da perseguire attraverso il protagonismo sociale, culturale e politico delle comunità e delle persone il lavoro e le libertà, la giustizia e l'emancipazione, la sicurezza e la cooperazione, la salute e il benessere. Senza deleghe a "Capi" assoluti, Premier, "Governatori", Sindaci ... "élite", uomini o donne "della provvidenza".
Semmai il contrario. Un confronto aperto, ricco, conflittuale e inclusivo per valutare insieme le priorità della fase storica che si è aperta.
Due soli riferimenti.
A livello internazionale, europeo e locale si discute di riarmo e di cooperazione, di riscaldamento climatico e di eco-compatibilità.
Si possono continuare a sostenere spese per armi di distruzione, eserciti e milizie da schierare contro "nemici" di volta in volta individuati tra popoli "vicini" e governanti o leader considerati "amici" o trattati a lungo come tali? Sottraendo, così, enormi risorse alla necessaria ed urgente conversione ecologica ed energetica delle produzioni e dei consumi, alla naturalizzazione dei territori e alla rigenerazione delle città soffocate da asfalto, cemento, rifiuti ed inquinamento.
E, ancora, si possono continuare a destinare risorse materiali, finanziarie ed intellettuali a "grandi" opere infrastrutturali inutili e sbagliate (come nuove strade ed autostrade o impianti di carburanti fossili) anziché promuovere ed investire adeguate risorse ad alternative mature e possibili (come il trasporto collettivo meno o non inquinante, le fonti rinnovabili, le opere di messa in sicurezza idraulica del territorio)?
Da troppo tempo le pratiche di questo CentroSinistra non sono conseguenti agli stessi annunci che anche una parte di loro propone. Anzi, spesso le scelte concrete - dalla Liguria all'Emilia Romagna - contraddicono impegni presi, pianificazioni deliberate, orientamenti esibiti.
Per capirci: cosa c'entrano le campagne per il "consumo di suolo zero" o pro "economia circolare" con la Legge "urbanistica" 24 del 2017 (o il recente Si nazionale alla "Salva Milano"), con il Passante di Mezzo e le nuove corsie per potenziare le autostrade A13, A14, A1 (o la "Gronda di Genova"), con "una piscina per ogni bagno sulle spiagge della Riviera Adriatica" e "meno pini" ed alberi "pericolosi"? O il Rigassificatore di Ravenna e gli impianti e i chilometri di infrastrutture per petrolio e carburanti fossili?
Insomma la mobilitazione culturale, sociale e politica per cambiare qualità e fini dello sviluppo non è certamente sacrificabile e trova nuova spinta nei bisogni, nelle aspirazioni e nelle esperienze che miliardi di persone conducono nei paesi di tutto il mondo. E persino nella nobile e ricca terra Svizzera, che - mentre l'Amministrazione bolognese annuncia un sondaggio su Iperbole per fare scegliere "il colore rosso o dorato del tram" - decide attraverso referendum popolare "No al potenziamento delle autostrade".
La Svizzera dice no all’ampliamento delle autostrade. Un grande esempio per la lotta No Passante e non solo!
di Linda Maggiori
Una pietra miliare per tutti i movimenti che lottano contro gli ampliamenti di autostrade e le grandi opere stradali.
Ieri in un referendum federale, è stato bocciato (anche se sul filo del rasoio con solo il 52% dei voti) il progetto per ampliare di dimensioni 6 tratti autostradali, in tutto il territorio federale.
L’obiettivo del Congresso Federale era quello di decongestionare e fluidificare il traffico. Motivazione addotta anche dai “nostri” governanti per ampliare il “Passante di Mezzo” a Bologna, oppure creare nuove strade, tangenziali e autostrade in tutta Italia. Ma se da noi la gente non ha voce in capitolo su queste grandi opere, la democrazia partecipata è solo una farsa, le assemblee cittadine vengono ignorate e le manifestazioni represse, in Svizzera questi progetti passano al vaglio referendario.
Le motivazioni del comitato referendario, (formato da oltre 50 associazioni, comitati e partiti tra cui ATA associazione traffico e ambiente, UmverkehR e i Verdi), ribadiscono concetti fondamentali, da tempo ripetuti anche dai movimenti italiani. Le ritroviamo negli opuscoli distribuiti ai cittadini: ogni cittadino infatti prima del voto riceve a casa opuscoli informativi dove sono spiegate le motivazioni del no e del sì, ognuna con lo stesso spazio e redatte dalle rispettive parti!
In primo luogo si sottolinea il costo esorbitante e lo spreco di denaro.
“L’ampliamento delle autostrade costerebbe circa 5 miliardi di franchi (1 franco=1,07 euro), finanziato attraverso il Fondo per le strade nazionali e il traffico d’agglomerato, ai quali si aggiungeranno poi centinaia di milioni per i lavori di manutenzione e riparazione. Oltre la metà di questi soldi è destinata all’ampliamento delle autostrade nei Cantoni di Ginevra e Basilea Città, dove incentiva il traffico stradale”.
Per fare un raffronto, il costo del Passante di Mezzo è lievitato negli ultimi anni a 3,6 miliardi di euro e si tratta di una sola opera (non sei come in Svizzera). Inoltre in Svizzera la vita e i costi sono più alti. Questo a dimostrare come il costo del Passante sia spropositato anche rispetto a progetti simili in Svizzera (rigettati dal popolo per il costo esorbitante).
Ma andiamo avanti con le motivazioni del referendum:
“(l’ampliamento) non permetterà del resto di risolvere i problemi attuali: l’esperienza e gli studi condotti dimostrano infatti che gli ampliamenti non fanno altro che incrementare il traffico e provocare più code, più inquinamento, più rumore e più emissioni di CO2. È ora di affrontare la questione del traffico in modo ragionevole e sostenibile”.
E poi ancora: “Tenuto conto della crisi climatica in atto, una simile politica è del tutto insostenibile.
I progetti di ampliamento divoreranno 400 000 m2 di terreni coltivabili e spazi verdi – buona parte dei quali è costituita da preziose superfici per l’avvicendamento delle colture e da aree boschive. Nel corso delle varie fasi dei lavori il suolo perso avrà una superficie di dimensioni notevolmente maggiori. L’incremento della capacità delle autostrade favorirà inoltre la dispersione degli insediamenti, determinando un ulteriore aumento delle superfici asfaltate nel nostro Paese”.
All’eterna giustificazione della fluidificazione del traffico il comitato risponde:
“L’ampliamento delle autostrade permette di decongestionarle soltanto per un breve periodo. A medio termine provoca infatti un aumento del traffico: nel giro di qualche anno si formeranno perciò nuove code. Più traffico vuol dire anche più rumore. Già oggi, nel nostro Paese, circa un milione di persone è esposto a livelli di rumore eccessivi e nocivi per la salute. Se il numero di queste persone aumenta, sarà la collettività a subirne le conseguenze, sia a causa dell’aumento delle spese sanitarie, sia per i costi dovuti al necessario risanamento fonico delle strade”.
La qualità dell’aria in Svizzera è molto migliore che nella pianura padana, anche per la conformazione del territorio, quindi ancora più grave sono i progetti imposti nelle regioni della val padana.
Per quanto riguarda le emissioni climalteranti il Comitato sottolinea: “L’ampliamento delle autostrade determinerà inoltre un aumento delle emissioni di gas di scarico provocate dal traffico stradale, già oggi principale responsabile delle emissioni di CO2 in Svizzera. Date le grandi quantità di cemento e acciaio utilizzate, la sola fase di costruzione causerà peraltro enormi emissioni di CO2”.
Questo dato di CO2 nella costruzione e nei cantieri è veramente importante, perché spesso sottaciuto nelle stime del calcolo delle emissioni. Cosa accaduta per il Passante di mezzo dove Autostrade ha calcolato solo le emissioni delle auto e non della sua costruzione. Quindi anche le compensazioni previste (semmai si faranno) sono insufficienti.
Oltre agli abitanti delle aree interessate, anche vari Comuni svizzeri si sono opposti ai progetti di ampliamento, perché hanno capito che sarebbero stati sommersi da un’ondata supplementare di traffico.
I nostri comuni cosa dicono invece?
Thomas Ruckstuhl, vicepresidente dell’ATA commenta così la decisione del referendum: «Questo voto dev’essere inteso dal Dipartimento dei trasporti come un invito a promuovere finalmente in modo attivo la svolta nel settore dei trasporti e a dare la priorità ai mezzi pubblici. La popolazione ha detto chiaramente che un’espansione sfrenata del traffico automobilistico non è la soluzione. I nuovi progetti sovradimensionati non sono sostenibili per il futuro, né condivisi. Servono invece investimenti nei trasporti pubblici e a favore di percorsi ciclabili sicuri».
La Svizzera, dove il trasporto pubblico funziona in modo efficiente e capillare (anni luce dall’Italia), si sta iniziando a discutere di tagli ai fondi. Le associazioni chiedono di tagliare invece i fondi per strade e autostrade. L’ATA chiede che il Fondo per le strade nazionali (FOSTRA) dia la priorità alla manutenzione e non possa finanziare alla costruzione di nuove strade o il loro ampliamento.
“L’obiettivo di una politica dei trasporti orientata al futuro è quello di consentire a un maggior numero possibile di persone di passare dall’auto al trasporto pubblico o alla bici. Solo così si libereranno spazi e ne saranno beneficiati anche coloro che sono obbligati a utilizzare l’autostrada”.
Insomma il successo del No Autostrade in Svizzera è una grande lezione, un grande esempio, una motivazione in più per lottare con determinazione contro i nostrani progetti di ampliamento autostradali, dannosi, inutili e costosi. Perché in Italia, dove i trasporti pubblici sono al palo, sprecare miliardi su tangenziali e passanti è ancora più grave che in Svizzera.
(dal Sito di RECA Emilia Romagna, 25 novembre 2024)
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Se le forze determinanti delle coalizioni di destra e di sinistra [Fratelli, Forzisti e Democratici d'Italia] si ritrovano a sostenere la von der Leyen, Fitto e la dottrina Draghi al Parlamento europeo, leggi pro abusivismo alla Camera, il Passante a Bologna vedo due possibilità. La prima è data dal costituirsi di una nuova forza di opposizione sociale, politica, culturale. La seconda è un vaffa elettorale ancora più vasto, con altri milioni di astenuti.
RispondiEliminaDG
Mi pare che tu esprima più pessimismo di quanto manifesta il saggio Bersani che parla di "movida" e che io interpreto come situazione in movimento (nel senso letterale di una opinione che evolve).
RispondiEliminaAlla origine di queste diversità io valuto un tuo maggior ancoraggio ai fatti ed alle trasformazioni reali in corso (non rilevanti in effetti) e una sua maggiore considerazione per i rapporti di potere (che sottovalutare sarebbe impolitico e indifferente ai ruoli istituzionali).
Concordi?
Carlo
C'è da chiedersi se potremmo mai fare qui come in Svizzera.
RispondiEliminas.
No, qui i referendum non sono contemplati né rispettati. Inoltre si scaricano i costi dei ricorsi dei cittadini che chiedono approfondimenti degli impatti sanitari di grandi opere sugli stessi.
EliminaÈ mala democrazia!
Tanta astensione!
RispondiEliminaE a sinistra solo briciole.
Che dire? Che fare? Meglio tacere?
BiBi