sabato 30 novembre 2024

Astensione o partecipazione? Astensione e partecipazione!

"E' il momento della rivolta sociale": in tanti manifestano nelle piazze di Bologna e d'Italia ...











Astensione o partecipazione? Astensione e partecipazione! Capire, riflettere, produrre nuove sintesi e nuove mobilitazioni non è scontato. Eppure pare questa l'unica via per la necessaria riscossa di chi considera natura e cultura le risorse principali dell'umanità. Dopo l'ultima esperienza politica elettorale in Emilia Romagna dove per il rinnovo di Presidente ed Assemblea della Regione si sono recati ai seggi meno della metà degli aventi diritto, sotto le Due Torri si è registrata una delle più imponenti giornate di lotta del movimento dei lavoratori degli ultimi decenni.

Una contraddizione? Forse una lezione. Per tutti. 

C'è grande distanza tra le stanche narrazioni di partiti ridotti a comitati elettorali che rinunciano ad un ruolo autonomo e creativo di costruzione di un mondo degno di essere vissuto ed i bisogni primari di persone che esigono verità e giustizia, rispetto e confronto, parità di diritti e di doveri.

La sensazione è che molti di coloro che hanno voluto essere protagonisti della giornata di lotta sindacale e Politica di ieri non abbiano trovato interlocutori validi e credibili nelle contese di potere che si giocano nelle Istituzioni locali, nazionali e comunitarie, sempre più colme di parole vuote e di pratiche simili, di impegni non mantenuti verso gli elettori e di dipendenze non confessabili dai grandi proprietari, padroni delle finanze, delle tecnologie e delle armi.

Ora il problema è dare alla auspicata e necessaria "rivolta sociale" la giusta consapevolezza della portata delle trasformazioni che si impongono, del cambio di sistema economico, sociale e politico da realizzare, progressivamente e con determinazione, agendo insieme e contemporaneamente per migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle classi sociali subalterne e per avviare la conversione ecologica delle produzioni, dei consumi, dei territori. 

Fuori da questa prospettiva di mutazione dei rapporti tra le classi, tra il genere umano e la natura, tra i generi nessuno sarà in grado di contenere entro naturali dinamiche di democrazia, di rispetto per le diversità e gli interessi, di cooperazione e solidarietà i conflitti aspri e diffusi in corso.

In questo contesto, due contributi interessanti sono gli articoli di Sergio Fontegher Bologna pubblicato su il manifesto e quello di Ruchi Shroff su Navdanya International e l'ExtraTerrestre.


COP 29, la mercificazione della natura non risolve la crisi climatica

Il sostanziale fallimento della Cop29 di Baku è la conferma che non si può raggiungere un risultato soddisfacente partendo da premesse sbagliate. L’agenda dell’ultima edizione della Conferenza dell’Onu sui Cambiamenti Climatici, ancora una volta, si è sviluppata attorno ai meccanismi finanziari, alle tecnologie digitali e agli impegni di neutralità climatica. La Cop29 non ha registrato progressi poiché perpetua un paradigma di azione climatica basato sulla mercificazione della natura e sulle soluzioni tecnologiche senza prendere in considerazione cambiamenti sistemici significativi. Il nuovo piano di investimenti sul fallimentare mercato internazionale del carbonio è la prova di una visione miope e alterata da conflitti di interessi.

Parallelamente, il mancato accordo sulle risorse economiche da destinare ai paesi in via di sviluppo, e in particolare l’aspetto debitorio dei fondi promessi, acuisce quel distacco fra Global North e Global South perpetrando meccanismi di matrice post coloniale. La Cop29 non ha dunque interrotto il pericoloso processo di finanziarizzazione della natura in atto. Anzi lo ha rilanciato rafforzando le stesse strutture di potere che hanno creato la crisi climatica attuale. La natura non può essere ridotta a crediti di carbonio o algoritmi digitali, né il collasso ecologico può essere «risolto» con strumenti finanziari. e politiche climatiche devono andare oltre le emissioni di gas serra per affrontare i danni più ampi causati da agricoltura industriale, deforestazione ed economie estrattive.

Concentrarsi esclusivamente sulle emissioni, ignorando la natura cumulativa del carbonio che persiste nell’atmosfera per secoli, impedisce di inquadrare la questione climatica nella sua completezza e complessità. Bilanciare le emissioni di gas serra con compensazioni è un concetto fondamentalmente sbagliato.
Le compensazioni, elemento chiave delle strategie net-zero, non riducono il CO2 atmosferico e spesso si rivelano speculative o inefficaci, come è il caso delle piantagioni monoculturali di alberi. Le cosiddette soluzioni basate sulla natura (Nature-Based Solutions, NBS) pretendono di affrontare le crisi climatiche e della biodiversità utilizzando la natura, ridotta a unità di scambio, per compensare le emissioni.

Tuttavia, le NBS spesso nascondono pratiche di sfruttamento sotto le sembianze di soluzioni ecologiche. Radicate in meccanismi di mercato, queste strategie trattano gli ecosistemi come risorse transazionali piuttosto che come sistemi viventi con un valore intrinseco. Questi schemi consentono alle aziende inquinanti di continuare con il business as usual, mentre affermano di «sequestrare» carbonio altrove, e innescano meccanismi di land grabbing con conseguente appropriazione di terre, dislocazioni di comunità, violazione dei diritti umani e minacce alla biodiversità. Invece di affrontare le radici sistemiche del caos climatico, il net-zero si rivela un elaborato meccanismo di greenwashing che aggrava il danno ecologico sotto la maschera della sostenibilità.

I progetti di compensazione del carbonio e il mercato emergente dei crediti di biodiversità esemplificano questa mercificazione. Riducendo la crisi climatica a un problema di contabilità del carbonio, la narrativa del net-zero oscura questioni ecologiche più ampie, come la destabilizzazione dei cicli dell’acqua, la salute del suolo e la biodiversità. Senza affrontare questi sistemi interconnessi, il caos climatico continuerà a peggiorare. Le risposte non si trovano nella mercificazione, nelle compensazioni o nei rimedi tecnologici. Risiedono invece nelle pratiche rigenerative delle comunità locali e degli ecosistemi. L’agroecologia, il ripristino della biodiversità e l’agricoltura rigenerativa offrono soluzioni radicate nell’armonia con la natura, non nel dominio su di essa. Una transizione verso sistemi agricoli organici e rigenerativi deve diventare una priorità assoluta.

Le politiche dovrebbero sostenere attivamente il lavoro delle comunità locali, che stanno già dimostrando come ricostruire la resilienza ecologica. Ponendo biodiversità, agroecologia ed economie di cura al centro dell’azione climatica, possiamo tracciare un percorso verso una vera rigenerazione ecologica e sociale. È tempo di smettere di affidarci ciecamente alla finanziarizzazione della natura e alle soluzioni tecnologiche per risolvere la crisi del clima. Dobbiamo invece sostenere i sistemi viventi e le comunità che già lavorano per guarire la Terra.

Ruchi Shroff, l'ExtraTerrestre, 28 novembre 


Solo il conflitto può frenare la discesa all'inferno

Tre documenti, letti in successione, possono aiutarci a mettere a fuoco i rapporti di classe oggi in Italia. Il 29 settembre l’area studi di Mediobanca ha pubblicato il rapporto annuale sui dati cumulativi di 1900 società italiane.

E lo ha presentato in questi termini: «Nel 2023 margini record per le imprese italiane», che vuol dire in concreto «un Ebit medio del 6,6%, il miglior livello dal 2008». Per crescita del fatturato sono in testa le costruzioni, grazie alla droga del superbonus.

Poche settimane dopo un gruppo di ricerca della Facoltà di Ingegneria della Sapienza di Roma pubblicava i risultati di una ricerca intitolata: Dinamica dei redditi, recenti squilibri nell’industria italiana. Il direttore della ricerca prof. Riccardo Gallo, nel presentarla su Il Sole 24 Ore del 22 ottobre, ha usato questi termini: «Il travaso di ricchezza dal lavoro al capitale è stato pazzesco. I soci hanno prelevato come dividendi l’80% degli utili netti e hanno lasciato il 20% come autofinanziamento di nuovi investimenti (…) Oltretutto gli avari investimenti delle imprese sono stati solo per il 40% materiali nelle fabbriche e per il 60% finanziari in partecipazioni».

Il 29 ottobre l’Istat ha pubblicato la notizia flash Contratti collettivi e retribuzioni contrattuali, luglio-settembre 2024, dove si legge: «I 46 contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica riguardano il 47,5% dei dipendenti (…) i contratti che a fine settembre 2024 sono in attesa di rinnovo ammontano a 29 e coinvolgono circa 6,9 milioni di dipendenti (il 52,5% del totale)».

La maggioranza dei dipendenti dunque lavora con contratti scaduti. Ciò significa diminuzione del salario perché i rinnovi ritardati in genere non riequilibrano mai il perduto, al massimo concedono qualche spicciolo di risarcimento per la vacatio. E in più c’è l’inflazione. Inoltre gli aumenti in genere sono premi di risultato incorporati nel welfare aziendale, non finiscono in paga base.

Risultato? La diminuzione progressiva dei redditi da lavoro, in atto da decenni, continua alla grande. Gli utili, come abbiamo visto, vanno per l’80% agli azionisti, di quel magro 20% rimasto solo il 40% viene reinvestito in fabbrica. Questo avviene quando i profitti sono alle stelle, figuriamoci che succede quando c’è aria di rallentamento o addirittura di crisi. Infatti, le trattative del contratto dei metalmeccanici e del contratto trasporti e logistica, tanto per citare due esempi significativi, sono, al momento in cui scrivo, interrotte. Alle richieste dei sindacati i padroni hanno risposto picche.

Sono decenni che in tutte le business school s’insegna che compito del management non è far crescere l’impresa ma remunerare gli azionisti.

Questa non è finanziarizzazione, è guerra di classe. Ma è la guerra «pulita». Qual è la guerra «sporca»? È quella del sistema di appalti e di subcontracting, dove regnano illegalità ed evasione fiscale. L’illegalità che i giuristi chiamano «intermediazione illecita di mano d’opera» noi la chiamiamo «caporalato», vecchia conoscenza che oggi, dove la base di reclutamento è costituita da forza lavoro immigrata più ricattabile, si è rifatta il trucco. Nella cosiddetta logistica rappresenta il 90% della forza lavoro, il che non significa che al 90% è illegale ma che una notevole componente è fatta di imprese che sotto le finte vesti del contratto d’appalto nascondono la vera natura di serbatoi di mano d’opera.

Il Tribunale del Lavoro di Milano, grazie a un paio di magistrati – guardati con sospetto – ha cercato di mettere un argine ponendo sotto amministrazione giudiziaria diverse aziende. Non pesci piccoli ma multinazionali del calibro di Dhl, Geodis, Amazon, specialisti della home delivery. Hanno recuperato in tal modo più di mezzo miliardo di evasione fiscale (soprattutto Iva non pagata, contributi previdenziali non versati) e regolarizzato 14 mila lavoratori.

Ma poi c’è un terzo livello, un ulteriore girone di questo inferno, quello della schiavitù. Forse la nostra incapacità di coglierne la dimensione specifica oggi è proprio dovuta al fatto che essa si è talmente integrata nel modello economico-produttivo, ne è diventata un elemento talmente essenziale e imprescindibile, da far abituare il nostro occhio a guardarla senza battere ciglio.

È difficile immaginare in una situazione come questa una reazione diversa dal conflitto. Perché non ci sono i margini. 80% dei profitti agli azionisti, più del 50% dei dipendenti con contratto scaduto. Solo il conflitto può frenare l’ulteriore degrado. Se è questo che Maurizio Landini intendeva con «rivolta sociale», è il minimo che si possa dire. E se il Pd ogni tanto guardasse a questi numeri e ne facesse argomento di propaganda, piglierebbe il doppio dei voti. Ma quelli pensano alle «politiche industriali», roba che in Italia non si vede dai tempi di Mattei. E allora, piuttosto di votarli, me ne sto a casa. Non s’è ancora capito che l’astensione è «rossa»? 

Sergio Fontegher Bologna, il manifesto, 30 novembre


La vignetta di Vauro, su il Fatto Quotidiano (30 novembre 2024)









Il volantino di CGIL e UIL per lo sciopero generale ...









29 novembre 2024, Bologna, Piazza di Porta Lame, un operaio con pettorina CGIL ... 











Un sindacalista UIL porta cartelli "Precetto La Qualunque" ...











"Precetto la Qualunque. Sopratutto Babbo Natale e la Befana"














Organizzazione e spontaneità ... (eco-pacifista)




















Marcello Borghetti, Maurizio Landini e Michele de Pascale ...




Sabrina, Rossella, Adelaide, Ilaria ... (e le loro ragioni)














"Il potere d'acquisto logora chi non ce l'ha" ...














Lavoratrici e lavoratori della sanità ...














"Bologna Città Partigiana" con la stella di Irma Bandiera ...














Lavorator3 "MGT tagliate, presenti e incazzati" ...














"Per tutti, tutti i giorni" ...


"Lavorator* uniti nel sindacato per la giusta transizione" ...














Lungo via Don Minzoni ...














Il volantino dei COBAS pro sciopero generale ...




















Anche Piazza XX Settembre si riempie di lavorator3 e bandiere ...




























Bandiere palestinesi ...










In attesa, si discute ...




















Si motivano le ragioni della lotta e del corteo verso Piazza Verdi e Piazza Galvani ...














La manifestazione dei sindacati confederali in via dell'Indipendenza: "il lavoro va rispettato" ...










Davanti all'Arena del Sole e allo striscione "fermiamo la guerra" ...














"Il momento della rivolta sociale" e della solidarietà internazionale: "rosso" e kefiah ... 














Donne e uomini di industrie meccaniche ... (verso un Natale austero)














Con il cuore e con la testa: da Reggio alla Palestina ...














Oltre la diplomazia ...






















"Non voglio lavorare fino a 70 anni" ...














Piazza Maggiore piena ...







"Quando tutto sarà privato, anche tu sarai privato di tutto" ...




















Un manifestante con zainetto ...




















Dopo numerose testimonianze di delegat3 di aziende emiliano romagnole è il momento di Maurizio Landini ...
















La manifestazione è finita, la lotta continua, si articola, apre prospettive e opportunità ...
















La giornata di sciopero generale sul Corriere della Sera ... (30 novembre 2024)




















"Bologna cuore della rivolta ... Le piazze non si precettano" titola il Corriere di Bologna ... (30 novembre 2024)




















Scrive il Carlino "i sindacati: manovra senza visione, ora va redistribuita la ricchezza" (30 novembre 2024) Una interpretazione decisamente riduttiva e interessata, no?!




















Su la Repubblica Bologna "un fiume di gilet rossi" ... "e spunta una bandiera CISL" (30 novembre 2024)




















"Testimonianze" e "storie": dai "camici bianchi" al "corteo con il mocio, la rabbia delle donne senza diritti" ... (la Repubblica Bologna, 30 novembre 2024)
 















Dallo sciopero generale del 29 novembre ai prossimi appuntamenti: attivist3 di Extinction Rebellion e C. ai cortei sindacali diffondono "DDL 1660, conoscerlo per combatterlo. Autoformazione e confronto" ... Un appuntamento per domenica 1 dicembre 




















Il 4 dicembre all'Università, via Zamboni 38 ...




















Sabato 7 dicembre, al Cinema Perla: "Dal caso Besta alla città: scuola e spazi pubblici. Ieri, oggi e domani"





















"Le scuole migliori sono quelle in mezzo al verde! Ristrutturare le Besta è una scelta utile e conveniente!" sostiene il Comitato 






















Ancora sabato 7 dicembre: a Faenza "per la Romagna alluvionata e la resistenza climatica" ...




















"Un territorio che va risarcito e riparato, ripensato al di fuori delle solite logiche speculative" ...




















"Mettere in atto un'urgente azione di prevenzione climatica ... Restituire ai territori una propria sfera ecologica vitale" ... 


8 commenti:

  1. Bella piazza "rossa" e "blu"!!!
    Speriamo porti risultati.
    Sic

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  2. Vedo in salita la ricerca di una giusta sintesi tra movimenti ecologisti e sindacati dei lavoratori. Mi pare che il Carlino colga il punto delle richieste dello sciopero quando dice che Cgil, Uil e pure Cobas vorrebbero contrattare essenzialmente una più equa distribuzione dei redditi. Mentre per ambientalisti e movimenti terzomondisti attivi alle varie Cop la critica è ben più profonda e si riferisce a sistemi produttivi e logiche mercantili. Del resto anche le vicende emiliane del patto per il lavoro e il clima segnano una permanente frattura tra organizzazioni che aderiscono e associazioni che no.
    Ciao!

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  3. Dipendesse da me sarei per + partecipazione e - astensione. Ma per questo bisognerebbe avere partiti e politici migliori, nel senso che interpretino i diversi bisogni dei cittadini e progettino soluzioni plausibili.
    Invece temo che di questo passo a + astensione seguirà - partecipazione, fino al rischio di compromettere la democrazia che ci è stata consegnata dai nostri bisnonni.
    Elisabet85

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  4. Credo che l' articolo tocchi un punto cruciale che definisce le situazioni chiamandole col giusto nome.Adesione e Partecipazione spesso non si incontrano nelle piazze degli scioperi dei lavoratori e in quest' equivoco non si affronta una contraddizione importante.
    Da anni la critica sulle modalità di lotta non trovano il consenso né da parte dei militanti,ne dà parte della controparte.....lo sciopero al venerdì,8 ore continue,collegate al weekend fanno da cattiva pubblicità alle iniziative e forniscono alibi per nascondere la testa nella sabbia,il meccanismo di delega ,ha deresponsabilizzato la gente rendendola inoffensiva ad azioni di governo e degli industriali che nulla hanno a che fare con la pace sociale menzionata a sproposito strettamente collegata alla pace nazionale e non. Piazza piena, assolutamente si,ma consapevolezza e capacità di analisi di questo contesto storico no delle volte fa' fatica a materializzarsi perché spinge di più la leggerezza delle buste paghe,in troppi posti di lavoro merce di baratto su condizioni di sicurezza o assenza di riposo per i troppi straordinari.
    La ndini tuona su una rivolta sociale,quando la guerra sociale e alla socialità và avanti da mo con la perdita di diritti,attacchi alle contrattazioni territoriali,delocalizzazioni,sfratti repressione contro i comitati di cittadini.
    Mancano i soldi per sanità e servizi,possiamo difendere la salute pubblica promuovendo la sanità privata sui posti di lavoro o continuare a pretendere rinnovi di contratti nel pubblico non legandoli alla deindustrializzazione del territorio? Mi sembra assurdo,irreale e continua a permanere una difesa illogica delle organizzazioni sindacali,quando una critica costruttiva che passa attraverso l' ascolto dei lavoratori che ci credono è un percorso arduo e in salita per troppi funzionari ed RSU, confronti che a mio parere assicurano un futuro alle nostre organizzazioni e nella necessità di non puntare alla corresponsabilità delle organizzazioni,ma bensì a puntare alla corresponsabilità ed unione fra lavoratori,a riprendere un eredità che non è scritta sui libri di storia,un capitale troppo grande da gestire se non insieme.

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  5. E' chiaro che dobbiamo fare i conti con il mondo che c'è e non con quello che vorremmo. Per questo condivido: oggi astensione o partecipazione non sono alternative per molte persone che praticano sia la partecipazione (nelle piazze sindacali e di quartiere o pro pace, Palestina, disarmo, ecc.) che l'astensione (dalla politica attiva e dal voto amministrativo). La ragione sta a mio avviso nella concretezza dei fini delle mobilitazioni (partecipo per il contratto e per il posto di lavoro, per la sanità pubblica e per la casa, per l'albero e per il verde, ecc.) e nella mancata coerenza degli interlocutori (Pd, M5s, Lega hanno progressivamente perso credibilità ed ora sono a prova anche Meloni e FdI!!!).
    Bisogna dunque ripartire da qui.
    L.

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  6. Transizione ecologica e qualità delle produzioni sono una sfida per niente consolidata anche in queste mobilitazioni. Dagli interventi in occasione dello sciopero generale non ho affatto avvertito la tensione rivoluzionaria che muove Ruchi Shroff e tanti ambientalisti che si battono nel sud del mondo e nei paesi industriali. Così i regaz del Don Bosco, di U.G. e XR colpiti negli ultimi mesi dalle misure repressive di Piantedosi e ministri sembrano abbandonati al loro destino anche da Landini e C.
    Che fare? per superare questi mondi che procedono separati?
    A me pare problema capitale per chi vuole una svolta. Sbaglio?
    M.V.

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    1. Non sbagli affatto!
      E domani, anche se impegni familiari mi impediscono di partecipare, spero davvero che a Roma - contro il ddl 1660 - siano in tante/i.
      s.

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