«Avete fatto dell’Emilia Romagna un polo logistico, cementificando, usando le vostre cooperative per sfruttare lavoratori e migranti. Avete creato delle città invivibili, dove neanche chi lavora o studia riesce a pagare l’affitto. Avete creato una società tossica e patriarcale. Ma noi oggi siamo venuti a riportarvi il fango che ci avete riversato addosso. Noi non siamo dei fottuti angeli del fango, ma persone consapevoli che lottano per una vita bella. Per questo vi diciamo: fermatevi».
È questo uno degli interventi più applauditi durante il lungo corteo che ieri sera ha attraversato la periferia di Bologna. In testa alla manifestazione un camion pieno di pale e stivali, per ricordare il lavoro volontario dei tanti che per settimane sono andati – e continuano tutt’oggi ad andare – a portare aiuti nelle zone alluvionate. Migliaia di persone sono partite dalle mura cittadine per arrivare sotto gli uffici della Regione. E lì, di fronte ai palazzi delle istituzioni, hanno scaricato chili e chili di fango. Un gesto simbolico forte, che serve a mettere sotto la luce dei riflettori quelle che per i manifestanti sono le responsabilità politiche dell’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna.«Ci siamo trovati di fronte a un problema che non riguarda la singola casa allagata, la singola contingenza, ma è sistemico. Da qui la necessità di un confronto, per continuare con gli aiuti individuando al contempo le responsabilità politiche» ci spiega Federico di Plat – Piattaforma d’Intervento Sociale, fra i promotori del corteo insieme a Bologna for Climate Justice. Sono loro ad aver organizzato logisticamente molte delle centinaia di volontari che da un mese aiutano gli alluvionati, e sempre loro hanno sentito per primi la necessità di accompagnare la protesta al lavoro di volontariato.
Subito dietro i loro striscioni appaiono le bandiere di Fridays For Future e del Collettivo dei lavoratori ex-GKN, in quello che gli attivisti stessi definiscono «spezzone convergente». L’alleanza tra il più giovane dei movimenti per il clima e gli operai della ex-GKN di Campi Bisenzio – che da due anni occupano la fabbrica chiedendo un piano di reindustrializzazione e di transizione ecologica – è ormai una presenza costante di molti dei cortei di tutta Italia. Il resto del lungo serpente umano è animato dai sindacati di base, le associazioni ecologiste, i collettivi studenteschi, i partiti della sinistra radicale.
I movimenti che hanno dato vita al corteo considerano la tragedia che un mese esatto fa ha colpito la regione – 15 morti, decine di migliaia di sfollati – non una fatalità, ma il frutto di scelte precise. In primis l’uso di combustibili fossili, che amplifica gli eventi meteorologici estremi. Poi la cementificazione, che rende i territori più fragili.
Al centro degli slogan ci sono le grandi opere impattanti in costruzione in Emilia Romagna: l’allargamento del Passante autostradale a Bologna, il rigassificatore a Ravenna, le trivelle ancora operanti a Rimini. Scelte ritenute inaccettabili in una regione che soffre già gli impatti di una cementificazione importante – il 9% del territorio emiliano-romagnolo è impermeabilizzato, contro una media nazionale di circa il 7% – e dell’attività estrattiva.
Sotto accusa i comuni come il governo nazionale. Ma la più bersagliata è la Giunta regionale guidata da Stefano Bonaccini. «Il Passante e il Rigassificatore sono opere simbolo di un modello vecchio che ha fallito e fallirà sempre di più. Finché si lavorerà a progetti del genere non ha senso parlare di Regione green.
Grazie alla manifestazione di oggi speriamo che venga tenuta alta l’attenzione sull’alluvione: i fondi per la ricostruzione non devono essere usati per rifare tutto come prima, o rischiamo di tornare al punto di partenza» ci dice Viviana Manganaro, coordinatrice della Rete per l’Emergenza Climatica e Ambientale Emilia-Romagna e attivista della piattaforma Per il clima Fuori dal fossile.
«La politica si sta dimostrando incapace di gestire questo tipo di emergenze» le fa eco Agnese Casadei, portavoce nazionale di Fridays For Future, che ha vissuto il dramma dell’alluvione nella sua Forlì. «Mostrando gli stivali che abbiamo usato per spalare il fango vogliamo portare in superficie una situazione che le istituzioni si sono rifiutate di vedere. Le persone chiedono di essere ascoltate e di non essere lasciate da sole. Dietro questi disastri si nascondono cause profonde. E per questo oggi siamo qui, in piazza, a esigere risposte».
Giuditta Pellegrini, Lorenzo Tecleme, il manifesto, 18 giugno 2023
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Temo che anche questa contesa tra Governo Meloni - Musumeci e Giunte Bonaccini - Centrosinistra scarichino effetti a perdere sugli alluvionati.
RispondiEliminaDel resto anche insorgere che significa in concreto?
RoBia
E invece il fango sotto il tappeto è la prima tentazione di chi ci ha governato fin qui. Su tutto si può discutere ma non sulle infrastrutture e sulle opere considerate portanti per l'economia del paese: energia fossile e autostrade in primis.
RispondiEliminaQuindi con Bonaccini o con Meloni la conservazione è preminente mentre l'ascolto delle istanze popolari inesistente.
Di questo passo l'astensionismo crescerà e la sinistra perderà.
Nik
Se l'opposizione alle destre conservatrici (Meloni) si limita a rivendicare commissari e fondi non ha capito nulla. La crisi climatica ed ambientale richiede una altraeconomia.
RispondiEliminaLa Laudato Sii e la Fratelli Tutti potrebbero essere ispiratrici.....
Purtroppo nessuna grande forza politica e sindacale italiana nella pratica ne accoglie la sostanza. Così si determina un vuoto democratico ed una rottura generazionale che sarà difficile colmare.....
Ciao!