Cosa succede alla CNA di Bologna?
Mentre la crisi economica e finanziaria non dà tregua alle imprese artigiane e rende urgente una forte iniziativa per governare un processo di innovazione e conversione, la più importante associazione di categoria appare attraversata da tensioni interne, tra impiegati, quadri e direzione.
Una trattativa sindacale è stata interrotta e sono partite lettere di licenziamento nei confronti di alcune persone con molti anni di lavoro alle spalle, una autonomia di pensiero ed una capacità critica forse mal digerite da chi pare affidarsi al comando più che alla egemonia, al coinvolgimento ed al consenso.
La brutta storia parte, mesi fa.
Mentre la crisi economica e finanziaria non dà tregua alle imprese artigiane e rende urgente una forte iniziativa per governare un processo di innovazione e conversione, la più importante associazione di categoria appare attraversata da tensioni interne, tra impiegati, quadri e direzione.
Una trattativa sindacale è stata interrotta e sono partite lettere di licenziamento nei confronti di alcune persone con molti anni di lavoro alle spalle, una autonomia di pensiero ed una capacità critica forse mal digerite da chi pare affidarsi al comando più che alla egemonia, al coinvolgimento ed al consenso.
La brutta storia parte, mesi fa.
La direzione dichiara difficoltà economiche, anche in conseguenza dell’attuale momento di crisi. La proposta avanzata prevedeva un taglio secco degli stipendi con la inevitabile ricaduta su tutti gli istituti, contributi pensionistici compresi, e la rinuncia al pagamento di festività e permessi, nonché la fruizione di tutte le ferie entro l’anno.
I dipendenti, accettate le rinunce al pagamento di festività e permessi e la gestione delle ferie come da richiesta, hanno opportunamente richiesto un piano di sviluppo e di riorganizzazione per assicurare, in un momento così delicato della vita della categoria e della economia nazionale, il futuro dell’organizzazione dichiarando la disponibilità al confronto ed al sostegno, anche con l’adozione di un contratto di solidarietà che avrebbe prodotto risultati significativi sul piano economico e finanziario, ma salvaguardando i versamenti contributivi.
La risposta della dirigenza è stata la chiusura del tavolo di trattativa e l’adozione di misure drastiche di riduzione del personale, non rinnovando i contratti a termine (ritenuti, dai più, necessari per l’operatività di servizio alle imprese associate che viene così penalizzata), e avviando licenziamenti.
Da un soggetto che dovrebbe avere la democrazia e la partecipazione come linee guida del suo agire, ci si dovrebbe attendere ben altra capacità di progetto e di iniziativa, di dialogo e di mediazione, senza ricorso a comportamenti ed
azioni dal profilo autoritario.
C'è da augurarsi che le ferie abbiano aiutato la riflessione e che la ripresa delle attività tolga di mezzo inaccettabili provvedimenti di licenziamento per concentrare ogni energia del personale tecnico e politico a qualificare la proposta e la capacità di rappresentanza democratica della associazione.
Solo un profilo alto e strategico, lontano da pratiche confederali chiuse e di puro comando, può garantire agli artigiani ed ai loro lavoratori un futuro migliore.
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