Inevitabile che anche le difficoltà, la crisi, le divisioni e le dimissioni degli ultimi tempi sollevino un appassionato ed aspro confronto.
Le prossime settimane (prima e dopo il voto greco) aiuteranno, tutti, a capire meglio le vicende e le posizioni reali che non sempre, nel vivo della lotta politica e delle passioni, vengono forse riconosciute per quello che effettivamente sono o vogliono essere.
Anche per elementi di conoscenza assai differenziati e, spesso, parziali che gli interlocutori possiedono.
Dunque, sarebbe necessario riflettere attentamente e molto, prima di parlare e di sparare giudizi.
Ma è pur vero che, per condizionare gli eventi e costruire il futuro, occorre partecipare, agire, intervenire. Qui ed ora. Ed allora non asteniamoci e proviamo a procedere per punti.
1. Il merito del 3° Memorandum.
Un lungo e dettagliato programma.
Contiene privatizzazioni, nuove imposte, ulteriori tagli allo stato sociale ed alla pubblica amministrazione, riduzioni delle tutele e dei diritti del lavoro. Nessuna ristrutturazione del debito (a differenza di quanto concesso dalle stesse Autorità, proprio in questi giorni, all'Ucraina con la cancellazione immediata del 20% del suo debito pubblico) ed il ritorno ad Atene degli ispettori della Commissione Europea, della Banca Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale per controllarne la realizzazione.
Difficile, per chiunque, contestare la sua sostanziale continuità con le scelte liberiste e di rigore a senso unico che hanno aggravato i problemi: un diffuso impoverimento, un arricchimento di pochi, nuove ingiustizie e crisi della democrazia.
Lo ha riconosciuto esplicitamente il Primo Ministro greco: "un accordo che non è quello che volevamo", firmato solo "per uscire dall'emergenza" e "per evitare un immediato salto nel buio". "Non si tratta dei dieci comandamenti, dal momento che ci sono comunque degli spazi di trattativa, anche per poter proporre misure alternative" ha detto Tsipras alla conferenza nazionale del suo partito, svolta nell'ultimo fine settimana.
Sarà.
Ma, intanto, "carta canta" e per trattare "misure alternative" bisogna convincere quei capi dei governi europei, Cancelliera Merkel in testa, che insieme ai manager delle grandi Banche hanno scritto i nuovi impegni e poi sorriso per avere, ancora una volta, riaffermato il loro potere, la loro visione e i loro interessi.
Lo ha riconosciuto esplicitamente il Primo Ministro greco: "un accordo che non è quello che volevamo", firmato solo "per uscire dall'emergenza" e "per evitare un immediato salto nel buio". "Non si tratta dei dieci comandamenti, dal momento che ci sono comunque degli spazi di trattativa, anche per poter proporre misure alternative" ha detto Tsipras alla conferenza nazionale del suo partito, svolta nell'ultimo fine settimana.
Sarà.
Ma, intanto, "carta canta" e per trattare "misure alternative" bisogna convincere quei capi dei governi europei, Cancelliera Merkel in testa, che insieme ai manager delle grandi Banche hanno scritto i nuovi impegni e poi sorriso per avere, ancora una volta, riaffermato il loro potere, la loro visione e i loro interessi.
2. Gli effetti economici e sociali del 3° Memorandum.
E' stata evitata (almeno per ora) la Grexit, evocata e minacciata nella trattativa dai "falchi" neo-liberisti, Ministro tedesco Schaeuble in testa.
Consentono alla Grecia un minimo di liquidità, quella necessaria per continuare a galleggiare, a pagare sempre più modesti salari, stipendi e pensioni, a rinnovare i prestiti onerosi, a sprofondare tra indebitamento e perdita di patrimonio e risorse.
Sono già iniziate le (s)vendite del patrimonio pubblico: 14 aeroporti alla società tedesca (!) Fraport.
Forse, un domani, se si farà ciò che esige la Troika (come a Kiev) si potrà anche ristrutturare e ridimensionare il debito (come sostiene, da tempo, la stessa direttrice del FMI, Christine Lagarde: "va ridotto, il livello accumulato negli anni passati che non potrà mai più essere restituito").
Si negano e/o non sono contemplati, però, investimenti selezionati per uno sviluppo di qualità, uno sviluppo sano e sostenibile, fondato sulla giustizia sociale e governato dai poteri pubblici.
Non risulta traccia, per intenderci, di riduzione significativa delle spese militari o di rientro ed equa tassazione dei capitali e dei profitti dei grandi armatori, che pure erano al centro delle polemiche pretestuose condotte da alcuni rigoristi europei contro il Governo dimissionario. Sarà altresì interessante verificare se e come procederà il progetto informatico messo in campo da Tsipras e Varoufakis allo scopo di combattere la indecente evasione fiscale dei grandi proprietari di ricchezze.
3. Le conseguenze politiche e democratiche.
Sono già iniziate le (s)vendite del patrimonio pubblico: 14 aeroporti alla società tedesca (!) Fraport.
Forse, un domani, se si farà ciò che esige la Troika (come a Kiev) si potrà anche ristrutturare e ridimensionare il debito (come sostiene, da tempo, la stessa direttrice del FMI, Christine Lagarde: "va ridotto, il livello accumulato negli anni passati che non potrà mai più essere restituito").
Si negano e/o non sono contemplati, però, investimenti selezionati per uno sviluppo di qualità, uno sviluppo sano e sostenibile, fondato sulla giustizia sociale e governato dai poteri pubblici.
Non risulta traccia, per intenderci, di riduzione significativa delle spese militari o di rientro ed equa tassazione dei capitali e dei profitti dei grandi armatori, che pure erano al centro delle polemiche pretestuose condotte da alcuni rigoristi europei contro il Governo dimissionario. Sarà altresì interessante verificare se e come procederà il progetto informatico messo in campo da Tsipras e Varoufakis allo scopo di combattere la indecente evasione fiscale dei grandi proprietari di ricchezze.
3. Le conseguenze politiche e democratiche.
Al Governo greco è servito ben poco l'ampio sostegno popolare ottenuto con il referendum del 5 luglio.
L'intento dichiarato di Tsipras, "dimostrare coesione nazionale" e "trattare, in Europa, con più forza" si è scontrato ed, infine, infranto con una accresciuta e feroce determinazione politica della Germania e degli altri Governi nazionali del Vecchio Continente. Tutti preoccupati (Renzi come lo spagnolo Rajoy) di un possibile diffondersi delle tesi eretiche del Governo greco.
Peggio. Il rapido passaggio del Primo Ministro di Atene dal "No alle pretese della Troika" alla accettazione, alla firma ed alla approvazione parlamentare dei contenuti del 3° Memorandum ha disorientato, diviso e sgretolato rapidamente Syriza, la maggioranza politica del Governo e l'ancora più ampio fronte che si è mobilitato per sostenere il cambiamento politico in Grecia ed in Europa.L'intento dichiarato di Tsipras, "dimostrare coesione nazionale" e "trattare, in Europa, con più forza" si è scontrato ed, infine, infranto con una accresciuta e feroce determinazione politica della Germania e degli altri Governi nazionali del Vecchio Continente. Tutti preoccupati (Renzi come lo spagnolo Rajoy) di un possibile diffondersi delle tesi eretiche del Governo greco.
Certamente (occorre ribadirlo!) le dimissioni ed il ricorso al voto (il 20 settembre) non sono un atto irrilevante e scontato, nel mondo d'oggi.
Basti ricordare che in Italia, le ultime tre crisi politiche (2011, 2013, 2014) e di Governo (da Berlusconi a Monti, dal voto "senza vincitori" a Letta, da Letta a Renzi) e i relativi repentini cambi e aggiustamenti di maggioranza, non hanno contemplato passaggi e verifiche elettorali.
Tuttavia, non si può nascondere che uno "strappo" alle volontà dell'elettorato si è registrato.
Il popolo greco, che ha detto "No alle pretese" delle Autorità internazionali ben due volte in un anno (con le elezioni politiche del gennaio scorso ed il referendum del 5 luglio), tornerà ora al voto per rinnovare la rappresentanza di un Parlamento che ha già assunto un dettagliato programma di impegni e di scadenze (quel 3° Memorandum) da rispettare, "senza deroghe" - gli viene ricordato ogni giorno - pena il blocco di finanziamenti considerati, anche da Tsipras, "vitali".
Dunque, all'elettorato è - di fatto - sottratta una parte importante del contendere e non resta che esprimere un giudizio ed un orientamento generale. Sicuramente e sempre da non liquidare o sottovalutare.
Di fronte a questa evoluzione, non ci si può meravigliare che il soggetto sociale e politico unitario protagonista della Resistenza, della Primavera greca e del progetto politico "un'Altra Europa" sia entrato in crisi e, ora, si presenti al voto diviso in più forze e almeno due coalizioni che avevano dato vita alla speranza Syriza: quella maggioritaria di Tsipras (si al 3° Memorandum), quella di Unità Popolare fondata nelle ultime settimane dalla minoranza di sinistra (no al 3° Memorandum), quella dell'ex Presidente della Camera, Zoi Kostantopoulou ed altri ("3° Memorandum insostenibile"). Poi l'ex Ministro Yanis Varoufakis, su posizioni europeiste ma critiche (non disponibile per "quell'accordo negativo") impegnato (dalla Francia all'Australia) a costruire nuove alleanze internazionali anti-liberiste.
Allo stato è davvero difficile prevedere ricomposizioni e "prospettive unitarie" nella sinistra greca, come ha ammesso il vecchio dirigente partigiano Manolis Glazos, simbolo della lotta antifascista, schierato con le minoranze. Come evidenziano le dimissioni di 37 dirigenti della organizzazione giovanile.
Ma anche in quella europea ed italiana.
Lo confermano il dibattito, gli articoli e le dichiarazioni (ed anche i silenzi) del vasto ed articolato fronte che ha seguito e sostenuto l'esperienza di Syriza e del Governo Tsipras.
Da Podemos, alla Linke, ai Verdi.
Anche tra le personalità più solide e lineari non mancano posizioni dure, polemiche, divergenti.
Da Barbara Spinelli ("Era prevedibile che Syriza si sfaldasse dopo l'umiliazione che il Governo ha dovuto subire. Ad Alexis Tsipras è stata lasciata la scelta tra la morte e la morte, tra Grexit e sottomissione"), a Marco Revelli ("Lungi dall'arretrare o ritirarsi a me sembra che Tsipras passi all'offensiva, alzando la posta e quindi, di conseguenza, cercando di portare la propria forza politica all'altezza di essa"), a Stefano Fassina ("Né il programma con il quale Tsipras ha vinto a gennaio, né il referendum sono stati rispettati. Adesso le elezioni sono inutili, un esercizio virtuale, una ginnastica senza scopo. Chiunque vinca, il programma del prossimo governo è scritto fino alle virgole nel memorandum. Tsipras poteva almeno evitare di aggravare la rottura nel partito e provare a ricomporre Syriza attraverso un riconoscimento delle ragioni reciproche").
Si potrebbe continuare, con commenti di segno opposto pubblicati su quotidiani, riviste e siti internet (a partire da quello di Grillo).
Il punto politico è chiaro.
Senza l'unità di grande parte delle forze democratiche e di sinistra che si sono battute insieme contro le vecchie classi dirigenti corrotte e conservatrici di Grecia ed Europa, come si può pensare di conquistare obiettivi più avanzati di quelli mancati con l'impegno comune?
A questo interrogativo Tsipras non ha dato risposte adeguate e convincenti.
Neppure dalla Conferenza nazionale svolta ad Atene, dove pure ha riaffermato che "l'avversario da battere è e rimane la destra" ed ha assicurato che l'accordo sottoscritto è "un compromesso tattico momentaneo".
Ma proprio la parabola dell'esperienza greca, ci consegna una discussione di strategia, di visione e di progetto per il cambiamento.
Perché, oggettivamente, ancora una volta, al dunque, si è riproposta una discutibile scissione tra giudizi di merito e comportamenti concreti (il 3° Memorandum "non piace" ma lo si vota); una infruttifera (e fin qui perdente) separazione tra nobili progetti riformatori e pratiche consuete quotidiane ("vere grandi riforme" domani, oggi solo "gestione del possibile"), tra tempi per un presunto risanamento e tempi per un futuro sviluppo sostenibile (subito rigore unidirezionale, un indefinito domani investimenti di qualità), tra alleanze auspicabili da costruire e "compromessi tattici momentanei" ("siamo di sinistra e alternativi", ma intanto subiamo conservatori e destre).
4. Grecieuropei e italianieuropei.
Ciò che stiamo discutendo non riguarda la Grecia; il passato, il presente ed il futuro di quel popolo, amico e diverso.
Soprattutto in tempo di globalizzazione, parliamo di noi. Noi europei!
O, se proprio preferiamo una cautela di realismo, noi italianieuropei, noi grecieuropei, spagnolieuropei, francesieuropei, tedeschieuropei, ungheresieuropei ...
Tutti siamo chiamati a misurarci sui debiti storici accumulati (o anche contratti in un passato recente che non è bene rimuovere), sulle contraddizioni della pubblica amministrazione e delle produzioni, sullo sfruttamento irresponsabile del territorio.
Tutti siamo chiamati a fronteggiare, con strategie innovative ed adeguate, le guerre in atto in Medio Oriente, in Africa e in Asia; la profonda crisi industriale ed ambientale che interessa l'intero pianeta; i grandi (e drammatici!) processi migratori verso nord; il rallentamento generale della crescita e la turbolenza dei mercati cinesi, orientali ed internazionali.
Il 3° Memorandum imposto alla Grecia non è la risposta perché continua a ragionare e a proporre soluzioni nazionali e non affronta l'intreccio profondo di cause globali e sociali (di classe).
L'Europa, tutta, ha perso un'altra occasione: per ragionare criticamente sul fallimento delle politiche comunitarie in campo economico, industriale, fiscale e finanziario; per fare prevalere gli interessi generali rispetto a quelli mercantili, di ristrette oligarchie e di burocrati; per riproporre la sovranità dei popoli e delle istituzioni rappresentative e democratiche sui poteri forti, privati ed illegali.
Questo 3° Memorandum contraddice insieme la volontà democratica di un popolo e le speranze di parte importante, probabilmente maggioritaria (perché no!), di un Vecchio Continente che vuole cambiare, che manifesta grande e crescente disagio e insofferenza.
Lo dicono tanto le elezioni europee (del 2014) quanto quelle nazionali, regionali o locali che da tempo proviamo a interpretare.
Certo. Disagio, insofferenza e speranze non vanno in una stessa direzione culturale e politica, anzi.
Manifestano orientamenti molto diversi, assai contraddittori, anche opposti.
Di sinistra radicale o di destra estrema, a volte razzista e fascista. Scioccamente definiti "anti - politica" e/o sommariamente "populismi".
E qui sta la sconfitta comune. Il rischio di non trasformare una grande crisi in una nuova opportunità.
La urgenza di andare oltre paure e visioni ristrette, difensive e locali.
Rinunciando alla ricerca creativa, alla elaborazione collettiva, alla sperimentazione comune di una cultura moderna ed un principio ecologista che da anni è rimasto enunciato.
5. "Pensare globalmente, Agire localmente".
Alcune priorità si impongono per ridare senso, coerenza e gambe alle volontà di cambiamento della Grecia, dell'Italia, dell'Europa e del mondo.
Un solo esempio.
Cooperazione per ridurre la fame e la povertà.
Investire in produzioni ed industrie alimentari e in prevenzione ambientale riducendo le spese per armi ed eserciti.
I popoli d'Europa possono decidere di costituire, a tappe forzate, Forze Armate Comunitarie che riducano drasticamente le risorse nazionali destinate a scopo di difesa.
Debbono essere orientate ai principi contenuti nella Carta dei Diritti delle Nazioni Unite e rispondere direttamente al Parlamento Europeo scelto, dai cittadini dei Paesi aderenti, a suffragio universale.
Le risorse umane e monetarie complessivamente risparmiate (tante!) vanno utilizzate per ospitare ed accogliere con civiltà migranti del sud e, insieme, per promuovere uno sviluppo equo e sostenibile nei paesi di origine delle migrazioni. Si è detto più volte: "un moderno piano Marshall".
Una nuova Europa deve impegnarsi a costruire corridoi umanitari per le persone che fuggono da guerre e persecuzioni causate da regimi autoritari e organizzazioni terroristiche. Deve agire, di concerto con gli Organismi Internazionali e gli Stati riconosciuti per la pace nel mondo e per promuovere la coesistenza di popoli, culture e religioni.
Deve operare perché forze internazionali delle Nazioni Unite intervengano per ripristinare pace e diritti negati a persone e popoli.
Il Mediterraneo non può continuare ad essere un cimitero e un focolaio interminabile di conflitti.
Ma allora basta "Frontex" e "Mare Nostrum" o, peggio, guerre neo coloniali che causano nuove migrazioni e indecenti relazioni con vecchi e nuovi dittatori e militari golpisti (come l'egiziano Al Sisi).
Sull'esempio della missione militare in Libano si dovrebbe garantire la costituzione, l'esistenza e l'autodeterminazione di uno Stato Palestinese e la sicurezza dello Stato di Israele.
Analogamente si dovrebbero interrompere le produzioni e gli invii di armi in zone di guerra (dalla Siria, all'Irak, all'Ucraina, solo per fare esempi) e gli embarghi commerciali (con la Russia) ed operare concretamente per un cessate il fuoco nelle aree di guerra, isolando terroristi, trafficanti e mercenari; riconoscendo popoli (come i curdi) e soggetti politici in lotta per affermare diritti e libertà troppo a lungo negati.
Parliamone!
E' tempo.
Tu butti la palla avanti! Forse troppo. Chi la può cogliere?
RispondiEliminaIl progetto di una Europa politicamente unita, di FF.AA. europee, di un Parlamento sovrano, della cooperazione per la pace e la lotta alla fame sono condivisibili ed opportune.
Ma rappresentano una vera e propria rivoluzione culturale a fronte degli egoismi nazionali attuali.
Manca un soggetto politico che li sostenga. Anche uno solo.
Parliamone, ma sarà dura.
Ciao!
Ciao!, è dura. Sarà durissima.
EliminaMa stiamo al merito.
Vedi altre risposte possibili?
Ora si stanno chiudendo le frontiere. Non solo quelle ai confini dell'Europa. Anche quelle tra gli Stati che la compongono. Si schierano polizia ed eserciti nazionali.
Poi ci si unisce nella "guerra agli scafisti".
Avanti così?
A me pare che alcune proposte che possono apparire utopie siano assai più fondate e realistiche per rispondere ai problemi rispetto alle scelte di queste classi dirigenti nazionali ed europee.
Parliamone e uniamo forze.
Gianni
Tsipras, Syriza, l'Altra Europa.
RispondiEliminaTentativi di cambiamento naufragati.
Come i profughi del sud che migrano verso il nord.
L'invito a discutere di grandi temi è condivisibile. Come l'appello ad agire.
Porterà risultati solo se sarà una nuova partenza per tutti e nessuno (nessuno!) avrà la pretesa di essere più avanti.
In testa, a dirigere il gruppo.
m.m.
Condivido.
EliminaTuttavia, mi accontenterei che tutti usassero la testa e non avrei problemi se qualcuno partisse e prendesse la testa, considerando sempre anche la testa di quelli che seguono e partecipano.
Gianni
Lettura prevalentemente per "pensionati". Impegnativa.
RispondiEliminaComunque completata.
1. Concordo che una valutazione complessiva sulla questione greca si può trarre dopo il voto del 20 settembre.
2. Giusto sottolineare le responsabilità prevalenti delle Autorità europee. La moneta unica non regge in assenza di politiche sociali ed economiche.
3. Apprezzo la scelta di valutare vicinanze e lontananze politiche sul merito delle scelte da fare e dei comportamenti da tenere.
4. E' tempo di entrare nel merito. Condivido Pensare globale, agire locale.
Le prime idee sono condivisibili. Occorrerebbe articolare i progetti. Le azioni andrebbero proposte e discusse per passare ai fatti.
pl
Siamo sicuri che i greci non hanno vissuto una vita per troppo tempo al di sopra delle loro reali possibilità? nel senso che hanno speso più di quanto hanno prodotto? Non è giusto scaricare sempre su altri le proprie responsabilità. O no?
RispondiEliminaAntonio
Antonio, le responsabilità "dei greci" esistono. Come quelle "degli italiani" e "dei tedeschi" o "degli ungheresi".
EliminaIl punto è se "tutti" ci facciamo carico (magari proporzionalmente) di soluzioni che possono migliorare la civile convivenza e le condizioni (molto diseguali) dei vari protagonisti. Nei singoli paesi e tra i paesi.
Insomma, il Governo Tsipras chiedeva la fine del rigore a senso unico per i ceti impoveriti dalle politiche di austerità.
Il Governo Tsipras non era composto dai personaggi che hanno governato la Grecia negli ulti cento anni.
Le loro proposte andavano discusse, se vuoi criticate, ma considerate e accolte come una occasione anche per noi per cambiare le politiche europee e dei singoli paesi.
Non è stato così, purtroppo.
E i problemi (guerre, povertà, ingiustizie, disugualianze) restano e si aggravano. In Grecia, in Italia, in Europa, nel Mediterraneo e nel mondo.
Prendiamone atto e proviamo a cambiare insieme (greci, italiani, tedeschi, inglesi, ungheresi ...). Con un comune senso di responsabilità!
Gianni
Prendo il punto che mi pare centrale nel tuo ragionamento.
RispondiElimina"L'Europa, tutta, ha perso un'altra occasione: per ragionare criticamente sul fallimento delle politiche comunitarie in campo economico, industriale, fiscale e finanziario; per fare prevalere gli interessi generali rispetto a quelli mercantili, di ristrette oligarchie e di burocrati; per riproporre la sovranità dei popoli e delle istituzioni rappresentative e democratiche sui poteri forti, privati ed illegali".
Su questo le idee dei "soggetti del cambiamento" mi sembrano molto confuse.
Prendiamo proprio il tuo esempio: "cooperare per il disarmo e la conversione pacifica ed ecologica delle produzioni". Che hanno detto, proposto e fatto il governo Tsipras, i Parlamentari europei de l'Altra Europa, il Movimento 5 stelle e il Gruppo Parlamentare Europeo di cui hanno scelto di fare parte?
Per non parlare dei Partiti Socialisti Europei.
Così gli unici che lasciano il segno sono i pensieri di Papa Francesco, le azioni concrete di missionari cattolici ed il governo della Cancelliera Merckel.
Altro non perviene al
comune mortale
In parte condivido, comune mortale.
EliminaPoco si sta facendo. Molto poco. Sfacciatamente poco.
Appunto, parliamone per trovare idee forti e comportamenti coerenti.
Non da oggi apprezzo anch'io tanta parte delle cose che dice e fa Papa Francesco. E tante cose che fanno, nel silenzio, tante persone religiose, laiche, atee, agnostiche in giro per il mondo. A volte anche con responsabilità di Governo.
Non mi convince, invece, l'accostamento dei pensieri di Papa Francesco con le azioni del Governo della signora Merkel, che ritengo responsabile di molti errori compiuti in Europa negli ultimi tempi. Dalle politiche economiche e finanziarie perseguite con assurda ostinazione, ai Trattati internazionali sottoscritti, fino alle scelte imposte alla Grecia ed alle politiche di accoglienza dei migranti.
Non credo neppure utile ad una svolta democratica dell'Unione Europea le scelte unilaterali e le logiche di potere che la Cancelliera tedesca impone a tutti: dalle politiche verso il conflitto Ucraina - Russia, alla trattativa con la Grecia, all'accoglienza dei profughi.
Gianni
Un disastro la Grecia. Purtroppo.
RispondiEliminaUn disastro l'Europa. Purtroppo.
M.
Il labour inglese torna a sinistra.
RispondiEliminaDirigenti dissidenti di partiti socialisti e comunisti si incontrano a Parigi.
Dal fallimento dell'Europa SocialPopolare si può ritrovare una speranza a Sinistra?
L.
L., la speranza va alimentata con capacità critica, analisi, idee, iniziative, comportamenti coerenti ...
EliminaRicostruire una sinistra credibile e movimenti democratici forti e riconosciuti dipende da tutti noi.
Proviamoci!
Gianni