mercoledì 20 gennaio 2016

I padroni del Mondo

Quando il movimento Occupy Wall Street lanciò lo slogan «siamo il 99%» probabilmente non immaginava che solamente pochi anni dopo quel 99% sarebbe realmente stato la parte più povera del pianeta. Eppure oggi l’1% più ricco della popolazione ha un patrimonio superiore a quello del rimanente 99%. Sono alcuni dati contenuti nell’ultimo rapporto di Oxfam sulle diseguaglianze, presentato in vista del Forum di Davos dei prossimi giorni.

Sempre secondo il rapporto An economy for the 1%, non solo le diseguaglianze stanno aumentando, ma stanno addirittura accelerando. Nel 2010 bisognava prendere i 388 miliardari più ricchi per arrivare al patrimonio della metà più povera del pianeta. Nel 2014 bastava fermarsi all’ottantesimo. Oggi sono 62. Sessantadue persone sono più ricche di 3,6 miliardi di esseri umani. Sessantadue persone che in cinque anni hanno visto la propria ricchezza crescere del 44%, oltre 500 miliardi, mentre la metà più povera del pianeta si impoveriva del 41%.
Ancora, dall’inizio del secolo alla metà più povera del mondo è andato l’1% dell’aumento di ricchezza, mentre l’1% più ricco se ne accaparrava la metà. È un fenomeno particolarmente drammatico nei Paesi più poveri, ma che accomuna tutto il mondo. Nel Sud, il 10% più povero ha visto il proprio salario aumentare di meno di 3 dollari l’anno nell’ultimo quarto di secolo. Se le diseguaglianze non fossero cresciute durante questo periodo, 200 milioni di persone sarebbero uscite dalla povertà estrema. Nello stesso arco di tempo, negli Usa lo stipendio medio è cresciuto del 10,9%, quello di un amministratore delegato del 997%.
In questo quadro, di quale ripresa, di quale crescita, di quale economia parliamo? Tralasciamo l’insostenibilità ambientale e persino l’ingiustizia sociale. Guardiamo unicamente le conseguenze economiche. In uno studio recente l’Ocse ricorda che le diseguaglianze hanno causato una perdita di oltre 8 punti di Pil in vent’anni. Un’enormità. Il motivo è semplice: se famiglie e lavoratori sono sempre più poveri, calano i consumi e quindi la domanda aggregata. Una “soluzione” è indebitare famiglie e imprese per drogare la crescita del PIL. È il modello subprime, un’economia del debito che può funzionare per qualche anno, finché inevitabilmente la bolla non scoppia.
L’altra soluzione è scaricare il problema sul vicino, puntando tutto sulle esportazioni. Tagliamo stipendi e diritti di lavoratrici e lavoratori, tagliamo le tasse alle imprese e il welfare. Ovviamente aumenteranno le diseguaglianze e crollerà la domanda interna, ma saremo più competitivi e quindi esporteremo di più.
È l’attuale modello italiano ed europeo, riassunto nel documento “dei cinque presidenti”, promosso da tutte le istituzioni europee per tracciare la linea dei prossimi anni. Nel capitolo dedicato alla “convergenza, prosperità e coesione sociale” si riesce nell’impresa di non menzionare mai parole quali “diritti”, “reddito” o “diseguaglianze”, mentre viene utilizzata per diciassette volte la parola “competitività” (17!).
Un modello in cui la crescita delle diseguaglianze non è quindi un fastidioso effetto collaterale, ma la base stessa di un gioco pensato e tagliato su misura per l’1%. Una gara verso il fondo in ambito sociale, ambientale, fiscale, monetario, per vincere la competizione internazionale. La semplice domanda è: se le diseguaglianze aumentano ovunque e la gara è globale, è possibile che tutti esportino più di tutti? In attesa che la Nasa scopra che c’è vita su Marte per potere esportare anche li, questa economia dell’1% non sembra particolarmente lungimirante, come mostrano le cronache di questi giorni.
A chi deve esportare una Ue che nel suo insieme ha già oggi il maggior surplus commerciale del pianeta? Si guarda all’Asia e alle economie emergenti come mercato di sbocco, ma ecco che un calo della Borsa di Shanghai rischia di diventare una tragedia per l’economia italiana. Siamo arrivati al paradosso che pur importando petrolio dobbiamo sperare che il prezzo del greggio non continui a scendere, altrimenti i Paesi esportatori non potranno acquistare il nostro made in Italy.
I dati divulgati da Oxfam sono un affronto e una vergogna dal punto di vista della giustizia sociale, ma sono disastrosi anche da quello meramente economico. Una ricetta per una nuova crisi. Il problema è che l’aumento delle diseguaglianze dal 2008 a oggi è anche un segnale fin troppo evidente di chi rimane con il cerino in mano quando questa crisi scoppia. Ed è allora difficile che il messaggio venga recepito a Davos, all’incontro annuale di quell'1% — anzi, di quel zero virgola — che continua a guardare dall’alto, sempre più dall’alto, oltre il 99% dell’umanità.

Andrea Baranes, il manifesto, 19 gennaio

7 commenti:

  1. Più di tante chiacchiere valgono questi dati!
    Anna

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  2. Un mondo di contrasti così estremi non è sicuro.
    E' inevitabile che i ricchi investano in armi per difendere interessi - privilegi. Invece di combattere la fame di tante popolazioni e riconoscere diritti a tutti i cittadini si destinano risorse per tutelare interessi - ricchezze delle caste.
    Ma è altrettanto certo che una parte degli altri combatta per migliorare le proprie condizioni con i mezzi possibili. Pacifici e no.
    E allora.
    1. Combattere i guerrafondai, il militarismo e i produttori di armi.
    2. Invertire la tendenza: ridimensionare i ricchissimi e i poveri.
    3. Riconoscere dignità al lavoro ed alzare il livello medio della vita.
    Carlo

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    1. Giusti auspici che però non sono nella testa e negli atti dei nostri governanti.
      Le Banche saltano? Pagano gli azionisti e gli obbligazionisti mentre le leggi salvano i banchieri.
      C'è da risanare l'ILVA? Viene nominato Amministratore Delegato un manager imputato per il rogo alla Tissen Grup e la morte degli operai.
      È chiaro che così aumentano le distanze tra pochi ricchi e potenti e tanti subordinati, poveri ed umiliati.
      Poi a sentir il Giglio Magico, va tutto bene!
      Per quanti?
      Nik

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  3. A proposito di ricchi e poveri, di diritti e di opportunità racconto questa esperienza.
    Per svolgere un lavoro semplice e a tempo determinato è richiesta l'auto.
    Possedendo una vecchia auto non c'è problema e l'assunzione è assicurata.
    Poi l'auto ha problemi e ne occorre un'altra..
    Dopo varie esperienze e verifiche la scelta ricade su un mezzo ibrido nuovo.
    Il contratto prevede l'acquisto parte in contanti e parte attraverso un prestito di una dozzina di migliaia di euro effettuato da una finanziaria convenzionata da restituire in comode rate mensili.
    Dopo le firme ed il versamento di una prima somma, il problema: la mancanza di un lavoro stabile non garantisce sufficientemente la finanziaria.
    Ciao nuova auto!
    Per il lavoro, incrociamo le dita!
    s.

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    1. s., ho sentito altre esperienze analoghe.
      Chi manca di liquidità e/o di una famiglia in grado di supportare anche piccoli investimenti iniziali non riesce a decollare e a costruire un percorso dignitoso di vita.
      Aumentano le distanze tra quelli che possiedono e che possono (sempre meno e prevalentemente anziani) e quelli che dipendono (anche se non formalmente, soprattutto giovani) e mancano di libertà (sostanziale, effettiva).
      Purtroppo le "narrazioni" e l'ottimismo (necessari ed utili) non cambiano i dati (proposti qui da Baranes) e le esperienze quotidiane (come la tua e tante altre).
      Ci vogliono Riforme profonde e radicali. Di segno ben diverso da quelle intraprese dalle classi dirigenti europee ed italiane.
      Gianni

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  4. Perchè stupirsi: basterebbe valutare , in retrospettiva gli eventi che dalla rivoluzione americana ad oggi, hanno segnato il destino dell'umanità per arrivare ad un sistema che privilegia la finanza all'economia della produzione.Masse di capitali , spesso virtuali, che sis spostano più volte in un giorno , in forma anonima, lasciando sul campo delle borse i cadaveri di tanti gonzi, mentre i beccai di trno si fregano le mani sanguinolente.Per tutti sarebbe salutare la lettura degli scritti di Pound, che per aver sostenuto verità scomodo ed essersi schierato a favore di coloro che sostenevano la capitale dello spirito , contro quella del maiale(roma-chigago), fu ridotto in schiavitu e portato alla pazzia.

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  5. Perchè stupirsi: basterebbe valutare , in retrospettiva gli eventi che dalla rivoluzione americana ad oggi, hanno segnato il destino dell'umanità per arrivare ad un sistema che privilegia la finanza all'economia della produzione.Masse di capitali , spesso virtuali, che sis spostano più volte in un giorno , in forma anonima, lasciando sul campo delle borse i cadaveri di tanti gonzi, mentre i beccai di trno si fregano le mani sanguinolente.Per tutti sarebbe salutare la lettura degli scritti di Pound, che per aver sostenuto verità scomodo ed essersi schierato a favore di coloro che sostenevano la capitale dello spirito , contro quella del maiale(roma-chigago), fu ridotto in schiavitu e portato alla pazzia.

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