La posizione dell’associazione ambientalista è chiara fin dall’inizio: loro voteranno “sì” per bloccare le concessioni in scadenza delle piattaforme già attive che si trovano nei mari italiani a una distanza inferiore alle 12 miglia dalla costa. «Quello che a nessun cittadino sarebbe permesso è invece concesso ai petrolieri, il cui operato è fuori controllo» attacca Andrea Boraschi, responsabile della campagna “energia e clima” di Greenpeace. «Sono motivi più che sufficienti per spingere gli italiani a partecipare al prossimo referendum sulle trivelle del 17 aprile e a votare “sì” per fermare chi svende e deturpa il paese».
La propensione di Greenpeace per il “sì” è precedente a questi dati. Ora la differenza la fanno i numeri, che di fatto certificano l’impatto delle piattaforme. Sono quelli che l’associazione ambientalista – tramite istanza pubblica di accesso agli atti – aveva chiesto al ministero dell’ambiente lo scorso luglio. «Avevano risposto fornendo soltanto i dati di monitoraggio di 34 impianti relativi agli anni 2012-2014. Delle altre cento (e più) piattaforme operanti nei nostri mari non abbiamo ricevuto alcun dato» spiega Greenpeace. «O il ministero non dispone di informazioni in merito oppure ha deciso di non consegnarci tutta la documentazione».
Ieri è stato presentato lo studio sull’inquinamento provocato dalle attività estrattive in Adriatico. Titolo esplicito: “Trivelle fuorilegge”. Il risultato? Dal monitoraggio dei 34 impianti che estraggono gas (su 130 esistenti), si scopre che la contaminazione supera i limiti di legge per la presenza di almeno una sostanza chimica pericolosa nei tre quarti dei sedimenti marini vicini alle piattaforme (76% nel 2012, 73,5% nel 2013 e 79% nel 2014).
Ma non è tutto. Perché i parametri ambientali sono oltre i limiti per almeno due sostanze nel 67% dei campioni analizzati nel 2012, nel 71% nel 2013 e nel 67% nel 2014. «Il quadro che emerge è di una contaminazione grave e diffusa» spiega Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento di Greenpeace. «Laddove esistono dei limiti fissati dalla legge – prosegue Ungherese – spesso le trivelle non li rispettano. Ci sono contaminazioni preoccupanti da idrocarburi policiclici aromatici e metalli pesanti. Molte di queste sostanze sono in grado di risalire la catena alimentare fino a raggiungere gli esseri umani. La situazione si ripete di anno in anno. Nonostante questo non risulta che siano state ritirate licenze, revocate concessioni o che il ministero abbia preso altre iniziative per tutelare i nostri mari».
Di fatto circa l’86% del totale dei campioni analizzati nel corso del triennio superava il limite di concentrazione di mercurio. E l’82% dei campioni di mitili raccolti nei pressi delle piattaforme presenta valori più alti di cadmio rispetto a quelli misurati nei campioni presenti in letteratura. Stessa cosa accade per selenio (77%) e zinco (63%).
Bisogna raggiungere il 50,01% dei partecipanti, no?
RispondiEliminaImpresa difficile. C'è ancora poca informazione.
Anna
Si. Per rendere valido il referendum occorre che almeno il 50,01% degli aventi diritto vada ai seggi.
EliminaPer questo, servono informazione e impegno. Di tutti.
Gianni