In questi giorni la memoria è tornata ripetutamente al 1984.
A Padova il 62enne (originale coincidenza) Segretario del PCI (notevoli diversità), impegnato in una difficile battaglia elettorale europea (ancora analogie) e nel vivo di uno scontro durissimo a sinistra con il PSI di Bettino Craxi e con ricadute serie anche nel Partito (altre similitudini), venne colpito da una emorragia cerebrale.
Trenta anni fa non ci fu scampo.
Piangemmo in tantissimi (comunisti e no) un leader sobrio (quanta diversità rispetto alla politica attuale), popolare (fortissimo il legame con operai, lavoratori e pensionati), libero (da condizionamenti dei poteri costituiti), lungimirante (con lui si proposero "un nuovo ordine internazionale", "un diverso rapporto tra nord e sud del mondo", "la ricerca di una terza via tra i fallimenti dell'internazionale socialista e del comunismo statalista", "un eurocomunismo, aperto ai movimenti di liberazione dei popoli", "il disarmo e la cooperazione internazionale", "una politica di austerità contro consumismo, sperpero di risorse e ingiustizie sociali", "la questione morale come grande problema della politica e della democrazia italiana"), determinato nel perseguire convinzioni profonde e motivate (dal compromesso storico, alle lotte operaie alla FIAT o in difesa della scala mobile), quanto capace di autocritiche (dalle politiche di "unità nazionale" alla scelta della "alternativa democratica").
Ora la medicina ha fatto progressi indiscutibili ed è bello pensare di poter continuare a discutere con chi pensa diversamente (come hanno detto Renzi, Grillo e molti altri).
Da Bersani e da vecchi compagni di partito mi hanno diviso, in questi decenni, molte importanti scelte.
Su tutto, mi è parso inadeguato, di fronte alla crisi del sistema che già con Berlinguer avevamo visto (oltre trent'anni fa, nei suoi elementi essenziali) il "riformismo debole" perseguito e praticato dai vari partiti di sinistra e centrosinistra (o centro) che si sono fondati nell'ultimo quarto di secolo (PDS, DS, PD). L'illusione che bastasse accedere alle stanze del potere istituzionale per risolvere le questioni e le contraddizioni insostenibili delle società del nostro tempo. Mentre avrebbero dovuto svilupparsi in termini di elaborazione, cultura, coinvolgimento, partecipazione le intuizioni ed i progetti innovativi e di radicale cambiamento su cui Berlinguer ed i comunisti italiani avevano prodotto idee forti, mobilitazione e consenso sociale (nei primi anni 80). Certo, tra mille discussioni, molti contrasti e differenziazioni all'interno del Partito (anche con un alto dirigente comunista come l'attuale Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano).
In questo moderatismo, in questa progressiva rinuncia al cambiamento della società, in questa omologazione al pensiero dominante risiedono innanzitutto lo sradicamento sociale e le sconfitte (e/o le mancate vittorie) della sinistra in questi lunghi anni ed anche dell'ultima campagna elettorale (che proponeva comunque una alleanza con Monti e gli alti burocrati europei).
Bersani porta pesanti responsabilità. Rese evidenti, tra gli altri e in particolare, da due grandi professionisti, comici, comunicatori: Grillo, su un versante più politico, Crozza, su un versante culturale non meno insidioso.
Penso che il travaglio di Bersani dopo il voto sia stato profondo (ben oltre il manifestato e l'evidente).
La "mancata vittoria" ha fatto esplodere contraddizioni fondanti, palesi, nascoste e nuove nel Centrosinistra.
La sua (lunga) cultura politica avrebbe potuto suggerire un percorso (berlingueriano?) che il Segretario PD non ha saputo, voluto o potuto intraprendere con coerenza e determinazione sino in fondo (a differenza della autocritica che seppe fare il leader del PCI di fronte alle sconfitte della seconda parte degli anni 70 e, per la verità, senza ottenere subito risultati immediati che capovolgessero gli equilibri politici e sociali esistenti). Quella di chiudere la stagione delle "larghe intese" ABC con Alfano (Berlusconi) e Casini giocando una carta davvero nuova (rischiosa, coraggiosa quanto moderna, "rottamatrice" e "spiazzante" per diversi altri nuovi protagonisti): un Governo politico di cambiamento, retto da una personalità credibile ed autorevole (tanto per larga parte del popolo del PD, quanto per tanta parte degli elettori del Movimento 5 Stelle e della sinistra). Non mancavano donne e uomini adeguate/i e/o da verificare formalmente e in concreto. Donne e uomini di qualità, sicuramente non inferiori rispetto a personaggi, poco conosciuti e di dubbio o ancora incerto valore, chiamati ora a gestire politica e le istituzionali nazionali.
Del resto Berlusconi e Monti (al di la della propaganda interessata) erano usciti sconfitti dalle elezioni e il soggetto politico "garante" di un cambiamento politico era stato individuato dagli italiani (al di là di ogni giudizio di valore) nel nuovo soggetto di Grillo, oltre che dal ribadito (ancorché ridimensionato) consenso al PD.
Purtroppo "la sfida" di Bersani (che intuì la richiesta generale di cambiamento e a cui va riconosciuta la indisponibilità personale a guidare un Ministero con il Centrodestra) si è fermata alla enunciazione generica dei capitoli (otto, mi pare) di un possibile programma ed alla richiesta di un sostegno dei "grillini" ad un Suo Governo, impossibile punto di approdo per chi aveva conquistato 8 milioni di voti "per cambiare classe dirigente del paese".
Sicuramente Bersani si rendeva conto dell'avversione di molti suoi amici e compagni di partito e di coalizione, di importanti uomini dello Stato e delle istituzioni, di potenti poteri che operano nella società, nella economia e nella finanza. Tutti coloro (tanti) che hanno prosperato, sono cresciuti e si sono arricchiti nella crisi (degli altri) e che temono ogni cambiamento.
Ma lo scontro di visioni ed interessi sul futuro è ancora aperto, in una situazione tutt'altro che risolta, in Italia ed in Europa.
Continuiamo a discutere, nell'imminente trentennale della morte di Enrico Berlinguer, tra coloro che credono nella possibilità di costruire un mondo diverso e migliore, qui ed ora.
Soprattutto tra chi è convinto sia utile alla causa comune una forza politica organizzata, radicata e rappresentativa.
Sicuramente Bersani si rendeva conto dell'avversione di molti suoi amici e compagni di partito e di coalizione, di importanti uomini dello Stato e delle istituzioni, di potenti poteri che operano nella società, nella economia e nella finanza. Tutti coloro (tanti) che hanno prosperato, sono cresciuti e si sono arricchiti nella crisi (degli altri) e che temono ogni cambiamento.
Ma lo scontro di visioni ed interessi sul futuro è ancora aperto, in una situazione tutt'altro che risolta, in Italia ed in Europa.
Continuiamo a discutere, nell'imminente trentennale della morte di Enrico Berlinguer, tra coloro che credono nella possibilità di costruire un mondo diverso e migliore, qui ed ora.
Soprattutto tra chi è convinto sia utile alla causa comune una forza politica organizzata, radicata e rappresentativa.
Stesse sensazioni. Anche se io ero piccola.
RispondiEliminaPerò personaggi molto diversi. Almeno per la ricostruzione che sono riuscita a fare con le mie informazioni.
Per un accordo PD - SEL - M5S la vedo dura.
Troppo livore e interessi di parte. Anche se sarebbe fantastico!
Ciao
L.
Troppo incenso . Di Berlinguer mi ricordo un " Untorelli " che fù divisivo e dirompente , così come tutta la posizione del PCI verso una sinistra diversa.
RispondiEliminaUmanamente e moralmente Berlinguer rimane , in ogni caso , una figura esemplare ,anche con i numerosi errori politici che fece.
Ciao .
Un parallelo forte Enrico Berlinguer e Pierluigi Bersani, PCI e PD.
RispondiEliminaAltri mondi, altra cultura, altra politica, altra organizzazione, altri uomini e donne protagonisti.
Lo scontro politico di allora era nel merito delle grandi e piccole scelte, i gruppi dirigenti erano formati e selezionati in lunghi percorsi territoriali ed aziendali. Vi era abitudine e gusto per il confronto. Discussioni interminabili ed anche stancanti. A volte, forse, anche inutili.
Ora non si comprendono i termini reali del contendere. C'è stata una fusione fredda tra storie distinte e contrapposte, tra culture e pratiche diverse (ex comunisti, ex democristiani, ex socialisti, ex repubblicani) che si sono sovrapposte. Poche iniziative, fastidio per il dibattito, sempre più comitati elettorali, cura di carriere personali.
Una bella differenza!
Anche oltre le singole personalità.
Il Pci ha retto per diversi anni anche senza Berlinguer. Uno di loro oggi è Presidente della Repubblica.
Il Pd se reggerà alla fine politica di Bersani ed alla rottamazione di Renzi, come vivrà oltre quello che hai chiamato il Segretario Sindaco e che io preferirei definire il Sindaco d'Italia?
Ciao!
Sergio
Mi piace l'idea di riprendere gli argomenti forti dell'ultimo Berlinguer.
RispondiEliminaNon per incensare. Come dice il commento di Anonimo.
Ma per guardare con occhi aperti e critici al futuro.
L'Italia politica (e non solo) degli ultimi trenta anni è stata provinciale come nei periodi peggiori della sua storia.
E' ora di affrontare di nuovo i problemi nazionali consapevoli di essere cittadini del mondo e in un contesto di grande evoluzione internazionale (con le sfide di Cina, India, Brasile, Sud Africa ...).
Questo Berlinguer ed il PD lo avevano chiarissimo. I leader che sono seguiti un tantino meno.
Di errori il PCI ne ha commessi molti. Con Berlinguer mai capitali.
Si può dire lo stesso per molti altri "vecchi comunisti"?
Sandro
Sandro credo tu abbia scritto PD al posto di PCI.
RispondiEliminaDiversamente, precisa.
Non mi sarebbe chiaro il pensiero.
L.