mercoledì 4 dicembre 2013

Prato, Toscana, Cina

Sono morti in sette, domenica mattina.
Sul luogo di lavoro, di riposo, dove mangiavano e vivevano 24 ore su 24. Segregati e schiavi. Di 5 di loro non si conosce neppure il nome.
Siamo nella zona industriale di Prato, terza città del centro Italia, capitale nazionale del tessile.
Erano cinesi, come i loro padroni, diversamente dai proprietari del capannone, italiani.
Lavoravano in nero, per un 1 euro l'ora.

Nella città toscana, 192 mila abitanti, i residenti cinesi sono oltre 13.000. Altri 8.000 sono "soggiornanti temporanei", almeno 20.000 clandestini.
Ora si legge sui giornali "tutti arrivati grazie ad un referente che paga il viaggio e fornisce il lavoro. Chi sgarra, chi denuncia, chi chiede condizioni di lavoro umane, è fuori, aut, nessun padrone cinese gli darà più un centesimo, un pasto, un letto fetente in un capannone. Chi viene scoperto, invece, viene espulso con un foglio di via dell'inutile Bossi-Fini. Rientra nella clandestinità, un fantasma come tanti, e allora il sistema penserà di nuovo a lui" (il Fatto Quotidiano).
E ancora: "da Prato ogni anno partono per la Cina 430 milioni di euro. Tra il 2006 ed il 2010 la catena di agenzie per il trasferimento di denaro con propaggini in tutta Italia, ha movimentato qualcosa come 4,5 miliardi. Quasi il gettito dell'IMU. Sono soldi sottratti al fisco italiano, ricchezza accumulata sulla pelle dei lavoratori cinesi e fottendosene delle leggi che tutelano lavoro, ambiente e sicurezza".
"E' il far west" dice il procuratore Piero Tony.
"La più vasta area di lavoro nero d'Europa" sostiene il Presidente della regione Toscana Enrico Rossi.
"In vent'anni hanno fatto consolidare un sistema di schiavitù" dichiara il Sindaco Roberto Cenni, imprenditore tessile.
Tutti sanno.
Wang Liping, Vicepresidente della CNA di Prato afferma: "E' sotto gli occhi di tutti che i miei connazionali hanno seri problemi con la legalità. lo dico da tempo. Molti non rispettano le regole, ma soprattutto molti neanche le conoscono".
Emilio Miceli, segretario generale dei lavoratori tessili, chimici ed elettrici della CGIL, sostiene: " a Prato c'è una vera e propria enclave, completamente sottratta allo Stato, alle leggi ed alla Costituzione. E' un pezzo d'Italia e d'Europa che di fatto non sta in Italia ed in Europa ma in Cina, intendo nella peggiore Cina".
Massimiliano Brezzo, segretario dei lavoratori tessili della CGIL, denuncia: "a Prato l'INAIL ha un ispettore, uno solo. E l'Ispettorato del lavoro due".
Prato è a venti chilometri da Firenze. La città di Matteo Renzi, candidato (pare) vincente alle primarie che domenica prossima decideranno il segretario del primo partito italiano, il PD, quello di Giorgio Napolitano e di Enrico Letta.
Su questa drammatica realtà nazionale, prima di domenica, non abbiamo sentito nessuna parola, nessun monito, nessun impegno, nessun progetto.
Né da parte del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio, né dal proluvio di parole ascoltato nell'ultimo anno dal Sindaco - Segretario.
Per essere credibili bisogna partire da qui!

Sull'argomento segnalo:
1. La mia città in ginocchio di Edoardo Nesi (la Repubblica, 3 dicembre)
2. Lavoro e schiavitù. Il terzo mondo a domicilio di Angelo Mastrandrea (il manifesto, 3 dicembre)
3. Altro che vicina. Prima economia mondiale. Ma al neocapitalismo d'Oriente non interessiamo più di Giorgio Meletti (il Fatto Quotidiano, 3 dicembre)


5 commenti:

  1. Non è vero che tutti sapevano. Forse molti sapevano. Anche se non hanno fatto nulla: partiti, sindacati, amministratori, magistrati, poliziotti ... Ma allora che ci stanno a fare? Anche Renzi in TV ha detto che il problema esiste anche in provincia di Firenze, di cui è stato Presidente. Non ci detto però come uscire da questa situazione. Per loro e per noi.
    L.

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  2. Colpisce la totale mancanza di reazione. In passato l'organizzazione capillare dei lavoratori, degli artigiani, delle istituzioni avrebbe sollevato i problemi al primo proporsi di illegalità ... Ci sarebbero state discussioni, iniziative, mobilitazioni ... Si sarebbe prevenuto il diffondersi di questo sistema Cino-italiano. La più grave responsabilità della sinistra è la rinuncia a radicarsi, a vivere ed affrontare i problemi. Così sorgono quartieri, aree industriali, territori dove prosperano illegalità e mafie. Al sud, al nord ed al centro. Anche in Emilia e a Bologna ci sono fenomeni su cui intervenire: zone franche, aziende strane, catene di negozi dubbi ... Il controllo non va delegato a poliziotti, magistrati, ispettori vari. Dobbiamo ricostruire una diffusa responsabilità sociale, una politica partecipata ... O dobbiamo affidarci ai Sindaci e ai Consiglieri Regionali ... A Bologna, nel nuovo millennio, abbiamo avuto Guazzaloca (con la sua maggioranza di destra, del Civis ... no grazie!), Cofferrati (commissario, di passaggio), poi Delbono (professore, dalle spese disinvolte, dimissionario), quindi Annamaria Cancellieri (amica di famiglie potenti e dedite agli affari), e infine Merola (che non ascolta i referendari e privilegia altri interlocutori che, magari, consigliano il passaggio in sopraelevata dalla Stazione all'aeroporto) ...

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  3. Io invece segnalo il bel film di Andrea Segre "io sono Li", ancor più bello del suo ultimo lavoro "La prima neve"

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  4. Come ci si poteva aspettare l'organizzazione che sfruttava i lavoratori schiavi cinesi aveva agganci italiani. Solo un dipendente del Comune di Prato? Difficile pensarlo. I silenzi e la mancanza di iniziative adeguate fanno pensare che ci siano coinvolgimenti più importanti. Interessi e affari che riguardano piani più alti ed importanti. È necessario fare pulizia!

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