sabato 6 agosto 2022

"Il progresso non coincide con la crescita"


Il grande Asse viario A14-Tangenziale che attraversa Bologna: da 12 a 16-18 corsie?










Per il bene del Paese è importante che la politica ascolti la scienza». A dirlo è Vincenzo Balzani, professore emerito dell’Università di Bologna, socio dell’Accademia nazionale dei Lincei, in lizza per il Nobel per la Chimica nel 2016, coordinatore del manifesto «Energia per l’Italia». 

Professore, il manifesto del gruppo «Energia per l’Italia», che lei coordina, è stato firmato da numerosi scienziati. Ha aderito anche il premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi. Avete ricevuto risposte dal governo? Il ministro Cingolani lo ha letto?

Il documento non aveva come finalità ottenere risposte immediate ma spingere le forze politiche al ripensamento delle scelte compiute in merito alla crisi del gas seguita all’aggressione russa all’Ucraina. Questo ripensamento non c’è stato: l’azione di governo è schiacciata su una dimensione emergenziale ma la crisi energetica è strutturale. Manca una vera strategia climatica, ambientale e industriale, la sola che possa mettere in sicurezza il Paese. Non sappiamo se il ministro Cingolani abbia letto il nostro manifesto. Se ci sarà richiesto, ci renderemo disponibili ad illustrarlo. In vista delle elezioni, stiamo lavorando alla stesura di un Decalogo che verrà presentato e discusso con le forze politiche che vorranno ascoltarci, senza pregiudiziale alcuna.

L’indipendenza dalla Russia sembrerebbe possibile entro il prossimo inverno. Ma si passerà dalla dipendenza russa ad altre dipendenze di altri paesi. Ancora combustibili fossili. Cambiano gli scenari, ma la sostanza resta. Siamo affetti da gattopardismo?

Più che di gattopardismo, parlerei di incapacità, di mancanza di una memoria storica condivisa e di una chiara visione strategica. Dal ‘73, anno della guerra del Kippur a cui seguì l’embargo petrolifero dei paesi Opec, abbiamo attraversato diverse crisi energetiche dovute all’instabilità delle aree in cui sono concentrate le principali riserve di gas e petrolio. Ciò nonostante abbiamo continuato a dipendere dalle fonti fossili: una scelta dannosa dal punto di vista climatico ed energetico che ha accresciuto la vulnerabilità del nostro Paese esposto al ricatto di regimi autoritari ed autocratici. Il governo dimissionario si è impegnato nel ricercare nuove fonti di approvvigionamento soprattutto in Africa, ottenendo in un colpo solo due risultati nefasti: incoraggiare lo sfruttamento di paesi poveri, anziché aiutarli ad investire nello sviluppo di energie rinnovabili, e mantenere il sistema energetico nazionale ancorato alle fonti fossili.

Con la crisi politica e le imminenti elezioni, c’è il rischio serio che il Paese sia governato dai cosiddetti negazionisti climatici. Cosa manca ai nostri politici per compiere le scelte giuste?

Manca spesso la capacità di vedere nel futuro. Alcide De Gasperi diceva: «La differenza tra un politico e uno statista sta nel fatto che il politico pensa alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni». In Italia abbondano i politici e scarseggiano i veri statisti. Molti non si sono ancora resi conto che il cambiamento climatico porta gravi danni: estensione delle zone desertiche, diminuzione della produttività agricola, perdita di biodiversità, maggiore diffusione di virus, aumento del livello del mare, inondazioni, siccità e riduzione del manto nevoso con conseguenti problemi per turismo estivo e invernale. Ancora più importante, l’aumento delle temperature e l’estensione di zone desertiche nella vicina Africa causerebbero un forte aumento dei migranti climatici. Altri politici, invece, sono preoccupati che l’attività di certi settori industriali, specie quelli estrattivi, subiranno un drastico ridimensionamento.

Il vostro manifesto bandisce il nucleare. Ma qualche giorno fa il Parlamento europeo ha assecondato la proposta della Commissione europea, decidendo di includerlo – insieme al gas – nella tassonomia green. Basterà un nome a cambiarne gli effetti?

Lo sviluppo del nucleare per combattere la crisi climatica non ha senso per molti motivi. Non è una fonte energetica rinnovabile, le scorte di combustibile sono limitate; non emettono CO2 mentre funzionano, ma ne generano moltissima per processare il combustibile e costruire la centrale. Ci sono poi ragioni di tempo, di costi e di sicurezza. Ad esempio la centrale di Olkiluoto 3 costruita dai francesi in Finlandia, progettata nel 2000, i cui lavori sono iniziati nel 2005, è entrata in funzione nel 2022, con un costo finale di circa 9 miliardi di euro contro i 3,2 stimati inizialmente; in Francia in questi mesi è stato necessario chiudere 12 reattori a causa di impreviste corrosioni; il problema delle scorie non ha soluzioni; la siccità rende problematico il raffreddamento dei reattori; gli incidenti di Chernobyl e Fukushima hanno dimostrato la pericolosità intrinseca degli impianti nucleari, che sono anche punti sensibili in caso di guerra. C’è poi una stretta connessione fra nucleare civile e armi nucleari.

In merito all’efficientamento energetico, proponete la coibentazione di 430 mila abitazioni ogni anno fino al 2030. Con il decreto Rilancio è già stato approvato il Superbonus del 110%. Ma è molto osteggiato. Anche se ha finora dato buoni frutti sia sul fronte occupazionale sia in termini ambientali. Secondo lei è uno strumento efficace o va eliminato come vorrebbe parte della politica?

Il settore edile è fra i principali responsabili delle emissioni di gas serra e dei consumi energetici. Molto si può fare nell’efficientamento delle nostre case e di tutti gli edifici, pubblici e privati. Le nuove tecniche edilizie, i nuovi materiali e le tecnologie oggi ci danno l’opportunità di ottenere edifici a consumo energetico zero, migliorando il confort abitativo. Il Superbonus del 110% in linea di principio ha considerato il tema e ha, in parte, contribuito a quanto detto. Tuttavia, è stato gestito in molti casi in modo inefficace.

Un altro tema cruciale per la transizione ecologica sono i trasporti, come del resto sostenuto nel vostro documento. La Germania di recente ha promosso il «Klima-ticket», ovvero la sperimentazione del trasporto pubblico quasi gratuito (abbonamento mensile di 9 euro) che ha avuto un grande successo: molte meno auto private in circolazione nelle città e abbattimento dell’inquinamento. Potrebbe essere questa la scelta vincente anche nel nostro Paese?

Le tecnologie rinnovabili permettono di produrre energia elettrica in grande quantità. Parallelamente bisogna ridurre i consumi, prediligendo i mezzi pubblici alle automobili. Favorire stili di vita più sobri richiede però molto tempo e società ben organizzate. Il risultato dell’abbonamento mensile a 9 euro potrebbe essere vincente per aiutare le famiglie che fanno già uso dei mezzi pubblici. Il rincaro sui carburanti ha già spinto gli italiani ad utilizzare mezzi pubblici. L’Agi stima che già 16,3 milioni di italiani utilizzano ogni giorno un mezzo pubblico. Non abbiamo nulla da invidiare con i nostri 24,94 barili di petrolio, consumati ogni 1000 abitanti al giorno, ad altri Paesi che sono noti per una maggior organizzazione dei trasporti pubblici come la Germania che ne consuma 30,69 o la Norvegia o i Paesi Bassi rispettivamente 47,01 e 60,32.

Sempre in tema di consumi e di risparmi energetici, per le comunità energetiche rinnovabili (Cer) si attendono ancora i decreti attuativi da parte del Mite e poi l’ok del dicastero delle Politiche agricole e della Cultura relativamente ai vincoli paesaggistici. Il governo ancora in carica per gli «affari correnti» avrebbe il potere di emanarli prima delle elezioni, così come sollecitato da decine di associazioni. 

Le comunità energetiche sono lo strumento necessario per la gestione dell’energia rinnovabile prodotta e consumata nella rete di bassa tensione a cui sono collegati il 97% di tutte le utenze nazionali (famiglie, imprese, attività commerciali). Da sempre gli utenti che immettono energia elettrica dai loro impianti fotovoltaici la scambiano con gli utenti più prossimi così come definito dalla legge n. 8/2020 sulle comunità energetiche. Il 70% dell’energia che consumiamo è ubicato nelle nostre famiglie per cui se ogni famiglia producesse e consumasse la propria energia, allora cittadini e imprese elettrificandosi e producendo energia da fonte rinnovabile su scala locale potrebbero affrancarsi dai combustibili fossili. In questo momento è necessario che il 30% di rinnovabili centralizzate, parchi eolici, impianti fotovoltaici, idroelettrico e in piccola parte biomasse, venga realizzato quanto prima. Il restante 70% avrà certamente tempi più lunghi.

La crisi climatica è sotto gli occhi di tutti. Secondo un’analisi di Greenpeace e dell’Osservatorio di Pavia però se ne parla ancora poco in tv nei termini giusti: i media italiani sarebbero condizionati dall’industria fossile. 

Di clima si parla e si scrive troppo poco, abusando di termini non appropriati. Ciò che invece sta accadendo è diretta conseguenza delle emissioni di gas climalteranti causate dalle attività antropiche, documentate dall’Ipcc già dall’88. I media si stanno occupando della crisi idrica e della siccità che sta mettendo a rischio fino al 30% della produzione agricola nazionale ma spesso non mettono in evidenza la relazione tra causa (utilizzo gas, petrolio e carbone) ed effetto (emissioni di CO2, surriscaldamento del pianeta, siccità e povertà alimentare). Ovviamente non si può generalizzare ma certi titoli negazionisti sono frutto dell’incultura scientifica e, pertanto, inaccettabili.

Il 28 luglio – secondo Global Footprint Network – ha segnato la fine delle risorse naturali per il 2022. L’«overshoot day» per l’Italia è arrivato ancora prima, il 15 maggio. Siamo in debito ecologico col Pianeta di 19 anni. I dati scientifici aumentano ma attecchiscono poco sulla politica. Come mai persiste questo scollamento?

Sono trascorsi più di 40 anni dalla pubblicazione del rapporto Charney sugli effetti delle attività umane sul clima. Da tempo gli scienziati hanno lanciato il grido d’allarme sul depauperamento, l’esaurimento e lo spreco delle risorse naturali. Purtroppo, sempre inascoltati. Molti studiosi, scienziati, filosofi hanno proposto modelli di sviluppo disaccoppiati dai consumi, proponendo la necessità e l’urgenza di un’accresciuta sobrietà, si tratta della sufficiency, la sufficienza, indicata come l’unica strada per un futuro sostenibile. Dobbiamo prevedere di utilizzare solo la quantità di risorse realmente sufficiente per garantire una qualità di vita dignitosa a tutti. La politica invece continua a mantenere un modello che noi definiamo vecchio e sorpassato: quello secondo cui lo sviluppo e il progresso devono coincidere con la crescita economica, l’aumento del Pil, la crescita dei consumi. Questo, sappiamo, è profondamente sbagliato. Al contrario. Ormai è dimostrato che solo una vera sobrietà e appunto «sufficienza» garantiscono una migliore qualità della vita.

Maria Cristina Fraddosio e Massimo Giannetti, l'ExtraTerrestre, 4 agosto 2022


PS. Dall'archivio una intervista del prof. Vincenzo Balzani del gennaio 2017.


Il traffico intenso delle 5.20 di questa mattina sul tratto urbano bolognese della A14 ... (6 agosto 2022)


Tutte queste foto sono state scattate dal ponte di via del Terrapieno, all'uscita 10 della Tangenziale, Roveri ... (6 agosto 2022)
 

... tra le 5.15 e le 6 del mattino (6 agosto 2022)


L'irrazionalità della infrastruttura è resa ancora una volta evidente dai flussi di traffico: verso Sud (elevato) e Nord (contenuto); nonché tra autostrada (rilevanti) e tangenziale (basso) ...


Purtroppo il tema di una conversione dell'infrastruttura (che privilegi la razionalizzazione del traffico, l'uso di moderne tecnologie per governare le corsie, il risparmio di suolo e di materie in previsione di una riduzione della mobilità su gomma prevista per i prossimi anni anche dalla pianificazione di Comune e Regione) non è contemplata ... Si preferisce moltiplicare le corsie regolando la portata sui momenti di massimo carico: altro asfalto e cemento.
 

La vista verso Nord con l'abitato di San Donnino ...


Esce confermata l'affermazione del prof. Vincenzo Balzani "il progresso non coincide con la crescita" ...
Non a caso il docente di UNIBO ha sempre speso parole "contro" questa scelta di malgoverno, priva di lungimiranza e di "pensieri lunghi ...
  

Il traffico veicolare sempre più ambientalmente e socialmente costoso per le singole persone, per le famiglie e la collettività va ridimensionato promuovendo investimenti alternativi ed una rete efficiente di mobilità integrata, sostenibile e condivisibile ...
 

Affinché all'alba di un nuovo giorno (sicuramente del prossimo decennio) a prevalere non siano interminabili code, ma piuttosto ferrovie efficienti, aeroporti selezionati e programmati, logistica di merci e turismo davvero "sostenibili" ... affinché su strade e autostrade più razionali e meglio tenute si possa viaggiare con maggiore sicurezza ...



In questa estate muoversi e viaggiare con treni è problematico e scoraggiante ... Alla Stazione Centrale di Bologna, nodo strategico nazionale, i ritardi (e le cancellazioni) sono la norma ... (4 agosto 2022)
 

Peggio nelle piccole stazioni. Ieri a Gatteo a Mare, Riviera Romagnola - tra Cesenatico e Bellaria - il treno regionale per Bologna delle 17.10 è segnalato in orario ... Alle 17.24 non è ancora arrivato, ma il tabellone luminoso lo ha già cancellato ... mentre il treno per Bergamo viene già dato in ritardo (5 agosto 2022) 



Mentre 2 passeggeri scoraggiati abbandonano (pensando che non arrivi più, il treno arriva alle 17.28 ... Un ritardo per nulla di clamoroso, ma gli utenti sono abbandonati a se stessi, senza informazione alcuna ... (5 agosto 2022)
















Addio al “Modello Bologna”: anche la rivoluzione climatica diventa ‘business as usual’

In questi primi giorni di campagna elettorale Bologna si candida a essere ‘modello’. In questa città, si afferma, si sono create le condizioni per un ‘campo largo’ capace di mettere al centro del proprio percorso amministrativo crisi climatica e giustizia sociale.

A ormai quasi un anno dall’insediamento della nuova maggioranza a Palazzo d’Accursio, tuttavia, i conti non tornano. Perché, a fronte di qualche chilometro di pista ciclabile, un paio di cuscini berlinesi e altrettante piazze scolastiche, il Consiglio Comunale ha approvato la cementificazione di ulteriore territorio con l’allargamento delle autostrade che attraversano la città, ovvero il ‘Passante di Mezzo’ e la A13 Bologna-Padova. Lo stop alla realizzazione di nuovi poli logistici approvato dalla Città Metropolitana è un passo in avanti, ma il consumo di suolo ha mille facce e la logistica continua a essere un settore a forte impronta ecologica. Poco o nulla è emerso per l’efficienza energetica degli edifici, mentre per quanto riguarda la mobilità urbana l’idea di far pagare chi dovesse ostinarsi a voler usare l’auto privata suona più come un ‘chi ha i soldi paga e inquina’ che come una soluzione capace di cambiare abitudini, migliorare la qualità della vita delle/dei bolognesi e garantire giustizia sociale. 

Nel 2019 il Consiglio Comunale ha dichiarato l’emergenza climatica. La nuova maggioranza, insediandosi, l’ha inserita tra le proprie priorità. Eppure, tra il dire e il fare, resta il mare. Ma, al di là del poco realizzato o approvato, il ‘modello Bologna’ – cui molte/i associano anche il ‘modello Emilia-Romagna’ – rappresenta un laboratorio nel quale, a fronte della spinta che proviene soprattutto dalle giovani generazioni, l’emergenza climatica si affronta a suon di compensazioni e mitigazioni. Sono quelle votate, con un ordine del giorno, per giustificare un cambio repentino di opinione sull’allargamento del Passante, ma anche tutte quelle soluzioni e proposte che, invece di produrre un radicale cambio di paradigma, continuano a parlarci di gradualità, sviluppo, profitto. 

L’estate che stiamo vivendo, con la siccità e gli eventi meteorologici estremi, le difficoltà dell’agricoltura e l’invivibilità delle città, ci dice che parlare di priorità significa dover scegliere cosa viene prima. Dovremmo piantare migliaia di alberi, de-cementificare il territorio, riportare l’acqua e la biodiversità nel reticolo urbano, pedonalizzare ampie aree della città, costruire un piano per l’efficientamento degli edifici e per la diffusione delle rinnovabili, e tanto altro ancora, senza lasciare nessuna/o indietro e migliorando la qualità della vita delle/dei cittadini. Invece, tra i portici si continua a declamare la Motor Valley, come se garantire una super-car a chi se la può permettere fosse importante tanto quanto assicurare un futuro a noi e alle prossime generazioni; in questa visione miope sta tutta la distanza incolmabile tra l’emergenza che già stiamo attraversando e le soluzioni proposte da chi siede al governo della città e della regione. 

Di fronte a questa contraddizione, di quale modello stiamo parlando? Come possiamo affrontare il riscaldamento globale senza mettere in discussione le sue cause? In questo senso, l’allargamento del Passante rappresenta il vero ‘modello Bologna’: affrontare la crisi climatica è una radicale dichiarazione d’intenti, ma di fronte a grandi investimenti – e a grandi interessi – non è poi così urgente, e diventa sufficiente chiedere al proponente qualche alberello e dei pannelli fotovoltaici per compensare in minima parte il danno causato, senza mettere in discussione ciò che quel danno lo provoca.

La pandemia ci ha mostrato quanto sono pesanti le conseguenze di un’emergenza sulla nostra vita quotidiana. Gli ultimi mesi, poi, ci hanno dato un assaggio di futuro; i meteorologi ci dicono che quella del 2022 sarà l’estate più fresca dei prossimi vent’anni, mentre i fiumi si sono inariditi mettendoci di fronte alla possibilità di non avere acqua potabile; l’agricoltura produce meno cibo, le ondate di calore e gli eventi estremi ammalano e uccidono. Non stiamo parlando di quanti soldi dovremo spendere per tenere accesi i condizionatori d’aria più a lungo, ma se avremo acqua e cibo a sufficienza, se ci ammaleremo, se le nostre giornate estive saranno un interminabile bagno di sudore. E lo stiamo facendo dimenticandoci che la crisi climatica – e, spesso, anche le soluzioni tecnologiche che proponiamo per affrontarla – hanno un impatto ancor più devastante su altre aree del Pianeta e sulle comunità che le vivono. 

Di fronte a queste sfide, il ‘modello Bologna’ è uno striscione verde dietro al quale nascondere il ‘business as usual’: troppo poco per garantirci un futuro dignitoso, e troppo contraddittorio per gettare le basi per una indispensabile rivoluzione climatica.

Marco Palma, Cantiere Bologna, 4 agosto 2022

3 commenti:

  1. Splendide foto e dida, grande Marco e Balzani Ministro.
    s.

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  2. I primi manifesti elettorali contrappongono al volto suadente di Giorgia Meloni la parola "ambiente" del PD. Mi chiedo però se i dirigenti del centro-sinistra piuttosto che usare parole senza coerenza non farebbero bene ad ascoltare il professor Balzani e gli altri scienziati per l'ambiente che da anni si ripetono e fanno precise proposte per operare quella rivoluzione ambientale che non possiamo più rinviare: sobrietà, meno consumi superflui, alimenti a km zero.... Sono le vere sfide su cui conquistare donne, giovani, lavoratrici, studentesse. Non ila crescita continua, non il passante di mezzo, non le trivellazioni in Adriatico e in pianura padana, non il rilancio delle energie fossili, non la motor valley e i poli logistici smistamento per mezzi pesanti inquinanti......
    E neppure tante donne di valore già proposte in Regione o negli enti locali come Elly Schlein, Valentina Cuppi, Isabella Conti . Che sono risorse importanti, non vanno sottratte ai loro impegni politici ed amministrativi attuali di valore per essere giocate come figurine sempre in movimento..... L'opposto di ciò che serve.
    Anna

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  3. Il fatto è che in questo Paese non si affrontano mai le vie più logiche e razionali per le infrastrutture. Questa è stata la legislatura della strage di Ponte Morandi e della realizzazione dell'opera di Renzo Piano. La prossima sarà quella del Passante di Bologna e del Ponte sullo Stretto. Greta e Vincenzo addio!
    L.

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