domenica 15 agosto 2021

"Rivoluzione verde: ... serve concretezza" sostiene il Ministro Giorgetti.


Il Passante di Bologna è, insieme al Ponte sullo Stretto una delle "grandi" opere in discussione











Per il Ministro allo Sviluppo economico del Governo Draghi, oggi intervistato da Federico Fubini su il Corriere della Sera, "serve un dibattito più ampio a Bruxelles, prima di decidere su Fit for 55", il pacchetto di misure della Commissione Europea per ridurre le emissioni di gas serra del 55% al 2030. Giancarlo Giorgetti, esponente autorevole della Lega, aggiunge che "la politica deve fare uno sforzo perché la sostenibilità ambientale sia compatibile con quella economica e sociale". Si, proprio così. Un preciso ribaltamento del pensiero e della cultura ecologista che con grande fatica si fa largo nel mondo, nel Vecchio Continente ed anche, tra mille contraddizioni e resistenze, nelle Istituzioni europee. 

"La politica deve fare uno sforzo perché la sostenibilità ambientale sia compatibile con quella economica e sociale" sostiene il Ministro Giancarlo Giorgetti ... (Corriere della Sera, 15 agosto)
Un perfetto ribaltamento del progetto di conversione ecologica della società che muove movimenti, culture, Istituzioni nel nuovo millennio 
























Sono dunque giustificate le preoccupazioni di chi vede emergere nel Governo italiano tendenze e pratiche di restaurazione conservatrice: verso un modello di crescita e di investimenti senza qualità e innovazione strutturale. Politiche, azioni ed interventi destinati ad accentuare le contraddizioni, i privilegi, le ingiustizie, le illegalità che hanno contraddistinto la nostra società e che la caratterizzano tutt'ora. 

Dove sono finiti quelli che - solo due anni fa - denunciarono i "pieni poteri" chiesti da Matteo Salvini per risolvere la crisi italiana da destra? Ciò che allora si presentava come una minaccia autoritaria e meritava contrasto, oggi è consentito se i protagonisti insieme a Giorgetti (e Claudio Durigon) sono Super Mario, Daniele Franco, Roberto Cingolani e Marta Cartabia?

Nessun partito democratico e di sinistra e nessun soggetto o movimento politico del Parlamento italiano, delle Assemblee locali e Regionali si è fin qui esposto efficacemente per contrastare questa deriva. Nessuno pare disposto a fare sentire alta e forte la propria voce a fianco di quelle di autorevoli personalità della cultura e della conoscenza, a movimenti ecologisti e giovanili scesi in campo per sostenere che sono le produzioni e l'economia che debbono convertirsi alla sostenibilità sociale ed ambientale delle comunità e degli ecosistemi naturali. Che debbono essere fermate piccole e "grandi" opere "prive di senso" e di futuro. Per affermare in concreto la priorità negli investimenti e nelle azioni indiscutibilmente riconosciuti come eco-compatibili e capaci di costruire un mondo più vivibile e rispettoso delle biodiversità.

Proprio in questi giorni caldi e di fuoco, di piogge fredde e di esondazioni, di ferie, letture e meditazioni lo storico d'arte fiorentino Tomaso Montanari ha scritto "Immagini d'Italia": libri estivi per viaggiatori con la bussola (a commento del secondo libro del giramondo e scrittore russo del secolo scorso, Pavel Muratov; per il Fatto Quotidiano). Mentre il professore emerito di Fisica Tecnica Ambientale al Politecnico di Milano Federico Maria Butera, di origine siciliana, ha proposto un interessante editoriale in cui sostiene che "A seppellire il Ponte sullo Stretto è il futuro dell'economia circolare".

Molte delle loro tesi e dei loro argomenti valgono anche per una delle altre principali opere infrastrutturali che in queste settimane sono all'attenzione delle Istituzioni che governano Paese e comunità locali e dei cittadini che il 3 e 4 ottobre prossimi sono chiamati a partecipare alle elezioni amministrative: il Passante di Mezzo di Bologna.

Certo servono studio, coraggio e grande determinazione per ingaggiare battaglie che anche troppi sinceri democratici, progressisti ed ecologisti considerano "perse" dal momento che configgono con  interessi potenti, strutturati, articolati; che riguardano grandi imprese, gruppi finanziari ed editoriali influenti e che condizionano pesantemente politica, sindacati, società. Eppure anche da questo si possono valutare meriti e demeriti di partiti e coalizioni, valori, coerenza ed opportunismi di soggetti politici e di persone che si candidano a rappresentarci.


"Attraversando lo Stretto, vinto dalla bellezza di un luogo unico al mondo per storia e natura, Muratov si angoscia a vedere le rovine di una Messina appena distrutta dal terremoto: "un lutto che appartiene all'intera umanità, poiché l'Italia è quella gioia per la quale ancora vale la pena vivere" scrive Tomaso Montanari (il Fatto Quotidiano, 9 agosto).
"E - conclude - noi vorremmo oggi distruggere proprio quel luogo con un ponte utile solo alla mafia, ai palazzinari ed ai politici finiti che ci si aggrappano. Svegliamoci, finché siamo in tempo".




















A seppellire il Ponte è il futuro dell'economia circolare

Tutte le volte che qualche parte politica decide di riproporlo, il dibattito sul Ponte di Messina si accende immediatamente e la litania delle ragioni pro e contro si svolge secondo un copione ben consolidato. Da una parte quelli che dicono che è indispensabile per lo sviluppo della Sicilia, anzi, questo sviluppo sarebbe inevitabilmente innescato dal ponte; i pro-ponte dicono anche che sarebbe una meravigliosa opera di ingegneria che darebbe lustro per sempre alle capacità tecnologiche italiane e che – naturalmente – non solo è fattibile ma è anche economicamente conveniente. 

Dall’altra parte ci sono quelli che dicono esattamente il contrario: sarebbe un bagno di sangue economico, tutto a danno della collettività e a vantaggio di alcune imprese. Dicono che è dubbio che sia tecnologicamente fattibile con le necessarie condizioni di sicurezza, e che non innescherebbe affatto lo sviluppo economico della Sicilia; a questo aggiungono che sarebbe un gran favore fatto alle mafie ai due lati dello stretto e che l’impatto ambientale sarebbe devastante, senza dimenticare di sottolineare che comunque, a fronte di qualche decina di minuti guadagnati con il ponte al posto di un ben funzionante sistema di traghetti, per andare da Palermo a Messina in treno ci vogliono ancora più di tre ore e molte di più per attraversare la Calabria, visto che si tratta di linee ferroviarie vecchie, e in gran parte a binario unico. Quindi, dicono i no-ponte, prima di tutto occorre investire sulle ferrovie e sulle strade in Sicilia e in Calabria, e poi se ne parla.

Bene, è ormai chiaro che fra le due parti si è arrivati a una guerra di posizione, nessuna delle due opposte argomentazioni sembra avere la possibilità di prevalere sull’altra, e alla fine vincerà la parte che in quel momento ha più potere, mai sanando la frattura che si è creata nell’opinione pubblica.

E se invece proponessimo una chiave di lettura diversa del tema Ponte sullo Stretto? E la chiave di lettura diversa c’è. Infatti esaminando le ragioni dei pro e dei contro vediamo che sono tutte basate su una visione del mondo che riflette il passato, tiene poco conto del presente e non tiene minimamente conto del futuro. Ciò perché il mondo prefigurato, dentro il quale si pone il tema del ponte, sia per i pro che per i contro, è il mondo che c’era prima che si cominciasse a prendere coscienza della problematica ambientale globale, dal cambiamento climatico alla perdita di biodiversità.

Se consideriamo che gli anni che ci separano dal 2050 saranno caratterizzati dalla messa in atto di politiche tendenti a portare a zero le emissioni di gas serra e a fermare la marcia verso la sesta estinzione, discutere di ponte sullo stretto è privo di senso. E lo è per tante ragioni. Vediamole.

La necessità/opportunità del Ponte, secondo i pro, si basa sul fatto che attualmente attraversano lo stretto 11 milioni di passeggeri/anno, 0,8 milioni di veicoli pesanti/anno e 1,8 milioni di veicoli leggeri/anno, e che presumibilmente andranno ad aumentare, specie se il passaggio sarà facilitato dal ponte.

Si tratta di un assunto che va in netta contraddizione le linee guida del green deal europeo, perché uno dei pilastri del green deal è l’economia circolare, e l’obiettivo dell’economia circolare è la minimizzazione dei rifiuti attraverso la progettazione dei prodotti in modo che siano durevoli, riusabili, riparabili, ammodernabili e, infine, riciclabili. Ciò ha come inevitabile ricaduta la riduzione del flusso di prodotti nuovi che entrano nel sistema economico, a favore della manutenzione di quelli esistenti.

Dunque il flusso di merci che si muoverà da un capo all’altro della penisola finirà necessariamente per diminuire. E diminuirà anche per la tendenza, anche questa derivante dalla applicazione dell’economia circolare, a favorire l’uso di prodotti, specie quelli agricoli, originati in prossimità.

Se infine aggiungiamo il fatto che, sempre secondo le linee guida del green deal, bisogna tendere alla minimizzazione del trasporto su gomma, favorendo quello su ferro e marittimo, si vede che i numeri sopra citati, relativi al traffico pesante, non sono realistici in una prospettiva di sviluppo sostenibile.

Lo stesso avverrà per le auto, e possiamo prevedere che fra pochi decenni da centro urbano a centro urbano ci si muoverà col mezzo pubblico, e una volta arrivati ci si servirà del robo-taxi. Ben pochi possiederanno un’auto e viaggeranno in auto; certamente pochissimi per lavoro grazie anche al diffondersi delle videoconferenze. In questa prospettiva, senza mezzi pesanti e leggeri che pagano il pedaggio, naturalmente cadono completamente i presupposti del conto economico, e resterebbe solo l’impatto ambientale del ponte.

Queste ragioni però non sono le sole. Ce ne sono di più profonde. Infatti perché piace il Ponte? Oltre che per il suo valore simbolico, il Ponte piace per la velocità. Significa poter trasferire, ogni anno, più merci, significa crescere velocemente. Il nostro, quello del Ponte, è un mondo del “veloce”, del “fast”. E così mangiamo fast food, vestiamo fast fashion, prendiamo tanti aerei per visitare velocemente in tre giorni Venezia, Firenze e Roma.

È la società dei consumi, e bisogna consumare sempre di più, accumulare sempre di più e velocemente spendere per acquistare sempre più prodotti, che nella maggior parte dei casi usiamo pochissime volte o mai, e poi velocemente buttiamo nella spazzatura. Ed è così che abbiamo consumato il pianeta, e con lui noi che ne siamo parte.

È un mondo che deve essere abbandonato, ce lo possiamo lasciare dietro sostituendo le fonti fossili con le rinnovabili, riducendo o meglio eliminando gli allevamenti intensivi, abolendo i prodotti usa e getta, mangiando cibo biologico, introducendo il concetto di limite, anche alla velocità, perché alla fine la sola velocità che conta, che ci può garantire un equilibrio con la natura, è la velocità di rigenerazione delle risorse naturali, dalle quali dipendiamo. E il Ponte, che è al servizio della velocità, è un Ponte che ci collega col passato e col presente che non vogliamo più.

E allora, a fronte di queste considerazioni, che senso ha investire per qualcosa che, se riusciremo a vincere la sfida ambientale, non servirà più, e se la perdiamo non servirà egualmente?

Federico M. Butera, il manifesto, 11 agosto 


L'uso irrazionale delle attuali 12 corsie del grande Asse viario A14-Tangenziale che attraversa Bologna, in una foto scattata il 7 agosto 2021. 
Eppure si vorrebbe una ulteriore gettata di asfalto e cemento per portare le corsie a 16-18.
 Gli argomenti che portano il professore emerito del Politecnico di Milano, Federico M. Butera, a considerare "privo di senso" il Ponte sullo Stretto di Messina sono in massima parte riproponibili per l'investimento sul Passante di Mezzo di Bologna.









Ecco le ragioni di chi si batte contro una scelta "priva di senso" ed a carico dell'intera comunità ...



Firma anche tu la petizione di Aria Pesa!


5 commenti:

  1. Nessun politico pensa lungo.
    Fingono di litigare su Durigon (e al limite potrebbero anche sacrificarlo) ma sono insieme per assicurare le grandi opere che garantiscono affari, lavoro e tangenti (più o meno mascherate).
    A Roma come ha mostrato mafia capitale. E Bologna non è così diversa: Fico, gli Stadi nuovi di zecca, la monorotaia per l'aeroporto, i poli logistici per amazzon, le tante autostrade con aspi, le sciovie sull'appennino .......
    Zorro

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  2. Ho letto un cartello di una ragazza ad una manifestazione su cui c'era scritto "La temperatura si sta alzando e tu rimani seduto?".
    A parte le affezioni morbose ad alcune poltrone da parte di chi determina la velocità della folle locomotiva... Noi come possiamo davvero alzarci in piedi? La mia domanda è: a che livello si può alzare la voce per essere ascoltati? a che livello portare la protesta? (Fino a ora raramente considerata dai giornali e comunque sempre alla stregua di una giostra colorata). Siamo troppo rispettosi? Non violenti sì, ma come essere incisivi? Cosa possiamo visto come vengono ignorati bellamente gli effetti, quelli sì violenti e disastrosi, del clima in tutto il mondo? Non si possono più ascoltare paternali sul fatto che il singolo cittadino, il singolo quartiere, la sola città, regione, paese nulla possono mentre si aggiungono a strafottere carte sul castello per buttarlo giù così da togliersi subito il pensiero e finire il gioco.

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  3. Un articolo che la dice lunga sulla interpretazione della conversione ecologica in Emilia-Romagna. Credo che il Governo dovrebbe "ficcare il naso" per rendersi conto di come qui vogliono spendere i soldi dei vari finanziamenti.
    Ryan

    https://www.google.com/amp/s/amp.modenatoday.it/attualita/infrastrutture-la-regione-chiede-lo-sblocco-3-9-miliardi-corsini-decisivo-per-la-ripartenza-dell-economia-30-aprile-2020.html?fbclid=IwAR3nuwyPcdUsw_TzBvCQu1Cv7YL0XEhZCxVhHfu0qjOCmimrp98d_oKlpN0

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  4. Anch'io chiedo concretezza al Governo e ai Sindaci italiani.
    Verifico però è diversa da quella di Giorgetti, Cingolani e Bonaccini.
    Legittimo, ma irresponsabile confondere i rispettivi progetti.
    Anche a Bologna.
    BiBi

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