mercoledì 25 agosto 2021

Kabul e non solo ... Attendiamo catastrofi definitive?

Bologna, in piazza: persone, voci, culture per tutelare i Diritti universali delle persone ...











Biden sapeva (è ovvio) che una volta allontanate le truppe statunitensi l’avanzata dei Talebani sarebbe stata travolgente e che tutta la "bolla" (come la chiama Alberto Negri) costruita intorno alla presenza degli Stati Uniti in Afghanistan sarebbe precipitata nel caos. E se non lo sapeva lui, per i limiti della persona, non poteva ignorarlo l’apparato che quella "bolla" aveva costruito: gli Stati maggiori e la Cia. E avrebbero dovuto saperlo anche i governi di quei paesi che avevano affiancato quella folle avventura per puro servilismo. 

Certo, concludere una guerra è più difficile che dichiararla; smobilitare è più complesso che mettere in moto delle truppe; soprattutto se la guerra à stata condotta male e senza chiarezza. Ma a come affrontare questa evenienza, ormai certa da tempo, nessuno di loro ha mai veramente pensato. E meno che mai provveduto e pianificato.

ll problema – con le sue implicazioni interne e internazionali – era ormai troppo complesso per coloro che avrebbero dovuto affrontarlo (gli stessi che lo avevano creato, e poi alimentato per anni, o i loro successori). Per questo sono rimasti come paralizzati aspettando che la "bolla", il bubbone, scoppiasse nel peggiore degli esiti possibili: il caos.

Ora, se pensiamo che questi signori (e signore) sono gli stessi a cui è affidata la soluzione – e in tempi strettissimi – del più grave dei problemi che l’umanità si trova di fronte, la crisi climatica e ambientale, c’è da rabbrividire.

La loro risposta è altrettanto catatonica e irresponsabile: una mera procrastinazione delle decisioni in attesa del caos. Anche in questo caso l’inizio della catastrofe risale a molti anni fa: l’allerta era stata data al vertice di Rio (1992), ma da anni un numero crescente di scienziati li stava avvertendo della minaccia incombente.

 La malagestione del problema si è prolungata per trent’anni trasformando in barzellette o poco più le ben 25 CoP (Conferenze delle Parti) con cui è stata gestita la Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (Unfccc). Ciascuna delle quali ha mobilitato inutilmente decine di migliaia di “diplomatici del clima”, mentre le emissioni climalteranti continuavano a crescere e i loro effetti si facevano ogni giorno più evidenti, soprattutto nei paesi più poveri e sfruttati della Terra.

Così, intorno alla questione del clima è stata costruita una “bolla”, analoga a quella dell’Afghanistan, per far credere che il processo era sotto controllo e che non c’era da preoccuparsi. Il problema era e resta spingere la crescita, mentre il mondo stava andando sempre più rapidamente a fuoco.

Adesso la crisi climatica e ambientale sta esplodendo (e la pandemia di covid19, che non si riesce ad arginare, non ne è che una manifestazione «secondaria»), ma i responsabili dei destini dell’umanità non sanno come affrontarla. Gli scienziati e alcuni ambientalisti continuano a lanciare allarmi: «Abbiamo a disposizione solo pochi anni – e sempre meno – prima che la catastrofe diventi definitiva. Bisogna agire subito: smobilitare l’apparato bellico che i Governi (Stati uniti in testa; ma nessuno si è tirato indietro) hanno messo in campo nel corso del tempo contro la natura, contro gli equilibri geofisici del pianeta e quelli biologici di tutti gli ecosistemi». Ma è un problema troppo grande e troppo complesso per chi ci governa. Per questo stanno dilazionando le misure da prendere: c’è da smontare e rimontare completamente l’apparato produttivo del pianeta; non è cosa da poco.

Non vi hanno mai veramente pensato concretamente, in attesa del caos, per poter dire che non si poteva fare altrimenti.

Adesso, a cercare di contenere il disastro afghano lavorano le ONG che si adoperano per il trasferimento e l’accoglienza dei profughi e per la difesa – da lontano – delle migliaia e migliaia di operatori abbandonati sul campo e i volontari delle ONG locali decisi a rimanere là a loro rischio. Forse, attraverso i legami tra i profughi che riescono a espatriare e i loro colleghi e le loro comunità rimaste in patria si potrà creare una leva con cui influire sugli sviluppi della situazione interna.

E’ un modello per ripensare anche il nostro rapporto con tutti i paesi in cui la devastazione del pianeta sta generando ondate di profughi. Ma il prezzo da pagare è comunque altissimo e l’esito tutt’altro che promettente.

Eppure, la crisi climatica e ambientale rende le cose mille volte più pesanti e impone un passaggio di mano dall’establishment che ci sta portando verso il caos a una nuova generazione rappresentata da tutti coloro che hanno risposto o risponderanno all’appello di Greta Thunberg.

Non bastano più le proteste e le mobilitazioni. Occorre mettere a punto progetti concreti di conversione ecologica territorio per territorio: là dove pensare globalmente può accompagnarsi all’agire localmente.

Guido Viale, il manifesto, 25 agosto


Persone, voci e culture si mobilitano e si confrontano ...

(fotocronaca del 23 agosto 2021, Piazza Re Enzo, Bologna)

Ore 18, all'entrata di Palazzo Re Enzo. Tra i promotori i centri sociali Làbas e TPO: "basta soldi per guerre e respingimenti, aprire le frontiere" e "corridoi umanitari dall'Afghanistan, subito" 


Ore 18.04. In Piazza del Nettuno, la denuncia in un cartello portato da un manifestante: "Donne e bambini sono le prime vittime del regime talebano.  Salviamoli"!






Ore 18.05, davanti al Sacrario dei caduti Partigiani della lotta di Liberazione.
Afghani e non solo: "non riconoscete chi schiaccia i diritti delle donne" ... 
Le violazioni della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dell'ONU sono continue e diffuse in tutto il mondo. Per essere limitate richiedono conoscenza, cultura, Politica, disarmo, giustizia sociale, conversione ecologica, iniziative. 


Ore 18.06. Le Donne in nero, sempre in prima linea: dalla mobilitazione per i diritti delle palestinesi ... alle italiane, alle afghane. 





Ore 18.07. Volontari del Portico della Pace, sempre attivi in Città, per il disarmo e l'accoglienza. Dal primo giorno dell'anno ...


Ore 18.08. Attivisti di Amnesty International: "salviamo il popolo afghano" ... "corridoi umanitari subito"!



Ore 18.09. Piazza Nettuno si va riempiendo: persone responsabili, distanziate, protette con mascherine ...



Ore 18.15. Fotoreporter riprendono la piazza ed un ragazzo afghano con la bandiera del suo Paese ...









Ore 18.20. Un altro giovane chiede "corridoi umanitari per un accesso legale in Europa e in Italia"
























Ore 18.25. Sui gradini dell'entrata di Palazzo Re Enzo, dopo l'inno afghano, iniziano gli interventi di rappresentanti dei gruppi e delle associazioni che hanno promosso la mobilitazione: Jan Nawazi, giovani migranti, rifugiati e bolognesi ...



Ore 18,30. Tra i partecipanti Assessori del Comune di Bologna: Matteo Lepore, Marco Lombardo, Claudio Mazzanti ...



Ore 18.32. Donne di ogni età, di molti Paesi e religioni ... 



Ore 18.40. Interviene Detjon Begaj, attivista di Làbas e della Rete ambientalista bolognese. Protagonista di questa e di prossime mobilitazioni sociali e politiche ... 


Ore 18.50. In rappresentanza della Curia bolognese e di Monsignor Zucchi, prende la parola Stefano Ottani: anche Lui espone le buone ragioni di una presenza e di prossimi impegni ... 
 

Ore 18.55. Nella Piazza diversi rappresentanti del Consiglio Comunale e di forze politiche ... Ecco Amelia Frascaroli che dialoga con ragazze e giovani mamme ...


Ore 18.58. Tra ragazze bionde, more e con il velo è il momento di un attivista di Ya Basta Bologna ... 


Ore 19.05. Molti applausi per l'intervento della giovane portavoce del Laboratorio Salute Popolare di Vicolo Bolognetti ... 
  

Ore 19.10. Nell'intervento conclusivo della manifestazione ritornano le parole sagge di Gino Strada, il fondatore di Emergency, contro ogni guerra, per il disarmo e per affermare in ogni angolo del mondo, concretamente, i Diritti umani inviolabili ... 


Ore 19.15. Nella Piazza di Bologna, dopo la pioggia e le nubi grigie, qualche sprazzo di cielo azzurro ...
La speranza può crescere nel confronto libero tra persone, culture, intelligenze critiche e propositive 




3 commenti:

  1. La scelta dell'articolo è molto valida, è bene essere chiari e netti di fronte a queste colpevoli macroazioni, malamente gestite dalle potenze occidentali, che riguardano conflitti, migrazioni e crisi climatica. Semmai fosse dato pubblico rilievo anche ai dati delle spese militari ci si renderebbe conto maggiormente di quali assurdità e crimini si stanno perpetrando ai danni della vita e delle condizioni di vita di centinaia di milioni di persone. Le spese sanitarie (dati 2020, anno dell'esplosione dell'attuale pandemia) in Italia hanno assorbito il 7,5% del PIL (con previsioni di diminuzione) contro l'1,4% (in aumento) delle spese militari. Durante il periodo marzo- maggio 2020 le industrie di armi hanno continuato a funzionare soprattutto per rispettare le consegne ai governi di diversi stati, una parte dei quali di fato in guerra e reti da regimi libertici, come l'Egitto, responsabile dell'omicidio di Regeni. Dove sta la coerenza dei nostri governanti?

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  2. Davvero tanta gente considerando il periodo, un bel segnale. Bologna si conferma città accogliente e cosciente, che merita amministratori responsabili. E, come dice anche Guido Viale, più consapevoli del rapporto tra guerre e sfruttamento delle risorse naturali, tra sviluppo industriale e cambiamenti climatici.
    Domanda: chi esprime una visione globale e conseguenti azioni locali?
    Anna

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  3. Diciamo che se gli accordi di Trump con i talebani non sono apparsi accettabili anche ritiro di Biden non è stato liberatorio....
    Ma questi sono i vertici del paese guida dell'occidente che sceglie in democrazia.
    Il resto sono dittature o regni dispotici.
    Perciò quella di Greta mi pare una lotta disperata, che esige una rivoluzione sociale come mai visto al mondo.
    DG

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