lunedì 30 marzo 2020

Da casa, pensiamo ... (7)

Da sabato le PM10 sono tornate a livelli allarmanti e si sommano al CoronaVirus

















Dopo alcune settimane di aria pulita (coincidenti con le drastiche riduzioni di traffico veicolare dovuto alle misure anti CoronaVirus) sulla pianura padana e sull'Emilia Romagna, da sabato, le polveri fini sono schizzate a livelli di allarme.
ARPAE ritiene "la causa più probabile un trasporto a grande scala proveniente da Est, dall'area del Mar Caspio". Una "tempesta di sabbia" portata dai venti? Davvero? Vorremmo saperne di più.
Quel che è certo è che i nostri polmoni sono sempre più sottoposti a stress.
Una somma di smog e virus che provoca vittime, lutti, angoscia, crisi.
Con strutture ospedaliere e Servizio Sanitario Nazionale impreparate ed incapaci di affrontare il sommarsi di queste emergenze. Già oltre 7mila operatori sanitari sono contagiati e 61 sono morti. 
E' tempo di iniziative adeguate e strutturali. All'altezza delle sfide.

Anche negli Stati Uniti d'America, dopo settimane di sottovalutazione e di negazione del pericolo, il Presidente americano Donald Trump è intervenuto con il piglio che lo contraddistingue.
Da Comandante in Capo, facendo propria la legislazione di guerra (il Defense Production Act ): "per requisire di fatto una fabbrica della General Motor costringendola a riconvertirsi alla produzione di apparecchi respiratori" (Federico Rampini, la Repubblica, 29 marzo).

Viene da chiedersi se in Italia il Governo ed il Parlamento che giustamente vogliamo continuino ad esercitare le rispettive funzioni Costituzionali valutano necessarie misure immediate e processi democratici che affrontino la sfida che abbiamo di fronte. Ovvero se pensano di dover continuare a fare lavorare, anche in queste settimane di fermo generale, come "funzioni essenziali" le industrie che producono armi.
Interessante al riguardo un appello lanciato in questi giorni da due rappresentanti di associazioni e movimenti per la pace ed il disarmo.

Malmö. La ‘pistola annodata’ di Carl Fredrik Reuterswärd è una scultura contro la violenza
















La pubblicazione del Decreto della Presidenza del Consiglio relativo alle più recenti (e dure) limitazioni a causa del coronavirus, in particolare per le attività produttive, ha riservato una sorpresa non gradita a chi si occupa di disarmo. Tra le pieghe delle norme approvate viene infatti prevista la possibilità per l’industria della difesa di rimanere operativa, mentre invece la grande maggioranza delle aziende deve rimanere chiusa.

Sembra davvero che l’industria militare sia intoccabile, e che il governo Conte consideri la produzione di sistemi d’arma tra le attività strategiche e necessarie. Immediata la risposta di chi (come Sbilanciamoci, Rete Disarmo e Rete Pace) ha sottolineato l’insensatezza di mettere a rischio la salute di migliaia di lavoratori con pericolo di ulteriore diffusione del contagio solo per non intaccare i profitti dell’industria delle armi.
È incomprensibile come il governo non abbia il coraggio di ordinare questo stop, se addirittura il presidente della Regione Veneto, il leghista Luca Zaia, ha dichiarato: «Fino a poco tempo fa era considerata strategica l’industria bellica, adesso abbiamo capito che non ce ne frega niente, meglio avere una provetta, un respiratore».
Positive sono state le immediate reazioni dei sindacati, che hanno condotto a diversi scioperi spontanei anche in aziende a produzione militare, a testimonianza del fatto che sempre più spesso sono lavoratori e lavoratrici i primi a vedere chiaramente quali dovrebbero essere le scelte più utili per il Paese. Perché da questa tragica emergenza dobbiamo uscire con prospettive e scelte che si allontanino dalle logiche che hanno determinato la riduzione degli investimenti sanitari (passati dal 7% del Pil al 6,5%) mentre lievitava una spesa militare ormai stabilmente oltre l’1,4%.

Abbiamo bisogno di una reale alternativa, che non può essere che nonviolenta (e quindi di disarmo). Ma cosa c’entra la nonviolenza con l’emergenza sanitaria da Covid-19? C’entra, eccome, perché è scelta non solo etica e morale. La politica della nonviolenza ha senso pieno proprio oggi; «altrimenti non so che farmene», diceva Gandhi, che la pensava come strumento per trovare il pane per gli affamati, come oggi dobbiamo trovare posti letto per i malati.
È una nonviolenza che ha radici antiche. Pensiamo a Raoul Follerau che chiedeva a gran voce «il costo di un giorno di guerra per la pace» o ad Albert Schweitzer che già all’inizio del Novecento comprese il legame stretto tra spese militari e investimenti in salute. Fino a ieri sembravano due sognatori utili solo per farne santini da parrocchia, ma hanno invece anticipato di un secolo quel che oggi, messi al muro dall’evidenza, anche governanti europei sovranisti sono costretti ad ammettere: meglio avere un respiratore automatico in più, e una bomba o un missile in meno.
È evidente a tutti (tranne che a certi manager e a certi politici): abbiamo bisogno di caschi per la respirazione ventilata, non di caschi per i piloti degli F-35. Abbiamo bisogno di posti letto di terapia intensiva, non di posti di comando nelle caserme. L’industria bellica non è un settore essenziale e strategico: questa può essere l’occasione per un ripensamento e una riconversione necessaria (in primo luogo verso produzioni sanitarie).

Per la prima volta, forse, con il nuovo mondo nato dopo il conflitto mondiale che ha sconfitto il nazismo, e fatto nascere l’Onu, ci si rende conto che persino l’economia mondiale, viene dopo la salute individuale.
È una rivoluzione impensabile fino a qualche settimana fa. E tutti capiscono che per tutelare la salute propria e delle persone care, figli, nipoti, amici, è assolutamente indispensabile avere un sistema sanitario pubblico che funzioni. In Europa, nel bene e nel male, ce l’abbiamo, con pregi e difetti; là dove, invece, la sanità è considerata una merce come altre l’impatto della pandemia sarà ancora più devastante.
Per questo l’impegno delle reti e movimenti italiani per la Pace e il Disarmo si basa da tempo sulla richiesta di una drastica riduzione delle spese militari, a favore di quelle sociali. Si tratta dell’obiettivo politico principale della Campagna per la «Difesa civile, non armata e nonviolenta». Quando diciamo: «Un’altra difesa è possibile», significa che è necessario e ormai inderogabile invertire la rotta. Finché non sarà a disposizione delle nostre istituzioni anche una scelta possibile di azione non armata e nonviolenta sarà facile il ricatto di chi chiede soldi per le strutture militari e per le armi.
             
Mao Valpiana, Presidente del Movimento Nonviolento
Francesco Vignarca, Coordinatore Rete Italiana per il Disarmo
(25 marzo 2020)

11 commenti:

  1. Domanda 1: gli strumenti di analisi a disposizione degli istituti competenti non consentono di distinguere una semplice tempesta di sabbia dalle polveri di smog che registrano le centraline di Arpa? C'è bisogno di chiarezza!
    Domanda 2: perché nessuno ha approntato il piano nazionale contro le epidemie previsto da almeno dieci anni?
    Considerazione finale: la democrazia italiana deve ripartire dalla salute e dalla sicurezza dei cittadini. I guasti di non averlo fatto negli ultimi due decenni è davanti a noi, con le troppe vittime e il fermo forzato delle attività sociali, produttive e commerciali che ci costano ben di più di misure di prevenzione.
    Nik

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    1. Mentre le due domande restano ancora in attesa di risposte convincenti, penso che l'amara constatazione finale sia la bussola per il nostro prossimo operare.
      Gianni

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  2. Non lamentiamoci.
    Siamo un paese in cui anche di fronte al corona-virus continuiamo a mendicare nel mondo mascherine, caschi, tute e respiratori per il personale sanitario mentre Leonardo (industria pubblica che al 70% produce armi) continua normalmente le proprie attività. E il presidente Profumo afferma che è "impossibile fermare la sicurezza".
    Evidentemente dei pericoli e della sicurezza abbiamo percezioni diverse. E prima o poi sarà necessario intenderci, anche con Conte, Gualtieri e Franceschini.
    Zorro

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    1. Si, sulla sicurezza abbiamo percezioni diverse. Non da oggi.
      Ora, il punto che merita di essere messo in discussione è come vogliamo rispondere a questa sfida. Con la ripresa "senza incertezze" delle priorità pre CoronaVirus? Ovvero ripensando e rivedendo adeguatamente quel modello di crescita produttiva e sociale?
      Gianni


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  3. Hei, ma ce la raccontano tutta?
    Bologna ferma è una novità assoluta. 136 di pm10 non l'avevamo mai registrato. E le sabbie del mar Caspio mi lasciano decisamente perplessa.
    Ma Trump no. Anche se convertisse una intera industria di auto e non solo una fabbrica, lasciamolo alla autorevole minoranza del suo paese, che grazie al sistema elettorale da lunghissimo tempo vigente negli USA, elegge legittimamente The President. Io preferisco la Costituzione Italiana e vorrei che venisse onorata a partire dall'articolo 32 che tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività.
    Qui al contrario continuiamo a fabbricare e vendere armi a regimi dispotici in guerra.
    L.

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    1. Manteniamo viva ed attiva la capacità critica.
      Solo così potremo muovere passi in direzione dei principi costituzionali.
      Gianni

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  4. La spiegazione di Arpae per l'eccesso di PM dei giorni scorsi è corretta. Due o tre volte all'anno ci arriva anche inquinamento "alieno", ma il problema vero resta invariato, cioè come ridurre quello che produciamo noi nel resto dell'anno.

    Su resto non mi faccio illusioni: mentre noi stiamo chiusi in casa, giustamente ligi al dovere di rallentare il contagio, la prima preoccupazione dei nostri amministratori è come ripartire alla grande con il potenziamento del Passante di Mezzo. C'è poco da fare: sono irrecuperabili.

    Luca

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    1. Di certo le recenti dichiarazioni dei nuovi Assessori regionali Corsini e Priolo sul rinvio della Conferenza dei Servizi sul Passante non dimostrano rivalutazione alcuna.
      Ma il contesto sociale, economico, culturale e politico è in profondo movimento ... Attrezziamoci ad affrontare questa nuova fase.
      Gianni

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  5. Per opportuna conoscenza anche l'appello del Segretario Generale delle Nazioni Unite.
    M.

    Il nostro mondo fronteggia un comune nemico: COVID-19. Al virus non interessano nazionalità, gruppi etnici, fazioni o credo religiosi. Attacca tutti, indistintamente.

    Intanto, conflitti armati imperversano nel mondo.

    E sono i più vulnerabili – donne e bambini, persone con disabilità, marginalizzati, sfollati – a pagarne il prezzo più alto. E ora a rischiare sofferenze e perdite devastanti a causa del COVID-19.

    Non dimentichiamo che nei Paesi in guerra i sistemi sanitari hanno collassato.

    Il personale sanitario, già ridotto, è stato spesso preso di mira. Rifugiati e sfollati a causa dei conflitti sono doppiamente vulnerabili. La furia del virus rivela la follia della guerra.

    È questo il motivo per cui oggi chiedo un immediato cessate il fuoco globale in ogni angolo del mondo.

    Segretario Generale ONU, António Guterres

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    1. Bene. Cessate il fuoco!
      Un alto rappresentante di Istituzioni internazionali che si può apprezzare.
      Gianni

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  6. Si, una scelta "sbagliata e inaccettabile".
    Così non va!
    Gianni

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