lunedì 30 giugno 2014

Manutencoop, Legacoop, Governo. Unire parole, azioni e fatti.

Di fronte alle indagini su EXPO e MOSE, il Ministro Giuliano Poletti, già Presidente nazionale di Legacoop dal 2002 al 2014, in occasione del convegno dei giovani industriali di Santa Margherita Ligure, ha detto: "non va bene che chi accumula ricchezza ingiustamente, poi se la goda. Quella possibilità va troncata. Un modo bisogna trovarlo. In un altro campo si è visto che una misura come il sequestro dei beni ai mafiosi ha dato risultati".
Quasi contemporaneamente, Gianpiero Calzolari, Presidente di Legacoop Bologna da dieci anni (e in procinto di lasciare la carica che da qualche tempo condivide con la Presidenza di Granarolo), intervistato da la Repubblica (domenica 8 giugno) su indagini che riguardano diverse cooperative, superstipendi ai manager e bassi salari (2,8 euro all'ora, ad esempio, per lavoratori Coopservice occupati in servizi all'Universita di Bologna), diritti e democrazia ha risposto: "dobbiamo indicare il moltiplicatore corretto tra le paghe più basse e quelle del vertice. E porre un limite ai mandati di chi governa le aziende ... so che non possiamo auto-assolverci".
Sono, le une e le altre, affermazioni che non possono essere considerate di circostanza.
Troppo serio è il momento. Troppo grave la crisi. Troppo autorevoli gli interlocutori.
E' giusto interpretarle come consapevoli riflessioni, impegni, assunzione di responsabilità, svolta negli indirizzi prevalenti.
Non si può continuare così.
Importanti Aziende e Gruppi imprenditoriali hanno prosperato e si sono sviluppate/i proprio attraverso azioni illegali, rapporti e comportamenti eticamente inaccettabili e censurabili.
Da EXPO al MOSE, da Bologna a Modena, a Brindisi, non si tratta di "ladri" e "mele marce", di fatti specifici e isolati.
Ma di "un sistema" di potere, di "una cultura" diffusa e giustificata.
Chi non ha scelto queste strade è stato spesso considerato ingenuo, inadeguato, "fuori" (per dirla con Flavio Briatore, incredibile ed ascoltato manager dei nostri tempi). E, quasi sempre, anche in cooperative, magari rispettato e pure apprezzato, ha pagato, ha perso, è "saltato". 
Come chi ha sollevato "la questione salariale" e del rapporto "sostenibile" tra redditi da lavoro all'interno di una impresa (soprattutto se Cooperativa!) ed ha proposto il valore di politiche retributive discusse e condivise dalla intera proprietà sociale. Come chi ha indicato il (o lavorato al) tema dello sviluppo e della qualità della partecipazione e della formazione cooperativa, della crescita collettiva delle conoscenze e delle competenze.
Legacoop, locale e nazionale, sono state per troppo tempo in altre faccende affaccendate; hanno avuto altre priorità, hanno privilegiato fatturati e utili e sottovalutato (pesantemente!) contraddizioni e cattive pratiche (basti rileggere tante interviste rilasciate in questi anni o scorrere i premi - anche recenti - conferiti come "Cooperatore dell'anno").
Ora, però, in questa situazione, poco interessa discutere di cosa avrebbe potuto essere e non è stato il movimento cooperativo negli ultimi tempi.
Più significativo e decisivo è affrontare il merito delle "proposte" e delle iniziative da prendere a livello di Governo, di associazioni di imprese, di singole realtà, di fronte all'incalzare degli eventi e dei bisogni.
Per scongiurare che la crisi di lavoro, legalità e giustizia si avviti su se stessa e aggravi la vita delle persone e delle comunità.
Grandi Aziende e Gruppi Cooperativi sono in emergenza.
"Rischiano" l'occupazione, gli investimenti e i redditi soci, lavoratori, imprenditori, famiglie intere.
Ha, dunque, ragione Gianpiero Calzolari quando chiede "rispetto" per le cooperative e per le imprese. Rispetto, ad esempio, per Manutencoop e per le migliaia di lavoratori che organizza. Come occorre fare sempre per ogni organizzazione e realtà produttiva.
Naturalmente, il "rispetto" non è questione da porre solo e sempre ad altri (magistrati o giornalisti, per intenderci, spesso criticati se fanno la loro parte).
È, innanzitutto, argomento di riflessione ed azione per ogni cittadino, lavoratore, cooperatore e, in primo luogo, per chi ha cariche pubbliche e ruoli importanti: presidenti, amministratori, dirigenti, revisori.
Ecco perchè quelle proposte di Poletti e Calzolari sono un contributo su cui ragionare (tutti!) subito, per essere protagonisti del fututo e non semplici e passivi spettatori.
Come più volte ribadito (in precedenti post: Coop sei tu?, del 13 settembre 2013, Manutencoop, del 15 dicembre 2013, Manutencoop e Legacoop. Le sfide, del 19 maggio 2014) si deve aspettare la conclusione di indagini, l'eventuale rinvio a giudizio degli imputati e i conseguenti processi di primo, secondo e terzo grado per discutere e intervenire in Manutencoop e nelle numerose altre grosse realtà cooperative che hanno presidenti e/o dirigenti coinvolti in vicende giudiziarie?
Oppure, è tempo di agire?
Ora.
Affrontando con coraggio (non a "babbo morto") questioni concrete che contraddicono responsabilità sociale, diritti dei lavoratori e dei cittadini, democrazia cooperativa?
Stando all'esempio (simbolo) di Manutencoop.
1. È bene ed utile (per la Cooperativa, per i ventimila lavoratori del Gruppo, per il futuro comune della cooperazione e del paese) mantenere ancora (e per quanto tempo) la trentennale presidenza Levorato, rinnovata il 24 maggio scorso, per il triennio 2014-2017? Attenzione. Non è questione personale. Non si discute o si intende anticipare conclusioni relative ad altri piani. Nessuno (anche in questo caso) può e deve leggere la scelta libera (personale e/o collettiva) di "un passo indietro" come una "sentenza giuridica" che, costituzionalmente, spetta solo a precise Istituzioni. Al contrario, la rinuncia alle cariche di fronte a indagini e rinvii a giudizio è esclusivamente segno di forza, rispetto, impegno, vitalità (di tutti gli individui, i soggetti e le autorità coinvolte). Un atto di semplice ed alta responsabilità sociale!
2. È adeguata (ancora) la governance del Gruppo Cooperativo? Un meccanismo combinato, di norme e di possibilità, per cui il potere "di fatto" risulta concentrato in un sol uomo, al contempo Presidente della Cooperativa (controllante) e Presidente e (unico) consigliere con deleghe del Consiglio di Gestione di MFM SpA (controllata)?
3. Va bene (ancora) un sistema elettorale per "rinnovare" il Consiglio di Amministrazione della Cooperativa che si fonda su liste e programmi "alternativi" come quello sperimentato negli ultimi 6 anni? Il livello di partecipazione, di protagonismo e di responsabilizzazione risulta adeguato alle sfide?
4. È fattore di coesione sociale un rapporto tra reddito minimo e massimo per tempi pieni che solo con un calcolo sommario va sicuramente oltre il moltiplicatore 60 (sessanta)?
5. Si possono lasciare soci e lavoratori "al loro destino" di disoccupati o, per mesi, nell'incertezza del lavoro per perdita di appalto, soprattutto se si è in presenza di subentro di altre imprese cooperative?
6. Si devono cambiare - e in che modo - le logiche e le pratiche che presiedono la progettazione, la realizzazione e la manutenzione delle grandi opere pubbliche e dei grandi appalti?
Rispondere a questi interrogativi è urgente.
Soprattutto per chi pensa e sostiene che non vanno individuati e scaricati "capri espiatori".
Soprattutto per chi ha "visione" del mondo e pensa che "si può e si deve migliorare".
Soprattutto per chi ritiene la cooperazione una bella e grande esperienza di crescita individuale e collettiva, che forma e crea possibili e potenziali classi dirigenti.
Soprattutto per chi è convinto che i problemi sono "i ladri", "i corrotti" e non "le opere" o "gli eventi".
Sapendo, però, che, oggi, nelle scelte di governo del territorio e del paese incidono oltre misura "ladri" organizzati, "corruttori", lobby illegali e d'affari. Quelli individuati (e, in molti casi, anche condannati!) decenni fa e di nuovo in libertà (evidentemente per nulla "vigilata"!), quelli sempre all'opera e attivi (anche nelle istituzioni, nella società e nelle imprese, anche cooperative) perché in attesa di giudizio, non accertati o ancora individuati.
Si. E' tempo di discutere e di agire. E' ora di unire parole, azioni positive e fatti.






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24 commenti:

  1. A proposito di cooperazione e di Gianpiero Calzolari. Ieri è uscita una sua intervista su il Corriere di Bologna (pag.1 e 2). Pare anche di segno diverso rispetto a quella di la Repubblica. Per opportuna informazione ecco una sintesi dal sito del Corriere Bologna.
    M.

    COOP E OPERE PUBBLICHE
    L’affondo di Calzolari: «Appena
    uno alza un dito si apre un fascicolo»
    Il presidente di Legacoop: «Così non va bene, il People Mover serve e deve arrivare possibilmente fino alla Fiera e a Fico»

    BOLOGNA - «Non siamo in un periodo di speculazione edilizia, quindi non ci sono retropensieri le infrastrutture non si fanno per rendita o per speculazione, ma perche’ servono. E il People Mover abbiamo gia’ deciso che serve». Ecco l’attacco del presidente di Legacoop e Granarolo, Gianpiero Calzolari, che all’assemblea di Coop costruzioni ha parlato anche della monorotaia che dovrebbe collegare stazione e Marconi. «L’aeroporto ha un valore senza People Mover e un altro valore con il People Mover- sottolinea il presidente di Legacoop- poi e’ vero che qui, appena uno alza un dito, si apre un fascicolo: ma non va bene, il People Mover serve e deve arrivare possibilmente fino alla Fiera e a Fico». Per il parco del cibo, ricorda Calzolari, «parliamo di milioni di visitatori e non dobbiamo farli andare via con la luna di traverso per il traffico o perche’ non trovano parcheggi». E a proposito del Caab, «abbiamo una grande sfida- incalza il presidente di Legacoop, guardando negli occhi l’assessore Matteo Lepore in platea- Fico deve aprire il giorno dopo l’Expo. Dobbiamo correre come matti e ci dobbiamo riuscire. E se ce la facciamo, vuole dire che possiamo snellire le procedure e la burocrazia non solo per Fico, ma anche per tutti gli altri progetti». «La Procura non ha nulla da dire, lavora come sempre in silenzio», ha replicato il procuratore aggiunto Valter Giovannini.

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  2. Non capisco Poletti. Ieri sera su La7 ha detto che bisogna cacciare a calci in culo chi è responsabile di illegalità. Poi aggiunge che bisogna verificare se le accuse saranno dimostrate. Ma lui che da alcuni decenni ha ruoli di responsabilità che idee si è fatto?
    Nelle cooperative che azioni preventive si sono adottate per evitare malaffare e corruzione?
    Gli esempi di cooperative con padri padroni e cooperatori più cooperatori di altri sono diffusi e noti.
    Anche per le associazioni di categoria e per i revisori intervenire non è mai semplice.
    E spesso si accettano comportamenti discutibili che possono sfociare in pratiche concorrenziali illegali.
    Quanti ricorsi e accuse stanno emergendo anche tra cooperative di Legacoop?

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  3. Non conosco fatti e personaggi specifici.
    In generale penso che il Governo debba investire per accelerare la Giustizia.
    Chi detiene cariche pubbliche o di rappresentanza deve avere corsie preferenziali per arrivare a sentenza. Max 6-8 mesi per conoscere il giudizio definitivo. Dal rinvio a giudizio un imputato deve essere sospeso nelle sue funzioni. Così da non coinvolgere i rappresentati e non fare pesare il ruolo ricoperto. Ove necessario, si nomina un sostituto pro tempore che consenta il reintegro in caso di assoluzione. I condannati per reati contro lo Stato debbono essere interdetti per sempre da cariche di rappresentanza pubblica e privata.
    L.

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  4. Ma quale interesse comune e cooperazione può esistere se un lavoratore incassa mille euro al mese e un capo sessanta volte tanto!
    È chiaro che gli obiettivi divaricano irrimediabilmente.
    E muoiono sintonie, comprensione reciproca e solidarietà.

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  5. Da "Ambiente più soci. Informazione Manutencoop"
    Per parlare informati dei fatti ...

    "OLTRE 1000 PARTECIPANTI e una elevatissima partecipazione al voto per il rinnovo del Consiglio di Amministrazione di Manutencoop Società Cooperativa: ben l'87% dei soci lavoratori, l'8% in più rispetto alle ultime edizioni. E, soprattutto, una platea affollatissima e attenta che ha seguito con partecipazione tutti gli interventi assembleari.
    Una partecipazione calda, commossa e sentita che ha reso l'annuale Assemblea dei soci di Manutencoop Società Cooperativa, svoltasi il 24 maggio scorso a Zola Predosa, qualcosa di più del tradizionale festoso evento aziendale, trasformandola in una vera e propria celebrazione dell'orgoglio aziendale e cooperativo, in un momento difficile per il Gruppo che, proprio nelle settimane precedenti l'Assemblea, è stato al centro dell'attenzione mediatica per un presunto coinvolgimento nell'ambito dell'inchiesta milanese sugli appalti dell'Expo.
    I numerosi applausi che hanno sottolineato i passaggi principali della Relazione del Presidente Claudio Levorato ne sono stati la dimostrazione così come la presenza sul palco dei vertici di Legacoop: dal neoeletto Presidente Nazionale Mauro Lusetti, al Presidente Regionale Giovanni Monti, al Presidente di Legacoop Bologna e di Granarolo, Giampiero Calzolari. In platea, inoltre i Presidenti delle principali imprese della cooperazione bolognese come Pierluigi Stefanini, Presidente di Unipol e Adriano Turrini, numero uno di Coop Adriatica oltre alla Direzione Aziendale e ai Consiglieri di Sorveglianza e Gestione. Tutti impegnati a fare fronte comune nel ribadire che Manutencoop e la cooperazione sono altra cosa rispetto alle ricostruzioni, in certi casi pesantemente diffamatorie, riportate dai media in queste settimane.
    I soci, chiamati quest'anno non solo ad approvare i risultati economici del 2013, ma anche a rinnovare il Consiglio di Amministrazione, hanno affollato Palazzo Albergati sin dalla prima mattina: dalle 10 è stato aperto il seggio elettorale che ha visto un susseguirsi ininterrotto di votanti fino alle 13, mentre nel salone principale del Palazzo si svolgeva l'Assemblea vera e propria. Dopo l'applauditissimo intervento di Claudio Levorato con l'illustrazione dei risultati del Gruppo,hanno preso la parola i tre presidenti (nazionale, regionale e provinciale) di Legacoop, oltre a Fabio Carpanelli, presidente del Consiglio di Sorveglianza e al Direttore Operations di Manutencoop Facility Management, Vincenzo Scotto, in rappresentanza della Direzione Aziendale e, indirettamente, di tutti i dipendenti. Al termine il Bilancio Consolidato e di Esercizio è stato approvato all'unanimità".

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  6. Ognuno ha le sue informazioni, i suoi racconti, le sue verità, le sue contraddizioni.
    In momenti e situazioni come questi non è facile per nessuno muoversi con coerenza.
    Non si parla solo di idee, ma anche di lavoro e di vita.
    Ciao!

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  7. Vedo le cooperative come un corpo statico. Sostanzialmente incapaci di innovarsi (il caso clamoroso di Manutencoop - 30 anni di Presidenza di Levorato - non è unico) e di individuare e qualificarsi in nuovi settori e servizi. Leggo di crisi e sento di difficoltà. Nel territorio che vivo Cefla e Cesi. Può essere naturale vivere, invecchiare e morire ... Ma la condizione è generare, nascere e crescere per conservare la specie!
    Ale

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  8. Per parlare informati non bisogna stare alle esilaranti cronache dei giornali e delle riviste dei regimi. Meglio raccogliere, per quanto possibile, fonti dirette o terze. Spesso, consentono di capire ciò che sta sotto la superficie.
    f.

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  9. Ricostruzioni pesantemente diffamatorie?
    Può essere.
    Non sarebbe la prima volta contro cooperatori.
    Però non mi sono chiare le ragioni della cooperazione in merito alle contestazioni dei magistrati.
    Secondo i vertici nazionali e locali di Legacoop, Manutencoop non ha commesso atti illegali?
    I Magistrati di Milano, come quelli di Venezia, Modena, Bari e altre città italiane hanno proceduto per ragioni politiche, come denuncia Berlusconi?
    Infine, cosa distingue la vicenda Consorte da quella Levorato? Perché il primo si è dimesso e il secondo no?
    Anna

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  10. Una cosa che sicuramente ha creato distanza tra operai e capi è che per i secondi non sono mai mancati premi straordinari in base ai successi ottenuti, mentre i primi non hanno mai visto nulla se non aumento di disponibilità personale e riduzioni di tempi in cui svolgere le mansioni ...
    La vita è cambiata per gli uni e per gli altri, però in direzioni diverse.
    Questo non è propriamente spirito cooperativo.
    Vale

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  11. Per anni ci è stato detto che indicatori del buon andamento sono remunerazione del capitale e ristorno.
    Purtroppo da qualche tempo gli indicatori non sono incoraggianti ...
    s.

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  12. Il racconto sulla rivista di Manutencoop dell'assemblea annuale dei soci di Manutencoop è effettivamente sorprendente.
    Pare che i vertici della cooperazione scommettano sulla correttezza del Gruppo imprenditoriale di Zola Predosa.
    Sarei curiosa di sapere in base a quali elementi si ragiona.
    Forse che Presidenti di Legacoop, Unipol, Adriatica ... hanno più elementi dei Magistrati che indagano in diverse Procure italiane?
    Ciao!

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    1. Partendo da quel racconto e considerandolo corrispondente alla realtà ed agli intenti dei principali protagonisti una risposta c'è: sono compagni di merende.
      Mario C.

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  13. A Imola siamo alla liquidazione coatta di Cesi.
    Oltre 400 (quattrocento) lavoratori a casa.
    Possibile che il mondo cooperativo non abbia studiato e capito per tempo la necessità di convertire attività e produzioni?
    Quali sono i meriti acquisiti dai dirigenti Coop, se i soci restano senza lavoro e loro diventano Ministri o candidati a Presidenti di Regione?
    Ale

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  14. A proposito di CESI, leggo su il Resto del Carlino una interessante intervista sui possibili rischi per i cittadini che hanno avviato l'acquisto della casa. Per opportuna informazione.
    M.

    Imola (Bologna), 12 luglio 2014 - Cosa ne sarà del capitale sociale dei soci-lavoratori di Cesi? E che fine faranno i preliminari di vendita già sottoscritti dai compratori - soprattutto giovani coppie e famiglie – che non hanno ancora rogitato l’acquisto della loro casa? Interrogativi che si affastellano nella mente di centinaia di persone, ora che il colosso edile imolese è stato posto il liquidazione coatta amministrativa e che abbiamo posto a Gianfranco Ricci Albergotti, avvocato e ordinario di Diritto fallimentare all’Università di Bologna.

    Professore, prima di tutto cos’è la liquidazione coatta amministrativa?
    "È un tipo di procedura particolare prevista dalla legge fallimentare, ma che concerne solo enti a carattere pubblicistico come le banche, le compagnie di assicurazione e le cooperative. Se c’è una procedura di liquidazione, anche in futuro non potrà essere dichiarato il fallimento".

    Cosa può accadere nell’udienza prefallimentare di lunedì?
    "Nella peggiore delle ipotesi, che venga accertata l’insolvenza. Solo un giudice può farlo. La liquidazione coatta amministrativa non è disposta da un tribunale, ma è una procedura regolata in parte dall’autorità amministrativa come un ente di controllo che ravvisa la necessità di messa in liquidazione. Non sempre si va in liquidazione perché si è insolventi".

    Quali effetti avrebbe la certificazione dell’insolvenza da parte del giudice?
    "L’insolvenza allarga ‘solo’ lo spettro delle conseguenze, che diventa simile in tutto e per tutto a un fallimento".

    Che fine farà il capitale sociale, stimato in 9 milioni di euro?
    "Bisogna vedere l’entità del patrimonio sociale e dei crediti della coop. I soci-lavoratori devono assoggettare il loro patrimonio investito alla procedura concorsuale e insinuarsi nel fallimento. Così pure per il prestito sociale".

    Come funziona l’ordine di pagamento in un fallimento?
    "Prima si liquidano le spese della procedura, ossia il costo del liquidatore, dei custodi, dei tecnici e periti, degli avvocati. Poi si procede al pagamento delle imposte, quindi Agenzia delle entrate, Inps, Inail e via dicendo. Seguono i creditori privilegiati nei quali sono compresi i lavoratori ma solo con gli stipendi e i tfr, e chi ha diritto di prelazione, spesso le banche. Infine, ci sono i chirografari, come i fornitori non assistiti da diritto di prelazione".

    La coop può continuare a funzionare?
    "Dipende dal tribunale, a cui va chiesta l’ammissione all’esercizio provvisorio. Diversamente c’è il blocco".

    Chi ha sottoscritto un preliminare d’acquisto ora cosa rischia?
    "E’ uno di quelli che rischia di più. Il liquidatore prende in mano tutti i contratti, compresi quelli di vendita e può decidere se proseguire andando a rogito o scioglierli. In questo caso, per recuperare la caparra l’acquirente deve insinuarsi nel fallimento".

    Al liquidatore non conviene fare cassa vendendo gli immobili?
    "Non sempre, soprattutto se l’immobile è già stato pagato in buona percentuale per cui al liquidatore conviene tenere integro il patrimonio. Se poi i cittadini, per pagare la caparra, hanno acceso un mutuo, nel fallimento si vedranno passare davanti la banca che ha l’ipoteca sull’immobile".

    Il liquidatore può portare avanti progetti industriali?
    "Può sottoscrivere affitti di rami d’azienda, vendita di rami o vendite in blocco. Anche concordati".

    Cristina Degliesposti

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  15. Per opportuna informazione invio anche l'articolo pubblicato su il Corriere di Bologna di oggi e sempre relativo a CESI.
    M.

    BOLOGNA - Ecco il piano per salvare la Cesi, la più grande cooperativa di costruzioni di Imola che schiacciata da 375 milioni di euro di debiti ha scelto la strada della liquidazione coatta. Ora per i 405 dipendenti della cooperativa — di questi ben 311 sono soci lavoratori — dovrebbero scattare gli ammortizzatori sociali. Poi con il commissario liquidatore, Antonio Gaiani, si lavorerà per soddisfare le richieste dei 1.125 creditori e contemporaneamente tirare fuori un ramo d’azienda che consenta di salvaguarda la parte sana dell’azienda.
    A quel punto, d’intesa con la Legacoop regionale, si lavorerà alla costruzione di un unico polo delle costruzioni cooperative di Bologna, Modena (con un pezzo di Romagna) mettendo insieme ciò che resta di un sistema devastato da sei anni filati di congiuntura negativa. La nuova cooperativa dovrebbe mettere insieme i resti della Cesi, l’Iter di Ravenna che ha chiesto il concordato, la Cooperativa di Costruzioni di Modena e la Coop Costruzioni bolognese. «Questa è la prospettiva sulla quale stiamo ragionando nell’arco dei prossimi due anni — dice Giovanni Monti, numero uno della Lega regionale —. Poi chiaramente devono essere i soci delle singole cooperative a esprimersi ma siamo fiduciosi».

    Monti, ieri sera, ha incontrato i soci lavoratori per illustrare il piano. Un’assemblea che segue le proteste dei giorni scorsi dei lavoratori davanti alla sede della cooperativa. Del resto, i sindacati avevano chiesto a Legacoop di farsi carico di una crisi senza precedenti per il mondo della cooperazione della via Emilia. «Quella della Cesi è una situazione molto grave — ha spiegato Mauro Lusetti —. Noi faremo di tutto per non lasciare indietro nessuno. C’è un problema più generale della presenza cooperativa che va riorganizzata in un settore che sconta il crollo degli investimenti pubblici e il calo del mercato privato».

    Lunedì, intanto, il sindaco di Imola, Daniele Manca, ha convocato i sindacati in Comune per valutare il da farsi. «La situazione della Cesi richiede la mobilitazione di tutti. Dobbiamo avviare in fretta il percorso mirato alla convocazione di un tavolo di crisi. Il paradigma è: responsabilità, idee e metodi per lo sviluppo. Se no non se ne esce», ha spiegato il primo che poi di fronte al moltiplicarsi delle crisi delle cooperative imolesi (Cesi, 3elle, Cooperativa Ceramica) ha difeso a spada tratta quel modello. Che proprio quando il cooperatore imolese Giuliano Poletti arriva al soglio del ministero del Lavoro deve fare i conti con una crisi quasi sistemica. «Vorrei che non si confondesse la crisi di un’azienda, che si inserisce in una situazione di difficoltà di un settore e di un prodotto, con una presunta crisi del sistema e del modello cooperativo, che non esiste — ha dichiarato il primo cittadino imolese —. Ritengo, anzi, che sia fondamentale procedere velocemente ad analizzare come si è giunti a questa situazione, a partire dal perché i vertici aziendali non abbiano capito per tempo l’evolversi della crisi e non abbiano messo in campo i correttivi che avrebbero potuto permettere di salvaguardare i posti di lavoro. Soltanto un’analisi franca e corretta può portare, infatti, alla definizione di un nuovo progetto industriale che dia futuro all’azienda».

    La prospettiva attuale è lavorare sulle fusioni — più volte affossate anche nel recente passato — e sugli ammortizzatori. E così provare a salvare il buon nome di un’azienda con quasi cent’anni di storia.

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  16. Dalle crisi alle buone notizie. Il Corriere Bologna propone l'esperienza di operai che rilevano l'Azienda dove lavorano e ne fanno una Cooperativa!
    A Reggio.
    M.

    BOLOGNA - Il titolare di una azienda sana e dinamica passa il testimone ai suoi lavoratori, che costituiscono una cooperativa. Accade a Reggio Emilia, nella societa’ Arbizzi Srl, diventata oggi cooperativa con l’applicazione di un particolare strumento del campo societario, denominato «workers buyout». Si tratta in pratica del percorso che permette ai lavoratori di aziende in crisi o fallite di prenderle in affitto o acquistarle. Un modello che, negli ultimi anni, e’ stato utilizzato in situazioni di crisi aziendale per rilanciare l’attività di imprese in fallimento o altra procedura concorsuale.
    LA STORIA - Nel caso della cooperativa Arbizzi però lo strumento è stato applicato ad un’azienda senza problemi economici, in funzione al ricambio generazionale. Tutto e’ partito dalla Arbizzi Srl, societa’ fondata da Emilio Arbizzi nel 1997 con sede a Corte Tegge, che opera nel campo della commercializzazione di prodotti e materiali per l’imballaggio industriale. Il progetto della cooperativa nasce a seguito della decisione della proprietà, assistita dallo Studio Labanti e Pasini, in assenza di un ricambio generazionale diretto, di trasferire l’azienda ai propri dipendenti, essendo loro già i principali detentori del know-how ed avendo maturato negli anni di lavoro a fianco dell’imprenditore le competenze necessarie per gestire autonomamente l’azienda.

    L’OPERAZIONE - La strategia progettuale è improntata alla prosecuzione delle linee guida imprenditoriali gia’ tracciate negli ultimi 10-15 anni e mira al consolidamento della propria posizione di mercato. L’intera operazione e’ stata sostenuta dalla Legacoop reggiana con il supporto economico e finanziario del Movimento cooperativo (Coopfond e Cfi, Cooperazione Finanza Impresa) che ha favorito la nascita della cooperativa con un importante intervento finanziario sia in termini di capitalizzazione, sia di finanziamento a medio lungo termine e mettendo a disposizione i necessari strumenti di garanzia per l’accesso al credito. «Ho preferito cedere il passo ad una fiorente cooperativa, con soci i miei collaboratori, una squadra intraprendente e determinata», spiega il titolare dell’azienda Emilio Arbizzi.«Se dobbiamo esprimere due impressioni a caldo sulla situazione a nome di tutti i nostri colleghi- spiegano il presidente della cooperativa Simone Vallieri e il vicepresidente Walter Bonacini- possiamo dire che il passaggio di testimone da parte d Emilio Arbizzi ci ha riempito di orgoglio. Con grande entusiasmo da parte di tutti affronteremo questa sfida dura e ambiziosa, dimostrando con coraggio e determinazione il nostro valore sul campo».

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  17. Per i lavoratori CESI concordata la Cassa Integrazione Straordinaria.
    Un passo giusto per evitare a 400 lavoratori e famiglie il peggio.
    Una carta per il nostro Ministro e per i massimi dirigenti imolesi per mantenere insieme ruolo e potere ... Rinviati, non risolti, restano i problemi.
    Ale

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  18. Sviluppi nella vicenda Manutencoop. Si agli arresti di Levorato per le indagini su Expo. Da il Corriere della Sera.
    M.

    BOLOGNA - Il Tribunale del Riesame di Milano ha dato il via libera all’arresto del presidente di Manutencoop, Claudio Levorato, e di altri otto indagati nell’inchiesta della Procura meneghina sugli appalti di Expo 2015 e della sanità lombarda. Il numero uno del colosso cooperativo è accusato di rivelazione e utilizzo di segreti d’ufficio e turbativa d’asta in concorso con la presunta «cupola degli appalti» e per ora rimarrà libero perché i legali di Levorato faranno ricorso in Cassazione.
    A trascinare Manutencoop e Levorato nell’inchiesta milanese è stata la maxi-gara per la Città della Salute di Sesto San Giovanni, un affare da 323 milioni più Iva. Secondo l’accusa Levorato avrebbe ottenuto, tramite i buoni uffici dell’ex segretario democristiano Gianstefano Frigerio, informazioni coperte da segreto sulle condizioni della gara e sulle migliorie da apportare al progetto. È anche accusato di aver beneficiato di un rinvio delle scadenze, al fine di aggiudicarsi irregolarmente la ricca commessa in danno delle altre imprese concorrenti. Il giudice del Riesame ha ribaltato la decisione del gip, che aveva rigettato la richiesta degli arresti domiciliari della Procura. Con il ricorso dei legali di Levorato la misura è sospesa. Il collegio presieduto da Paola Micara ritiene che per Levorato via sia «il concreto e attuale pericolo di reiterazione della condotta criminosa».

    Secondo i giudici «sussiste anche in questa fase il concreto e attuale pericolo di inquinamento probatorio poiché le indagini, particolarmente complesse, sono ancora in corso e gli investigatori sono alla ricerca di riscontri agli indizi risultanti dalle intercettazioni, riscontri sui quali l’indagato potrebbe facilmente operare in chiave manipolatorio». Si tratta delle conversazioni telefoniche tra Frigerio e il presidente di Manutencoop nelle quali l’ex democristiano diceva che «sulla Città della salute tra poco comincia la fase delicata degli esami, dei progetti e così via... bisogna che io da parte mia e lei da sua facciamo ogni sforzo per portare a casa un risultato». Sollecitazione alla quale Levorato rispondeva spiegando che «si lavora per questo... non si lavora per stare a guardare gli altri». I giudici del Riesame contraddicendo la decisione del gip scrivono che «a fronte di tali esigenze cautelari l’unica misura idonea appare quella degli arresti domiciliari, poiché la libertà connessa a misure meno afflittive consentirebbe all’indagato di riprendere i contatti utili alla commissione di altri reati della stessa specie e di intervenire sugli elementi tuttora da raccogliere».

    Il diretto interessato ha affidato a una nota di poche righe firmata da Manutencoop il commento alla decisione del tribunale milanese. «Manutencoop Facility Management precisa di aver appreso la notizia dai media e che, allo stato, non risulta notificato alcun atto da parte dell’autorità giudiziaria — recita il comunicato del colosso della cooperazione —. Manutencoop Facility Management e il presidente Claudio Levorato ribadiscono la propria totale estraneità rispetto alle ipotesi di reato per cui sta procedendo la Procura milanese avendo sempre operato nel pieno rispetto delle regole e nella massima trasparenza; saranno pertanto messe in atto le opportune azioni legali volte ad accertare l’insussistenza di qualsiasi coinvolgimento». Sta di fatto che la decisone del Riesame favorevole alla Procura milanese viene bloccata dai legali del numero uno di Manutencoop che hanno annunciato il ricorso in Cassazione. Bisognerà attendere il pronunciamento della Suprema corte per il decisivo parere sugli arresti domiciliari di uno tra i più importanti esponenti della cooperazione italiana.

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  19. Su Manutencoop e dintorni la Repubblica ha intervistato il nuovo Presidente di Legacoop. Personalmente mi chiedo se è un sostegno a Levorato o un invito a farsi da parte. Per voi?
    M.


    Mauro Lusetti, presidente di Legacoop
    «Claudio Levorato deve rimanere al suo posto, la Cassazione deve ancora dire l’ultima parola su una vicenda giudiziaria contrastata. Solo se alla fine avrà torto ne trarrà le conseguenze». Mauro Lusetti, modenese, neo presidente di Legacoop nazionale subentrato a Giuliano Poletti diventato ministro, parla di Levorato e dei problemi economici del momento che toccano anche la cooperazione in Emilia Romagna, dopo che il Tribunale del Riesame di Milano ha detto sì agli arresti domiciliari per il presidente di un “big” della cooperazione, la Manutencoop.

    Presidente, di recente lei non aveva dichiarato che chi sbaglia si deve fare da parte?
    «Certo, ma la mia opinione non cambia rispetto a questa particolare vicenda. Da una parte è vero che c’è bisogno di sposare le esigenze di rispetto della legalità, ma dall’altra parte ci sono i diritti delle persone. Il consiglio di amministrazione di Manutencoop e lo stesso Levorato insistono a dichiarare la loro estraneità a questi addebiti della procura di Milano e ne va tenuto conto. Io conoscono anche personalmente Levorato e so che si difenderà. La Cassazione esprimerà le sue valutazioni finali. Se ci fossero problemi...»

    Ecco, se ci fossero problemi che succederebbe?
    «Sono altrettanto convinto che se ci dovessero essere problemi, faranno la scelta giusta per salvaguardare gli interessi di una cooperativa diventata uno dei principali operatori del settore».

    Quindi Levorato ne trarrà le conseguenze.
    «Ma ora è questione di civiltà giuridica aspettare. La stessa magistratura non ha avuto un
    atteggiamento lineare, prima no, poi sì all’arresto. Mi auguro che tutto finisca bene».

    Per venire alle situazione generale del momento, come reagisce la cooperazione alla crisi economica?
    «Fino ad ora abbiamo resistito, ma stiamo cedendo. C’è ad esempio una situazione di forte difficoltà nel settore dell’edilizia e l’Emilia-Romagna non è fuori pericolo. Basti pensare al caso Cesi di Imola, ma anche ad altre cooperative del reggiano. Al ministro Federica Guidi abbiamo chiesto, come Alleanza cooperativa italiana, di aprire un tavolo sulla crisi del settore. Il decreto sblocca Italia ci auguriamo venga attuato in fretta, i finanziamenti per infrastrutture, messa in sicurezza del territorio, aree dismesse sarebbero
    vero ossigeno».

    Gli ultimi dati sulla disoccupazione giovanile sono drammatici.
    «Abbiamo sottoscritto il protocollo per la garanzia giovani al ministero del Lavoro, per aprire
    sportelli e mettere in contatto i giovani con le imprese. Ma c’è la necessità anche che tra i giovani laureati si possano creare coop, come studi associati o commerciali, per godere dei vantaggi dell’auto-imprenditorialità. Non bastano investimenti, serve anche liberare il mercato da lacci e lacciuoli».

    Nell’area bolognese nei mesi scorsi è emerso con forza il problema delle coop spurie, con proteste fortissime dei facchini.
    «A Bologna ora si sta gestendo faticosamente un accordo. Più in generale, è vero che le coop spurie sono un serio problema. Non bisogna abbassare la guardia e non bisogna assolutamente diminuire i controlli».

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  20. Tutti in ferie?
    Di ritorno da una breve vacanza ho trovato su il Corriere Bologna un articolo su CESI e Idice di San Lazzaro.
    M.

    BOLOGNA - Il crac della Cesi, la gigantesca cooperativa di costruzioni imolesi, blocca anche «la colata» di San Lazzaro, così ribattezzata dai suoi oppositori. Quel mega progetto a Idice che, almeno in teoria, dovrebbe contenere 53 nuovi edifici, 580 alloggi pronti per la consegna e torri da nove piani. Un cantiere immaginario che a San Lazzaro ha mandato su tutte le furie i comitati di cittadini e pure Legambiente che aveva additato il progetto come simbolo della cementificazione del territorio. Nel frattempo, però, è arrivata la decisione della liquidazione coatta della cooperativa imolese che faceva parte della cordata per la new town di Idice insieme a Coop costruzioni e all’immobiliare Dipierri.


    L’area com’è adesso
    Il Comune aveva imposto il 29 luglio come data limite per la presentazione delle fideiussioni necessarie all’avvio del progetto. Chiaro che, date le condizioni di fallimento, la Cesi non è in grado di dare alcuna garanzia. Così ora il crac della cooperativa rischia di travolgere anche l’insediamento (ancora solo sulla carta) della frazione di San Lazzaro. «La situazione è in stand by — racconta Claudia D’Eramo, vicesindaco di San Lazzaro —. Alla scadenza prevista le garanzie non sono state presentate. Il consorzio deve avere una voce sola e le fideiussioni sono richieste per tutti i componenti». Tanto che il Comune ha anche chiesto all’ufficio legale di valutare la situazione per capire come venire fuori da una matassa particolarmente intricata. «Si tratta di una partita complessa e per questo motivo abbiamo dato incarico all’ufficio legale di valutare la situazione che si è venuta a creare per capire come agire — aggiunge la numero due della giunta —. Di sicuro decideremo in base all’interesse pubblico. Da quel che sappiamo il consorzio ha in programma una riunione per settembre, staremo a vedere».
    Per la verità, non è detto che la Cesi decida di sfilarsi dal progetto. Anche perché, proprio in queste settimane, è in corso la ricognizione del commissario liquidatore che sta valutando caso per caso quali iniziative portare avanti e quali abbandonare, a seconda delle singole redditività. E il commissario, Antonio Gaiani, ha più volte ripetuto che una parte dei 403 dipendenti della cooperativa in cassa integrazione continueranno a lavorare sui progetti più remunerativi. Una soluzione che, tra l’altro, potrebbe tranquillizzare anche i tantissimi creditori di quella che una volta era la cooperativa modello della valle della cooperazione.

    Anche per questo motivo gli altri rappresentanti della cordata non hanno abbandonato l’idea di portare a temine l’intero progetto. « Noi siamo pronti con le fideiussioni, come peraltro tutti gli altri attuatori — ragiona Fabio Garagnani di Coop costruzioni —. Il problema è la Cesi che è in liquidazione coatta amministrativa e rappresenta una quota parte del 10,58%».

    Adesso la trattativa sarà con l’amministrazione di San Lazzaro per trovare una soluzione che non mandi all’aria l’intera iniziativa. A meno che la giunta non propenda per un definitivo passo indietro. «Abbiamo posto la questione al Comune e siamo in attesa di capire cosa può accadere ma non si può dire che sia saltato tutto — continua Garagnani —. C’è un problema da risolvere e ne parleremo tra noi». A quanto è dato sapere, l’ambizione dei privati sarebbe di garantire la posizione della Cesi e poi procedere per singoli lotti e, infine, sviluppare l’intero progetto in un arco di tempo più lungo rispetto a quello originario. Resta da capire quale sarà l’orientamento del Comune.

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  21. Sempre da il Corriere Bologna, news che mi/vi chiedo se siano più in chiaro o scuro: l'appalto per la costruzione di FICO, il mega progetto cittadella del cibo.
    M.

    BOLOGNA - Il Consorzio cooperative costruzioni ha vinto il bando per la costruzione di Fico, la cittadella del cibo che nascerà al Caab sotto la guida del patron di Eataly, Oscar Farinetti. La lettera firmata da Prelios, la società di gestione del risparmio che ha in mano il progetto, è stata recapitata nei giorni scorsi. Ora si tratta di mettere le firme in calce al contratto da 39 milioni con la cordata che metterà in piedi la cittadella del cibo. Perché sotto l’ombrello del Ccc figura una lista di imprese: il 40% alla bolognese Coop Costruzioni, il 40% al colosso cooperativo Cmb di Carpi, il 10% al raggruppamento di imprese Unifica e l’altro 10% diviso tra i costruttori bolognesi Melegari e Montanari.

    Sono stati loro ad avere la meglio nella gara che aveva come sfidante principale il gruppo Strabag. A quanto è dato sapere, l’offerta del gigante bolognese — che conta la partecipazione di diverse imprese del territorio — era circa del 20% inferiore rispetto alla base d’asta. Un affare che rappresenta una bella boccata d’ossigeno per il sistema cooperativo di costruzioni da anni alle prese con una tremenda crisi. Basti pensare che pochi mesi fa per i circa 380 dipendenti di Coop costruzioni sono scattati i contratti di solidarietà dopo anni di cassa integrazione e lo spettro di decine di esuberi.

    Il Consorzio ha vinto la gara forte di quella clausola presente del bando redatto da Prelios. «Si considerano imprese singole i consorzi di cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della legge vigente», si leggeva nell’avviso di concorso pubblicato qualche mese fa sulla Gazzetta ufficiale.

    Seguirono le polemiche dei costruttori di Ance contro l’esclusione delle associazioni temporanee di imprese e la difesa di Prelios che tirava in ballo una norma sulle cooperative datata 1909.

    Sta di fatto che la collaborazione con numerose imprese del territorio avrebbe fatto guadagnare molti punti in più alla cordata a metà tra cooperazione e industriali. Un raggruppamento che rispettava anche quella regola del bando che obbligava ad avere «bilanci degli esercizi 2011-2013 con attestazione che la cifra di affari media nel triennio non sia inferiore a 100 milioni».

    Resta l’ultimo dubbio sulla tempistica dei lavori. Nel bando si leggeva che l’inizio del cantiere era fissato per l’inizio del mese di agosto. I lavori dovrebbero concludersi alla fine di settembre 2015, anche se si procederà per singoli lotti. Una scansione utile per arrivare al taglio del nastro di Eatalyworld a novembre del 2015, una sorta di staffetta immaginaria con l’Expò milanese dedicato al cibo che proprio in quelle settimane chiuderà i battenti. Nelle scorse settimane, però, il numero uno di Caab, Andrea Segré, aveva affacciato la possibilità che l’inaugurazione della cittadella del cibo potesse slittare di qualche mese. Un’eventualità della quale, dopo l’assegnazione della gara bandita da Prelios, discuterà il consiglio dei saggi che si dovrà riunire a settembre dopo la pausa estiva. In quella data dovrebbe arrivare il via libera ai lavori.

    La sicurezza è che sarà la cordata bolognese a costruire la prima opera del Pai, la sigla che sta per Parchi agroalimentari italiani dove sono confluiti i terreni pubblici di Caab (proprietà del Comune, valore 55 milioni) e i circa 40 milioni degli investitori privati. A regime, vale a dire intorno al 2019, la cittadella del cibo dovrebbe produrre un fatturato di circa 80 milioni con un valore aggiunto da 17,5 milioni. La stima annunciata da Farinetti, Segré e soci parla anche di 3.550 lavoratori totali tra nuova occupazione diretta e indotto. Per loro, a settembre, dovrebbe essere formato un protocollo per «la buona occupazione». Intanto, i primi dipendenti a festeggiare saranno gli operai delle aziende che hanno vinto la gara per la costruzione della cittadella a immagine di Farinetti.

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  22. Oggi, su il Carlino Bologna si scrive di CESI, dirigenti e Gruppo UNIPOL.
    Un argomento caldo.
    M.

    Imola, 26 agosto 2014 - «Ritengo questi aspetti riservati, quindi faccia questa domanda al diretto interessato». L’‘interessato’, in questo caso, è Vanes Galanti, ex direttore generale di Cesi fino all’ottobre scorso. Ma gli ‘aspetti’ di cui parla un altro ex illustre, Rino Baroncini, presidente della coop edile fino a gennaio, non gli sono tanto estranei. Andiamo con ordine. Sabato il Carlino ha pubblicato i compensi che alcuni imolesi hanno ricevuto nel 2013 per aver ricoperto incarichi all’interno del Gruppo Unipol. Tra questi ci sono i 149.496,58 euro di Giovanni Antonelli, ex presidente della coop Cefla ma anche vicepresidente di Unipol gruppo finanziario. Poi ci sono i 226.513,70 euro di Galanti, ricevuti per la partecipazione al comitato di presidenza di Ugf e i compensi per le cariche in Unipol Assicurazioni e Fondiaria-Sai. Solo che Antonelli — come altri consiglieri nelle varie società di Unipol — ha deciso di versare tutti gli emolumenti alla Cefla, la coop in cui lavora, azionista di Unipol e motivo per cui è stato nominato nel gruppo assicurativo-finanziario.

    Dei compensi di Galanti, invece, il bilancio di Ugf non riporta alcuna specifica. Il dubbio quindi è che, al di là di quanto pubblicato da Unipol, la Cesi e il suo ex direttore potessero aver trovato un accordo per cui i soldi, seppur incassati direttamente da Galanti, poi venissero comunque indirizzati alla sua azienda. Da qui le telefonate a coloro che, tra tutti, certo sanno come sono andate le cose: Galanti e Baroncini. Il primo anche ieri non ha mai risposto al telefono (pur libero), né richiamato. Il secondo, ci ha rimandato al diretto interessato, come se un ex presidente, eletto dai soci di Cesi per rappresentare Cesi in tutte le sue forme, non fosse titolato a rispondere di cosa faceva un suo dirigente.

    Scendiamo di grado, allora, senza offendere nessuno e contattiamo Marco Lama, a lungo vicepresidente della cooperativa e da gennaio nominato presidente. «Nei cinque mesi e mezzo che sono stato alla guida dell’azienda non mi sono addentrato in queste questioni, mentre il ruolo di vicepresidente in Cesi era molto defilato», premette Lama senza però sottrarsi al confronto.

    «Io comunque la questione dei compensi del direttore la sollevai, alcuni anni fa — racconta —. In quel momento tratteneva per sè tutti gli emolumenti. In risposta Baroncini decise che le cose dovevano continuare così e non fu più sollevata la questione. Come fosse la questione di recente non so». Strano, però, perché lo stesso Baroncini, quando ricoprì ruoli, ad esempio, in Premafin, sempre del Gruppo Unipol, lasciò tutto a Cesi, anche se si trattava di nemmeno duemila euro all’anno. «Che Baroncini abbia sempre riversato tutto a Cesi lo posso garantire — continua Lama —, firmavo io quei documenti. Non solo i compensi di Unipol, ma anche le indennità per i consigli di Asscoper, del Consorzio cave e di altri».

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  23. A proposito di Cooperatori, lavoratori e Governo. Da il Corriere Bologna.it ...
    M.

    BOLOGNA - Il mondo delle cooperative bolognesi abbandona i padri nobili del Pd Bersani e D’Alema e sul Jobs act, così come sulle modifiche all’articolo 18, si schiera dalla parte del premier Matteo Renzi. Ieri ha fatto molto discutere in rete un intervento durissimo dell’ex numero uno di Granarolo, ed ex assessore nella giunta Delbono, Luciano Sita. «Credo che la minoranza del Pd — ha scritto sui social network — stia utilizzando l’articolo 18 per fare una battaglia contro Renzi. Dove stia l’interesse del paese in tutto ciò e difficile capirlo. Che questa battaglia veda impegnati Fassina e Civati non c’è da stupirsi, è invece triste che in ciò si siano impegnati Bersani e D’Alema».
    Parole che hanno scatenato moltissimi commenti, alcuni dei quali negativi. «Parlare di diritti dei lavoratori quando l’economia va a rotoli e le imprese chiudono o non si sviluppano generando disoccupazione — ha proseguito Sita — è paradossale. Si perde di vista il bisogno di un disegno complessivo che generi le condizioni per lo sviluppo delle imprese. Sono loro che generano l’occupazione, non l’articolo 18». Nell’ultima versione proposta da Matteo Renzi in direzione la possibilità del reintegro resterebbe oltreché nei casi di discriminazione anche nel caso di motivi disciplinari mentre sarebbe esclusa (ci sarebbe solo un contributo per il lavoratore) nei casi di licenziamento per motivi economici.

    Una sintesi che ha convinto anche la senatrice Pd Rita Ghedini, che dal mondo delle cooperative proviene e che al mondo delle cooperative sta per tornare, visto che tra un mese diventerà la nuova presidente di Legacoop Bologna al posto di Gianpiero Calzolari. Ghedini, che pure appartiene all’ala sinistra del partito, seguirà Renzi: «Io voterò la legge delega, tra l’altro sono segretaria d’aula e quindi avrò anche il compito di dare indicazioni. Mi auguro però che al più presto il contenuto dell’ordine del giorno licenziato dalla direzione del Pd venga trasformato in un testo legislativo perché lì si è raggiunto un punto di equilibrio».

    Non solo per le modifiche che sono state fatte sul tema chiave dell’articolo 18 ma anche perché è stato chiarito che se da un lato si interviene su una riduzione delle tutele sul posto di lavoro si aumentano quelle sul lavoratore. «L’importante — chiude il ragionamento Ghedini — è che le due cose procedano insieme e che gli ammortizzatori sociali e le politiche di protezione del lavoratore siano contestuali al provvedimento». Che il mondo cooperativo avesse un buon feeling con il premier lo dimostra indirettamente il fatto che a portare avanti la riforma del lavoro sarà il ministro ed ex presidente nazionale di Legacoop, Giuliano Poletti.

    Fino a non molto tempo fa però i rappresentanti dei grandi colossi cooperativi facevano a gara a dire che modificare l’articolo 18 non serviva a niente, mentre oggi anche su questo punto il clima pare essere cambiato. «Sono perché la riforma del lavoro proceda speditamente — dice il presidente regionale di Legacoop, Giovanni Monti — e anche se parlare solo di articolo 18 mi dà fastidio quando si ridiscute tutto si può ridiscutere anche di questo. Dobbiamo liberare il mercato del lavoro dall’ideologia e dai tabù di 44 anni fa e cercare di estendere a tutti gli ammortizzatori perché oggi il problema è che di lavoro non ce n’è più o se c’è è precario per tutta la vita».

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