lunedì 19 maggio 2025

A proposito di Europa, Occidente, guerre e "identità perduta" ...

Bandiere ucraina e palestinese su una terrazza di una importante strada di Bologna ...









Sostengono Ezio Mauro e la Repubblica che "mentre l'Europa a due velocità comincia a prendere forma, con i Volenterosi di Francia, Germania e Polonia uniti addirittura con la Gran Bretagna post-Brexit nella necessità di operare uno strappo nel sostegno politico e militare all'Ucraina, l'Italia sceglie una sorta di secessione dal gruppo di testa, senza riuscire a spiegarla e giustificarla". Tuttavia lasciano spazio a possibili evoluzioni: "vedremo se Giorgia Meloni, arrivata al punto decisivo, sceglierà la civiltà politica dell'Italia europea ed occidentale, o cederà al richiamo della foresta ideologica da cui non riesce ad uscire". Opposte le valutazioni di Tommaso Di Francesco e il manifesto, Marco Imarisio sul Corriere della Sera e Barbara Spinelli su il Fatto Quotidiano.

Scrive la giornalista e saggista, figlia di Altiero: "quanto ai Volonterosi europei, che avevano annunciato ennesime pesanti sanzioni nel caso Mosca non avesse accettato entro il 12 maggio la tregua dei 30 giorni proposta da Zelensky, lo smacco è impressionante. I quattro leader si sono fatti fotografare il 10 maggio a Kiev giusto per confermare, ancora una volta, di essere incapaci sia di lanciare ultimatum verosimili, sia di fare diplomazia. Si può capire che il presidente del Consiglio Meloni stia alla larga, per ora, dai vertici dei Quattro Ignavi d'Europa".

Da parte sua il giornalista comunista nell'editoriale "Istanbul, cogliere il momento prima della tempesta" dice: "a contraddire le aspettative positive per un cambio almeno di atteggiamento dopo tanto sangue versato ecco l'ennesima scesa in campo della coalizione dei Volenterosi" con "ultimatum" e "minacce", "invio di truppe" e ritorno "all'obiettivo della vittoria". Per concludere: "che ci riarmiamo a fare? Meloni che si chiama fuori dai Volonterosi per ora non vuole mandare truppe sul terreno, inizio di una conflagrazione a dir poco incontrollabile del conflitto. Attenzione perché lei è proto fascista ma non per questo stupida e i sondaggi li vede. E certo ora l'opposizione non può limitarsi ad accusarla di non partecipare a questa avventura". 

L'articolo di fondo sul più diffuso quotidiano italiano si conclude così: "Nonostante sia troppo spesso dipinto come un avventuriero o un pazzo, il presidente russo è un uomo abituato a calcolare ogni sua mossa, che non ama affatto il rischio, e anzi se ne tiene lontano, ragionando in termini di esclusiva convenienza. Portarlo al limite, come sembra voler fare l'Europa con i suoi ultimatum che dimostrano soprattutto una scarsa comprensione della mentalità e della percezione che i russi hanno di se, può essere controproducente. Anche per questo sarebbe il caso di cogliere il momento, non sfavorevole a una possibile tregua. Sperare in Istambul, e intanto tentare di parlare ancora una volta con Putin. Anche perché l'alternativa non esiste. A meno di voler accettare altri anni di questa macelleria senza alcun senso".

Parliamone, discutiamo. 

L'impressione è che "l'identità perduta" sia, innanzitutto, quella di chi pensa di affrontare i problemi del mondo e della sicurezza delle comunità e delle persone conservando vecchi privilegi e poteri, negando Diritti e Doveri universali, destinando maggiori risorse al riarmo, praticando violenze e scorciatoie autoritarie che negano percorsi di dialogo, la democrazia partecipata e costituzionale. Ovvero di chi non considera la crisi profonda dei sistemi produttivi, economici, sociali ed istituzionali in essere, del bisogno diffuso e collettivo di cambiare i rapporti tra Stati ed alleanze politico - militari, tra classi sociali e cittadini dei diversi continenti. Abbandonando logiche imperiali e coloniali, di dominio assoluto e di controllo. Adottando, tutti, la via del rispetto reciproco, dell'ascolto e della considerazione dei diversi interessi, della cooperazione internazionale per assicurare conversione ecologica e giustizia, uso razionale, corretto ed equo delle risorse naturali, culturali, tecnologiche. 


Istambul, cogliere il momento prima della tempesta di Tommaso di Francesco

Nei colloqui di Istanbul le delegazioni russa e ucraina hanno concordato che ciascuna delle parti «presenti la propria visione di un possibile cessate il fuoco» e hanno ritenuto «opportuno continuare i negoziati», inoltre Mosca «valuta la richiesta di negoziati diretti Putin-Zelensky». Lo ha detto il capo delegazione russo Vladimir Medinsky – che, va sottolineato, prima aveva incontrato la delegazione Usa; e il ministro della Difesa ucraino Rustem Umerov ha affermato che le delegazioni ucraina e russa hanno discusso la possibilità di uno scambio di mille prigionieri ciascuno e «lavorando ad altre modalità di questo scambio». Trump – nonostante la pronta telefonata dei leader europei da Tirana perché considerasse il negoziato fallito per responsabilità dell’assente Putin, dall’alto del suo protagonismo d’affari imperiale ma al centro del mondo ormai, ha ammonito rassicurando.

Tutto si risolverà, ha dichiarato, «con un colloquio diretto tra me e il leader del Cremlino».

L’informazione retorica darà per falliti i colloqui di Istanbul, ci vuole poco. Invece è un momento, solo un momento prezioso che fotografa un cambio di attitudine decisivo: dopo tre anni di conflitto le parti tornano a parlarsi, certo con parole non ancora disarmate e disarmanti, e non a caso nel luogo del primo negoziato a Istanbul nell’aprile 2022 – quello fatto fallire dall’intervento del leader britannico Johnson, centinaia di migliaia di morti dopo, distruzioni e odio seminato sul quale abbiamo riversato solo armi su armi. Certo il “risultato” non c’è e si può parlare legittimamente di stallo, visto che per l’Ucraina restano inaccettabili le richieste territoriali russe e insiste sul cessate il fuoco prima, mentre i mediatori russi, provocatoriamente, citano la “storia”, insomma senza accordo niente tregua.

Ma il «momento» resta importante. Almeno per chi ha seguito questa crisi dalle cosiddette rivoluzioni colorate a Kiev e poi dall’oscura Majdan per arrivare alla presa della Crimea da parte russa e a otto anni, dimenticati, di guerra civile nel Donbass – quando il presidente Poroshenko si vantava che «noi siamo tranquilli nelle nostre case e i loro bambini stanno invece sotto le bombe»; poi l’iscrizione nella Costituzione ucraina dell’ineludibile ingresso nella Nato – del resto presente in Ucraina fin dal 2014 per ammissione dell’ex segretario atlantico Stoltenberg; per arrivare alla tragedia dell’invasione russa decisa da Zar Putin che ha aperto il vaso di Pandora di una guerra sanguinosa, di trincea, nel cuore d’Europa con centinaia di migliaia di vittime.

A contraddire però questa aspettativa positiva per un cambio almeno di atteggiamento dopo tanto sangue versato ecco l’ennesima scesa in campo della coalizione dei Volenterosi, stavolta da Tirana: sul cessate il fuoco prima e sul possibile intervento militare diretto «per le garanzie di sicurezza». Putin, lo ricordiamo, ha per primo invitato Zelensky a Istanbul, lui ha risposto recalcitrando che sarebbe andato ma a condizione del cessate il fuoco, e Trump lo ha corretto e impegnato invece ad andare «immediatamente». I Volenterosi, praticamente l’Europa rimasta fuorigioco dopo tanti invii di armi, hanno rialzato la velleitaria testa sul cessate il fuoco come condizione, quasi un ultimatum con nuova minaccia di sanzioni, aggiungendo alcune minacce pesanti davvero inedite: appunto, la missione militare per “monitorare” la sicurezza di una tregua con truppe europee per le quali ieri il ministro britannico della Difesa è stato più preciso e preoccupante, dichiarando che Londra è ormai «disponibile a inviare truppe» e non dando dettagli ulteriori su tempi e modi «per non informare Putin» ha detto; e il giorno prima Macron ha tranquillamente annunciato la pronta disponibilità della Francia a dare le sue armi atomiche a Polonia, Lituania e non solo, per la prima volta aprendo l’ombrello nucleare della force de frappe ad altri paesi.
Siamo dunque all’invio di truppe, «per la sicurezza» di una tregua che non c’è, anzi c’è ancora la guerra, e che questi termini insidiosi rischiano di impedire, con una nuova minaccia nucleare ai confini russi. Ritorniamo all’obiettivo della “vittoria” con l’aggiunta di ultimatum da terza guerra mondiale. Ma non è stato Zelensky a riconoscere dopo tre anni di guerra che «non abbiamo la possibilità di riconquistare i territori occupati» come del resto il Pentagono diceva da due anni?

«Portarlo (Putin ndr) al limite – ha scritto nel suo editoriale Marco Imarisio sul Corriere della Sera di ieri – come sembra voler fare l’Europa con i suoi ultimatum che dimostrano soprattutto una scarsa comprensione della mentalità e della percezione che i russi hanno di sé, può essere controproducente», e concludeva nella speranza su Istanbul: «Anche perché l’alternativa non esiste. A meno di voler accettare altri anni di questa macelleria senza alcun senso». Siamo sul baratro perché non solo la guerra non finisca ma si allarghi: che ci riarmiamo a fare? Meloni, che si chiama fuori dai Volenterosi, strabica tra difesa armata dell’Ucraina-riarmo Ue e/o il sodale Trump, per ora non vuole mandare truppe sul terreno, inizio di una deflagrazione a dir poco incontrollabile del conflitto. Attenzione perché lei è proto-fascista ma non per questo stupida e i sondaggi li vede. E certo ora l’opposizione non può limitarsi ad accusarla di «non partecipare» a questa avventura.

(il manifesto, 17 maggio 2025)





"La Russia e il suo presidente sono interessati a una cessazione delle ostilità molto più di quanto entrambi siano disposti ad ammettere, o a mostrare in pubblico" ... Inizia così l'editoriale del Corriere della Sera "Le crepe dello Zar" (16 maggio 2025)




















"Sperare nelle trattative di Istambul e cercare di parlare con il presidente russo: anche perché l'alternativa non esiste. A meno di voler accettare altri anni di questa macelleria senza alcun senso" conclude Marco Immarisio (16 maggio 2025)
 













"Sotto il grande cielo della Prima Repubblica ... l'Italia sapeva cos'era, o almeno cosa voleva essere: un Paese europeo, occidentale, democratico antifascista" scrive Ezio Mauro su la Repubblica (18 maggio 2025)




















"Oggi il Governo dà corpo al suo euro-scetticismo dimenticando il ruolo storico dell'Italia nella costruzione politica del continente, come Paese fondatore dell'Unione. Mentre l'Europa a due velocità comincia a prendere forma" ... (18 maggio 2025)





"Il 10 maggio il Ministro degli Esteri tedesco ha confermato in una intervista che il cammino dell'Ucraina verso l'adesione alla NATO è irreversibile. Il Ministro finge di non capire perché c'è guerra in Ucraina" ...
(18 maggio 2025)













Una bandiera arcobaleno della pace appeso ad un balcone di un appartamento nella periferia di Bologna ... (18 maggio 2025)


4 commenti:

  1. L'esposizione affiancata delle bandiere di Palestina e Ucraina non l'avevo ancora vista!
    s.

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  2. Interessante. La dico volgare per come la penso. Io sono contro il riarmo finanziato dalla UE a vantaggio dei Volonterosi! Qui non si sta costruendo una capacità politica della Comunità europea ma alcuni eserciti nazionali: Germania (ora di Merz, domani non si sa) in testa, Francia (oggi di Macron, domani non si sa) a ruota. No, questa è una scorciatoia che non si può condividere. A cui ci si deve opporre.
    Ciao!

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  3. È spaventoso il Patto imperiale che si prospetta tra Trump, Putin e Xi, dove uno vorrebbe mangiarsi Canada e Groenlandia, l'altro Ucraina e Baltici, il terzo Taipei e Tibet. Per non dire del Sud del mondo.
    Penso che per contrastare questo disegno serva una Europa unita attorno ad un progetto di rispetto dei dei diritti dei popoli e dei paesi di tutto il mondo. Prima della forza delle armi è decisiva l'egemonia culturale e politica.
    Altro che Volontari tipo Macron, Merz, Starmer e Tusk, politici senza visione e disperati in cerca di salvarsi dalle reciproche difficoltà internazionali e interne.
    M.

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  4. Che tristezza l'Europa di Ursula arroccata nei privilegi e in un riarmo nientaffatto comune, essenzialmente nazionale e nazionalista, che accresce divisioni e conflitti.
    E che dire dell'Italia dei Meloni, Salvini, Taiani e soci incapaci di parole nette contro il Governo di Netanyahu ed il genocidio di palestinesi.
    Costituzione abbandonata.
    Resistenza dimenticata.
    Purtroppo poche, pochissime testimonianze anche nelle città un tempo protagoniste della riscossa partigiana.
    Anna

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