lunedì 8 marzo 2021

PD, da Zingaretti a Bonaccini? Per quale progetto?

 

Quando ancora Zingaretti era Segretario di un PD "da ZTL" e diviso ... comunque in festa   









Il fatto che nel PD qualcuno operasse per cambiare il Segretario era comprensibile da tempo. Nicola Zingaretti è stato eletto dopo le dimissioni di Matteo Renzi a causa del rovescio elettorale delle Politiche del 2018 (a loro volta conseguenza delle scelte di Governo del Segretario "rottamatore" e del Referendum del 2016). Molti eletti in Parlamento e diverse organizzazioni territoriali del partito non lo hanno mai considerato il loro leader. E soprattutto hanno portato avanti altre politiche, progetti ed alleanze. Condizionando quelle del Segretario (e Presidente della Regione Lazio).

Così negli ultimi due anni il PD è rimasto costantemente a rimorchio dei processi politici nazionali. 

Nell'estate 2019, poco dopo le primarie che lo elessero, Zingaretti, sosteneva che in Parlamento non esistevano più maggioranze politiche e che la soluzione alla crisi del Conte 1 era il ritorno alle urne. Ma nel PD, sotto l'impulso decisivo di Matteo Renzi, maturò un'altra posizione. Che tuttavia non ha evitato la scissione del Senatore di Rignano e di una pattuglia di Ministri e parlamentari PD.
Nei mesi della pandemia e degli impegni europei per Next Generation EU, Nicola Zingaretti, si è progressivamente convinto della necessità di consolidare la maggioranza del Conte 2 sostenendo il Presidente del Consiglio come punto di riferimento di una alleanza strategica. Quindi, di fronte all'offensiva di Italia Viva per cambiare politiche, coalizione e Presidente del Consiglio, si è attestato su un secco "Conte o voto" e "mai più con gli inaffidabili". Tuttavia, nel PD si sono moltiplicate, sotto traccia, le prese di distanza di Sindaci e Presidenti di Regione, capofila Stefano Bonaccini. Così di fronte alla decisione e all'appello di Sergio Mattarella il partito ha dato un "sostegno convinto" e incondizionato a Mario Draghi: al Governo ed al sottogoverno del Presidente, comprensivo di "tecnici", di uomini e di donne di Silvio Berlusconi e della Lega di Salvini (ma senza Ministre Democratiche e di Sinistra).

Con questo percorso - accompagnato da molteplici sconfitte elettorali nelle Regionali e nelle Amministrative - sorprendersi dei dubbi, delle critiche e infine delle dimissioni del Segretario è impossibile. 

Semmai sono meritevoli di attenzione e di approfondimento gli argomenti proposti. 

Zingaretti ha scritto: "mi vergogno che nel PD si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid" ... E ha detto: "ho voluto dare una scossa, quando ho percepito che il PD potesse implodere. Abbiamo voluto tutti insieme il Governo Conte, tutti lo abbiamo difeso, ma quando non è andato in porto mi sono girato e non c'era più nessuno". Adesso "ci vuole un grande chiarimento, ognuno deve assumersi le proprie responsabilità". 

Massimiliano Smeriglio, già Vice Presidente della Regione Lazio e coordinatore della campagna del futuro segretario nelle primarie del 2019, ha scritto: "ho avuto l'onore di coordinare Piazza Grande, si respirava un clima positivo, di cambiamento ma è stata una promessa non mantenuta. Una specie di ricreazione, uno spazio di libertà in cui far giocare i bambini e gli ingenui. Chiusa la parentesi il PD ha continuato a funzionare come sempre ... Un luogo che funziona così, fondato su cordate e carriere" ... E ancora: "penso che le dimissioni testimoniano un gigantesco problema politico: valori, identità, letture, linguaggi, riferimenti sociali, genere, pratiche, conflitto. Con il Dream team Draghi, Giorgetti, McKinsley e Generali vari, la sola responsabilità nazionale non serve più a definire un profili distintivo. nelle persone che hanno animato Piazza Grande c'è delusione e disincanto. Non pensavamo di finire in Vicolo Stretto"...

L'articolo di uno dei più stretti collaboratori di Nicola Zingaretti ...
(il manifesto, domenica 7 marzo)


"Democrack. La Piazza Grande è diventata Vicolo Stretto" titola il manifesto l'articolo di Massimiliano Smeriglio





























Concetti chiari e forti. Eppure anche molti compagni di viaggio - saliti nel 2019 in Piazza Grande, con Nicola Zingaretti - fingono di non capire e continuano a contraddire molti dei concetti espressi con le pratiche quotidiane. 

Da Bologna Virginio Merola sostiene: "il PD ha una sola via di uscita: o cambia o muore. Tutti commentano le dimissioni, ma nessun altro ha pensato di farsi da parte"? Ed individua un nervo scoperto: "prima del governo, prima dei posti da attribuire alle varie correnti, c'è la società ... Occorre stare tra le persone con esperienze concrete, ascoltare i movimenti, le associazioni ed i territori, intesi non come eletti". Pare quasi che né lui, né il Segretario dimissionario portino alcuna responsabilità: "la linea politica di Zingaretti è quella giusta ora e per il futuro. Non credo che Nicola abbia commesso un errore" (risposta, questa, al Presidente dell'Emilia Romagna, Stefano Bonaccini che proprio di "errore" ha parlato poco prima). E precisa il Sindaco di Bologna: "si è solo reso conto che stava guidando una cosa inesistente, un partito che non si può guidare". Un tono apocalittico. Forse una giustificazione per le cattive pratiche del PD bolognese, dove da mesi anziché affrontare le strategie per una conversione eco-compatibile delle città e della società colpita da pandemia, emergenza climatica ed ecologica (pure riconosciute come tali da Comune e Regione) si continua a discutere e a dividersi su Lepore o Aitini (o Gualmini o Demaria). Quasi che la Città non avesse da correggere scelte strategiche "vecchie" e insostenibili: come quelle del Passante di Mezzo, del consumo continuo di suolo, di ulteriori supermercati, impianti tradizionali di benzina e gas, nuovi poli logistici, edilizia residenziale per ceti medio - alti ... 

"Se lui va, deve restare la sua linea" sostiene Merola in una intervista al Corriere della Sera.
(domenica 7 marzo 2021)
Chiaro, no!? Ciò che con è stato possibile fare con Zingaretti, potrebbe esserlo senza il principale sostenitore ...

















In realtà anche a Bologna e in Emilia Romagna si combatte "per poltrone e tra cordate" ... tra dirigenti di Partito ed amministratori, distanti dalla gran parte dei loro stessi elettori e dei cittadini.

Da mesi "corre" Stefano Bonaccini. Lui, già Segretario del PD emiliano romagnolo con Bersani e con Renzi poi responsabile dell'organizzazione nazionale nel PD del "rottamatore" prima di essere eletto con il voto del 18% degli elettori in Regione nel 2014 e confermato nel 2020 (grazie agli errori degli sfidanti leghisti e all'entrata in campo delle Sardine), non è uomo di corrente. Lo ripete. Vuole essere "Segretario di tutti" e per esserlo sa bene che è meglio evitare etichette. Ma le scelte le ha fatte. Eccome. Con Lui sono grandi gruppi di potere: economici, finanziari ed editoriali. Da tempo. Cura libri e buoni rapporti con la stampa e le tv che contano. Il Corriere della Sera solo poche settimane fa titolava così.

"La carte Bonaccini per la guida dei dem. Se Zingaretti entra nel Governo (Draghi) ...
(10 febbraio 2021)













Stefano Bonaccini, da Presidente della Conferenza dei Presidenti di Regione si è sempre speso nell'anno della pandemia per ogni apertura richiesta dagli imprenditori di qualsiasi attività produca PIL e affari. Ed ha rinsaldato rapporti con i Presidenti di ogni Regione, a partire da quelli di Centrodestra, di Lega, Forza Italia, Cambiamo! nonché Fratelli d'Italia. Ben oltre i corretti rapporti istituzionali. Sul terreno propriamente politico. Sfogliare i giornali è cronaca di ogni giorno. Per mesi: Lui e la sua Giunta: sono "per l'Autonomia differenziata delle Regioni"; con "Quelli del Si" alle "grandi" opere autostradali e al TAV (dimentico di quelle socialmente utili ed irresponsabilmente dimenticate). Non a caso molti importanti "Patti" sono il prodotto di incontri ed intese che privilegiano Confindustria, Confcommercio, Legacoop, Associazioni varie di categoria, Istituti bancari ed assicurativi ... Inessenziali, invece, le Associazioni ambientaliste, i centri sociali, i Comitati dei cittadini auto organizzati e costituiti in Rete e impegnati su grandi temi d'attualità e su obiettivi specifici e concreti. E per la crescita c'è una attenzione costante ai mega investimenti redditizi e speculativi, alle richieste dei grandi Gruppi nazionali e multinazionali (da Philips Morris a Benetton, da Eataly ad Amazzon) mentre le Periferie respirano mal'aria e polveri, mancano di essenziali manutenzioni idrauliche e del patrimonio pubblico o naturale e scontano i tagli pesanti alla sanità, alla scuola, a servizi essenziali per la vita delle comunità.


"Bonaccini esprime stupore e sconcerto per la decisione del Governo di bloccare la riapertura degli impianti sciistici" ... 
(Repubblica Bologna, 15 febbraio 2021)


"L'Emilia Romagna spinge affinché nel prossimo DPCM del Governo (quello attuale scade il 5 marzo 2021) ci siano regole che consentano ai ristoranti di riaprire anche la sera" ...
(il Corriere di Bologna, 24 febbraio 2021)











"La Regione è pronta a comprare vaccini sul mercato in autonomia con altre Regioni" ...
(il Corriere di Bologna, 10 febbraio 2021)
















Il titolo di la Repubblica del 4 marzo 2021. Nel giorno in cui il Ministro allo Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, il Sottosegretario ai Servizi Segreti, Gabrielli ed i nuovi vertici della Protezione Civile e del Commissariato al Covid-19 incontrano Farmindustria per il Piano vaccini.










































La sfida è aperta. Il futuro dell'Italia e dell'Europa è in gran parte legato alle scelte che si compiranno nelle prossime settimane: per fronteggiare la pandemia e per indirizzare le grandi risorse di Next Generation EU e dei Bilanci pubblici di Stato, di Enti a partecipazione pubblica, di Regioni ed Enti Locali.
La Democrazia resterà "dall'alto" o si svilupperà "dal basso", per dirla con Zagrebelsky?
Forse le dimissioni di Nicola Zingaretti sono un ulteriore avviso ai naviganti.
La risposta è nelle mani di tutti noi.

10 commenti:

  1. Può dispiacere che la sinistra si sia ridotta alla inconsistenza di Zingaretti e al liberismo di Bonaccini, ma anche di questo dovrebbero ragionare gli studiosi. E' finita un'epoca gloriosa o siamo alla naturale evoluzione di ideologie troppo a lungo sopravalutate?
    ***

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    1. Due considerazioni.
      Primo. Spero che almeno gli studiosi non riducano "la sinistra" ai piccoli - grandi ambiti che esprimono Zingaretti e/o Bonaccini.
      Secondo. Penso che l'evoluzione del mondo negli ultimi decenni abbia assestato colpi duri alla Politica e tuttavia senza Politica (partecipazione, confronto, conflitto, sintesi democratica) andiamo tutti a sbattere. Dunque è indispensabile passare ad una fase nuova, costruire un'epoca di cooperazione per la conversione ecologica.
      Gianni

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  2. Bonaccini? Per più motivi non mi pare una buona scelta.
    1. Un anno fa è stato rieletto alla Presidenza della Regione. Un impegno che basta e avanza, con oltre diecimila morti per pandemia ed una sanità da riorganizzare; con tante attività industriali in crisi ed una emergenza ambientale e climatica che richiede risposte. Certo, anche Zingaretti era P. di Regione, nel Lazio. Ma non è andata bene. E ora basta con la somma di cariche.
    2. Esprime una politica diversa da quella di Zingaretti. E questa volta prima di scegliere gli uomini sarebbe bene che i Democratici discutessero e indicassero una strategia da perseguire per affrontare i problemi del Paese ed una visione di come orientare il mondo. Del resto ho percepito nella denuncia del segretario dimissionario proprio questa primaria esigenza. Non solo come conquistare quote di potere e poltrone.
    3. Potrebbe essere l'ora di un cambio di genere. Se in Germania si è affermata da anni Angela Merkel e in Europa è il momento di Ursula Von d. Leyen proviamo anche qui ad una donna coraggiosa e competente. Del resto se ne parla con i nomi di Angela Finocchiaro e Roberta Pinotti. Anche se entrambe vengono indicate solo per una fase di transizione. Non apprezzo e andrei decisamente oltre. Le risorse non mancano e forse si potrebbero anche sparigliare le vecchie logiche delle correnti, del potere e delle liturgie maschili. Penso a Rosi Bindi, a Laura Boldrini su tutte, la cui autonomia mi pare un elemento apprezzabile dentro e fuori quel partito.
    Anna

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    1. Considerazioni interessanti. Anche se, al momento, pare accantonato il "progetto" Bonaccini Segretario PD.
      1. Non risulta neppure affrontata la questione della somma di cariche politiche ed istituzionali a singole persone. La dimissioni di Zingaretti (Presidente della Regione Lazio) da Segretario del PD non sono minimamente motivate dalla contemporanea doppia responsabilità. E nessuno, avanzando la "soluzione" Bonaccini, ha posto problemi rispetto alla Presidenza della Regione Emilia Romagna. Del resto il problema non è del solo PD, si pensi a Di Maio e Crimi su un versante o a Salvini sull'altro.
      2. Come Zingaretti anche Bonaccini ha proposto repentine evoluzioni politiche. Forse con la differenza che fin qui il Segretario regionale poi Presidente emiliano romagnolo ha potuto comunque muoversi in un contesto locale in cui il suo partito è sempre rimasto il "perno" centrale di un sistema politico, sociale e di potere abbastanza solido. Così Bonaccini ha accompagnato le evoluzioni del PD conservando sempre rapporti egemonici a sinistra (Elly Schlein, Art.1 MDP ma non solo) e alleanze al centro (Pierferdinando Casini); mantenendo rapporti preferenziali con sindacati confederali (Vincenzo Colla e non solo) e rafforzando, soprattutto negli ultimi tempi, patti con organizzazioni imprenditoriali (Confindustria, Legacoop, Confcommercio ...). Da Presidente della Conferenza dei Presidenti di Regione ha stretto rapporti preferenziali con gli esponenti della Lega e del Centrodestra prima abbracciando la scelta delle "autonomie differenziate" e poi, nella pandemia, configurandosi come contro-potere destabilizzante rispetto al Governo Conte 2. Un approccio sostanzialmente conservatore e di "riformismo" neo liberista. Forse diverso da quello annunciato da "Piazza Grande" di Zingaretti. E sicuramente più apprezzato dai grandi gruppi economici e finanziari, che prima o poi potrebbe anche pagare ...
      3. Le donne pensanti e critiche dei Democratici e della sinistra mi sono sembrate e mi sembrano ancora ai margini della politica dei rispettivi partiti. Un limite serio e strutturale. Superabile solo con una svolta radicale che - almeno nel PD - non mi pare davvero alle porte.
      Gianni

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    2. Temo tu abbia ragione (sulle donne e non solo).
      Che Zingaretti in poche ore denunci il clima insopportabile nel Pd (si vede anche da fuori e si respira anche in periferia) e poi applauda a Letta segretario come se il rientro in Italia dell'ex Presidente del Consiglio risolvesse tutti i problemi, lo trovo sorprendente e imbarazzante (per chiunque continua a ritenere il Pd una forza utile per la democrazia).
      Anna

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  3. Né Bonaccini, né donne. Pare il tempo di Letta. Resta per quale progetto?
    s.

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    1. Ma quale Letta? Enrico o Gianni?
      Sic

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    2. Si, forse il PD si adegua. Enrico Letta pare uomo più in sintonia con il Governo Draghi.
      Gianni

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  4. La denuncia di Zingaretti è forte e chiara. Non credo possa essere risolta con una soluzione di unanimità nel conclave di fine settimana, cioè un voto per Letta segretario, come pure si paventa in queste ore.
    Sarebbe il segno di un ennesimo segretario bruciato sull'altare "degli interessi della ditta". Non possiamo dimenticare che questa strada già ampiamente sperimentata ha prodotto effetti tutt'altro che trascurabili: almeno 5 ex segretari tra abbandoni e scissioni sono aut: Veltroni, Bersani, Epifani, Renzi, Martina.
    2. Simbolicamente Enrico L. ora è più spendibile ed anche più digeribile di Bonaccini. Quantomeno perché da qualche anno è esule volontario nel ritiro ospitale di Parigi (dopo il famoso #enricostaisereno). Ma l'uomo per provenienza e formazione è ancor più moderato e liberista di Stefano B. Certamente adatto a tenere buone relazioni con tutte le rappresentanze istituzionali italiane, europee, internazionali, nonché con il mondo industriale e delle lobby che contano, ma molto poco rappresentativo della sinistra politica e sindacale. Il che sposterebbe obiettivamente il baricentro politico del partito al centro. Senza tuttavia migliorare i rapporti con la componente ben più dinamica e avanguardista di Italia Viva. Al massimo con Calenda e Azione.
    3. Sempre più difficile evitare un confronto sulle cause della crisi politica e sulle prospettive strategiche su cui caratterizzare una grande forza democratica e di sinistra come inevitabile questione da dirimere almeno per chi pensa che il mondo è ancora diviso in classi sociali in inevitabile conflitto.
    Ciao!

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    1. Anche a me pare che la scelta del PD di Zingaretti e Franceschini di sostenere una rapida elezione di Enrico Letta alla segreteria significa rinunciare a qualsiasi rigoroso confronto politico e progettuale all'interno del Partito e nascondere "la polvere" accumulata e denunciata dal Segretario dimissionario, "sotto il tappeto". Come fossero sorpresi e spaventati dagli ultimi sondaggi.
      Eppure continuare a non affrontare le grandi scelte strategiche indispensabili per curare i mali del Paese e del mondo comporta solo crescente subalternità politica e culturale.
      Ma forse ai Democratici ed alla Sinistra mancano coraggio e volontà per portare a fondo analisi, riflessioni e un cambio di priorità adeguato alle sfide del presente e del futuro.
      Eppure movimenti sono in atto.
      Dopo la caratterizzazione "per la transizione ecologica" di Grillo nella crisi di Governo (alla Regione Lazio Roberta Lombardi entrerà in giunta come Assessora alla Transizione Ecologica), vi è stato il ricostituirsi di un nucleo "verde" alla Camera (Facciamo Eco) che conta su Rossella Muroni (da LEU), Lorenzo Fioramonti (Ministro dimissionario all'Istruzione, eletto nel 2018 con il M5S) ed Alessandro Fusacchia (già Centro Democratico).
      Poi la "svolta green" del Sindaco di Milano, Beppe Sala, che annuncia di andare "con i Verdi europei": "tra i dem troppe correnti" sostiene oggi su la Repubblica.
      Solo ri-posizionamenti politici e vecchio (vuoto) trasformismo verso le elezioni o premesse di novità politiche e sociali?
      Gianni

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