lunedì 13 agosto 2018

Legacoop, le infrastrutture e la conversione ecologica

L'intervista a Rita Ghedini pubblicata ieri su il Resto del Carlino

























Almeno una cosa risulta chiara dopo l'intervista di Rita Ghedini al Carlino Bologna di ieri.
Tutti i Presidenti di Legacoop (Mauro Lusetti, nazionale, e Giovanni Monti, regionale) sono schierati a favore della immediata apertura dei cantieri per il Passante di Mezzo.
Così come, fino al cambio di progetto deciso da Merola, Bonaccini e Renzi, erano tutti e tre decisamente favorevoli alla rapida apertura dei cantieri per il nuovo Passante autostradale a Nord di Bologna.
Trattasi di una evidente scelta "ideologica", la loro.
Anche se tentano di attribuire "preconcetti" e "pregiudizi" a chi si oppone, con argomenti molto concreti, alle 16-18 corsie del nuovo grande Asse viario che dovrebbero attraversare la Città.
Sostiene la Presidente di Legacoop Bologna che "siccome "a volte da San Lazzaro alla Fiera ci si impiega un'ora e 40 minuti", e siccome "le amministrazioni hanno scelto la soluzione che per ragioni  tecniche è stata ritenuta migliore", ora "la scelta si deve portare avanti", ovvero "bisogna realizzare".
Insomma: esiste il problema quotidiano delle code sulla Tangenziale (e, in questi giorni di esodo estivo verso il mare e ritorno, anche sulla A14), risolviamolo aumentando le corsie (due o tre in più per senso di marcia, seguendo la tendenza della domanda).
Lo aveva detto, due mesi fa, anche il Presidente nazionale di Legacoop, Mauro Lusetti: "le infrastrutture non hanno colore. Chi le ferma mette a rischio il lavoro".
Torna alla mente Carlo Marx, secondo cui: "l'ideologia è riflesso e giustificazione dei rapporti sociali esistenti" (non è necessario avere studiato il Capitale, basta aprire lo Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana).
Evidentemente gli attuali dirigenti di Legacoop hanno perso lo spirito di iniziativa, la voglia di ricercare e di praticare esperienze alternative, l'aspirazione ad organizzare e dare prospettiva al bisogno di autonomia e di libertà di tanti lavoratori ed emarginati dal pensiero e dal potere dominante, che hanno contraddistinto varie generazioni di cooperatori europei ed italiani.
Anche a loro (non sono certo i soli) pare - oggi - più redditizio e/o forse utile per le aziende associate (o per una parte di esse) appiattirsi sulle posizioni e gli affari che portano avanti i grandi gruppi privati multinazionali e capi partito subalterni e screditati.

Ma è davvero possibile che per Legacoop e la cooperazione italiana le infrastrutture siano tutte uguali ed utili? Non ce ne siano delle urgenti ed irresponsabilmente abbandonate e di quelle sbagliate e contraddittorie con i valori e con le aspettative di larga parte dei loro associati? E ancora, che tra quelle possibili e/o auspicabili non vada definito un preciso ordine di priorità? Non di valore "tecnico", che pare scontato debba essere considerato. Ma squisitamente politico, nel senso alto di questo termine, che deve cioè misurarsi con i concreti bisogni sociali esistenti e differenziati tra le classi e i ceti sociali e, soprattutto, con i progetti e la visione di società a cui la Cooperazione è interessata.
Mauro Lusetti pare considerare "il lavoro" come un dato statico. Non come attività organizzate e consapevoli di donne e uomini che si conquistano insieme - con idee creative e rimboccandosi le maniche - un mondo migliore, più sano e più sicuro.
Possibile?
Ma se si considerano le produzioni, i lavori, i servizi tutti ugualmente utili e indifferenti, non si fa un torto proprio alla grande storia del lavoro e della cooperazione? E non si finisce per deprimere le esperienze vive che, ancora oggi, si impegnano per costruire - con il lavoro e nei lavori - un futuro di progresso civile, di diritti e di giustizia sociale?
Può sfuggire ai nostri Presidenti (in tanti siamo ancora soci Coop e/o dell'Istituto Ramazzini ... e ci orientiamo verso i prodotti bio delle cooperative aderenti a Libera Terra) l'importanza e l'attualità di un impegno preciso e quotidiano diretto a qualificare produzioni e lavori e a rendere ecologicamente e socialmente sostenibile la società in cui viviamo e che, prima o poi, lasceremo ai nostri figli ed alle generazioni future?
Che pensano e che fanno - oggi e domani - Legacoop e le aziende associate (soprattutto le più importanti) per affermare una sempre più elevata ed attuale Responsabilità Sociale delle Imprese, ovvero la Responsabilità Sociale Cooperativa (di cui parecchio si è parlato nei decenni passati) e per non essere omologate a tutte le altre imprese o, peggio, a quelle che esercitano corruzione, che fanno "cartello" con privati (a volte impresentabili), che stringono accordi con organizzazioni ai limiti ed oltre la la legalità?
Non è arrivato il momento - nella crisi economica e finanziaria internazionale - di caratterizzarsi per capacità innovativa, di rapporto con i grandi bisogni di comunità stanche di propaganda e di imprenditori "tutti uguali", solo interessati a profitti e rendite di posizione? Andando decisamente oltre quello che già, qua e là, preziosissimi e nobili cooperatori, lavoratori, preziose cooperative si ingegnano a fare - tra mille difficoltà - per la conversione ecologica e la sostenibilità sociale ed ambientale?

Su due punti Rita Ghedini ha assolutamente ragione.
Il primo: "il nodo bolognese non è un problema locale, ma nazionale".
Vero. Dunque occorre tenere conto che il Paese sta cambiando, è già cambiato. Ed anche il Governo nazionale è espressione di una volontà politica (possiamo condividere o no) che chiede cambiamento. Per questo sono stati votati in modo massiccio partiti che fino al 2013 non erano presenti in Parlamento (M5S) o che rappresentavano significative minoranze locali (la Lega). Guai, se nessuno - attualmente in maggioranza o minoranza, a livello nazionale o locale  - non ne tenesse conto. E pretendesse di procedere come se nulla fosse successo.
Il secondo: "noi non possiamo permetterci di rimanere fermi".
Giusto. Occorre attivarsi, rinnovando in profondità analisi e progetti. Con creatività e passione, critica e propositiva. La conversione ecologica, ad esempio, è una sfida per tutti. Istituzioni, imprese, organizzazioni dei lavoratori. Come del resto hanno ricordato autorevoli personalità internazionali coinvolte in varie occasioni proprio da Legacoop, con la (almeno dichiarata) condivisione di esponenti, anche autorevoli, della cooperazione italiana. Non è questo, allora, il tempo per provare a unire "vision" e pratiche?
Si è già perso troppo tempo.
Anche a Bologna e in Emilia Romagna. Il lavoro, anche qui, non è solo quello delle imprese e delle cooperative edili e di costruzione (la maggioranza delle quali sono fallite prima che si affermasse in Italia o a Imola - patria di grandi cooperatori ed anche di Giuliano Poletti - il M5S), ma anche quello volto a produrre e mantenere efficienti mezzi di trasporto collettivi (dalla Breda Menarini alla Casaralta) in pesante crisi o che nessuno ha saputo salvare. Per politiche dissennate e per impegni istituzionali (anche dei Governi locali e regionali) mai rispettati. Non sarebbe anche questo un terreno interessante per Legacoop e per nuove leve di potenziali e attraenti cooperatori?
E' possibile chiedere che una Cooperazione rivitalizzata e lungimirante si occupi - qui ed ora - anche e soprattutto di questi nuovi progetti di sostenibilità ambientale e sociale? Rinunciando, al contempo, a sostenere cause impopolari e perdenti?

L'intervista di Mauro Lusetti al Corriere della Sera del 15 giugno scorso



















13 commenti:

  1. Ma tu credi ancora nella cooperazione? Non sono bastati i tanti cattivi esempi (da Buzzi a Donigaglia) e i fallimenti?
    Forse davvero un'epoca storica è finita. Meglio prenderne atto. Ghedini e Lusetti lo fanno con le loro interviste ripetitive e prive di prospettiva.
    L.

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    1. Perché non dovrei credere nella cooperazione?
      Al massimo posso non credere più a questa classe dirigente, espressione di tempi bui e contraddittorii. O a determinate cooperative, per le scelte gestionali e strategiche.
      Ma unire donne e uomini su fini, interessi e pratiche comuni mi pare ancora quanto mai attuale ... Lavoro, regole e scopi sociali, di responsabilità reciproca, verso terzi e l'intera collettività. Autorganizzazione e partecipazione dei soci lavoratori o consumatori o portatori di bisogni specifici e di progetti mirati. Si può, anzi si deve sperimentare e costruire ... di fronte alle esperienze di un "privato" spesso egoista, che accresce le disuguaglianze e lo sfruttamento delle persone e di un "pubblico" di frequente allo sbando, incapace di riconoscere e perseguire beni comuni.
      Gianni

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  2. Le grandi opere (non solo il Passante) sono vita e lavoro per CMC, CCC, Copcostruzioni, CPL etc. Dal Nord al profondo Sud.
    Dovrebbero rinunciarvi? Impossibile.
    Certo avrebbero potuto qualificarsi in altri settori. Dalla bio edilizia al recupero urbano, dalla messa in sicurezza del patrimonio edilizio pubblico e privato alle grandi infrastrutture per la difesa dei territori dai rischi idraulici.
    Ma ci volevano gruppi dirigenti cooperativi più qualificati e sponde politiche ed istituzionali più lungimiranti (come dici tu).
    In assenza di entrambe la cooperazione è sempre più di consumo e di servizi. E in difficoltà anche qui. Come dimostra la vicenda Manutencoop, di cui se non ho perso qualcosa, tu hai preferito non scrivere. Eludendo la curiosità di chi segue il blog.
    Ciao!

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    1. Da laico (ed agnostico) ho molto apprezzato - ancora una volta - Papa Francesco: non basta non fare il Male, occorre fare il Bene.
      Dunque la critica che mi sento di proporre verso Legacoop e diverse aziende e soci cooperativi è che non si può e non si deve "rinunciare" a nulla, bensì occorre sempre avere chiara una rotta strategica e di prospettiva: sviluppo, non solo crescita; conversione ecologica o eco-economia, non solo fatturati e risorse da reinvestire per fini sociali (ed oggi, già questo, non è assolutamente scontato); responsabilità sociale, ambientale e cooperativa, non solo difesa di soci e lavoratori; lavori, non solo lavoro ("quel lavoro", spesso datato).
      Quanto a Manutencoop ed alle sue "ricchezze" (di risorse umane e di patrimoni professionali) e miserie ho già scritto più volte. Forse anche troppo secondo qualche amico o amica.
      Magari tornerò (presto) a farlo.
      E' vero, le novità non mancano. Molto è stato scritto sull'uscita di Manutencoop da Legacoop e sul cambio del nome.
      Ci penserò.
      Gianni

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  3. Legacoop che si occupa del futuro di Breda-Menarini e di servizi di trasporto urbano?
    VR

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    1. Perché no?
      Intanto di servizi di trasporto già si occupano più aziende cooperative: di taxisti e similari.
      Convengo che il settore industriale della produzione dei mezzi è più complesso ed impegnativo, ma non meno interessante e stimolante. Poi mettere insieme operai, tecnici, impiegati e dirigenti che rischiano il licenziamento e lo smembramento di capacità professionali individuali e collettive mi pare un fatto non nuovo nell'esperienza della cooperazione italiana. E soprattutto mi pare una scelta di prospettiva e qualificante. Perché risponde ad una domanda di innovazione e ad un bisogno sociale e culturale.
      Richiede ingenti finanziamenti e relazioni? Bene, stimolante.
      Naturalmente sarebbe una sfida! Ma le sfide vanno affrontate, con idee, modestia e determinazione. O meglio non azzardare e gestire l'ordinaria amministrazione?
      Gianni

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  4. Riflessione scritta.
    La tragedia di Genova dice che almeno una parte delle infrastrutture programmate vanno fatte. L'alternativa sono i disastri che nessuno vuole.
    Magari tra quelle più urgenti non c'è il Passante di Mezzo, ma guai contrapporre grandi opere si - grandi opere no.
    Sarebbe davvero un confronto "ideologico". E noi abbiamo bisogno di tutt'altro. Di pianificazione partecipata e di realizzazioni utili.

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    1. Concordo. Gli esempi di grandi opere utili non mancano. A partire dall'ammodernamento e dal potenziamento della rete ferroviaria. Solo erroneamente confusa con la nuova linea Torino - Lione.
      Non si dimentichi che da Genova a Savona, Imperia e Ventimiglia (e verso le città francesi di Cannes, Nizza e Marsiglia i treni viaggiano ancora su una sola linea (che qualche anno fa venne chiusa a lungo per una frana che causò un pericoloso smottamento).
      Ma poi ci sono i collegamenti regionali ed urbani che interessano milioni di pendolari ogni giorno ...
      Ecco una grande sfida!
      Gianni

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  5. Secondo morto, che purtroppo va segnalato per opportuna conoscenza. Da Repubblica.it.
    M.

    E' morto oggi all'ospedale Maggiore di Bologna, dove era ricoverato in terapia intensiva, uno dei feriti nell'esplosione di lunedì scorso a Borgo Panigale. E' un pensionato 81enne, G.M., residente poco lontano dal luogo dell'incendio. Era rimasto ferito a causa dell'onda d'urto.

    Salgono dunque a due le vittime dell'incidente sulla A14 (la prima vittima l'autista dell'autocisterna, Andrea Anzolin, 42 anni; oltre 140 i feriti). In un messaggio su facebook il Comune di Bologna abbraccia la famiglia dell'81enne "e a nome di tutta la città esprimiamo le più sentite condoglianze".


    L'anziano quel pomeriggio si trovava in casa, in un condominio alle spalle della concessionaria Fiat e a pochi metri dal ponte autostradale. Dopo la prima esplosione si era affacciato alla finestra per vedere cosa fosse successo. L'onda d'urto provocata dal secondo scoppio, quello più violento, l'ha sbalzato indietro, facendolo cadere a terra.

    L'uomo aveva riportato diversi traumi ed era tra i più gravi dei feriti ricoverati all'ospedale Maggiore. Il decesso è sopraggiunto per un arresto cardiaco, in un quadro clinico probabilmente compromesso dalle conseguenze della caduta.

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    1. È la prima vittima a Bologna di un residente all'interno della sua abitazione provocata da un incidente sulla autostrada. È la conferma delle preoccupazioni che molti cittadini nutrono su questo sistema....
      Le decine di vittime innocenti di Genova affondano definitivamente la credibilità di Autostrade. La loro RSI è semplicemente aria fritta, a differenza dei loro profitti. Una vergogna che grida vendetta!
      Anna

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    2. Sono convinto che i fatti di Borgo e di Genova, per la loro gravità e rilevanza, determineranno riflessioni profonde ed una svolta culturale e politica. Anche se ancora troppi politici, amministratori ed imprenditori sembrano fermi, immobili, corpi inanimati.
      Gianni

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  6. Giusto. Le decisioni prese "vanno rispettate".
    E allora perché non si è fatto il Passante Nord? Quando tutte le istituzioni centrali e periferiche erano d'accordo?
    Il tempo non è mancato. Da chi è dipeso?
    Ora ci sono forti dissensi. In città e dal governo M5s - Lega, che a Bologna hanno preso voti anche per questo. Con un impegno preso con i cittadini.
    Il voto del 4 marzo 2018 vale meno di quello dato a Merola nel 2016? Ricordando anche che al ballottaggio qualcuno ha votato per evitare in città un voto alla candidata della Lega?
    Ecco perché la Ghedini dovrebbe considerare che nulla è scontato.
    Il particolare dopo lo scoppio di Borgo Panigale (che fosse avvenuto in altra ora e mese ....) e il crollo del ponte di Genova.
    I gestori di autostrade sono ancora credibili?
    Titti

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    1. Credo si possa dire che una credibilità già scarsa sia precipitata.
      Ma il punto ora mi pare innanzitutto quello delle Istituzioni pubbliche.
      Debbono ritrovare autonomia, progetti, ruolo di rappresentanza e di guida di un Paese che davvero vuole cambiare pratiche, priorità e prospettive.
      Al centro la qualità dello sviluppo, non solo la crescita del PIL; le persone e le comunità, non solo i bilanci condizionati da parametri e priorità prefissate da pochi; Grandi Opere utili alla società e all'ambiente, non più ai profitti e all'arricchimento di pochi gruppi di privilegiati.
      Questo Governo è all'altezza di questa sfida? Per elaborazione, per componenti politico - culturali, per generazioni? Personalmente non ne sono sicuro.
      Lo sono le forze (diverse) di opposizione? Personalmente non mi pare.
      Tutti dobbiamo riflettere, studiare, imparare, progettare scelte nuove, assumere iniziative costruttive. Ne va del comune futuro.
      Un grande sfida per risolvere problemi e contraddizioni in essere.
      Altro che Paese che va, classi dirigenti che avevano visto giusto e a cui delegare tutto.
      Gianni

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