giovedì 16 agosto 2018

Dopo Genova. Città e territorio.

Le città e i territori costano. Bisogna costruire infrastrutture, ponti, servizi. Bisogna poi tenere in vita e in sicurezza quelle opere. Servono risorse umane ed economiche. Nella storia delle nostre città e dei territori questa legge ineludibile è stata sempre rispettata. Il sistema della manutenzione era un elemento prioritario della vita nazionale e c’erano le istituzioni pubbliche che presidiavano quella fondamentale funzione.
L’Upi, Unione provincie italiane afferma che la spesa per chilometro (ci sono 152 mila chilometri di strade regionali e provinciali) in pochi anni è passata da 7,3 a 2,2 euro a chilometro. Nulla.
La manutenzione della rete capillare che fa vivere il sistema Italia è stata cancellata dalle politiche dei tagli di bilancio. Non c’è comune italiano – si può’ affermare con certezza – che abbia le risorse per la manutenzione ordinaria e straordinaria del proprio patrimonio infrastrutturale. Servirebbero somme imponenti. Lo sviluppo lineare della rete stradale comunale supera il milione di chilometri. Sicurezza e decoro della vita di tutti i cittadini necessiterebbero di alcune centinaia di miliardi di euro. Ci sono soltanto tagli.
Il ponte di Genova non era un’opera minore. Era un’infrastruttura nevralgica del sistema paese. Evidentemente la follia liberista non si è fermata alle opere minute. E’ dilagata in ogni settore, comprese le opere affidate in concessione, come il sistema autostradale italiano. E mentre l’imponente sistema nazionale va in rovina continua l’assedio per costruire altre opere stradali. Domina una cultura imprenditoriale che comprende solo i processi incrementali e non si occupa del tema della manutenzione gettando il paese intero in un pericolosissimo vicolo cieco. E’ la stessa logica perversa che sta facendo marcire un immenso patrimonio immobiliare pubblico in ogni luogo urbano poiché non ci sono risorse per rimetterlo in vita. Evidentemente qualche potentato immobiliare o finanziario vuole acquisirlo a poco prezzo impoverendo tutti i cittadini.
La manutenzione attiva viene disprezzata a confronto della cultura del “nuovo”. Un tragico errore. Non c’è giorno in cui un chiacchiericcio insopportabile ci dice che il futuro è in concetti fumosi come le smart city. Penso con dolore di fronte a tante vite umane distrutte, a quali prospettive per le più innovative aziende e per i giovani potrebbero diventare realtà avviando l’istallazione di sensori che tengano sotto osservazione tutti i ponti stradali esistenti ponendoli a sistema attraverso tecnologie satellitari. Anas ha in programma di realizzare un tale sistema sui suoi 12 mila viadotti ma bisogna passare all’immenso patrimonio diffuso di 50 mila viadotti, molti di vecchia concezione. Servono centinaia di miliardi.
Facile a dirsi. Difficile a farsi in tempi di scomparsa del concetto di Stato e di assenza di risorse pubbliche.
Solo tre esempi. Un decreto ministeriale del 2001 prevedeva la costituzione del catasto della rete stradale italiana, opera prioritaria per poter programmare. Non è stato fatto nulla e per sapere qualcosa dobbiamo ricorrere a studi di Unioncamere.
Dopo ogni terremoto si sentono le solite chiacchiere. Intanto non è ancora avviato un concreto piano di messa in sicurezza del patrimonio edilizio esistente e il recente terremoto dei monti Sibillini ha finanziamenti modesti. Un intero territorio montano è abbandonato da due anni. Frane e smottamenti sono una costante in un territorio giovane e tormentato come il nostro. Manca ancora di essere completata la carta geologica e il censimento delle frane e il loro monitoraggio.
Il tragico crollo di Genova può essere uno spartiacque per avviare il paese sull’unica prospettiva di crescita, quella della messa in sicurezza e della manutenzione specialistica che apra al settore produttivo italiano la prospettiva di un salto culturale e tecnologico. Spiace che di fronte a questo scenario ci siano importanti forze imprenditoriali che hanno preso a pretesto questa immane tragedia per portare acqua alla realizzazione di grandi opere.
L’Italia ha certo bisogno di alcune opere che rendano moderno il sistema infrastrutturale. A patto di discuterne in modo maturo e trasparente con le comunità cittadine e – soprattutto – riversare ogni risorsa umana, progettuale e economica pubblica sulla prospettiva del salto tecnologico e culturale che il paese attende.

9 commenti:

  1. Interessante.
    Come Rizzo su Repubblica e Stella sul Corriere. Li suggerisco a chi vuole approfondire.
    M.

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    1. Si. Concordo.
      Per chi li avesse persi, ho aggiunto il link, con il testo integrale.
      Ho inoltre inserito le interviste di Edoardo Zanchini, Vicepresidente nazionale di Legambiente, e di Maurizio Maggiani, scrittore genovese di adozione.
      Gianni

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  2. Manca lo stato , lo stato nel senso più lato del termine . Manca una concezione di stato , manca una concezione di bene pubblico e/o comune . Lo stato siamo noi , noi chi , i " Cittadini " i governanti o i governati ?
    Mi pare che la confusione sia totale.
    Chi questo paese lo ha governato negli ultimi 25/30anni lo ha reso ingovernabile chi ora è al governo ha contribuito al clima individualista e privatistico che aleggia in ogni dove .
    Nessuno e immune nessuno e puro .
    Chi a Sinistra è stato assente e chi gridava contro lo stato ladro e Roma ladrona.
    Manca, oggi, una credibilità e autorità Delle strutture statali, manca autorevolezza , in questa struttura molle e fiaccata il liberismo ed il particolare hanno stravinto.
    I Perdenti checche se ne dica sono i Cittadini ,ttuti .
    Ripartiamo dal basso .
    Per un nuovo rinascimento ,ora siamo nella Caverna.
    Condivido in toto Berdini.

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    1. Ripartire dal basso, cioè dalla partecipazione critica ed attiva di milioni di persone, è decisivo. Occorre costruire conoscenze maggiori, accrescere la cultura generale e un punto di vista diffuso che ricollochi l'interesse singolo (di ogni cittadino) entro una prospettiva di futuro e di sicurezza per tutti (primo il pianeta Terra, cioè la Casa Comune degli umani).
      Ma è anche necessario che questa grande partecipazione "dal basso" si confronti e ottenga risposte (all'altezza dei tempi duri e complessi) da Istituzioni e governi ricettivi, rappresentativi, collaborativi.
      Abbiamo imparato dalla storia dell'umanità che non si cambia solo "dal basso", con movimenti critici e rivendicativi assolutamente essenziali. E' sempre necessario con la Politica (quella con la P maiuscola, non delegata a qualcuno ...) governare processi economici, produttivi, di organizzazione della vita nei territori.
      Dunque, almeno a mio avviso, cultura, società e Politica debbono procedere insieme. Qui ed ora. Non è dato un tempo per "ripartire dal basso" e ricostruire negli anni (la Sinistra, un Partito, un Sindacato, una Associazione o non so cosa ...).
      Naturalmente chi non vede altra strada, proceda pure per la sua ... (quella che lo convince).
      Ma guai non vedere (per pigrizia e/o pregiudizio) che qualcosa (qui ed ora) si sta già muovendo (anche se in modo ancora troppo confuso, inadeguato e/o non pienamente convincente per molti che hanno decenni di storia ed esperienze).
      Anche con e per il voto del 4 marzo "qualcosa è cambiato" in profondità nella politica nazionale, anche per via di un Governo che pochissimi avrebbero voluto al momento del voto (prima e anche dopo), ma che è stato l'unico possibile (per veti, coraggio e/o calcoli dei diversi protagonisti ora in maggioranza o minoranza).
      Ebbene, l'orientamento espresso dai contraenti del Governo Conte su alcune grandi questioni - come le Grandi Opere progettate o annunciate e dunque i caratteri dello "sviluppo" - e non solo della "crescita" - sono assai importanti e meritano di vederci tutti coinvolti e partecipi.
      Non possiamo non vedere che si è aperto (volenti o nolenti, dopo Borgo Panigale e Genova) uno scontro duro (forse neppure voluto o ricercato) con alcuni grandi potentati economici - finanziari che hanno fatto, per troppo tempo in Italia, il bello e il brutto tempo, ricchezze (enormi e per pochi) e povertà - dipendenza - lutti (per troppi).
      Occorre prendere parte a questo scontro, misurarsi con questo questo conflitto che sarà lungo, sostenere processi profondi di revisione di pratiche e contratti (con ASPI, ad esempio).
      Nulla è scontato. Se qualcuno bara, lo verificheremo presto.
      Ma guai non unire - qui ed ora - all'impegno sociale e culturale, una forte consapevolezza ed iniziativa Politica ed Istituzionale.
      Gianni

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  3. Che pensare del l'avvio della documentazione per la disdetta dei contratti di gestione della rete autostradale da parte del Ministero?
    Il conflitto che si aprirà ora ritarderà ogni intervento. Non mi preoccupano tanto i progetti ipotizzati o finanziati (come dice il deputato De Maria), ma l'urgenza dei controlli e delle manutenzioni, si. Non bisognerebbe perdere un giorno. E invece finiranno per essere quanto meno rallentati.
    VR

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    1. Da tempo i gestori (Fratelli Benetton e C.) incassano le tariffe degli utenti e spartiscono dividendi (Tra i soci).
      Anziché investire nelle manutenzioni?
      Sarebbe un delitto. Anche se lecito. Questo lo dirà l'indagine dei magistrati.
      Intanto bene fanno le istituzioni (i ministri?) a provare a disdire le convenzioni. Perché allo Stato compete garantire la sicurezza (e questi signori sicuramente non lo hanno fatto).
      BiBi

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    2. Ne penso tutto il bene possibile. La controversia legale non esime Autostrade dall'adempimento degli obblighi contrattuali, compresi controlli e manutenzioni.

      Ed è un bene che per una volta siano i mezzi uomini ai vertici a passare notti in bianco e a temere per il loro futuro. Chissà, magari li aiuterà a diventare uomini interi.

      Li ho visti alla conferenza stampa di oggi pomeriggio e ho una sola parola per descriverli: indegni.

      Luca

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    3. VR, credo di capire perfettamente i problemi e le preoccupazioni che indichi. Sono corrette. Ed aprono anche nuove contraddizioni.
      Nella società: tra popolo inquinato e preoccupato per la propria sicurezza e il proprio futuro ed imprenditori o lavoratori che la messa in discussione radicale di un sistema di potere (sicuramente ingiusto ed inaccettabile) espone direttamente a problemi economici, occupazionali, patrimoniali, fino ed oltre la soglia di sussistenza minima.
      Nelle Istituzioni e nel Governo. Si pone subito il problema delle compatibilità tra gli investimenti necessari per "i cambiamenti di rotta" annunciati ed avviati in questi giorni (la disdetta dei contratti di gestione autostradali con ASPI, per fare un esempio, e le sue conseguenze in termini di assunzione di nuove responsabilità pubbliche) e le disponibilità finanziarie dei poteri pubblici, ovvero alcune promesse contenute e ribadite nel Contratto M5S - Lega (come le due aliquote fiscali previste per muovere verso i progetti di riduzione delle tasse o la - incostituzionale - Flat - Tax).
      A settembre ne capiremo di più quando si discuteranno le linee di bilancio economico per il 2019 e per i prossimi anni.
      Ma insisto: nulla sarà facile e scontato.

      BiBi e Luca concordo sulla sostanza.
      Proprietari, amministratori e manager di ASPI (e non solo loro, si pensi a tanti alti dirigenti Ministeriali e degli Enti di controllo) non hanno mostrato per anni di essere credibili rispetto a scelte di innovazione strategica e di messa in sicurezza della vita delle persone (quando non di rispetto della legalità e di etica).
      E' ora di scegliere politiche, pratiche, interlocutori e persone diverse. Neppure questo sarà facile. Ma non vedo alternative ragionevoli e possibili.
      Occorre grande lungimiranza, sarà necessario usare la forza degli argomenti e delle alleanze possibili (non tutte in essere), occorrerà arricchire idee, percorsi coinvolgenti e progetti abbozzati e/o già elaborati. Con grande apertura e massima determinazione. Gli avversari e i dubbiosi non mancano e non mancheranno (da più parti) ...
      Gianni

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  4. Ora in otto mesi Autostrade promettono il ripristino del ponte Marconi. I Flli Pulcinella e soci riparano i cocci e ..... tutto come prima?
    Ma se tutti gli esperti temono nuovi crolli. Di che parliamo?
    Quarantatré vittime esigono giustizia. Questi signori meritano un processo e, nel frattempo, lascino la sicurezza dei cittadini in mani più sicure.
    Di più. Sono mancati anche i controllori pubblici. E anche li almeno qualche alto funzionario non ha fatto la sua parte. Erano complici o inetti? C'è lo dirà la Magistratura.
    Nik

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