venerdì 9 marzo 2018

La lezione del 4 marzo

Bologna, 3 marzo 2018. Si liberano le strade dalla neve e si ostruiscono i percorsi ciclabili 

















Il voto del 4 marzo è chiaro. E richiede riflessioni ed ulteriori progetti. Anche immediati.
Perché (attenzione!) non determina affatto una nuova maggioranza politica, sociale e culturale. 
Chi lo dice, mente. Per semplificazioni sbagliate o per precisi obiettivi politici.
Il voto degli italiani ha visto una partecipazione superiore a molte previsioni. Sono andati ai seggi quasi 33 milioni di cittadini, il 73% degli aventi diritto.
Emergono 5 dati e tendenze.
1. Prima forza politica è il Movimento 5 Stelle di Di Maio (e Di Battista). Conquista oltre 10,7 milioni di voti, 2 milioni in più sul 2013.
2. La Lega (nazionale e non più Nord) di Salvini quadruplica i propri consensi (da meno di 1,4 a quasi 5,7 milioni) e supera Forza Italia che perde ancora (da oltre 7,3 a meno di 4,6 milioni); a determinare la crescita del Centrodestra (+ 2,2 milioni) contribuisce anche Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni che raddoppia i propri consensi. Molto meno Noi, con l'Italia di Fitto e Lupi.
3. Il PD di Renzi perde oltre 2,5 milioni rispetto a quello di Bersani e conquista poco più di 6 milioni di suffragi. Gli alleati di centrosinistra raccolgono una cifra analoga al 2013 (complessivamente 1,4 milioni) pure essendo diversi: allora prevalentemente di sinistra, con SEL; oggi a prevalenza Bonino (e Tabacci) con + Europa. Irrilevanti i Civici Popolari di Lorenzin, Casini e Galletti come Insieme di Socialisti, Verdi e Prodi.
4. La sinistra di LeU (con Grasso, Boldrini, MPD-Art.1, SI, Possibile) raggiunge una risicata rappresentanza (contando poco più di un milione di voti). Mentre Potere al Popolo, Comunisti e Sinistra Rivoluzionaria complessivamente (mezzo milione) si fermano ben al di sotto dei voti di Rifondazione Comunista nel 2013.
5. La destra fascista (di CasaPound e di Forza Nuova) triplica i propri consensi ma resta sotto il mezzo milione.
Da notare, infine, che domenica non si è presentato alcun "polo" autonomo di Centro. Mentre nel 2013 l'area di Monti, Casini e Fini conquistò oltre 3,5 milioni di persone.

La sintesi.
Chi ha governato nel corso della legislatura (alleandosi con forze diverse da quelle che erano state indicate in campagna elettorale) e fronteggiato la crisi con "riforme" strutturali di cultura politica neo liberista che hanno determinato nuove profonde contraddizioni (leggi Sblocca Italia, Jobs Act e Buona scuola, avendo precedentemente votato anche la legge pensionistica Fornero) paga un prezzo molto alto.
Al contrario, chi ha contrastato le politiche economiche e finanziarie dei Governi Monti (2011-2013) e Letta - Alfano, Renzi e Gentiloni (tra il 2013 e il 2018) si è radicato e consolidato. Pure se caratterizzato su versanti politici diversi, distinti e alternativi.
Non hanno pesato in modo determinante le varie campagne politico - mediatiche contro "anti politica", "populisti", "estremisti", "anti europeisti", "inaffidabili" e "incapaci".
E' prevalsa la rivolta contro uno sviluppo economico e sociale insostenibile ed un sistema di potere sempre più accentrato ed autoreferenziale; che ha progressivamente impoverito e tolto prospettive a giovani, adulti ed anziani; che ha determinato precarietà e mostrato privilegi intollerabili ed evasione o elusione fiscale; che ha proposto corruzione diffusa e conflitti di interesse ripetuti; che apre squarci su rapporti oscuri tra amministratori e funzionari pubblici, grandi imprese e corporazioni professionali, ambienti illegali e criminali. In tutto il Paese: dalla Sicilia alla Lombardia, passando per il Lazio e l'Emilia Romagna.
Per effetto delle narrazioni strabilianti e fuori dal vissuto quotidiano della maggioranza delle persone nelle tante Periferie d'Italia, è presto tramontata anche la stagione del consenso al nuovo corso del PD di Renzi (quello, pure interessante ed apprezzato, degli "80 euro mensili" alle fasce più deboli del lavoro dipendente e delle promesse di "rottamazione" di "caste" disprezzate da una larghissima maggioranza di cittadini).
Il voto amministrativo in piccole e grandi città (da Roma a Torino, da Napoli a Genova, a Parma) aveva annunciato l'onda alta del 4 marzo.
Da Nord a Sud, come in molte altre parti d'Europa, è confermato il bisogno di una rappresentanza politica nuova per i contenuti proposti, più attenta ai problemi ed alle sofferenze della vita degli individui e delle comunità locali.
Una classe dirigente capace di confrontarsi con operai e tecnici licenziati o di industrie in crisi, con i precari che non hanno diritti e non vedono futuro, con i commercianti e gli artigiani in difficoltà, con i risparmiatori truffati, con il popolo inquinato o terremotato, con i malati in disperata attesa di cure, con insegnanti costretti a lunghe trasferte, con dipendenti pubblici sballottati tra Enti chiusi ed Istituzioni mal diretti o di dubbia prospettiva, con i protagonisti di duri conflitti tra italiani emarginati e migranti gestiti in emergenza.
Chi si è auto organizzato e impegnato per fronteggiare contraddizioni e situazioni insostenibili ha trovato pochi partiti, parlamentari ed amministratori attenti e disponibili a battaglie di dignità, a progetti convincenti ed azioni positive.
Si sono apprezzati i soggetti apparsi autentici e diretti, vicini, liberi e coerenti (ancorché sgrammaticati), piuttosto che l'usato conosciuto, distante e inaffidabile.
Si è scommesso su progetti "forti" e intransigenti anziché su politiche moderate e discrezionali: il "reddito di cittadinanza", il No al TAV Torino - Lione o alle Olimpiadi di Roma e le espulsioni per il mancato rispetto della parola data; ovvero la "flat tax", l'abolizione del diritto di autodifesa commisurato al pericolo corso e il rifiuto integrale dei migranti ambientali ed "economici".
Certo, si deve approfondire.
Guai non farlo e ripetere errori del passato (chi ha tempo e voglia rilegga il primo post pubblicato su questo blog nel marzo del 2013, col titolo Nel voto la voglia di cambiamento).

Ora si presenta, però, incombente, una grande questione. Attuale e su cui discutere, tutti, apertamente.
Quale Governo? Quale maggioranza?
Per via della legge elettorale concordata da PD, Forza Italia e Lega Nord e imposta con numerosi voti di fiducia dal Governo Gentiloni, nessuno dei tre poli esprime una maggioranza politica e parlamentare.
Dunque, nessuno può rinunciare ad essere interlocutore attivo, critico e "responsabile", per dirla con il Presidente della Repubblica.
E' comprensibile l'immediato tentativo del PD di Renzi, Orlando e Zingaretti di sottrarsi a qualsiasi scelta di governo. Per "leccarsi le ferite" brucianti, fare "passare 'a nottata" e magari "rigenerarsi" some suggerisce il "vincente" Presidente della Regione Lazio.
Ma questa opzione non può reggere, pena il ritorno immediato alle urne (con quale esito?) o una fuoriuscita significativa dai già ridimensionati Gruppi parlamentari PD.
Chi può, infatti, onestamente scommettere o auspicare - anche tra gli elettori del centrosinistra - un Governo fondato sul sostegno di M5S e Lega?
E' l'ora delle riflessioni, ma anche delle scelte di fondo.
Tutto è in movimento.
Tutti siamo importanti e sotto lente di ingrandimento. Ancora.
Bologna, detriti di un portico cadono in via Indipendenza (26 febbraio 2018)

























Bologna, grandi buche si aprono nelle strade di periferia (26 febbraio 2018) 
Bologna. Il percorso ciclabile di via del Chiù, a fianco del Ravone, in attesa da mesi di ripristino (febbraio 2018)

















Bologna. Il traffico quotidiano nel cuore del centro storico: bici, auto, furgoni e bus (febbraio 2018)

12 commenti:

  1. Le politiche del PD hanno penalizzato i ceti popolari. Anche le foto illustrano bene come i tagli ai Comuni hanno peggiorato tutte le attività di cura della città. Proprio oggi la Repubblica descrive le forti perdite del PD nelle periferie che furono rosse e la crescita al Colli, quartiere della ricca borghesia.
    Urgono cambiamenti.
    Ma quelli proposti da CD e 5s non sono adeguati e ora il CS è impalpabile.
    L.

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    1. Si, il voto conferma, anche a Bologna, la pesante perdita del PD nelle Periferie. Le classi dirigenti locali e nazionali, non solo renziane, sono percepite come espressione dell'establishment.
      Il cambiamento prospettato non è "adeguato" né scontato.
      Sicuramente va rafforzato, arricchito e sostenuto.
      Gianni

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  2. La lezione del 4 marzo a me suggerisce questo:
    Berlusconi ha fatto il suo tempo. Onore ad un tenace combattente che ora deve curare il patrimonio privato accumulato e dismettere la regia politica che esercita da decenni con grandi risultati personali.
    Salvini si è conquistato la leadership di una destra sociale che dall'opposizione condizionerà i Governi nazionali e maturerà.
    Di Maio e Grillo devono mettere a profitto rapidamente la grande speranza che una parte del paese ripone nel m5s. Per sbloccare la situazione debbono rivolgersi al PD con una proposta nuova di merito e di persone impossibile da rifiutare.
    Il Pd deve "rigenerarsi" capendo gli errori compiuti in una situazione obiettivamente difficile ma che ha cavalcato con troppa sicumera e subalternità rispetto ad interessi distinti dal popolo che lo ha sostenuto. L'impegno a fare nascere un governo rispettoso del voto lo può rimettere in gioco come forza "responsabile" e dotata di quella umiltà che negli tempi anni non ha dimostrato.
    Antonio

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  3. Che c'entrano queste foto?
    Non vorrai confrontare Bologna con Roma?
    Sic

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  4. Se nessuno dei 3 schieramenti ha i numeri per governare, la soluzione è che i due meno distanti trovino un accordo. E riconoscano il ruolo di rappresentanza e controllo dell'opposizione.
    Solo per spiegarmi.
    Presidente del Senato: Calderoli.
    Presidente della Camera: Minniti.
    Presidente del consiglio dei ministri: Di Maio con un Governo votato da 5s e Pd.
    Spartizione? No. Reciproco riconoscimento di ruoli. Superamento dei reciproci veleni.
    Sarebbe la soluzione più rispettosa del voto.
    m.m.

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    1. Non pare la strada intrapresa in questi giorni.
      Ma siamo ancora alle prime mosse, incerte e deboli.
      Occorre partecipazione, iniziativa e confronto.
      Nessuna delega in bianco.
      Gianni

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  5. Le lezioni sono già state numerose, prima del 2014 e dopo le europee.
    Se non sono servite è perché non le si accetta.
    Mi pare sia ancora una volta così. Invece di riflettere sui mancati consensi i dirigenti PD pensano solo alla rivincita.
    Serviranno altre elezioni.
    Anna

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    1. Non condivido. Solo dei peggioristi possono volere altre elezioni. I cittadini si sono espressi ed ora con queste rappresentanze parlamentari il paese va governato. Del resto siamo in una Repubblica parlamentare no? Tutto il resto sono libere interpretazioni. Quindi le forze politiche elette se ne facciano una ragione e affrontino i problemi che attendono soluzioni.
      Secondo scienza e coscienza.
      BiBi

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    2. Trovo giusto dire che il voto del 4 marzo non esime il PD dallo schierarsi sui problemi aperti ... ma è pur vero che le responsabilità di fare un nuovo governo non possono essere principalmente a carico dei perdenti ...
      Quindi rilancerei la conclusione del post: tutte le forze politiche sono sotto lente di ingrandimento, tutti debbono rielaborare, tutti debbono muoversi.
      Robby

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    3. Robby, preferirei usare la prima persona plurale.
      Tutti dobbiamo capire, tutti dobbiamo rielaborare, tutti dobbiamo muoverci.
      Perché si affrontino i problemi accumulati e irrisolti con scelte nuove e all'altezza della crisi. Perché nessuno sfugga dalle critiche e cerchi "rivincite" tra oligarchie e ristretti gruppi dirigenti.
      Il cambiamento deve riguardare lo sviluppo produttivo, economico e sociale; la comune sicurezza e il rispetto dei diritti - doveri delle persone a dimensione internazionale, il rispetto dell'ambiente e dell'ecosistema naturale che ci da vita.
      Gianni

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