sabato 29 agosto 2015

Il Carciofo Marino

Il sindaco di Roma Ignazio Marino esultante dopo il Consiglio dei ministri che gli leva quasi tutti i poteri e di fatto lo commissaria, con il decisivo argomento che “si è tolta dal tavolo l’ipotesi dello scioglimento del Campidoglio”, ricorda la scena del ragionier Ugo Fantozzi che, pestato a sangue da una gang di teppisti che gli smontano pure la Bianchina pezzo per pezzo, esala tra un ceffone e una testata: “Badi, signore, che se osa ancora alzare la voce con me…”; poi perde i sensi. Ma che cosa deve ancora accadere perché Marino, che comunque un mestiere ce l’ha e non campa di politica, ponga fine alla sua agonia politica e si dimetta da sindaco lasciando il suo nemico di sempre –cioè il suo partito –in brache di tela? 

Da quando ha avuto il torto di vincere le elezioni, il Pd gli ha fatto una guerra spietata che nemmeno a B. Gli ha imposto assessori e collaboratori poi regolarmente finiti in galera o sotto inchiesta. Ha raccolto firme per le sue dimissioni. Non ha mosso un dito quando la destra di Alemanno chiedeva la sua testa perché parcheggiava la Panda in sosta vietata. Dopodiché si scoprì che il problema di Roma non era la Panda, ma la Banda: della Magliana, nel seguitissimo sequel “Mafia Capitale”. Lui ne uscì pulito proprio perché non aveva nulla a che fare con il suo partito “cattivo, pericoloso e dannoso” secondo la definizione dell’ex ministro Fabrizio Barca, infestato da “associazioni a delinquere” secondo l’attuale ministra Marianna Madia, diretto da gentaglia che falsificava le tessere e intrallazzava con Buzzi & Carminati. E chi tornò nel mirino di quel partito lì? Marino. Il premier Renzi, mai eletto da nessuno se non come sindaco di Firenze, iniziò a dettargli ultimatum, spalleggiato dalla solita Boschi. Il commissario Orfini, che frequenta il partito romano da quando aveva i calzoni corti e naturalmente non ha mai visto né sentito nulla, fece invece la parte del poliziotto buono, sostenendo il sindaco come la corda sorregge l’impiccato. Intanto gli mise accanto l’assessore turborenziano ai Trasporti Stefano Esposito che, essendo di Moncalieri (provincia di Torino), assicura la giusta competenza su Roma e parla già da sindaco. Anziché ribellarsi all’accerchiamento, Ignaro Marino continuò a fare il finto tonto (almeno speriamo che sia finto) e ad aggirarsi con le due dita alzate in segno di vittoria, anche quando gli arrestavano 44 persone tutto intorno. Poi batté un cinque alla Boschi alla festa dell’Unità.
E implorò Renzi “di giudicarmi dai risultati”, come se fosse stato Renzi a nominarlo sindaco di Roma, e non gli elettori a eleggerlo. Infine andò in scena il funeral party di Casamonica, che lo colse in vacanza all’estero. E riecco gli sciacalli e gli avvoltoi affondare i denti: non era certo il sindaco che doveva impedire quella sceneggiata, semmai le forze dell’ordine che fanno capo a questore, prefetto e ministro dell’Interno. Ma Alfano non si tocca, ammesso e non concesso che abbia una consistenza, sennò viene giù il governo, e chiederne la testa è inutile per mancanza della medesima. Neppure Gabrielli si tocca: altrimenti come si fa a promuoverlo capo della Polizia? Quindi la colpa è di Marino.
La stampa e la satira di regime lo attaccano perfino perché è andato in ferie, come se fosse l’unico, come se fosse vietato, come se la sua presenza a Roma a ferragosto potesse cambiare qualcosa. Noi l’abbiamo scritto fin dal giorno della prima retata di Mafia Capitale: “Roma va sciolta per mafia”. Decine, centinaia di comuni sono stati sciolti per molto meno. E sciogliere Roma per commissariarla ufficialmente e poi, una volta bonificata, rimandarla alle urne non significa condannare il sindaco, ma affermare ciò che tutti sanno: e cioè che la classe politica e amministrativa del Comune è irrimediabilmente inquinata non da oggi o da ieri, ma da almeno quattro sindacature, di destra e di sinistra. Marino, che fino a prova contraria non ha mai assecondato interessi criminali, avrebbe – volendo – tutte le carte in regola per ricandidarsi e tornare in Campidoglio, almeno sul piano morale. Sulle capacità di governo, invece, stendiamo un velo pietoso, visto l’abbandono in cui versa la Capitale. Ma spetta agli elettori decidere, non a Renzi, né a Gabrielli e neppure ad Alfano. Invece Marino s’è imbullonato alla poltrona, lasciandosi logorare per conto terzi e sfogliare giorno dopo giorno come un carciofo. E ora subisce, con l’aria giuliva e le solite dita a V, l’ultima umiliazione: sia il fatto che ieri il Consiglio dei ministri ha trasferito al prefetto Gabrielli, cioè a Renzi –non si sa con quale legittimità – il controllo su otto settori vitali della città (dalla casa ai campi rom, dal verde all’ambiente) e il coordinamento del piano Giubileo, tutti compiti che spettano al sindaco e alla sua giunta; sia soprattutto il fatto che, a decidere il tutto, è stato Angelino Alfano.
Ma sì, il collezionista di scandali e gaffe, il capo del partito più inquisito e arrestato d’Italia, quello che difende a spada tratta il sottosegretario Castiglione indagato in Mafia Capitale per la fogna del Cara di Mineo, che da solo vale tre quarti di Ncd. Neppure un Marino, per quanto nullo, può accettare lezioni da un Alfano. Se sloggiasse ora, i suoi nemici che lo usano come punching ball per fare i propri comodi e allontanare le elezioni che sanno di aver già perso, lo rincorrerebbero: uno spettacolo impagabile. Roma, intanto, continuerebbe la sua lenta putrescenza. Tanto l’unica cosa 
che non frega niente a nessuno è proprio Roma.
Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano, 28 agosto 2015

8 commenti:

  1. Roma capitale!
    Possibile che nessuno sapesse nulla? ... e facesse nulla?
    Matteo Orfini, romano, commissario del PD romano.
    Franco Gabrielli, già direttore del SISDE, giudice e commissario del Municipio.
    Marino, catapultato lì, perché nulla sapeva e nulla vede. Poveretto!
    Finisce per essere il parafulmine. Prima o poi pagherà il conto.
    Intanto tutto procede come sempre.
    Mario C.

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    1. No. Molti sapevano. Ai piani alti.
      E se non sapevano, ciò non depone a loro favore.
      Per questo è tempo di cambiare.
      Con atti forti, coerenti e conseguenti.
      Le dimissioni di Marino non sarebbero un giudizio, ma un atto politico. Una presa d'atto di una realtà che si vuole rimuovere.
      Il voto ed un nuovo Consiglio è una risposta più democratica ad un pasticcio istituzionale (Gabrielli Prefetto che "affianca" il Sindaco Marino) deciso da personaggi squalificati (il Ministro dell'Interno Alfano) e poco credibili per molti (il Presidente Renzi).
      Gianni

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  2. Un sindaco onesto che ha a che fare con amministratori, consiglieri e partiti in buona parte corrotti e condizionati da mafia capitale deve liberarsene. Per fare pulizia non servono commissari nominati da governanti inaffidabili come Alfano, bensì nuove elezioni con soggetti diversi.
    Ale
    Se no si dimette.

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    1. Ale, su Marino ho già detto.
      Trovo interessante e da approfondire l'affermazione "nuove elezioni con soggetti diversi".
      Quali?
      La mia idea sarebbe per una alleanza civica alternativa esplicita tra "liberi cittadini di sinistra" e Movimento 5 Stelle.
      A Roma mi pare una situazione matura.
      Per ciò che è emerso in Comune, Provincia e Regione.
      È vero?
      Ma la questione si pone ovunque.
      So che restano pregiudizi. Comprensibili.
      Ma non vedo altre possibilità capaci di essere forza di trasformazione credibile.
      Il PD di Renzi (o Renzi e Bersani) lascia uno spazio enorme ad una rappresentanza di lavoratori e ceti produttivi subalterni che il M5S non riesce a rappresentare. Così una forza di Sinistra critica e libera (direi per chi intende "berlingueriana") non è in grado di raccogliere grande parte dell'esperienza della opposizione a "5 Stelle".
      Dunque, è necessario mettere in campo le cose che si vogliono fare per la società e per una vita migliore delle persone ed unire le forze per realizzarle.
      Sbaglio?
      Gianni

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  3. Tranquilli.
    Ora ci pensa il perfetto Prefetto Gabrielli.
    Grande intervista, la sua ...
    Sic

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    1. Le numerose dichiarazioni di Gabrielli le trovo intrise di una ironia che sconfina nella arroganza del potere. Penso ad esempio alla risposta sui contatti con il Sindaco in ferie "tra una immersione e l'altra". Collaborazione? Mi vien che ridere, Sic.
      Gianni

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  4. "Come si è liberata dal fascismo e dal nazismo, Roma si libererà dalle mafie" parola di Marino.
    Stiamo Sereni!

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    1. Si, Stiamo Sereni!
      A Marino proporrei atti forti e decisi, come quelli degli antifascisti romani che liberarono la città dalle camicie nere e dai nazisti: si dimetta, si ripresenti al voto con una lista di persone di sua fiducia e delle forze che in lui credono. Dichiari esplicitamente le priorità e i possibili suoi alleati per il governo AntiMafia della Capitale.
      Gianni

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