mercoledì 11 giugno 2025

Referendum, il dovere di riflettere ...

Quorum e non solo nella vignetta di Franzaroli su il Fatto Quotidiano















Chiunque promuove referendum nel nostro Paese sa che per vincere e cambiare le leggi e la vita delle persone l'obiettivo deve essere quello di conquistare la partecipazione della maggioranza degli elettori aventi diritto e, tra questi, almeno il 50,1% di SI. Senza questo risultato a "far festa" sono i conservatori di sempre o di fatto (almeno nell'immediato).
Dunque è stata una sconfitta per chi voleva cambiare (nel 2025) la realtà in essere nell'ambito dei rapporti di lavoro e del riconoscimento della cittadinanza dopo almeno 5 anni continuativi vissuti sul territorio dello Stato italiano. Un fallimento per "quelli del SI" che non si accontentano di propaganda e che si battono, qui ed ora, per affermare diritti e doveri universali non riconosciuti e non rispettati in questo mondo pieno di ingiustizie e di contraddizioni.
Detto questo, guai archiviare questa "lezione" con battute o giudizi privi di studio, di analisi dei dati, di confronto con la realtà. Procedere come niente fosse successo potrebbe solo aggravare ulteriormente i problemi, le incomprensioni e fare compiere scelte sbagliate a tanti protagonisti del nostro tempo.
 
Ecco alcuni primissimi dati e considerazioni che hanno come unico intento quello di promuovere un approfondimento, nell'intento di costruire una prospettiva di cambiamento della società attraverso pratiche quotidiane di giustizia sociale, di conversione ecologica e di partecipazione democratica effettiva alla vita delle comunità di cui vogliamo continuare a sentirci parte.
 
Punto uno.
 
Hanno partecipato e votato a livello nazionale meno di un terzo degli aventi diritto. Meno della metà di quanti si sono recati ai seggi per le elezioni politiche del 2022. Lontano quasi 20 punti percentuali dal quorum richiesto. Si conferma e si amplifica la tendenza di tanti cittadini a rinunciare alle sfide proposte da interlocutori ed avversari che sono parte della stessa comunità
Anche in aree un tempo considerate ricche di protagonismo e di vita democratica il dato è assai deludente. 

In tutte le regioni e le province d'Italia l'astensione dal voto supera il 55%. In Emilia Romagna solo due comuni hanno contato una maggioranza di votanti: Anzola (50,1%) al confine del capoluogo e Fabbrico (53%) nel reggiano. Pesano qui certamente le cattive pratiche politiche ed istituzionali seguite agli ultimi referendum validi (quelli del 2011): su nucleare ed acqua pubblica. Eluse e/o continuamente rimesse in discussione da uomini di governo della Destra, del Centro e del Centrosinistra. I promotori dei referendum hanno adeguatamente contrastato (negli anni) e considerato (al momento della raccolta delle firme e in campagna referendaria) queste esperienze? O il mancato rispetto della volontà espressa precedentemente dagli elettori e l'astensionismo sono oramai considerati naturali anche da sindacati e partiti che pure si pongono problemi di rappresentanza popolare e rispetto della Costituzione repubblicana? Che spesso, però, risultano indifferenti alle politiche praticate da amministratori inadempienti, nonché soddisfatti se il non voto consente loro "mani libere" e/o li avvantaggia. Troppi gli esempi: a Bologna e in Emilia Romagna sono clamorosi e recentissimi. 
Gli Enti Locali, HERA e IREN hanno ottemperato alle indicazioni referendarie del 2011? 
PD, Centrosinistra e "Campo largo" non hanno vantato (nell'ottobre 2021) "le vittorie" di Matteo Lepore Sindaco, a fronte di una astensione del 49% degli elettori, e (meno di un anno fa) di Michele De Pascale Presidente della Regione, pure in presenza di un confronto elettorale che ha portato ai seggi appena il 48% dei cittadini? 
 
In questo contesto, di consolidata diffusa indifferenza per il non voto, la convinzione che fosse sufficiente richiamare le Destre di Meloni, Salvini e Berlusconi - Tajani allo spirito comunitario e Costituzionale per convincere un numero sufficiente di elettori di Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia a rinunciare alla tentazione di sommare il loro interesse politico alla disaffezione, alla sfiducia, alla critica del popolo che non crede più nelle Istituzioni si è dimostrato illusorio.
 
Forse l'attenzione internazionale che si registra per gli scritti di Antonio Gramsci sul "sovversivismo delle classi dominanti" e per la cultura e le ultime battaglie di Enrico Berlinguer su "questione democratica, cosa e come produrre, nuovo ordine mondiale fondato sulla austerità" è necessario rivalutarla anche nel Belpaese, dopo decenni di omologazione della sinistra al pensiero unico neoliberista. 
 
La sconfitta referendaria purtroppo registra rapporti di forza maturati negli ultimi decenni: a tutto vantaggio del grande capitale e di un potere economico, finanziario, politico, della comunicazione targato da classi dominanti sempre più ricche, arroganti, autoritarie.
 
La CGIL di Landini, che con autonomia ed orgoglio ha promosso questa iniziativa contro leggi e pratiche volute ed accettate dai Governi di Centrosinistra, di Centrodestra e bipartisan che si sono succeduti nell'ultimo decennio, ha però avuto il limite sostanziale di non riuscire a stabilire relazioni adeguate con altri soggetti e movimenti attivi nel Paese, con l'obiettivo di lotte comuni e di sintesi progettuali più avanzate, nella prospettiva di trasformazione sociali e culturali, politiche ed istituzionali all'altezza della crisi e delle sfide. Anche quando, almeno in una parte dei dirigenti, se ne comprendeva l'esigenza.
 
Così i comitati pro referendum non si sono incontrati con i movimenti per la pace e per il disarmo. La questione di iniziative comuni per interrompere il trasporto, le produzioni ed il commercio di armi e di avviare vertenze per la conversione pacifica delle industrie belliche è rimasto pensiero non praticato nel protagonismo quotidiano di sindacalisti e di lavoratori.
 
Analogamente, sono risultate preziose quanto ristrette le relazioni con le associazioni e i gruppi di volontariato attivi nella solidarietà con migranti e rifugiati di guerra. O quelle con sindacati e collettivi impegnati ad affermare il diritto alla casa, ad alloggi popolari e ad affitti equi.  
 
Ancor più complessi i rapporti con le comunità che hanno subìto gli eventi climatici distruttivi, con i movimenti altrettanto frammentati e disarticolati degli ecologisti - tra cui tanti giovani - impegnati nella salvaguardia del suolo, della biodiversità e della Terra. Un fronte caldo, caldissimo in tutto il Paese, con epicentri in alcune realtà come l'Emilia Romagna e la Toscana, dove le aspettative dei promotori di essere traino per la partecipazione non sono andate a buon fine. Ed inoltre i canali di comunicazione tra sindacati, in particolare CGIL, e tante realtà ecologiste (vedi la rete di associazioni e comitati raccolti in AMAS-ER, ma non solo) risultano assai occasionali e condizionati da diverse strategie, vedi l'adesione e la critica netta e motivata sul Patto per il Lavoro e per il Clima tanto caro a Bonaccini, De Pascale (per entrambi tre Si e due NO) e Colla.  
 
A rendere ancor più complesse queste relazioni sono intervenute le minacce e le azioni di repressione introdotte dal Governo Meloni con il Disegno di Legge, poi Decreto "paura", definito "sicurezza": quasi sempre rimasto fuori dai radar di sindacati confederali e partiti di Centrosinistra. Per non parlare delle parole irresponsabili e dei silenzi complici di importanti Amministrazioni. A Bologna e in Emilia Romagna sono particolarmente significative le esperienze al Parco Don Bosco del Comitato Besta, del G7 Scienza e Tecnologia nei confronti di ragazze e giovani di Extinction Rebellion, con gli arresti di attiviste/i di Ultima Generazione in azione contro il Passante di Mezzo.
 
Sulle ragioni dell'astensionismo record c'è dunque di che riflettere, innanzitutto per promotori e protagonisti.
 
Altro è, naturalmente, liquidare l'impegno e l'orientamento culturale, politico e di classe che lo hanno animato.
 
Un tentativo che unisce imprenditori, lobby del potere consolidato, Destre e nostalgici dei Governi bipartisan e del management politico-istituzionale-finanziario dell'UE. Tutti subito in campo. Si sentono sempre più continuatori ed architrave del sistema economico e sociale "minacciato" da tanti avversari privi di fede nelle capacità magnifiche e progressive delle classi dirigenti. Quasi le democrazie europee non fossero state e non siano sempre il prodotto di aspre lotte, di rivoluzioni e conflitti sociali, di nuove sintesi di varie culture socialiste e popolari orientate alla trasformazione. Di pesanti sconfitte subite o inflitte a regimi monarchici, autoritari, nazi-fascisti, coloniali, imperiali.
 
Che sono, oggi, più che mai - negli ultimi '80 anni - minacciose ad Est come ad Ovest, a Sud come a Nord, a Bruxelles e Francoforte. Come negli altri continenti e oltre Oceano.
 
Punto due.
 
Il voto espresso va considerato e rappresenta un patrimonio, certamente limitato ma utile, per riflettere e ragionare sul futuro.
 
A livello nazionale e in molte realtà locali bisogna certamente capire di più, discutere e valutare fornendo letture critiche ed obiettive, non sommarie e superficiali. Partendo da alcuni dati che sembrano significativi. 
 
13.031.470 SI espressi sul primo referendum (licenziamenti illegittimi) come i 12.763.726 SI contati sul referendum meno sostenuto tra quelli sul lavoro costituiscono una massa critica nei confronti della regolazione dei rapporti tra lavoratori e proprietari che supera tanto i consensi che hanno sostenuto le Destre vincenti di Giorgia Meloni, di Matteo Salvini e di Berlusconi - Tajani - Lupi (12.603.666) quanto le opposizioni di Centrosinistra (7.666.964), M5S (4.428.713) e di UP di Michele Santoro (445.000) alle ultime politiche (che messi tutti insieme non vanno oltre i 12,6 milioni). Solo il referendum sulla cittadinanza si ferma a 9.748.439 SI (e merita un approfondimento specifico, per capire davvero contraddizioni e anomalie esistenti). 
 
Ancora più interessante l'articolazione locale. E un raffronto con voto politico - amministrativo.
 
A Taranto, domenica e lunedì si è votato contemporaneamente nel ballottaggio per eleggere il Sindaco. Piero Bitetti del Centrosinistra ha contato 39.512 voti complessivi (al primo turno il solo PD ne ha avuti 12.719). Il primo referendum ha conquistato 56.202 SI e il quinto (cittadinanza) 38.814.
 
A Matera, ha "vinto" il candidato delle Destre, Antonio Nicoletti, con 13.905 voti. Il perdente di Centrosinistra (Roberto Cifarelli) che in caso avesse confermato i 13.925 voti ricevuti al primo turno sarebbe stato Sindaco è invece sceso a quota 13.196. I SI al referendum sono stati attorno ai 20 mila sul lavoro e 14.150 quello sulla cittadinanza.

A Nuoro, è stato eletto con 10.709 voti Emiliano Fenu, di Centrosinistra (PD 3.098, M5S 2.162, ...) a fronte di 13.171 - 12.760 SI nei quesiti sul lavoro e 10.850 Si per la cittadinanza.
 
A Lamezia Terme, la già parlamentare PD, Doris Lo Moro, ha perso il ballottaggio raggiungendo quota 12.097 (il solo PD al primo turno ne aveva 4.755). I SI al referendum sono stati 16.188 e 10.377 sulla cittadinanza. 
 
In tutte queste realtà dunque "quelli del SI" ai 4 referendum sul lavoro raccolgono più consensi dei Sindaci eletti nei ballottaggi, siano essi espressione di alleanze di Centrosinistra che di Destra. E in 2 comuni su 4 (Matera e Nuoro) anche quello sulla cittadinanza supera i voti ricevuti dal neo Sindaco.
Scontato?
 
Andando oltre il confronto referendum - amministrative dell'8 e 9 giugno questo dato ha conferme.
 
A Genova, dove 15 giorni fa si è votato per l'Amministrazione. La neo Sindaca, Silvia Salis, è stata eletta con 124.720 voti. La somma di 65.960 andati al PD, di 15.705 di AVS, di 11.583 del M5S, più liste civiche. Nel Referendum di domenica i SI alle modifiche del Jobs Act hanno oscillato tra i 154.892 e i 157.812 sostenitori, mentre i SI per estendere la cittadinanza si sono fermati a 117.506.
 
In Emilia Romagna ad esempio i SI sono andati dal 1.108.127 del primo quesito al 1.097.082 del quarto, fer fermarsi a 811.387 SI sulla cittadinanza. Il Presidente della Regione Michele De Pascale, lo scorso 17 novembre è stato eletto con 922.150 voti.
 
A Bologna città i SI espressi sono andati da 126.449 (referendum sui licenziamenti illegittimi) a 124.645 (sui limiti indennità). Matteo Lepore nell'ottobre 2021 è stato eletto Sindaco con 94.565 voti. E qui, come  a Matera e Nuoro, si registra un elemento ulteriore: con 108.846 SI anche i sostenitori del riconoscimento della cittadinanza italiana a migranti residenti stabilmente da almeno 5 anni, superano i consensi che hanno eletto il Sindaco.

Per curiosità (ed amicizia) un occhio anche a due piccoli comuni del Vento e dell'Abruzzo. 
A San Martino di Lupari, provincia di Padova, i SI al primo quesito sul lavoro sono stati 1.861 e quelli sulla cittadinanza 1.355. In occasione delle ultime Comunali il candidato PD ha contato 410 voti (classificandosi 5°, dopo Destre e Civici vari) mentre alle elezioni europee del 2024 il PD ha ottenuto 878 voti, AVS 261, il M5S 174, Pace Terra Dignità di Michele Santoro 77
A Celenza sul Trigno, provincia di Chieti, i SI contro i "licenziamenti illegittimi" sono stati 257 e 186 quelli pro cittadinanza dopo 5 anni. Alle ultime europee: PD 98 voti, M5S 30, AVS 19, Pace Terra Dignità 9.
 
Piena consapevolezza che queste sono solo prime valutazioni politiche e culturali senza alcuna pretesa istituzionale o di legittimità.

Resta il fatto che esse hanno una indubbia valenza per chi è interessato a confrontarsi e a costruire, partendo dalle esperienze vissute, comunità più solidali ed alleanze sociali e di governo alternative al sistema di potere in crisi, più rappresentative del diffuso bisogno di cambiamento in direzione del riconoscimento di beni comuni essenziali e di diritti e doveri universali delle persone.

Riconoscerlo pare importante per non fermarsi alle battute banali ed alle semplificazioni interessate che rimuovendo fatti, bisogni ed aspirazioni, movimenti in essere e problemi di vita quotidiana, ributtano il confronto in scontri autoreferenziali tra politici subalterni e senza sensibilità e progetto, spesso alimentati da giornalisti e commentatori funzionali a perpetuare il dominio di editori proprietari interessati a preservare controllo e potere in essere.  


La prima pagina del più venduto quotidiano italiano sui referendum ... (10 giugno 2025)








I messaggi del secondo giornale (per vendite) del Belpaese ... (10 giugno 2025)
 







I titoli in prima pagina su il Resto del Carlino - Quotidiano Nazionale, il più letto a Bologna e in Emilia Romagna ... (10 giugno 2025)
 







La vignetta di Vauro su il Fatto Quotidiano ... (10 giugno 2025)














La vignetta di Natangelo: "dopo il referendum" ... (il Fatto Quotidiano, 11 giugno 2025)














In "Altroparere" su il Fatto Quotidiano, scrive Raniero La Valle: "La democrazia è deperita e il quorum non si raggiunge non a causa dei quesiti ma perché si è rotta la coesione nazionale" ... (11 giugno 2025)
 



















Associazioni, comitati, movimenti ecologisti in campo (presso il parco antistante la ex Caserma Sani, a Bologna) con una imminente iniziativa: venerdì 13 giugno, Festa Spaziale ... Una occasione di incontro e di confronto!




















L'area "si estende per circa 10 ettari tra Bolognina e Fiera ... Gli spazi pubblici devono rimanere pubblici! Basterebbe poco, ma nulla accadrà se non ci mobilitiamo" 






"Verso la Foresta delle Ecologie Urbane" promuove un Trekking urbano e passeggiata di quartiere": sabato 14 giugno, ore 14 al DLF e ore 18 all'Ippodromo ...













Il manifesto per la Marcia nazionale da Marzabotto a Monte Sole "Save Gaza, fermate il Governo di Israele": appuntamento domenica 15 giugno, ore 11 ...










7 commenti:

  1. Che lavorone!
    Mi appunto:
    1. Si registrano rapporti di forza in movimento, ancora sfavorevoli al cambiamento
    2. Ne portano responsabilità anche sindacati incapaci fin qui di progetti forti e di alleanze con i movimenti per il disarmo, l'ecologia, la casa, i diritti (hai dimenticato donne!?)
    3. C'è però nel Si un risultato che va valorizzato senza rincorrere culture di destra ed anche i liberisti Calenda & Renzi, i pattisti Bonaccini & de Pascale o i sinistri Lepore & Clancy
    Ho forzato?
    L.

    RispondiElimina
  2. Quindi c'è gente che ha sceto 5 volte si ai referendum che non ha votato né Matteo, né Michele per il Comune e per la Regione. Forse sente i dirigenti del pd distanti dal mondo del lavoro e dalle periferie.
    Va mo la!

    RispondiElimina
  3. L'ennesima lezione. Speriamo serva.
    s.

    RispondiElimina
  4. Per me la si è giocata male da troppe parti.
    "Avviso di sfratto" al governo?
    No è, questo referendum andava condotto sul merito. Anche la Meloni e molte suoi elettori erano almeno contro il Jobs Act di Renzi. Sula cittadinanza c'è la si giocava, ma questo è nei fatti un altro problema ancora. I radicali.
    Titti

    RispondiElimina
  5. Mi convincono diverse considerazioni.
    Innanzitutto il rispetto verso gli elettori e i promotori del referendum. Quello che pochi fanno parlando di fallimento o di flop. Chi ha fatto ricorso ad uno strumento previsto dalla costituzione e chi è andato a votare ha nostrano attaccamento alla democrazia e passione civile molto maggiore di chi si è sottratto al confronto e alla conta.
    Poi trovo molto giusti i riferimenti al fatto che il ripristino dei diritti dei lavoratori hanno riscosso maggiori consensi di quanti ne hanno ricevuti Giorgia Meloni che fa il presidente del consiglio dei ministri o i presidenti di regione dell'Emilia Romagna (anche Bonaccini) e i sindaci di Bologna (anche Merola). Dunque delle due: o si riduce il quorum per validare i referendum o si chiede che per eleggere autorità politiche che decidono per tutti noi, ci vogliano maggioranze qualificate. Bonaccini può esercitare il potere se è votato dal 60% sel 37%?
    Infine, concordo sulla responsabilità del sindacato e dei partiti nel non essere riusciti a praticare attività e progetti di più generale trasformazione sociale e alleanze sostanziali. Vedo anch'io un ripiegamento interno di lunga data e un eccesso di relazioni con la politica amica o il management che concorda contratti aziendali favorevoli ai dipendenti ma a scapito della collettività.
    In conclusione. Correggere gli errori fatti non significa abbandonare critiche e lotte. Ma moltiplicare le capacità di rappresentanza del lavoratori e di dialogo con culture e movimenti sociali. Insomma sburocratizzare le camere del lavoro e rinnovare i corpi intermedi.
    Ciao!

    RispondiElimina
  6. Molto interessante anche lo scritto di R. La Valle.
    Qui è in crisi la coesione del Paese. Il riconoscersi nella sua Costituzione. Quando per ottenere un risultato si prova a fattore l'avversario sociale e/o politico senza manco considerarlo ...... e la volta successiva le parti si invertono ...... siamo al disconoscimento della democrazia.
    E le vicende nazionali sono parte di una involuzione più generale.
    Putin, Netanyahu, Trump, bin Salman, Macron, Kameney......
    BM

    RispondiElimina
  7. Siamo in una società liquida (vedi Bauman). Non esiste più il legame di classe. Tanta gente stà ancora bene, i giovani in gran parte sono ignoraanti, i pensionati tirano a campà, c'è poco da fà.

    RispondiElimina