domenica 20 agosto 2017

Non avere paura di farsi qualche domanda

Brava Ada Colau a convocare subito una manifestazione a Piazza de Catalunya, nemmeno 24 ore dopo l’orribile massacro. Bravi i barcellonesi che a centinaia di migliaia hanno risposto all’appello gridando «no tinc por». E bravi i cittadini globali che si sono uniti a loro, piangendo per la ferita inferta alla città simbolo dell’accoglienza e dell’inclusione, ma anche per le proprie vittime: impressionante la cifra di 35 nazionalità. Hanno espresso, oltre alla pena per i corpi maciullati, la protesta per l’insulto che è stato fatto a quello che viene chiamato il «nostro libero modello di vita».
E però c’è qualcosa che non mi convince nella ormai ripetuta proclamazione dei nostri valori, non sono certa che la nostra idea di libertà sia davvero così acriticamente proponibile ad un mondo in cui la maggioranza degli esseri umani ne sono stati privati.

So bene che a proporre questo discorso si entra su un terreno scivoloso, quasi si volesse negare l’importanza dei diritti e delle garanzie individuali che la Rivoluzione francese ci ha conquistato, così come il sistema democratico-borghese che accorpa oramai quasi tutto l’occidente. Non vorrei scambiarlo con nessun altro sistema attualmente vigente, quale che sia la sua denominazione. Per questo, del resto, penso si debba difendere un’idea di Europa che lo salvaguardi dal vortice terrificante che attraversa il mondo.
E però non posso non chiedermi se questo modello, questa idea di libertà, possono davvero risultare convincenti per chi ne vive la contraddizione, per chi abita l’altra faccia del modello: una moltitudine di esseri umani, quelli che disperatamente attraversano il Mediterraneo e vengono respinti; chi vive nelle desolate periferie urbane e patisce una discriminazione di fatto (no, non «legale», per carità!); chi abita i villaggi del Sahel o mediorientali.
La nostra orgogliosa riaffermazione «non abbiamo paura» ha certamente un senso molto positivo: vuol dire non sopprimeremo la libertà, non ricorreremo ad antidemocratiche misure di polizia, non ridurremmo per garantirci sicurezza le nostre libertà. È un messaggio importante ed è bello che a Barcellona sia stato riaffermato a Piazza de Catalunya. Ma non basta, e, anzi, ripeterlo, se non ci si aggiunge qualche cos’altro, rischia di essere controproducente.
Siamo tutti consapevoli che la disfatta che l’Isis sta subendo sul territorio non rappresenta affatto la fine della minaccia terrorista. Che, anzi, lo smantellamento delle sue roccaforti potrebbe rendere anche più intenso il ricorso alle azioni di gruppo, o persino individuali, che colpiscono senza possibilità di prevedere come e dove. Sappiamo oramai anche che è ben lungi dall’essere esaurito il reclutamento di giovani jihadisti pronti a morire. Che provengono dall’Oriente, dal Sud, ma sempre più spesso anche dalla strada accanto. Contro di loro non c’è polizia che tenga, una sicurezza militare è impossibile.
La sola ancorché ardua via da imboccare sta innanzitutto nell’interrogarsi su cosa muove l’odio di questi ragazzi. Non l’abbiamo fatto abbastanza. Non ci riproponiamo la domanda con altrettanta forza quando ribadiamo la superiorità della nostra idea di libertà. E così questo nostro atto di coraggiosa resistenza rischia di suonare inintellegibile a chi di quella libertà gode così poco. Perché chiama in causa non solo il nostro orrendo passato coloniale, le responsabilità per le rapine neocoloniali del dopoguerra, il razzismo di fatto, le sanguinose, offensive guerre che continuiamo a produrre con la scusa di portar la democrazia. Queste sono responsabilità di governi che anche noi combattiamo, anche se dovremmo farlo con maggiore vigore. ( Ha ragione Ben Jelloun che si è chiesto perché non abbiamo portato dinanzi alla Corte per i delitti contro l’umanità il presidente Bush, il maggiore artefice dell’esplosione jihadista).
E però c’è qualcosa che tocca a noi, proprio a noi di sinistra, fare: ripensare il nostro stesso, superiore modello di democrazia, ripensarlo con gli occhi dell’altro, dell’escluso, sforzarsi di capire la rabbia che induce al martirio. Non per giustificarlo, per carità, e neppure per chiudere gli occhi sulle occultate manovre di potere che guidano e finanziano il terrorismo. Ma – ripeto – per capire e impegnarsi a ripensare il nostro stesso modello di civiltà, all’ individualismo che la caratterizza, tant’è che la democrazia la decliniamo sempre più in termini di diritti e garanzie personali, non come rivendicazione di un potere che deve riuscire a liberare l’intera umanità.
Penso che questo bisognerebbe gridarlo nelle piazze, aggiungendo un impegno politico al «non abbiamo paura».
L’Europa, che gli attentati vogliono colpire, è forse il meglio di questo orrendo mondo globale, ma non è innocente, non può essere riproposta semplicisticamente come punto d’approdo del processo di civilizzazione.

Luciana Castellina, il manifesto, domenica 20 agosto

17 commenti:

  1. Trovo discutibile "non abbiamo paura" quando l'esercito e le barriere presidiano le nostre città ... Mi sembra più giusto ammettere che dobbiamo aggiustare il tiro su molte cose che non vanno per il verso giusto .....
    Perché da molti anni i terroristi crescono e pure le guerre infinite e la crisi ... Vogliamo continuare così?
    VR

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    1. Guai continuare così.
      La spirale del terrore, delle guerre, della paura va interrotta.
      Riconoscendo diritti e doveri universali, investendo più risorse per la conversione ecologica e pacifica dello sviluppo, combattendo fame e povertà, lavorando alla qualità delle relazioni sociali e culturali. Solo un pensiero globale ed una coerente azione locale possono sconfiggere isolamento, degrado e morte.
      Gianni

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  2. Siccome nel mondo vige la legge del più forte, non c'è da stupirsi della iniziativa di quelli che provano a scalare le posizioni con i mezzi che hanno.
    Esemplifico con tre domande:
    1) è lecito il nucleare?
    2) va riconosciuta l'autodeterminazione dei popoli?
    3) le elezioni sono il massimo della democrazia?
    Le risposte non sono scontate.
    1) perché il Pakistan si e la Corea del Nord no?
    2) perché gli ucraini si è i curdi no?
    3) perché in Egitto si riconosce il generale al Sisi che ha destituito il presidente eletto Morsi?
    Raffa

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    1. Le evidenti contraddizioni del presente vanno superate con progetti chiari e lungimiranti.
      Se vogliamo eliminare le guerre e il terrorismo dobbiamo innanzitutto ridurre la produzione di armi e le spese militari, superare ovunque il nucleare.
      L'autodeterminazione dei popoli è un principio universale che va sostenuto insieme a nuovi istituti di governo mondiale rappresentativo, riconosciuto ed autorevole (vogliamo dire una "ONU 2.0"?)
      Le elezioni a suffragio universale sono uno strumento fondamentale della democrazia; oggi può e deve coniugarsi con altri fondamentali strumenti di conoscenza e di partecipazione popolare.
      Le comunità debbono vivere, crescere, riconoscersi, rinnovarsi quotidianamente per vincere insieme le sfide che si presentano.
      Gianni

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    2. Va bene, ma i progetti chiari e lungimiranti di cui parli vanno in direzione uguale e contraria rispetto a quanto si sta facendo e sostenendo da parte di tutte le più importanti potenze economiche e militari: USA, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia, etc.
      Raffa

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  3. Su Barcellona. Ancora una volta i terroristi sono stati uccisi e non arrestati.
    Sugli stragisti. Inducono al riarmo e alla militarizzazione delle nostre società.
    Si possono trarre prime conclusioni?
    Ciao!

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    1. In Spagna risulta ci siano alcuni arresti ... Pare anche che uno stia confermando gli obiettivi più ambiziosi del gruppo jihadista.
      Conclusioni? Battersi per fermare la spirale terrore - paure - guerre - riarmo. Unire persone e forze per uno sviluppo eco compatibile e pacifico. Per cambiare gli investimenti pubblici e privati.
      Gianni


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  4. La verità è che si procede per opposte narrazioni costruite a prescindere dai fatti.
    Da un lato la lettura identitaria di gruppi di potere politici orientali (altro che religiosi!), dall'altro governanti occidentali bugiardi che costruiscono prove false (altro che democrazia!).
    In mezzo le vere vittime, i sudditi approfittatori, consumatori o nullatenenti.
    pl

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    1. Si, le vittime che da sudditi possono trasformarsi in soggetti protagonisti del cambiamento ... Proviamoci.
      Gianni

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  5. Considerando i risultati realizzati negli ultimi tempi continuiamo pure a farci domande ..... Tuttavia dovremmo avere imparato che servono anche risposte ed iniziative. Non come quelle di Minniti per favore, che "giocano" sulla pelle delle vittime, dal Mediterraneo a Roma.
    Con il blocco a sud ha forse fermato la tratta mondiale di migranti?
    Con gli sgomberi ha forse dato assistenza ai profughi eritrei ed etiopi?
    Anche lui (PDS-DS-PD) solo forte coi deboli!
    BiBi

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    1. Certo che occorrono proposte ed iniziative. Ci mancherebbe.
      Penso tuttavia che continuare a farsi domande sia funzionale a capire i diversi interessi ed obiettivi in campo.
      Un esempio?
      Vogliamo fronteggiare una grande questione umanitaria internazionale (quella dei migranti per cause sociali o ambientali) oppure intendiamo garantire alcuni specifici interessi nazionali (tra cui quelli di frenare l'arrivo di stranieri e tutelare i commerci e la compravendita di materie prime e prodotti)?
      Ovvio che diverse risposte comportano proposte ed iniziative conseguenti.
      Gianni

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  6. Nei giorni scorsi sono stati evidenziati i buchi nella sicurezza alla stazione centrale di Bologna e alla T pedonalizzata nei fine settimana.
    Ma è davvero possibile tutelare i cittadini da possibili attacchi terroristici? Quanti potenziali obiettivi si dovrebbero presidiare?
    L.

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    1. Molti. Moltissimi.
      Per cui non credo che le priorità possano e debbano essere la difesa dei potenziali obiettivi e la militarizzazione delle città. Per difenderci da terrorismo e guerre infinite privilegerei innanzitutto azioni di "intelligence", pace, disarmo, cooperazione, sviluppo sostenibile.
      Gianni

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  7. Io penso che i terroristi vadano sconfitti, che le guerre siano sbagliate, che i migranti vadano ospitati, che i reati vadano puniti, che i poliziotti debbano fare rispettare e rispettare le leggi.
    No?
    Sic

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    1. Io penso che Macron - Gentiloni - Merkel siano solo degli imbroglioni che provano a fermare i migranti in Africa per non averli in Europa. Pagheremo là poliziotti e regimi inaffidabili per controllare i confini e non ci occuperemo minimamente dei problemi ambientali e delle persone in fuga dai loro paesi.
      Raffa

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