giovedì 2 maggio 2019

Dalla Spagna all'Europa

Il nuovo Parlamento del Regno di Spagna (la Repubblica, 30 aprile 2019)


















Il voto di domenica nel Paese della Unione Europea che (attualmente) registra il 5 posto per popolazione (dopo Germania, Francia, Inghilterra e Italia) impone alcune prime riflessioni.
1. Gli spagnoli si sono recati alle urne per scegliere i propri rappresentanti per la terza volta in quattro anni, per la quinta in undici anni: lo avevano fatto anche nel 2008, 2011, 2015 e 2016.
Si può, dunque, dire che il ricorso al voto dei cittadini è una scelta naturale in una democrazia che fatica a trovare maggioranze politiche solide e stabili, compromessi più o meno storici o "contratti" comprensibili?
Almeno possiamo sostenere che elezioni politiche a suffragio universale appaiono più logiche, accettabili e rispettose della sovranità popolare rispetto a decisioni di alleanze politiche pasticciate, forzate dalla volontà di pochi "capi" o determinate dalla transumanza (per opportunismo o interesse individuale) di tanti singoli deputati (o senatori) che nel corso di legislatura passano da un partito a un'altro (come avvenuto ripetutamente in Italia).

2. In 11 anni lo scenario politico è decisamente cambiato.
Allora due partiti raccoglievano oltre 21 milioni di voti, quasi l'84% dei votanti, ben 323 seggi su 350. Erano i Socialisti del PSOE con oltre 11 milioni di consensi, il 43,9% e 169 deputati. Subito dietro i Popolari con oltre 10 milioni, quasi il 39,9% e 154 deputati. La terza forza, staccata e pressoché irrilevante, era la Sinistra Unita che non raggiungeva il milione di preferenze, un modesto 4% e solo 2 deputati.
Domenica scorsa quei due partiti storici hanno raccolto complessivamente meno di 12 milioni di voti, che rappresentano il 45% delle espressioni ed eleggono 189 deputati (su 350). Il PSOE si ferma sotto i 7 milioni e mezzo ed il PP non raggiunge i 4,4 milioni (percentuali e seggi sono indicati nel grafico di apertura).
Al contempo, sono sorte e si sono consolidate 3 nuove forze politiche.
A sinistra Unidas Podemos che conta oltre 3 milioni di voti.
Al centro Ciudadanos che supera i 4 milioni.
A destra Vox che sfiora i 2,7 milioni.
Contemporaneamente sono cresciute forze autonomiste ed indipendentiste: in Catalogna la Sinistra Repubblicana sfonda quota 1 milione e Junts per Catalunya raggiunge i 500 mila voti; nei Paesi Baschi il Partito Nazionale raccoglie 400 mila consensi; crescono altre esperienze e liste nella Comunità Valenciana, in Galizia e nelle Canarie.
Questa evoluzione politica chiama in causa contemporaneamente i partiti che hanno governato a Madrid (alternandosi) e l'Unione Europa (insieme).
Socialisti e Popolari (in Spagna come in Europa) hanno proposto: in economia ricette più o meno liberiste che non sono state in grado di corrispondere ai problemi ambientali e sociali emergenti; in politica approcci più o meno conservatori e comunque assolutamente inadeguati a rappresentare le nuove domande dei popoli e le crescenti richieste di conoscenza e di partecipazione. E' forse il caso di ricordare che la Spagna (che pure fu Repubblica prima del franchismo) è ancora una Monarchia, dove i poteri del Re sono rilevanti? Possiamo dimenticare che una parte significativa della classe dirigente del Parlamento catalano è oggi in carcere?

3. E' aperta e irrisolta la sfida per il Governo della crisi e del necessario cambiamento.
I dirigenti del PSOE - il partito che negli ultimi mesi ha espresso il Governo spagnolo, in accordo con la sinistra di Podemos e in discontinuità con il passato, e che esce dal voto di domenica come prima ed essenziale forza di governo - per ora hanno preso tempo. Il segretario Sanchez e vari dirigenti hanno dichiarato che vogliono parlare "con tutti i partiti" e che per costituire il Governo si andrà a dopo il voto europeo ed amministrativo (si vota tra l'altro a Madrid e Barcellona) del prossimo 26 maggio.
Non è (naturalmente) un problema di tempi. In fondo si tratta di poche settimane, a confronto dei mesi impiegati dopo il voto politico in Germania (da Angela Merkel) e in Italia (per formare il Governo Conte).
E' (piuttosto) un problema di indirizzi, progetti, interlocutori e alleanze. Su cui discutere, subito.
Perché appare necessario sciogliere nodi progettuali, concreti, essenziali ancora controversi:
a. Come si risponde (nei singoli paesi e nel mondo intero) alla mobilitazione ed alle critiche radicali di Greta Thunberg e della nuova generazione che riempie giustamente le piazze delle città europee per assicurare una conversione ecologica delle produzioni e della organizzazione della vita delle persone?
b. Come si agisce per affermare i diritti ed i doveri universali dei cittadini alla salute, alla sicurezza, alla conoscenza, alla formazione, al lavoro negli anni della globalizzazione e della rivoluzione tecnologica? Considerando cioè le aspirazioni essenziali ed irrinunciabili delle persone che vivono sul Pianeta come priorità rispetto alle merci, ai commerci ed agli affari sicuramente necessari per migliorare le nostre comunità e le persone; evitando guerre, povertà e fame.
c. Come si rinnovano le Istituzioni comunitarie locali, nazionali, continentali e mondiali per ordinare e garantire lo sviluppo civile e democratico? Quali riforme e pratiche perseguire per garantire Istituzioni pubbliche più rappresentative ed autorevoli nei confronti dei poteri economici - finanziari privati sempre più "inafferrabili" e per assicurare rispetto di culture, storie ed aspirazioni di autogoverno oltre le "logiche" aggressive e disumane dei nuovi nazionalismi?

Ecco alcuni temi che sarebbe utile discutere, approfondire, declinare meglio nella prospettiva dei prossimi decisivi appuntamenti politici che attendono l'Europa tutta e i singoli paesi, dalla Spagna all'Italia, dall'Inghilterra alla Grecia.

La pagina del Corriere della Sera sul voto in Spagna (30 aprile)

























L'intervista della Presidente del PSOE a il manifesto (30 aprile)

























Marco Travaglio su il Fatto Quotidiano sottolinea le differenze politiche
tra Spagna e Italia, tra PSOE e PD (1 maggio 2019)

4 commenti:

  1. Mi pare utile considerare che il PS spagnolo ha recuperato voti dopo la svolta a sinistra che lo ha portato alle misure bene riassunte nell'articolo di Travaglio.
    Come è successo con Corbyn in GB.
    In Italia il PD non ha prodotto questo cambio di priorità politiche. Zingaretti per le europee si è accordato innanzitutto con Calenda e Renzi mantiene ancora il controllo dei gruppi parlamentari e siede ancora a mangiare popcorn e a godersi lo spettacolo degli incapaci al governo.
    Beato lui che può. Noi restiamo nelle periferie a respirare smog e ad augurarci che un ministro della paura ci salvi dai mafiosi e mantenga quota 100 per molti anni.
    L.

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  2. Il socialista Sanchez ha acquisito il diritto di costituire il nuovo Governo spagnolo. Ma la scelta di "fare da soli" è debole.
    Penso dovrà scegliere tra Podemos (per un programma di sinistra e di democrazia partecipativa) e Popolari (in sintonia con una possibile Europa post 26 maggio).
    La questione catalana è l'altra vera mina vagante. Ci sono ancora i leader di ERC (decisivi per una possibile maggioranza di sinistra) in galera....
    Risolverla politicamente (con un accordo) e non con la forza mi pare il banco di prova più delicato anche per le posizioni espresse dal Re.
    Ciao!

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  3. 1. Certo che in democrazia votare è naturale, tuttavia non è detto che il voto frequente cambi i rapporti di forza. Dunque potrebbe essere tempo perso. Del resto la Spagna non è molto più avanti di noi.
    2. Popolari e socialisti sono in crisi in tutta Europa, tuttavia è difficile dire che i nuovi siano più affidabili. Vogliamo parlare di Orban o dei Gilet gialli?
    3. Discutere di contenuti è giusto, tuttavia poi molto dipende dalle alleanze possibili. Nelle politiche di Conte non è irrilevante che ministro degli interni sia Salvini, no?
    Antonio

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  4. Sottolineo 2 elementi che considero importanti.
    Il primo. In Spagna i socialisti si sono presentati agli elettori sfidando la destra con politiche sociali ed economiche progressiste. Non sono quelle che il PD ha perseguito ai tempi di Monti, Letta, Renzi e Gentiloni. Né quelle su cui ora Zingaretti-DeMicheli polemizzano con i "populisti", come se 5S e Lega fossero assimilabili.
    Conclusione. La sinistra si caratterizza e mobilita gli strati sociali produttivi e popolari se pratica scelte di giustizia e di liberazione.
    Il secondo.
    Il riferimento ai valori dell'umanesimo socialista e cattolico sociale è decisivo per rendere efficace l'appello all'antifascismo. In Spagna la partecipazione al voto è stata alta e superiore a quella del passato, quando i socialisti facevano concorrenza ai popolari seguendoli e praticando politiche moderate e liberiste.
    Conclusione. Per i cittadini il confronto deve essere chiaro. Se pasticciato, non mobilita.
    pl

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