mercoledì 14 giugno 2017

Il voto? Meglio studiare!

Il cartello di un giovane per Ambiente alla base, non al vertice (11 giugno 2017).

















Non facciamoci ingannare.
Ancora una volta approfondiamo le conoscenze, i dati, i processi profondi che scuotono le società, le nazioni, l'Europa.
Sono in circolazione troppi, superficiali ed interessati, propagandisti. Di ogni risma: politici comici come comici politici; trasformisti o prestanome, meteore che passano veloci o personaggi per tutte le stagioni.
In Francia.
Il "trionfo" di Macron va riportato alla dura realtà.
Con meno di un terzo dei consensi tra coloro che hanno votato (il 50% degli aventi diritto; pochi, pochissimi per una delle patrie della democrazia) conquisterà una larghissima maggioranza (forse i due terzi) del Parlamento.
Chi rappresenterà nei prossimi anni l'articolazione, i problemi e la ricchezza del popolo francese?
Chi si occuperà, nelle istituzioni, di affermare le libertà, l'uguaglianza, la solidarietà che hanno reso questo Paese famoso nel mondo e che restano sicuramente al centro di aspirazioni diffuse non solo fra "les citoyens francais"?

In Gran Bretagna il sistema maggioritario che ha retto per tantissimo tempo (studiato e proposto ancora oggi come "modello") rende ora difficilissimo (anche) il governo.
Contro molte previsioni (interessate!), ottiene un risultato importante (sorprendente?) Jeremy Corbyn, un "vecchio" ed onesto politico socialista (avversato da tanti dirigenti e parlamentari del suo stesso partito, il Labour, ancora nostalgici di Tony Blair, il bugiardo autoconfesso).
E, così, la seconda prova di forza consecutiva voluta da un capo dei Conservatori inglesi (i Tory) non va in porto e la prova di forza della signora May conquista solo una parte della destra nazionalista di quel Paese (contribuendo a svuotare l'UKIP, il partito di Nigel Farage) e alimenta una fiammella di speranze (soprattutto tra i giovani) per un radicale cambiamento sociale, politico e culturale.

Ma veniamo all'Italia.
Dove una lettura minimamente più attenta alle prime sommarie tesi diffuse "a reti unificate" pare smentire un ritorno al tradizionale confronto - scontro tra Centrodestra e Centrosinistra o, volendo, ad una più raffinata "sfida PD - destra/e" con tutti gli altri "fuori".
No, il voto di domenica conferma un pluralismo politico ricco ed articolato. Con una partecipazione critica da considerare.
Intanto perché il voto per il rinnovo delle Amministrazioni comunali mette in campo forze, interessi e comitati elettorali diversi da quelli che si mobilitano per le Istituzioni nazionali o europee. Basti osservare la quantità di liste civiche in campo (in più casi anche una decina a sostegno di un solo candidato).
Poi perché la vita sempre più asfittica e contraddittoria di partiti e movimenti politici induce molti elettori ad usare il voto e il "non voto" con raziocinio e motivazioni politiche fin qui sconosciute.
Dunque, "meglio non vendere la pelle del Grillo", come dice Ilvo Diamanti, "prima di averlo catturato davvero" e studiare, più che le percentuali, i voti (ed i "non voti") effettivamente espressi.

Perché, provando ad approfondire, si colgono alcuni elementi e/o tendenze comuni.
1.
La crisi del PD di Renzi, nonostante il ritorno del segretario decretato dalle primarie dopo la sconfitta al referendum. Una crisi politica e di classi dirigenti, frutto di mancanza di strategie di medio e lungo periodo, di analisi convincenti e di progetti conseguenti, di "visione" del Paese e delle comunità che si vogliono costruire.
Ovunque il PD arretra nei consensi (in particolare si controlli ad Asti, Padova, Gorizia, La Spezia, Piacenza, Taranto e Catanzaro). Pochissime le eccezioni.
Tutti i Sindaci uscenti in competizione nei capoluoghi di provincia (Alessandria, Monza, Lucca, Pistoia, Rieti) perdono voti, in diversi casi alleati (di sinistra) e sono costretti al ballottaggio.
Gli unici Sindaci eletti al primo turno con il sostegno dei Democratici (Orlando a Palermo e Borgna a Cuneo) erano stati eletti (5 anni fa) da schieramenti alternativi e in competizione con i candidati del PD.
Insomma pare proprio che le contraddizioni locali siano il portato di politiche neo-liberiste, di impoverimento sociale e delle autonomie locali. E queste, unite alla "vocazione maggioritaria" e ad una gestione "a vista" e ondivaga delle alleanze (intanto alleati di Alfano e Verdini; domani forse di Berlusconi o forse di Pisapia) non risultano apprezzate.
2.
La crisi riguarda tutto il Centrosinistra. La sua credibilità come alleanza politica per un cambiamento profondo, all'altezza delle necessarie trasformazioni produttive e di organizzazione della vita delle persone. Perché a livello locale come internazionale le esperienze evidenziano (ancora e sempre) pratiche inaccettabili di subalternità ai poteri economici e finanziari consolidati, una gestione piatta ed autoritaria delle istituzioni, una distanza insopportabile dai bisogni, dalle aspirazioni e dalle domande di conversione ecologica e pacifica dello sviluppo e di partecipazione dei cittadini.
A Genova il candidato "unitario" PD - MDP Art.1 - SI raccoglie 76 mila voti, contro i 127 mila del Sindaco uscente, l'arancione Rossi Doria che, logorato dai contrasti nella sua ampia maggioranza, ha rinunciato ad un secondo mandato. Crivello va, così, al ballottaggio con 12 mila voti in meno del candidato del Centrodestra. Ma ora, per recuperare e prevalere, ha bisogno di altri elettori.
Gli esempi locali potrebbero continuare.
Si conferma, dunque, angusto ed inadeguato il progetto di "tornare all'ispirazione originaria" del Centrosinistra o dell'Ulivo, nelle sue varie declinazioni (Pisapia, Prodi, Bersani o D'Alema).
Mentre fanno riflettere i risultati francamente modesti della "sinistra - sinistra" salvo poche interessanti originalità: a Padova del candidato di Coalizione Civica (progressista) ed a Taranto dei candidati di liste civiche di sinistra e/o ecologiste.
3.
La presenza e la consistenza diffusa di un robusto e plurale insediamento sociale e culturale di destra. Che, quando riesce ad unirsi, fa valere i propri numeri. Raramente maggioritari (tra i capoluoghi, solo a Frosinone elegge il sindaco al primo turno) ma, comunque, espressione di una parte significativa di popolo. In tutto il Paese, tra i ceti medio - alti e nelle periferie. Non più in caduta libera, come registrato in precedenti elezioni, ma ancora, quasi ovunque, in flessione. Con Forza Italia quasi sempre sotto il 10% e con uno spostamento di equilibri verso la Lega di Salvini: a Genova, primo partito a sostegno di Bucci; a Lodi, Monza e Piacenza pure; a La Spezia e Pistoia secondo, dopo Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni; a L'Aquila secondo, a 3 punti da FI.
In sintesi, un'area politica in movimento e da considerare.
4.
Il Movimento 5 Stelle paga (per la prima volta) un prezzo alle proprie contraddizioni: alle deludenti prove di governo (soprattutto a Roma), ai conflitti interni (tre candidati sindaco "grillini" o "ex grillini" a Genova; indagini ed irregolarità a Palermo; progressivo isolamento e contrasto ai primi sindaci eletti 5 anni fa, da Parma a Comacchio), alle ambiguità progettuali e politiche su questioni rilevanti (soprattutto immigrazione e legge elettorale).
Non solo non consolida a livello locale i voti conquistati alle politiche (o per l'Europa) ma, pure estendendo la propria rappresentanza in quasi tutti i comuni dove non era ancora presente, alterna avanzamenti ed arretramenti rispetto alle precedenti amministrative.
Avanza a Palermo e a Genova, pure perdendo tutto il precedente gruppo consigliare (candidato con una Lista alternativa) e la prima candidata scelta via internet (altra Lista in competizione). Avanza in altre città, ma sempre senza sfondare (da Asti, dove raggiunge di misura il ballottaggio, a Taranto).
Ma in diverse città perde voti (da Padova, a Verona, a Piacenza) e sindaci (da Parma a Mira). In alcuni casi rinuncia a competere (come a Budrio, nel bolognese, dove pure aveva sfiorato la vittoria).
Per un Movimento che si propone di "aprire il sistema come una scatoletta" e di "cambiare aria" è una indubbia battuta d'arresto.
Presto sapremo se una opportuna e fruttifera "crisi di crescita" o l'avvio di una involuzione e di un rapido declino.

Una cosa è certa. Chi è davvero interessato a costruire un futuro migliore non si può certo accontentare di analisi sommarie e di qualche amministratore locale in più.
Oggi, più che mai, è necessario capire e riflettere per adeguare strategie, progetti ed iniziative alle priorità che impone la crisi ambientale e sociale, di civiltà e di democrazia che l'Italia e il mondo vivono.
Oggi, più di ieri, i giovani che scrivono sui cartelli "Houston chiama Terra, avete un problema" ... meritano risposte.

14 commenti:

  1. Sono anche i frutti malsani di una assurda personalizzazione della politica.
    s.

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  2. No. Studiare è faticoso. Come discutere con amici e contendenti. Per trovare soluzioni condivise.
    È più facile copiare, ripetere, dire.
    Perché approfondire? È tempo di semplificare!
    Così che tutti possano decidere. Non pochi secchioni, i primi della classe. Quelli che non hanno altri interessi e passioni ......
    Élite separate dal popolo.
    Mario Cinico

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    1. Chi dice che l'approfondimento contraddice la semplificazione?
      Solo conoscere e capire davvero ciò che succede consente di individuare le priorità.
      Esempio. La Francia. Il "trionfo" di Macron oggi "si conferma" con il secondo turno delle elezioni per l'Assemblea Nazionale, dove En Marche conquista una grande maggioranza di deputati (360-400). Al contrario del Front National di Marine Le Pen che elegge 4-6 rappresentanti.
      Tutto bene?
      Oppure una superficialità, che nasconde una verità ed una realtà che, se non colta, rischia di sbagliare valutazioni, giudizi, prospettive?
      Meglio sapere che quella nuova maggioranza assoluta è il risultato della adesione alla proposta del nuovo Presidente Francese di meno di un terzo di meno della metà degli elettori aventi diritto al voto.
      Altro che "maggioranza dei francesi" con Macron.
      Almeno per il momento il vero trionfo è quello delle astensioni!
      Insomma, il Parlamento francese è governato da una minoranza politica-sociale-culturale che vive dell'astensione dei più e di un sistema elettorale maggioritario che cancella o riduce più forze politiche ed elettorali attorno al 20%.
      Insomma, la vivacità, le diversità e le individualità che compongono la Francia di oggi non trovano adeguato riscontro e rappresentanza.
      Dunque, tutto bene?
      Sicuramente regole rispettate. Tuttavia, meglio sapere di questa grande contraddizione democratica. E considerarla.
      Salvo amare sorprese. E brutti risvegli.
      Gianni

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  3. In effetti troppi politici NON studiano. Prendiamo la questione migranti.
    Parlano di emergenza migranti. Ora anche di Maio. Quando sappiamo tutti che i processi di milioni di persone dal Sud al Nord dureranno decenni e ci sono piccoli paesi che contano gli arrivi a milioni ... E ci fanno i conti, adeguando la vita quotidiana di tutti.
    Parlano di accoglienza. Ma più che strutturare i servizi nelle nostre città si occupano (come fa Minniti, ultimo amico di Scalfari) di finanziare le tribù libiche a bloccare la i ragazzi neri dell'Africa equatoriale.
    Studiassero avrebbero la possibilità di fare più decentemente il mestiere che si sono scelti e per cui noi tutti li paghiamo .....
    O aspettano che un nuovo vero "rottamatore" gli mandi a "vaffan" e li cacci tra gli applausi generali?
    M. Marchi

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    1. Anche questo commento merita considerazione e adeguate riflessioni.
      Un parere?
      Sul tema migranti considero da votare una legge sul diritto di cittadinanza per i bambini che nascono e studiano qui.
      Ma come si vede in altri paesi dove pure una legge per riconoscere questo diritto l'hanno, ciò non è sufficiente.
      Sono decisive politiche di cooperazione internazionale, di sviluppo sostenibile, di accoglienza su più fronti: formazione, lavoro, casa, salute, servizi.
      Nell'età della globalizzazione sono naturali convivenza, società multietniche e multiculturali.
      Altro che emergenza migranti, che differenziazioni tra profughi di guerra e migranti ambientali o "economici".
      La fuga dalla fame o dai regimi illiberali (a rischio della vita) sono rispettabili come quella dalle bombe e dalle violenze.
      Semmai è necessario agire per rimuovere le cause che motivano i processi migratori e intervenire per assicurare, nel frattempo, "corridoi" umanitari legali e sicuri contro le mafie delle organizzazioni criminali che sfruttano la disperazione.
      Gianni

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  4. Che dire delle *risposte* dei *pentastellati*?
    Trovo imbarazzante l'asse Raggi-Di Maio-Grillo sui migranti.
    Lo sono anche per chi propone le foto e i volti di Occhi sulla città (5)?
    O no?
    Antonio

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    1. Sui migranti il PD ha conservato il reato di clandestinità introdotto dalla BossiFini e Minniti ripropone piccoli CIE blocchi africani.
      Ius soli e non è sinonimo di accoglienza. In Francia c'è ma si può dire che le periferie magrebine sono un esempio di eguaglianza?
      *****

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    2. Inviterei tutti noi alla sostanza ed alla chiarezza nei progetti.
      Siamo per i diritti universali dei cittadini?
      Europei, africani, americani o asiatici?
      Si. Senza incertezze.
      Cosa ci ripromettiamo e vogliamo costruire per il futuro?
      Sulla cittadinanza e sul reato di clandestinità, ad esempio.
      Se si critica una legge (legittimo!) riconoscendo un problema sociale (esiste?), se ne proponga una migliore (quale? in quale direzione?)
      Insisto: studiamo, approfondiamo, indichiamo risposte, ipotesi di soluzione.
      Gianni

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  5. No problem.
    Ora torna in campo il 78enne collante.
    Il Romano nazionale metterà insieme renziani e pisapini et voila,
    il nuovo centrosinistra è realtà!
    Sic

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    1. Di cosa parliamo?
      Obiettivo "meno tasse" per tutti?
      Il lavoro a voucher resta? E questa legge sulle pensioni?
      E che dire sulle grandi opere?
      TAP, TAV, mobilità?
      E il Ponte sullo Stretto e il Passante di Bologna? Più la Cispadana?
      Quanti investimenti su ferrovie e trasporti pubblici locali?
      Va bene lo Slocca Italia?
      E della Buona scuola che si fa?
      Quante risorse si destinano per la messa in sicurezza del territorio da terremoti e alluvioni?
      E per industrie "sane" e territori da bonificare?
      Gli orari di lavoro vanno bene così? E sulle ingiustizie di redditi?
      E il 2% del Bilancio alle spese militari si persegue?
      Ecc. ecc. eccetera.
      Dovrebbe essere difficile per Prodi, Renzi e Pisapia trovare un accordo credibile. Ma soprattutto pare difficile tenere insieme e rendere maggioritario ciò che non è stato insieme, né maggioritario, negli ultimi 10 anni (almeno).
      È credibile riproporre (col vinavil) ciò che è fallito. Non solo in Italia per la verità. Cioè il neo liberismo in versione hard o soft? O soluzioni del secolo passato, scritte sulla carta col bilancino (alla Eugenio Scalfari)?
      No. Meglio ragionare tutti su progetti e blocchi sociali, culturali e politici nuovi.
      Ho seguito l'assemblea promossa da Anna Falcone e Tomaso Montanari. Mi è sembrata una operazione politica, sociale e culturale di interesse.
      L'unica speranza per la sinistra. Vanno semmai affrontati alcuni "nodi" o "questioni" non adeguatamente esplicitati ed approfonditi.
      Ci sarà tempo. Non troppo.
      Gianni

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  6. Elettori in calo.
    Parlamenti solo parzialmente rappresentativi.
    Governabilita difficile ovunque e a prescindere dai sistemi elettorali.
    Alternative impercettibili e larghe maggioranze.
    A me pare che tutta la democrazia europea sia in crisi.
    Ciao!

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    1. Penso che domenica vincerà la gita fuori porta e al voto andranno 4 elettori su 10.
      Come in Francia, come il nuovo Re Sole è scelto da una netta minoranza.
      BiBi

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  7. In effetti sarebbe il caso di fare un bilancio ad amministrative concluse, no?
    s.

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