Così ad oggi almeno 17 realtà di base hanno sottoscritto il "manifesto" comune (vedi di seguito) redatto da Extinction Rebellion Bologna, nei giorni scorsi, dopo una nuova partecipata assemblea svolta al VAG61. Nella terra di San Francesco la Fondazione Perugia Assisi per la Cultura della Pace nella Giornata Internazionale promossa dall’Onu sulla questione, ha organizzato un incontro per "ricostruire insieme una coscienza e una politica che si esprima attraverso la cura degli altri, dell’umanità e del pianeta" (vedi sotto l'articolo del presidente Flavio Lotti) a cui hanno aderito importanti personalità, associazioni e rappresentanze istituzionali locali. In mattinata (ore 10) per una riflessione comune a Santa Maria degli Angeli, nel pomeriggio (ore 15) con una Marcia fino alla Piazza del Comune di Assisi.
A Firenze il Comitato No Comando NATO, "né a Firenze né altrove" dopo mesi di mobilitazione ha promosso un corteo da Piazza Gino Bartali in Gavinana (ore 16).
E' l'avvio di un autunno che si annuncia "caldo", caldissimo da ogni punto di osservazione.
Il futuro è nostro. Riprendiamocelo.
Bologna, 21 settembre, ore 16, dal Parco Don Bosco a Piazza Maggiore
Il 9 luglio 2024, a seguito di un’azione diretta contro il G7 a Bologna, 21 persone di Extinction Rebellion sono state identificate, denunciate e trattenute in Questura per otto ore senza cibo e acqua. Lì una di loro è stata fatta denudare per essere sottoposta ad una procedura di perquisizione, un trattamento umiliante e intimidatorio. Dopo l'azione il resto delle attiviste coinvolte ha ricevuto fogli di via e avvisi orali di pericolosità sociale. Questo episodio rappresenta soltanto uno dei tanti atti repressivi con cui le istituzioni hanno cercato di intimidire movimenti e collettivi politici bolognesi negli ultimi mesi.
Durante uno sgombero, lo scorso 6 dicembre, una manifestante è stata colpita in mezzo alle gambe da un poliziotto, mentre altri 23 militanti sono stati raggiunti da misure cautelari per aver resistito alla violenza della Polizia. Il 17 ottobre, durante il violento sgombero dell'ex istituto Santa Giuliana, occupato per lottare per il diritto di tutte ad una casa, una attivista è stata violentemente colpita alla testa e portata per questo in pronto soccorso. Per i fatti di quel giorno sono state emanate diverse misure cautelari e per la denuncia della ragazza è stata chiesta l'archiviazione, motivandola con l'impossibilità di risalire all'identità dell'agente a cui era riferita, nonostante lei stessa abbia più volte inutilmente assicurato di essere in grado di riconoscere il colpevole. A febbraio è stato il momento delle manganellate contro i Giovani Palestinesi, che protestavano contro la censura e la narrazione filosionista della RAI; a marzo, durante l'apertura dell'anno accademico, mentre alcune persone tentavano di porre il rettore, la governance e la ministra Bernini davanti alle proprie responsabilità nel genocidio in corso a Gaza, fuori dal teatro Manzoni la Polizia caricava la folla presente: l'ennesimo episodio repressivo in un contesto universitario, in cui le mozioni presentate al Senato accademico per l'interruzione dei rapporti con le istituzioni israeliane sono stata rigettate e strumentalizzate. Ma la macchina della repressione non si è mai fermata: i fallimentari tentativi di sgombero del presidio in difesa del Parco Don Bosco hanno dimostrato che la Giunta di quella che si definisce la “città più progressista d’Italia” non esita a ricorrere ai manganelli per realizzare i suoi inadeguati piani di sviluppo. Ovviamente, quando i manganelli non bastano le autorità ricorrono a denunce pretestuose, fogli di via e misure cautelari di ogni tipo. A distanza di mesi, le persone, anche minori, che si sono attivate per salvare il Parco continuano a ricevere avvisi di garanzia e le attiviste di Ultima Generazione, quando entrano in azione, vengono ormai arrestate in direttissima. Non ci sfugge come questa repressione preventiva, con l'annesso arsenale di burocrazia della sicurezza, miri non solo a intimidire e a indebolire le lotte, ma a pressare economicamente le militanti, costringendole a sostenere le spese di ricorsi e supporto legale. E non ci sfugge neanche come la violenza delle Forze dell'Ordine, fuori e dentro le Questure, colpisca in modo specifico le attiviste socializzate donne, configurandosi in innumerevoli casi come vera e propria violenza di genere.
Siamo consapevoli che la violenza delle Forze dell’Ordine fa parte di un progetto repressivo più ampio, che trova il suo fulcro nel nuovo “pacchetto sicurezza” presentato dai ministri Piantedosi, Nordio e Crosetto. Questo disegno di legge, infatti, trasforma il blocco stradale in un reato punibile fino a 2 anni di carcere, amplia la classificazione di “azione terroristica” per includere le proteste nonviolente ed estende l’utilizzo del Daspo Urbano e del concetto di “lesioni” verso gli operatori di Polizia. Inoltre, vengono punite le proteste nei Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR) e nelle carceri, criminalizzando la battitura sulle sbarre e creando il “delitto di rivolta penitenziaria” – provvedimenti sadici e crudeli di fronte alla situazione in cui versano i detenuti, costretti in condizioni inumane che sono la ragione evidente del picco di suicidi di Stato a cui stiamo assistendo. Nel disegno di legge si arriva persino a proporre la revoca della cittadinanza a seguito di una condanna per “reati con finalità di terrorismo”. E tutto questo mentre l'Italia resta uno degli ultimi Paesi in Europa a non aver ancora dotato le forze di Polizia di misure di identificazione – come i codici identificativi alfanumerici – nonostante la risoluzione del 2012 del Parlamento europeo in cui si invitano gli Stati membri ad agire in tal senso, e mentre due ddl metteno in dubbio il reato di tortura, uno modificandone la legge e l'altro abrogandola.
Chi ha paura dell'immaginazione?
Per tutte queste ragioni dobbiamo difendere il nostro diritto al dissenso. Dobbiamo difendere il nostro diritto di lottare per la giustizia climatica opponendoci a infrastrutture inutili e dannose per l’ambiente come la TAV, il Passante di Mezzo e il Ponte sullo Stretto di Messina. Dobbiamo difendere il nostro diritto di lottare per la giustizia sociale, in un paese in cui l'1% più ricco guadagna 84 volte di più del 20% più povero. Dobbiamo difendere il nostro diritto a scioperare, come hanno fatto i lavoratori di Ferrovie dello Stato e Rete Ferroviaria Italiana limitati nel loro diritto dal governo e dalla "commissione di garanzia scioperi". Dobbiamo difendere il nostro diritto al dissenso contro la complicità dello stato e delle aziende italiane nel genocidio del popolo palestinese, perpetrato dalle forze armate israeliane. Dobbiamo difendere il nostro diritto a sostenere che investire in armi in un paese in cui il sistema sanitario è al collasso, le catastrofi ambientali sono all'ordine del giorno e scuola ed università sono allo sfacelo, non è solo miope, ma è anche criminale. Dobbiamo difendere il nostro diritto a protestare contro le speculazioni immobiliari che ci privano di alloggi e spazi comuni, il ricatto dei datori di lavoro, lo sfruttamento di lavoratori e lavoratrici migranti e la violenza di genere, che si manifesta anche attraverso la faccia legale di provvedimenti che minano il diritto all’aborto e all’autodeterminazione di corpi e soggettività.
Durante l’assemblea del 25 luglio, ci siamo dette che il nostro tentativo di dialogo con le istituzioni è definitivamente fallito, perché in realtà siamo sempre state sole al tavolo delle trattative. È per questo che abbiamo deciso di agire senza bisogno della loro mediazione, riversandoci per le strade e le piazze di Bologna con le nostre idee e le nostre azioni. Del resto, stato e capitalismo sono soltanto forme di organizzazione delle relazioni sociali. Forme piuttosto fragili, visto che hanno bisogno di tutta questa violenza per tirare a campare. Chi le sfrutta lo sa e, infatti, non crede più alle promesse sul futuro che continua a venderci: è per questo che si arma e costruisce muri. Hanno paura della nostra consapevolezza. E noi abbiamo deciso di sconfinare usando la nostra capacità immaginativa e le nostre energie creative. È proprio per immaginare e resistere che nasce questa Rete Bolognese contro la Repressione: chi ne fa parte lotta per realizzare nuovi modi di vivere, nuovi spazi comuni e nuove relazioni, al di là dei confini imposti da eterocisnormatività, patriarcato, capitalismo del debito, nazionalismi vari e beceri razzismi. La manifestazione del 21 settembre non è la fine di un percorso, ma piuttosto il momento di convergenza delle nostre lotte distinte e solidali.
La repressione è uno strumento che si alimenta delle gerarchie del sistema classista, che colpisce chi sta ai margini in modo ancora più feroce. Vogliamo costruire una lotta in cui chiunque possa unirsi sentendosi più al sicuro, senza il timore di ritorsioni, di essere isolate, picchiate, molestate o incarcerate. La repressione si alimenta delle divisioni e della paura, creando l'illusione che il problema riguardi solo chi si espone maggiormente, come le attiviste. Ma la verità è che siamo tutte coinvolte. La repressione è un problema collettivo e la resistenza deve essere una risposta collettiva.
Il futuro è nostro. Riprendiamocelo.
Hanno sottoscritto
Non Una di Meno
Extinction Rebellion
Ultima Generazione
Circolo C. Berneri
Colonna Solidale Autogestita
Partito dei CARC
Potere al Popolo
Link Bologna Studenti Indipendenti
FIR - La Voce Delle Lotte
Mediterranea Saving Humans
PLAT
CUA
Làbas-TPO
Giovani Palestinesi
Comitato Besta
Vag61
Fridays for Future
Bologna for Climate Justice
|
Il "Quotidiano di ispirazione cattolica" Avvenire dell'11 settembre scorso apre il giornale con il titolo "Ambiente senza vita" e scrive "il Rapporto di Global Witmess sottolinea il prezzo pagato dai difensori del Pianeta e spesso dai poveri" ...
|
|
Lo sguardo lungimirante in seconda pagina: "Oramai è guerra globale agli ambientalisti" ... E scrive: "allarme per l'offensiva legale contro gli ecologisti in America e nell'Unione Europea" ... (11 settembre 2024)
|
Perché prima di tutto la pace.
Assisi, 21 settembre, da Santa Maria degli Angeli alla Piazza del Comune di Assisi
È una questione di sopravvivenza. Se vogliamo fermare la folle corsa verso la terza guerra mondiale dobbiamo rimettere la pace al primo posto. Non è solo una necessità morale. È una decisione essenziale per la sopravvivenza. Nostra e dei nostri figli, dell’Europa e dell’umanità intera.
Molti governanti, che hanno tra le mani le nostre vite e quella del pianeta, non sanno più cos’è la pace e parlano di guerra come se fosse una partita di calcetto. Intanto il pericolo cresce e si avvicina inesorabilmente. Bomba su bomba, strage dopo strage, massacro dopo massacro. Nel 2014 si combatteva nel Donbass. Oggi i missili esplodono a Kiev e a Mosca. Da un anno assistiamo alla carneficina di Gaza e ora temiamo il peggio in Cisgiordania e nel resto del Medio Oriente. È un’escalation continua. Di questo passo, quello che vediamo malvolentieri in tv domani saremo costretti a viverlo nelle nostre città.
Fino a qualche tempo fa ci dicevano che presto avrebbero vinto. Ora ci dicono, insieme a Draghi, che dobbiamo sviluppare la produzione di armi e indebitarci per fronteggiare una guerra infinita. Non ci sono soldi per rimettere in piedi il nostro sistema sanitario, per assicurare una pensione dignitosa a ciascuno, per sostenere le famiglie in difficoltà, per dare un’educazione e un lavoro adeguato alle nuove generazioni, per affrontare le catastrofi climatiche e accelerare la transizione ecologica. Non ci sono soldi. Tranne che per la guerra, per le armi, per i missili, per i contractors che stanno arricchendo tutte le lobby, le mafie e i mercanti di morte. È questo che vogliamo anche nella prossima legge di bilancio?
Prima di tutto la pace non è uno slogan per anime belle ma il solo principio guida di tutte le decisioni politiche e sociali che può aiutarci a trasformare il futuro che incombe.
Mettere al primo posto la pace vuol dire mettere da parte tutti gli altri interessi, a partire da quelli che ci hanno trascinato in una guerra permanente di tutti contro tutti.
Mettere la pace sopra ogni altra cosa è responsabilità di tutti: governanti, politici, istituzioni, società civile, cittadini. Perché ciascuno di noi ha la possibilità di fare pace, ovunque, in ogni attimo della giornata.
C’è stato un tempo, dopo la fine della seconda guerra mondiale e la liberazione dal nazifascismo, in cui lo sapevano tutti. Oggi non è più così. Per questo in tanti stanno soffrendo. Per questo siamo in grande pericolo. Per questo, sabato 21 settembre, nella Giornata mondiale della Pace, alla vigilia del Summit del Futuro dell’Onu, ti invitiamo a venire ad Assisi. Solo rimettendo la pace al primo posto riusciremo a salvarci. Il giorno dopo non servirà a niente manifestare. Se lo sai anche tu, non mancare. Diciamolo insieme forte e chiaro: prima di tutto… la pace!
Flavio Lotti, il manifesto, 13 settembre
L'autunno parte con il piede giusto!✌️
RispondiEliminaSi, un pessimo clima di guerra che non ammette il dissenso.
RispondiEliminaPurtroppo non avverto la necessaria consapevolezza dei pericoli per l'Europa. Vorrei che si reagisse ai nazionalismi protezionisti con un progetto di nuovo internazionalismo.
L.
Difficile seguirle, tutte in contemporanea
RispondiEliminaCi si fa concorrenza?
mc
I rischi che corre l'umanità in caso di conflitto nucleare sono certamente sottovalutati. Del resto un paese che si affida a Salvini e Meloni, una grande nazione che esprime Tramp e Biden, un vecchio continente che pare rimpiangere Merkel, Berlusconi e Prodi..... un mondo che pensa che i pacificatori possano essere Erdogan e Xi che prospettive possono avere?
RispondiEliminaSiamo nel tunnel e la luce ancora non si vede. Comunque proviamoci ancora.
Ciao!
Ho osservato due fatti e faccio due domande.
RispondiEliminaRiguardo alla manifestazione bolognese di sabato contro la repressione del dissenso ho notato alcune importanti presenze e altrettante gravi assenze. Vorrei capire meglio il percorso seguito per poter farmi un'idea sui vari soggetti sindacali e politici con cui mi trovo a fare i conti sul lavoro e in città.
Anche in merito alla iniziativa fiorentina contro il comando Nato e nuove basi militari in Toscana vorrei capire se il motivo per cui si svolge in contemporanea alla marcia per la pace di Assisi ha ragioni esclusivamente organizzative o preminentemente politiche. Perché la questione Nato è sempre oggetto di discussione, ma quanto succede nel mondo d'oggi ed anche i termini proposti nel documento degli organizzatori mi sembra meritino e siano un aggiornamento di vecchi conflitti presenti nel fronte pacifista italiano.
Anna
Da italiana ed europea trovo giuste le iniziative annunciate perché le conquiste ottenute vanno difese e attualizzate.
RispondiEliminaLa guerra nel nostro continente è presente e minaccia di estendersi per responsabilità di oligarchi ed industriali delle armi, nonché dei governi della Nato e della Russia.
Il dissenso e i diritti umani non sono rispettati in paesi occidentali di solide garanzie come la Francia, la Gran Bretagna e la Svezia.
Oggi sentire persone di sinistra volere il riarmo mi fa impressione. E così tacere per le manganellate della polizia a chi difende alberi o manifesta per l'ambiente e per politiche di transizione ecologica più efficaci. E davvero non capisco i sindaci emiliani che sembrano leghisti della prima ora anche se Democratici. Né accetto che Matteo Lepore denunci come violenti insegnanti, studenti e ambientalisti anziché funzionari ed agenti dello stato che comandano e sgomberano presidi pacifici con le pistole nei pantaloni durante le azioni e che operino in Questura denudando giovani donne e inviando ai fermati sanzioni e fogli di via senza passare da giudici legittimi.
L.
Legambiente Bologna aderisce con queste motivazioni alla manifestazione contro la “repressione” indetta per sabato 21 settembre, con appuntamento alle 16 presso il parco Don Bosco, via Caduti di via Fani, e corteo fino a piazza del Nettuno.
RispondiEliminaSaremo insieme ad altre associazioni e realtà ambientaliste per le strade della nostra città per dire no al progressivo restringimento degli spazi democratici e dei diritti umani avviato con il DL
20/2023 (c.d. “Decreto Cutro”) e alla criminalizzazione del dissenso, tendenza calata poi sempre più frequentemente nelle diverse realtà del paese, con pratiche di gestione dell’ordine pubblico inaccettabili.
Ci preoccupa l’imminente introduzione dei nuovi pacchetti “sicurezza” che riducono drasticamente lo spazio alle legittime azioni non violente che diverse associazioni e movimenti ambientalisti intendono continuare a mettere in atto, per denunciare scelte che si muovono in una logica di depredazione dei beni comuni (dal suolo, all’acqua, all'aria, alla tutela del verde e della biodiversità) e di aggravamento della crisi climatica ed ambientale.
La difesa di questi beni e risorse è del tutto in linea con il diritto alla salute e ai beni primari sanciti dalla nostra Costituzione e dalle normative europee.
Ci preoccupano le notizie degli abusi individuali e collettivi messi in atto dalla polizia di cui sono rimaste vittime gli attivisti di Extinction Rebellion due mesi fa, in occasione di un’azione dimostrativa e non violenta messa in atto nella nostra città di opposizione al concomitante G7 sulla tecnologia.
Riteniamo altrettanto grave si sia passati all’adozione per le vie brevi di fogli di via verso una parte di questi ragazzi senza una regolare istruttoria processuale, nella quale crediamo non avrebbero trovato fondamento imputazioni penali.
Diversi sono gli episodi che configurano un accanimento non giustificabile delle forze dell’ordine contro una serie di lotte sociali ed ambientali, caratterizzate da forme di disobbedienza civile che hanno coinvolto più generazioni nel tentativo di opporsi a scelte ritenute sbagliate.
Sono in gioco garanzie costituzionali che debbono essere salvaguardate a Roma come a Bologna, lasciando al dissenso quel ruolo di linfa vitale per la democrazia che intendiamo difendere e valorizzare alla luce di un quadro socio-politico e ambientale che vede calpestare diritti individuali, collettivi e di genere.
La democrazia non può essere ridotta ad una ricerca costante del consenso e i processi partecipativi a mere manifestazioni di consenso.
Occorre rivitalizzare le procedure democratiche e gli strumenti di governo del territorio a partire dalle stesse assemblee elettive a livello comunale e a livello di quartiere, vista la percentuale crescente di astensionismo, chiaro segnale di sfiducia e disinteresse".
Chiediamo anche al Consiglio comunale ed alla maggioranza che ha la responsabilità del governo della città di Bologna di interrogarsi sull’indebolimento progressivo dei processi democratici e sul rischio reale che il conflitto venga gestito con gli strumenti dell’ordine pubblico, ponendo in campo processi conseguenti adeguati.
(Continua)
...
RispondiEliminaE’ singolare ed insopportabile che si acuiscano le misure repressive contro gli ambientalisti, mentre nel nostro paese si continuano a produrre gravissimi ecoreati e le ecomafie infliggono danni irreparabili all’ambiente in cui viviamo, (nonostante sia stata introdotta un’apposita legge per contrastarli, la legge 68/2015).
Assistiamo a sentenze come quella del tribunale di Taranto di queste ultime ore che cancella di fatto e vanifica anni di lotte contro l'ILVA, la fabbrica dei veleni che ha mietuto vittime e prodotto disastri ambientali e sociali, come magistralmente rappresentato in Palazzina LAF da Michele Riondino.
Ribadiamo la necessità che le ricostruzioni giornalistiche siano rispettose della realtà, senza alterare i fatti, nel rispetto della libertà di stampa. L’opinione pubblica merita di essere informata correttamente, senza ricorrere a schemi semplicistici che sorvolino sull’uso della forza e sugli eccessi delle forze dell’ordine, andando a colpevolizzare gli attivisti dissenzienti (rammentiamo che denunce, fermi prolungati nelle questure e fogli di via stanno diventando tema ricorrente nella gestione dell’ordine pubblico).
Per queste ragioni, Legambiente Bologna sarà in piazza e per
le strade di Bologna il 21 Settembre, insieme a tutti coloro che intenderanno pacificamente fare sentire la propria voce per ridare fiato e sostanza alle democrazia contro preoccupanti ed inaccettabili derive autoritarie e per continuare ad essere difensori dell’ambiente, anche nelle forme inedite che si stanno sperimentando.
Noi continueremo a fare la nostra parte, senza rinunciare a manifestare la nostra contrarietà e avversione contro scelte che riteniamo sbagliate e, al contempo, cercando di tenere aperti i canali del confronto e del dialogo con tutti i nostri interlocutori.
Legambiente Bologna
16 settembre 2024
Giustissimo difendere il diritto al dissenso! Utile a tutti per crescere.
RispondiEliminaAggiungo solo che Avvenire denuncia non casualmente che nel mirino ci sono "gli ambientalisti".
Fino a quando?
Per le prossime elezioni regionali la Giunta uscente di Bonaccini ha chiesto al Governo per il Passante di Bologna di "aprire i cantieri prima del voto di novembre". E de Pascale segue in piena continuità.
Oggi risponde la candidata delle Destre Ugolini con "il Passante si deve fare, ma non basta". Della serie incassiamo 3 miliardi in opere e lavori che sappiamo non serviranno a risolvere i problemi, anzi" ....
E noi dovremmo scegliere tra questi amministratori?
Qual è il messaggio?
Per i cittadini non voto, disobbedienza civile?
Per gli apparati dello stato reprimere chi contesta, fuori dalle istituzioni!?!
No, così non può funzionare una democrazia.
Ci vuole una scossa. Sveglia!
☆☆☆
All'appello mancano completamente i lavoratori e le loro organizzazioni. I ceti dominanti e i Conservatori hanno conquistato la totale subalternità dei loro salariati e distrutto la capacità di iniziativa delle organizzazioni che nel passato hanno contribuito a strutturare la democrazia.
RispondiEliminaNessuna esperienza dei sindacati su guerre e disarmo. Nessuna lotta territoriale sui nodi della transizione ecologica. Nessuna voce su mancata partecipazione alle decisioni istituzionali o alle violenze contro dissidenti e disobbedienti.
Possibile?
p.
**COME ASSUMERE UN HACKER.**
RispondiEliminaAssumere un hacker potrebbe essere una delle cose più difficili da trovare su Internet, poiché gli hacker preferiscono rimanere nascosti e lavorare dietro le quinte a causa della natura del loro lavoro, è illegale in quasi tutti i paesi hackerare le persone e per questo motivo gli hacker preferiscono rimanere all'oscuro.
**QUALI SONO I SERVIZI CHE PUOI OTTENERE DA UN HACKER?**
Gli hacker possono fornire vari tipi di servizi che includono:
Hack del telefono📱
Hack per computer / laptop💻
Hack delle e-mail📧
Hacking dell'account dei social media (inclusi Facebook, Instagram, Snapchat ecc.) 💬
Accesso alla banca dati📁📂
File eliminati e recupero dati e molto altro.🗄️🗃️
Furto/copia di file e documenti da reti e server con restrizioni✅
Manipolazione del punteggio di credito ✅
Eliminazione dei casellari giudiziari Moltiplicazione di Bitcoin Cripto✅ Truffa Recupero di denaro✅
Gli hacker sono molto difficili da trovare, mentre la maggior parte si trova sul dark web, alcuni preferiscono lavorare all'aperto poiché non molte persone possono accedere al dark web.
**Se stai cercando di assumere un hacker, ti consiglio vivamente i servizi di PYTHONAX. Si tratta di un gruppo noto per lavorare all'aperto, ma che non viene rilevato dalle autorità.**
Un'altra cosa sorprendente che trai vantaggio dall'utilizzo di PYTHONAX SERVICES è che ottieni un servizio di hacking legittimo e migliore, poiché ti forniamo hacker professionisti che hanno le loro aree di hacking di specializzazione. Eseguono tutti i servizi di hacking esistenti, utilizzando speciali strumenti di hacking che ottengono dal dark web.
✅ SERVIZI SPECIALI DI HACKING-: Sono anche specializzati in Scam Bounty, in quanto possono aiutarti a inseguire i truffatori e aiutare le persone a recuperare i soldi rubati da loro da questi truffatori online. Si prega di fare attenzione a questi truffatori. Pubblicano TESTIMONIANZE ALLETTANTI ed è abbastanza convincente.
Contatto-: pythonaxservices@gmail.com
pythonaxhacks@gmail.com
PYTHONAX.
2024 © Tutti i diritti riservati.