domenica 18 dicembre 2016

Dopo i tanti No (e i molti Si) ...

Il dato incoraggiante del voto del 4 dicembre è che la maggioranza degli italiani ha voluto partecipare al referendum ed ha nettamente respinto la tesi (non solo di Renzi, Boschi e Napolitano) che la Costituzione e le sue Istituzioni siano i primi responsabili per la crisi del Paese e per le profonde ingiustizie sociali presenti.
Se in Italia le cose non vanno (come in Europa e nel mondo!) i problemi sono da ricercare, innanzitutto, nelle scelte di sviluppo imposte da classi dominanti e/o dirigenti inadeguate, corrotte e irresponsabili, prive di lungimiranza e di rispetto per l'ecosistema e per i fondamentali diritti - doveri delle persone e delle comunità.
Non è un dato di poco conto e rilievo. Per ripartire.
Ma non è neppure acquisito e consolidato. 
Al contrario di quanto si poteva auspicare a spoglio ultimato, Matteo Renzi, ancora una volta, dimostra di non sapere mantenere la parola.
Ha fatto (subito) un passo indietro (dalla Presidenza del Consiglio), per farne (domani) due avanti e continuare con i suoi progetti di "riforme" liberiste.
Si possono giudicare diversamente le tre scelte successive al referendum ed alle dimissioni da Palazzo Chigi?

La prima, rimanere Segretario del PD.  Senza impostare alcuna seria riflessione sulle ragioni delle recenti sconfitte elettorali (che, oltre al referendum, riguardano anche le precedenti elezioni amministrative e regionali). E rilanciando, a prescindere, la sua leadership personale. O qualcuno pensa di poter assistere ad un colpo di teatro all'Assemblea nazionale di oggi?

La seconda, approvare subito con la "fiducia" (e senza esaminare alcun emendamento) una Legge di Stabilità che condiziona spese, tagli ed investimenti pubblici per il 2017 e per gli anni a venire. Che lascia irrisolti grandi problemi sociali, ambientali e finanziari che già gravano pesantemente sul Paese: la bancarotta di alcuni istituti finanziari e di MPS; il mancato risanamento e la bonifica di aree pesantemente inquinate, come Taranto; l'insicurezza del territorio e degli edifici esposti a rischi sismici ed idrogeologici; l'assenza di misure efficaci di contrasto alla povertà ed alla precarietà; la permanenza di livelli intollerabili di evasione fiscale, di corruzione e di illegalità nelle istituzioni e negli enti pubblici; l'inadeguatezza strutturale e di risorse per la Giustizia.

La terza, imporre un Governo "fotocopia". Salvo l'eccezione di un Presidente del Consiglio dei Ministri assai più modesto, più rispettoso degli interlocutori ed attento ai ruoli istituzionali ("al Parlamento spetta il compito di modificare ed allineare i sistemi elettorali di Camera e Senato", "lavoro per ridurre una conflittualità politica esasperata" ha detto Paolo Gentiloni in Parlamento).
Si è ricomposto un esecutivo di uomini e donne segnati da insuccessi, disavventure ed aspri conflitti
(Alfano, Boschi, Galletti, Lorenzin, Madia, Poletti su tutti). Che difficilmente sapranno e/o potranno rimuovere. Alcuni dei quali si dimostrano già esplicitamente rassegnati a gestire imminenti elezioni generali "o la va, o la spacca!" piuttosto che rimuovere le cause dei conflitti sociali e politici incautamente scatenati e ancora pervicacemente rivendicati. Clamorose al riguardo le dichiarazioni del Ministro Giuliano Poletti sul "voto politico in primavera per evitare il confronto referendario sul Jobs Act".

Dunque, nessuno può pensare di potersi rilassare.
L'operazione di rimozione e/o di accantonamento del pronunciamento popolare italiano è in corso.
Come era scontato e scritto.
Non sarebbero bastati neppure tanti No. E, in effetti, non sono bastati neppure 20 milioni.
Come, nel 2015, era successo ai greci. Che, in gran numero, avevano sostenuto il loro nuovo Governo nella richiesta di politiche sociali e sostenibili in Europa e di una ragionevole ricontrattazione degli accordi voluti dalla Trojka. Richieste isolate e battute da Autorità e Governi europei deboli quanto arroganti. Compreso quello italiano, che scelse di schierarsi con Juncker e Merkel.

Naturalmente, ora in Italia, si riparte da condizioni migliori.
Forti di una Costituzione rivalutata nei suoi Principi Fondamentali, nei Diritti e doveri dei cittadini, oltreché nel suo Ordinamento.
In più, forti di un ritrovato protagonismo di cittadini e di associazioni; della volontà di tantissime persone, semplici e competenti, che si sono unite e battute con impegno, argomenti e conoscenze.
Oltre le stesse divisioni di classe ed ideologiche del passato.
I processi sociali, infatti, hanno progressivamente concentrato grandi ricchezze e patrimoni in poche mani, determinando un insostenibile impoverimento ed una diffusa precarizzazione ed insicurezza tra lavoratori, pensionati, giovani e fasce estese di ceti medi, produttivi ed intellettuali.
Mentre i processi politici e culturali sono stati segnati negli ultimi decenni dall'affermarsi di un pensiero unico neoliberista che ha ridotto ai minimi termini le contrapposizioni ideologiche e pratiche del secolo scorso (tra capitalismo e comunismo, tra partiti popolari e socialisti, tra destra e sinistra). Ed oggi, partiti sempre più deboli e subalterni ai grandi gruppi economici e finanziari si arroccano a difesa di un sistema di potere chiuso alle istanze popolari, alla partecipazione dei cittadini ed alla necessaria e richiesta trasparenza. I referendum popolari vengono inascoltati, elusi o negati. Le Autonomie Locali sono mortificate, espropriate e svuotate. Con l'effetto di allontanare fasce sempre più estese di cittadini da schemi rigidi ed ideologici e di produrre un confronto più libero tra persone e soggetti anche assai diversi o distanti. Con nuove possibilità di incontro e di mobilitazione su obiettivi condivisi e comuni, parziali e generali.

Possiamo ragionare su esempi concreti ed attuali su cui sono aperte sfide decisive.
Uno.
Le priorità negli investimenti pubblici e privati.
Vanno ridefinite privilegiando la conversione ecologica delle produzioni, dei territori, dell'organizzazione delle città e delle persone.
All'inquinamento allarmante che ritorna puntualmente in queste settimane all'ordine del giorno delle cronache italiane, provocando morti, vittime e danni ingenti, occorre infatti rispondere con progetti coerenti, superando ogni approccio di emergenza (che privilegia divieti illusori): così deve cresce la mobilitazione per il No a nuove strade, autostrade, grandi ponti o tunnel, inutili, dannosi e fonte di spreco di denaro pubblico e di privilegi per pochi; e devono rafforzarsi i Si all'impegno ed alle risorse dirette a progettare, completare, valorizzare i trasporti pubblici (di pendolari e merci); al recupero ed alla rigenerazione urbana o al ripopolamento dei borghi di campagna e di montagna; a bonificare e rimettere in sicurezza industrie, quartieri e terreni insalubri e pericolosi per la salute.
Due.
Le priorità per una più equa e produttiva divisione del lavoro e per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori.
Sono sempre più insostenibili ed insopportabili i doppi o tripli lavori di fronte agli alti livelli di disoccupazione. Così le persone che debbono lavorare fino a 70 anni mentre tanti giovani sono senza lavoro oltre i 30. Oppure l'immodificabilità dei "diritti acquisiti" in presenza di "precarietà permanente" e di "sicurezza negata".
In questo contesto possono sorprendere i No indirizzati a proposte di "riforma" che prevedono Sindaci o Consiglieri regionali contemporaneamente Senatori? O il fastidio ed il rifiuto verso Capi Partito che ricoprono ruoli istituzionali di rappresentanza generale?
Eppure si continua con la pratica indecente di Sindaci che assumono responsabilità di controllo ed esecutivi in Enti Metropolitani o diversi da quelli di cui sono a capo. Assurda concentrazione di compiti e di poteri che si unisce ad ovvi ed inevitabili conflitti di interesse. Purtroppo sono solo esempi eclatanti di pratiche diffuse e quotidiane.
Parimenti, si possono intendere le critiche ed i No nei confronti di tutele spropositate verso super manager, pubblici come privati, a volte, peraltro, assai discussi, ma sempre dotati di polizze ed assicurazioni che coprono ogni evenienza e problematica, mentre lavoratori meritevoli ed onesti sono condannati a lavori mensili essenziali e rinnovati per anni, senza alcuna copertura sanitaria e pensionistica.
Ecco perché l'appuntamento dei referendum sociali promossi dalla CGIL ha già raccolto oltre 3 milioni di firme ed i Si all'abrogazione del Jobs Act fanno tanta paura a Ministri, Governo ed imprenditori. Una battaglia da cui non mancare.
Tre.
Le priorità di costruire ed affermare una Democrazia partecipata.
A cominciare dalla valorizzazione, attraverso il voto popolare, delle Autonomie Locali riconosciute dalla riconfermata Costituzione.
E' urgente riaprire il confronto su Province e Città Metropolitane.
Se a queste sono affidati ruoli rilevanti (come ogni giorno viene ribadito da Sindaci e politici) su scelte strategiche nella programmazione ed organizzazione del territorio, per la mobilità o per servizi essenziali, questi Enti non possono avere Consigli, Rappresentanti ed Esecutivi di 2° grado, indicati e decisi da consiglieri comunali che nell'occasione rispondono esclusivamente ai rispettivi Gruppi politici e non agli elettori.
Si, dunque, alla "sovranità popolare".
E revisione urgente della Legge n.56 del 2014, detta Delrio, che al contrario prevede Province e Città Metropolitane prive di elezione diretta, salvo la decisione politica di superare i Comuni capoluogo, promuovendo al loro posto Municipalità identificate in Circoscrizioni o Quartieri comunque prive di storia e di identità. Una scelta che sarebbe ancor più contraddittoria per il governo delle comunità e dei servizi alle persone.
E, forse, è anche il tempo di ridiscutere dei sistemi elettorali adottati per i Comuni. Troppo potere a singoli uomini e donne, a scapito degli organi istituzionali collegiali. Cosa ci suggeriscono le esperienze di queste ore a Roma ed a Milano?

Parliamone.
Nessuna persona, nessun leader (per quanto disponibili ed illuminati possano essere) possono riuscire a risolvere da soli questi ed altri problemi aperti; senza avvalersi di società e comunità solidali, ricche di idee, di pensieri, di progetti e di protagonisti quotidiani. Tanti ed organizzati.

16 commenti:

  1. Molti argomenti.
    1 Renzi bugiardo. Ok. Ma che altro può fare? Porta famiglia. Dove finirebbero i vari suoi supporter? I Faraone, Carbone, Rotta, Morani ...
    2 il 60% di No. Ha chiuso la prospettiva elettorale con il doppio turno. Potrebbe tornare il Mattarellum. Che conseguenze avrebbe sul sistema dei partiti?
    3 che fare? La priorità di tutelare i risparmi minacciati dalla banche/rotte.
    Ciao!

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    1. In sintesi.
      1. Capisco. Ma dovrebbe capire anche lui che con una classe dirigente così ... non si possono nutrire grandi ambizioni.
      2. Il ritorno al Mattarellum non mi pare la soluzione. Già sperimentato con molti problemi.
      3. Banche, prima opzione. Separazione bancaria, tra quelle dedicate al credito per famiglie ed imprese e quelle che giocano in borsa con i soldi degli investitori privati.
      Gianni

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  2. A me hanno colpito i troppi Si.
    Era un cambiamento confuso e malfatto.
    Sostenuto da una accozzaglia di disperati.
    Il risultato è già archiviato.
    Tutto riprende come prima. Come fosse successo nulla.
    L.

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    1. Un risultato è stato ottenuto. Le modifiche Renzi - Boschi alla Costituzione non sono passate. L'Italicum è da modificare.
      I necessari cambiamenti politici e sociali debbono essere costruiti avvalendosi dei principi, dei diritti - doveri e dell'ordinamento della Carta.
      E' evidente a tutti che i progetti di cambiamento debbono fare i conti con la partecipazione dei cittadini.
      Certo. Molti dei protagonisti dello scontro referendario restano in campo. E' naturale e giusto.
      Qualcuno con qualche certezza in meno, con qualche dubbio in più, forse alcuni con meno arroganza.
      Il confronto e la lotta continuano. Con diversi rapporti di forza.
      Guai rinunciare alle giuste battaglie sociali ed ambientali.
      Gianni

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  3. La realtà?
    Questo paese non cambierà mai!
    Ha perso un'altra occasione storica: la possibilità di un Senato della Repubblica con Beppe Sala e Virginia Raggi, con Alessandra Moretti e Vincenzo De Luca.
    Povera Italia ...
    Mario Cinico

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    1. Coraggio, Mario.
      Il popolo italiano ha grandi risorse!
      La storia insegna.
      Dopo tempi bui, può venire il Rinascimento.
      Gianni

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  4. Leggo "è anche il tempo di ridiscutere dei sistemi elettorali adottati per i Comuni. Troppo potere a singoli uomini e donne, a scapito degli organi istituzionali collegiali".
    Posso convenire, ma non è il caso di affrontare tutti i temi costituzionali ed istituzionali in una apposita assemblea?
    Ale

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  5. Ma quelli che sostenevano che la sera delle elezioni bisognava sapere chi ha vinto e chi ha perso ... e che ora propongono il Mattarellum? Come sono messi? Hanno la faccia come il c..o? Oppure sono solo vecchi trasformisti?
    BiBi

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    1. Forse sono più semplicemente politici inadeguati.
      Gianni

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  6. Correggerei le valutazioni.
    Siamo nel tempo del Governo Renzi - Gentiloni.
    L'Esecutivo non è "fotocopia". Ha imbarcato e risarcito le dame del SI: la signora Finocchiaro e la dottoressa Fedeli. Già esponenti della premiata "Ditta" la prima e del sindacato di classe di Di Vittorio e Lama la seconda.
    Una navicella in navigazione verso il Partito della Nazione.
    A supporto dell'approdo anche l'Assemblea del PD. Dove il silenzio assordante della Speranza si è accompagnato al sussurro lieve di Giachetti che descrive la faccia del compagno di partito.
    Dal 40% del 4 dicembre in due settimane siamo già al 43%. Parola mia.
    Sic

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  7. Secondo Renzi si è straperso. Però non ci ha detto perché. E neppure cosa eventualmente vuole cambiare.
    Intanto tutto procede come prima.
    Bologna. Si voleva allargare il Passante in città ... si continua nonostante i tantissimi no. Con qualche milione in più promesso dalla società autostrade. Dopo la VIA, ancora da fare, si ribadisce che si apriranno i cantieri entro il 2017.
    E lo smog? E la salute dei nostri figli?
    Più corsie consentiranno più scorrevolezza, dicono.
    Poi le industrie produrranno motori meno inquinanti, promettono.
    Intanto crescono le polveri e gli ossidi ... e noi ci rompiamo i polmoni!
    Bo doc

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    1. Penso anch'io che sul referendum abbiano pesato i problemi sociali irrisolti, Come le scelte politiche e di crescita fatte a livello nazionale e locale.
      Ora, forti dei principi, dei diritti - doveri e dell'ordinamento della Costituzione, dobbiamo continuare a batterci per costruire una società ed uno sviluppo sostenibili ed eco-compatibili.
      Anche a Bologna e in Emilia Romagna.
      La questione del Passante non è chiusa e merita ancora la massima attenzione e mobilitazione per bloccare un investimento sbagliato. Altre sono le priorità, a partire dal trasporto pubblico regionale e locale.
      Gianni

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  8. Ma Poletti, cooperatore imolese, prima di diventare Ministro ... ?

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