Ragazza con cartello alla manifestazione di Bologna "A pieno regime" contro il DDL "paura" |
Gli europei non si accorgono neppure più dove stanno andando, o forse fanno finta di non saperlo: sono un po’ sonnambuli e un po’ sottomessi al loro destino. Siamo all’agonia della politica estera comune europea, che per altro non è mai esistita, cullando nel settore difesa l’idea di una Banca per il Riarmo destinata a divorare altre risorse. Hanno sempre seguito l’agenda americano-israeliana, dall’Est Europa al Medio Oriente, e ora ne pagano le conseguenze.
La loro disonestà è tale da pensare che la guerra in Ucraina sia cominciata il 24 febbraio 2022 e non quando, nel gennaio 2014, il sottosegretario di Stato Usa Victoria Nuland, in una conversazione con il suo ambasciatore a Kiev, pronunciò la ormai famosa frase «Fuck the Eu», letteralmente «l’Unione europea si fotta».
Si discuteva ancora di un accordo tra il governo ucraino del filo-russo Viktor Janukovich e l’opposizione. Allora non c’era Trump alla Casa bianca ma Barack Obama e il suo vice era Joe Biden, che accorse a Piazza Maidan a celebrare il primo anniversario delle proteste mentre suo figlio Hunter guadagnava milioni di dollari in Ucraina nel settore energetico. E ora vorremmo stupirci se Trump trascina Zelensky a firmare l’accordo multi-miliardario sulle terre rare mentre Putin, diventato ormai a Washington un «volenteroso dittatore», si offre di portargli quelle in possesso dei russi? Chi più ne ha più ne metta mentre ognuno si fa i propri conti in tasca e Macron, nella sua visita da Trump, reclama che l’Europa ha versato all’Ucraina il 60 per cento degli aiuti, più degli Stati uniti.
Ma il presidente americano si tappa le orecchie: questa guerra, nonostante le copiose commesse all’industria bellica americana, è un «cattivo affare» e bisogna chiuderla. C’è da pensare alla Cina. A raccontare la favoletta della «pace giusta» ormai insistono solo i giornali del mainstream, spiazzati dagli eventi. Ma quale pace giusta? Gaza e la Palestina sono la prova che in Europa non ci crede nessuno.
La sottomissione europea al complesso militar-industriale israelo-americano è totale. Pochi giorni dopo il massacro di Hamas del 7 ottobre, Biden spostava le portaerei nel Mediterraneo orientale e stanziava miliardi di dollari di aiuti militari per Israele: gli Stati uniti si sono immediatamente schierati non per la pace ma per una escalation del conflitto. E noi europei con loro, mascherando i nostri aiuti a Israele dietro la ormai sfiorita formula «due popoli e due stati». Il complesso militar-industriale israelo-americano si è schierato all’Onu con Putin e le dittature perché tra un po’ gli Usa riconosceranno l’annessione israeliana della Cisgiordania.
Chiediamo giustamente a Putin di ritirarsi dai territori occupati in Ucraina ma Israele occupa il Libano, ha esteso la sua presenza nel Golan siriano e si sta divorando la West Bank. Giustifichiamo tutto questo con la necessità di Israele di preservare la sua “sicurezza”, le stesse argomentazioni che usa Putin quando chiede alla Nato di tenersi lontana dall’Ucraina. Non è un caso che contro la risoluzione all’Onu che difendeva l’integrità territoriale dell’Ucraina abbiano votato contro Usa e Israele insieme a Russia, Bielorussia, Mali, Nicaragua, Corea del Nord e Ungheria (Iran e Cina si sono astenuti, si presume per la vergogna).
Il Consiglio di Sicurezza ha poi approvato una brevissima risoluzione degli Stati uniti che chiede la «rapida fine della guerra», senza però citare la Russia come aggressore e senza far riferimento alla sovranità territoriale di Kiev. Francia e Gran Bretagna, che avrebbero potuto porre il veto, hanno preferito astenersi, spianando la strada alla versione di Trump che piace tanto a Israele. Da notare il doppio binario dell’Italia. Stiamo con l’Unione europea ma Meloni, con la scusa del Forum con gli Emirati, si è sfilata dalla cerimonia di Kiev per il terzo anniversario della guerra: prendiamo 40 miliardi di dollari di mancia dagli sceicchi membri del Patto di Abramo con Israele e la premier incassa le lodi sperticate di Trump.
Cosa volete di più? È il manuale della giovani marmotte di Trump. La Ue paga anni di sottomissione a Usa e Israele: Trump è l’anello mancante di decenni in cui abbiamo giustificato, partecipato o avallato guerre di occupazione e aggressione, dall’Iraq alla Libia, dall’Afghanistan alla Palestina, provocando la disgregazione di interi paesi e popoli, centinaia di migliaia di morti e milioni di profughi. Basti pensare all’Iraq nel 2003, dove tra i soldati si contava pure un nutrito contingente di ucraini. Fu un conflitto per «esportare la democrazia» che ha precipitato la regione nell’anarchia e nel terrorismo integralista più feroce.
In un momento in cui ci si indigna per le bugie e i travisamenti della realtà di Trump, bisogna ricordare che la guerra del 2003 fu la più grande fake news della storia recente, quando gli Usa giustificarono l’attacco con una campagna di stampa e propaganda mondiale che sbandierava il possesso da parte di Saddam Hussein di armi di distruzione di massa che non furono mai trovate. Venne persino esibita all’Onu dal segretario di stato Powell una falsa provetta con armi chimiche. Una tragica commedia. Nessuno dei responsabili ha mai pagato – né Bush né Blair – e abbiamo partecipato a quella guerra e alle altre senza fiatare. Ora ci tocca accettare le bugie di Trump e gli insulti del suo vice Vance a Monaco: sanno con chi hanno a che fare. I sottomessi europei.
(il manifesto, 26 febbraio 2025)
Le condizioni economiche per l'Ucraina, è arrivato il conto di Emiliano Brancaccio
All’orrido affarista che alberga nella mente di Donald Trump va riconosciuto un involontario chiarimento: sta sgombrando il campo dalle banalizzazioni geopolitiche che hanno dominato il dibattito sulla guerra. E sta chiarendo che la pace si decide sugli interessi capitalistici in ballo e non solo tracciando la linea di confine della nuova Ucraina russificata.
L’avevamo detto in tempi non sospetti: il principale tavolo delle trattative sarà quello che fisserà le condizioni economiche per la pace. A quanto pare ci siamo arrivati. E purtroppo, come previsto, non è il tavolo che speravamo di vedere. Il caso dell’accaparramento delle terre rare dell’Ucraina è indicativo. Zelensky si è sgolato fino all’ultimo per ribadire che non avrebbe firmato nessuna cambiale agli alleati per ottenere le armi. Vero o falso che sia, ormai è vox clamantis in deserto.
Il grottesco siparietto alla Casa Bianca fra Macron e Trump lo dimostra. L’americano sostiene che le terre rare gli spettano perché l’aiuto degli Stati Uniti all’Ucraina, diversamente da quello europeo, non era coperto da garanzie. Il francese lo interrompe affermando che l’Ue vuole rivalersi non sull’Ucraina ma solo sui fondi russi congelati nei conti correnti europei. Ipotesi pretenziosa, un po’ come se alla Francia vincitrice della prima guerra mondiale avessero chiesto di pagare i debiti della Germania sconfitta.
La verità della trattativa è che insieme spolperanno l’Ucraina nei decenni a venire pur di recuperare le spese militari. Ad ogni modo, l’usurpazione dell’Ucraina sconfitta è questione drammaticamente secondaria. Il portavoce di Putin, Dimitrij Peskov, l’ha ripetuto ancora una volta: per normalizzare i rapporti tra Washington e Mosca c’è ancora molto lavoro da fare, soprattutto sul versante degli accordi di cooperazione commerciale e finanziaria.
L’obiettivo del Cremlino è quello di sempre: farla finita con il protezionismo ipocrita delle cosiddette “sanzioni” e aprire nuovamente i mercati americani e occidentali agli affari con la Russia.
Una proposta, come è noto, che Mosca porta avanti in totale sintonia con Pechino. Non è un caso che da settimane il governo cinese insista per interpretare lo spiraglio di pace in Ucraina come occasione per l’apertura di una trattativa economica multilaterale. La posta sul piatto: riaprire l’America e l’Occidente al libero scambio di merci e di capitali coi “nemici” orientali.
Trump è terrorizzato da una simile prospettiva. La sua amministrazione sarebbe disposta anche a mandare l’Ucraina, i paesi baltici e l’intero confine europeo della Nato all’inferno. L’essenziale è che il muro protezionista americano resti in piedi. È questa, infatti, l’unica condizione per tenere a bada un altrimenti ingestibile debito statunitense verso l’estero, sia pubblico che privato.
Ecco perché la presidenza Usa sta cercando di tenere i cinesi il più possibile alla larga dagli accordi di pace. La speranza americana è convincere Putin a intavolare una trattativa bilaterale fondata sull’apertura ai soli capitali della Russia. È il tentativo di riesumare il vecchio divide et impera nixoniano per separare i destini russi da quelli del gigante cinese. Il problema è che l’intreccio economico tra Russia e Cina è ormai difficilmente districabile.
Negli ultimi anni l’export cinese verso l’economia russa è più che raddoppiato, passando dai 50 miliardi di dollari del 2018 agli oltre 100 attuali. «Cina e Russia non possono essere separate»: l’avvertimento di Xi al mondo, di pochi giorni fa, è fondato su basi economiche piuttosto solide.
Se dunque la Russia resterà saldamente legata alla Cina, alla Casa Bianca toccherà cercare altre vie. Una di queste è che gli Stati Uniti decidano di scaricare l’arma protezionista interamente sulle spalle dei vecchi alleati Ue.
Trump potrebbe cioé minacciarci: «Cari europei, o pagate voi i nostri debiti oppure da ora in poi faremo affari solo coi nemici». È il “friend shoring” di Biden che sotto Trump si rovescia e diventa “unfriend shoring”. L’ennesimo, stupefacente paradosso di una precarissima pace capitalista.
(il manifesto, 27 febbraio 2025)
Dalla pagina Piazza Grande de il Fatto Quotidiano ... (25 febbraio 2025) |
Dalla pagina Piazza Grande de il Fatto Quotidiano ... (26 febbraio 2025) |
Dalla pagina Piazza Grande de il Fatto Quotidiano ... (27 febbraio 2025) |
Mi associo, nessun assorto può ritenersi assolto. Così nessun eco-pacifista può essere accusato di putinismo o trumpismo.
RispondiEliminaL.
Senza bussola? Vero.
RispondiEliminaÈ impressionante l'abbandono di qualsivoglia riflessione tra i democratici europei.
Questa serata ha fornito altri elementi.
La diretta internazionale tv andata in scena alla Casa bianca va analizzata.
La mia impressione (a caldo) è che non si è usciti dalla regia del passato. Quella dello scontro "ideologico".
Zelensky tiene il punto, con coerenza e coraggio. Lo stesso degli ultimi 3 anni: difendiamo la libertà nostra e del mondo libero. Continuità con le tesi di Biden e dell'Occidente (anche di Meloni).
Trump continua nelle sue tesi: i profittatori (democratici americani e molti altri) portano alla guerra mondiale. La mia America non è interessata, voglio la pace con gli altri imperi disponibili, basta con la difesa nostra di chi non paga. Zelensky? Venga a firmare le concessioni (a chi l'ha garantito fornendogli armi) per le terre rare. L'Europa? Si impegni direttamente con il 5% del PIL per la difesa, con armi prodotte made in Usa. No? Allora, cari ucraini ed europei, procedete senza di noi. E vedete che effetto che fa. Questi sono, oggi, gli interessi americani.
Che risposta Politica?
Si può rispondere con Francesca Mannocchi e Propaganda Live? Certo. Sono testimonianze toccanti dei disastri delle guerre. La Politica deve sapere che il racconto coglie drammi veri (le stesse di Gaza, dell'Afganistan, dell'Iraq, di tanti paesi africani). Ma per evitare queste tragedie bisogna prevenire e interrompere le guerre. Non continuarle certi che le motivazioni ideali e legittime sono solo da una parte (e il male, l'odio dall'altra).
Dunque? Qual è la pace "giusta" che vogliamo noi europei? O quella (più ragionevolmente) possibile? Ecco il nodo per saggi, amanti della libertà e democratici d'Europa e del mondo. Fin qui manca la risposta dell'UE: le armi non sono la risposta! Le armi servono sempre alla guerra: ieri, ora e in futuro. Si dice che preparano la pace? No. Alimentano i conflitti, li generano: chi temendo il riarmo altrui, anticipa guerre è sempre presente.
I democratici debbono scommettere su altro: non mancano gli investimenti urgenti verso i problemi sociali e ambientali, i bisogni della comunità.
Questa è la Politica con la P maiuscola. Il resto è propaganda con la p piccola.
Ragioniamo. Parliamo. Mobilitiamoci: basta guerre, stop riarmo!
Contrastiamo gli imprenditori del nazionalismo bellicista e gli imperi del male.
Ciao!
Due domande.
RispondiElimina1. Che dire di Trump Vs Zelensky?
2. Come valutare il progetto Michele Serra & Elly Schlein?
Per quanto mi riguarda: 1. Nessuno dei due mi sembra uno statista adeguato ai bisoni delle rispettive comunità . 2. L'Europa è una o 27? È Ursola 1, Ursola 2, Macron, Meloni e Orban? È pro o contro il riarmo? È quella della austerità o del walfare? È quella che finanzia la Turchia e la Libia perché trattenga i migranti o quella delle ong? È quella due popoli e due stati o quella che sostiene Israele come unica democrazia del medio oriente? E se io vado in piazza il 15 marzo con la bandiera della pace Michele ed Elly che dicono?
EliminaAnna
Qualche prima considerazione.
EliminaSul primo punto.
Trump ha voluto lanciare al mondo intero un messaggio: per perseguire America First il vero confronto è con Putin e Xi; con capi di Stato e di governo di paesi considerati minori o privi di forza politica, militare ed economica non si può certo impiegare molto tempo.
Per Zelensky che in epoca Biden ha rivendicato la riconquista integrale dei confini post indipendenza (inclusa Crimea) e negato per legge ogni trattativa con Putin è sicuramente difficile accedere oggi alle tesi "mercantili" dell'Amministrazione USA.
Sul secondo.
Il termine "progetto" pare decisamente eccessivo per la proposta di Michele Serra e C. Unirsi nel 2025 attorno alla bandiera d'Europa ci pone su un piano analogo a quello delle classi dominanti di Stati Uniti, Russia e Cina?! O no?! Lui parla di "valori" ma nelle capitali del "blu stellato" si praticano scelte da "fortezza" assediata. Con Ursula Von der Leyen (e maggioranza che la esprime) già passata dall'obiettivo "transizione ecologica" a quello del "riarmo" in termini di percentuali sui PIL nazionali (dichiarazioni post Londra). Con quale prospettiva per i conflitti in corso nel Vecchio Continente, nel Mediterraneo e nel mondo che corre verso il 2030 ed il 2050?
L'impressione è che il Direttore abbia lanciato il Cuore oltre l'ostacolo raccogliendo immediato sostegno dal giornale su cui da tempo scrive e pronte adesioni tra i politici DC di sempre (Pierferdinando Casini) e tra tradizionali conservatori (parlamentari e sindaci liberal-democratici e di DestraCentro). Insomma più che "progetto" appare una "manovra" spericolata e "a perdere" consensi, in particolare tra chi pensa che la sfida attuale è cambiare priorità, investimenti, classi dirigenti.
Gianni
Per me questa Europa non va. Siamo ancora spiazzati dal cambio Biden - Trump e dalla mancanza da anni di una proposta politica che interrompa la guerra per un accordo di pace.
RispondiEliminaNon si può affatto delegare a Russia e Ucraina la ricerca del punto di incontro. Putin ha invaso ed è all'offensiva. Zelensky e amici hanno una legge contro la trattativa.
L'idea di continuare a combattere fino alla riconquista dei vecchi confini, di incrementare le spese militari e di truppe europee al confine è insostenibile.
Non sono per nulla convinto delle tesi di Calenda e apprezzo la prudenza di Meloni. Se la sinistra sostenesse la guerra sarebbe la fine!
DG
Si, purtroppo anche a sinistra ci sono una pluralità di soggetti che pensano che il riarmo e le guerre possano aprire prospettive interessanti ...
EliminaAl tempo delle armi nucleari e dell'intelligenza artificiale non pare convincente.
Un mondo nuovo e migliore per il genere umano credo si possa costruire solo cooperando e rispettando maggiormente diritti e doveri universali delle piccole - grandi comunità e, insieme, la biodiversità naturale del Pianeta Terra.
Gianni
Penso che occorra rapportarsi ai grandi fatti del mondo con massima autonomia culturale e politica, non con logiche di tornaconto soggettivo, di partito, di lobby.
RispondiEliminaSuggerirei a questo riguardo il commento di Lucio Caracciolo pubblicato oggi su la Repubblica.
M.
La Casa bianca a Trump ha segnato la fine di Zelensky. Il nuovo presidente americano ha interessi pragmatici non sacrificabili dalle ambizioni alla libertà del popolo ucraino. In gioco sono il nuovo ordine mondiale e le zone di influenza degli imperi dominanti nel 21° secolo.
RispondiEliminapl
Dunque chi è contro tutti gli imperi - " del male" o "del bene" che differenza fa? - deve combattere.
EliminaCi sono confini? Qual è il senso di farlo alzando la bandiera d'Europa?
Personalmente non saprei risponderti. Per quanto mi riguarda il riarmo un senso non c'è l'ha nel mondo del 2025 e in questa Europa delle nazioni che sa solo solidarizzare con presunti amici e alleati, si chiamino Zelensky o Netanihau.
EliminaPurtroppo leggo che saranno in piazza con Serra Michele e Rep anche Legambiente e Agesci.
BiBi