lunedì 17 giugno 2024

Sulle prossime elezioni regionali in Emilia Romagna

Le buone ragioni del movimento ecologista conquisteranno i Palazzi della Regione? 











Con la elezione del Presidente della Giunta regionale Stefano Bonaccini alle recenti elezioni europee si è aperta la strada a nuove elezioni in Emilia Romagna, che con ogni probabilità si terranno nel prossimo autunno. Sulla scadenza il movimento ecologista rappresentato nella Rete Emergenze Climatiche ed Ambientali ha preso parola ancor prima del voto dell'8 e 9 giugno scorsi e chiama alla discussione la società e l'elettorato. Ecco il testo integrale proposto al confronto.

A fronte di tale scadenza, per noi, come RECA e come mondo ambientalista, si impone una riflessione importante, sia su quanto da noi proposto e realizzato, sia sull’operato di questo Presidente, di questa Giunta e della loro maggioranza.

RECA nasce all’inizio di questa legislatura mossa dalla necessità e dall’ambizione di contribuire a determinare una svolta nelle politiche ambientali (e anche di modello produttivo e sociale) in Emilia-Romagna.

L’elaborazione che abbiamo prodotto all’epoca del confronto con la Regione sul Patto per il Lavoro e il Clima promosso dalla stessa - e che ci ha portato alla decisione di non sottoscriverlo perché non ha recepito quasi nulla delle nostre proposte, e che per la giunta regionale è stata la scusa per escluderci da qualsiasi tavolo di confronto - è servita alla predisposizione del nostro Patto Per il Clima e il Lavoro che sintetizzava le nostre proposte su tutte le tematiche ambientali e sociali legate alla regione, a cui si sono aggiunte (assieme a Legambiente) le 4 proposte di legge di iniziativa popolare regionale in tema di acqua, rifiuti, energia e consumo di suolo e, infine, i documenti sui temi degli allevamenti intensivi e della mobilità.

Con queste elaborazioni possiamo dire di aver avanzato una prospettiva nuova e alternativa sulle scelte di politica ambientale rispetto a quanto finora definite a livello di governo regionale.
A
ssumere la priorità del contrasto al cambiamento climatico e della tutela delle risorse naturali significa uscire dall’economia del fossile e prospettare una reale conversione ecologica ed energetica da fonti rinnovabili; rientrare all’interno del 100% di consumo di risorse materiali, ridurre la produzione dei rifiuti ed in particolare ridurre verso zero i rifiuti non riciclati con l’uscita dall’incenerimentofermare completamente il consumo di suolo, puntando alla rigenerazione urbana, promuovere una mobilità che metta fine all’utilizzo scriteriato degli autoveicoli privati e l’ipertrofia di superstrade e autostrade, privilegiando invece il trasporto pubblico e la mobilità “dolce”, pedonale e ciclabile, la ripubblicizzazione dei beni comuni, a partire dal servizio idrico e da quello dei rifiuti, togliendoli dalla logica di profitto delle grandi multiutilities, le politiche che preservinolarisorsaacquaelarinaturalizzazionedeisuoicorsi, provvedimentiche affrontino alla radice il pesante inquinamento atmosferico, un sistema agro- alimentare meno impattante, più locale, più trasparente intervenendo anche sugli allevamenti intensivi.

Come abbiamo esplicitato con il nostro convegno del 17-18 febbraio di quest’anno sul tema del neoliberismo e del “modello emiliano-romagnolo”, non ci sfugge che è un intero sistema produttivo e sociale che produce questi devastanti impatti ambientali e che va messo in discussione. Un modello basato su una struttura produttiva energivora, che consuma troppe materie naturali, scarica i suoi costi sull’ambiente, svalorizza il lavoro, privatizza i beni comuni, si basa sulla proliferazione delle grandi opere. Un sistema il cui emblema, nella sua “modernità”, può essere ben esemplificato dal ricorso sempre più forsennato alla logistica, che riesce, contemporaneamente, a consumare suolo, sfruttare e precarizzare il lavoro, incentivare il trasporto su gomma. Un modello che ora ci sta presentando un amaro conto come dimostra l’alluvione del maggio 2023.

Di questa nostra impostazione e istanze, non c’è sostanzialmente traccia nelle politiche sviluppate in questi ultimi anni dalla Regione, anzi si è andati in tutt’altra direzione.

Dal punto di vista della questione energetica, ricordiamo che con la “crisi energetica” e il rialzo dei prezzi delle energie fossili, la Regione nei fatti non ha costituito una reale alternativa alle politiche negazioniste, dimostrandosi sostanzialmente subalterna ad esse, dando il proprio appoggio alle misure maggiormente contrarie alla transizione ecologica, caldeggiando il si alle trivellazioni, alla cattura e stoccaggio delle emissioni di CO2, si al rigassificatore di Ravenna (e all’intera filiera del GNL), e alla costruzione dell’inutile mega- gasdotto della Linea Adriatica, avallando l’assurdo piano meloniano di far diventare l’Italia l’hub del metano per l’Europa. Tutto ciò, imponendo per altro provvedimenti d’urgenza in spregio di ogni vincolo ambientale e procedurale. Le rinnovabili, al di là di alcune reiterate affermazioni di principio, sono rimaste sempre in secondo piano. Alcune “foglie di fico” come le legge regionale sulle comunità energetiche, per altro basata su una norma nazionale che esclude lo scambio diretto fra i cittadini costringendo ad avere obbligatoriamente un distributore-intermediario, non cambiano la sostanza delle cose.

Se invece esaminiamo il problema dell’uso delle risorse, dobbiamo rilevare che sulla plastica dopo le roboanti dichiarazioni di Bonaccini durante la scorsa campagna elettorale, e dopo aver votato un odg in senso plastic free, le buone intenzioni sono rimaste lettera morta. Anzi, la Regione si è scagliata contro la tassa sulle plastiche vergini, per sostenere l’industria regionale, invece di provvedere ad un piano di trasformazione del sistema che accompagnasse le aziende coinvolte verso produzioni sostenibiliE intanto tutti paghiamo con la fiscalità generale 800 milioni di tassa europea sul mancato riciclaggio della plastica cifra che dovrebbe essere scaricata su chi continua a usare nella produzione plastica vergine invece di plastica riciclata. Per il resto, riemerge in continuazione anche nel Piano per il Lavoro e per il Clima, e nelle pratiche di governo, la mentalità della rimozione di ogni accenno ai limiti allo sviluppo.

Nella politica dei rifiuti, con un capovolgimento di 180 gradi rispetto alle intenzioni dichiarate, in questa legislatura è stata demolita l’impalcatura della legge 16/2015 su rifiuti ed economia circolare. Nel Patto per il Lavoro e per il Clima, al di là dell’equivoco obiettivo di innalzamento della raccolta differenziata, almeno veniva riportato un obiettivo di riduzione della produzione di rifiuti, e di una diminuzione dei non riciclati a 110 kg/abitante. Sta di fatto che le successive scelte sono andate nel senso esattamente opposto, tanto che per il 2027, non onorando gli impegni presi con altri 50 firmatari, viene indicato come obiettivo un nuovo record di produzione dei rifiuti a 703 kg per abitante al posto dell’obiettivo precedente di 539, mentre i rifiuti non riciclati sono stati quantificati in 239 kg alla faccia dei 150 di legge e dei 110 del Patto per il 2030. Viene ripristinato quale criterio per premiare i comuni il dato puramente quantitativo della raccolta differenziata, lasciando ai margini quello principale di riduzione dei rifiuti non riciclati, così che viene premiato

maggiormente un comune come Ferrara col 97% di RD, ma il 52% di riciclaggio e 250 kg di rifiuti a smaltimento (incenerimento o discarica), rispetto a un comune come Forlì con l’82% di RD ma il 66% di riciclo e con 125 kg a smaltimento. Infine, l’impegno di chiusura degli inceneritori, dopo quello più piccolo e obsoleto di Ravenna, è stato dimenticato e anzi gli inceneritori nel piano sono diventati il perno per il trattamento della montagna di indifferenziato, scarti Rd e speciali. Ricordiamo che gli inceneritori emettono gas climalteranti 2,3 volte il mix energetico nazionale, quasi il doppio delle centrali a metano, decisamente oltre le emissioni delle centrali petrolifere e secondi solo al carbone.

Sul consumo di suolo, la legge regionale votata nel 2017 si è rivelata un intricato groviglio di deroghe, che hanno fatto sì che in realtà la limitazione del consumo di suolo sia rimasta lettera morta. Siamo una delle regioni a maggior consumo, e anche le aree alluvionate sono state solo tardivamente e in modo assolutamente incompleto poste in una condizione di moratoria rispetto a nuovi progetti di urbanizzazione. Inoltre, la spinta alla realizzazione di nuovi e immensi poli logistici e di opere stradali e autostradali sta dando il suo contributo fondamentale alla distruzione del terreno regionale.

Nonostante la produzione di interessanti documenti, che prendono in considerazione il tema della rinaturalizzazione dei corsi d’acqua, a tutt’oggi i provvedimenti presi dopo l’alluvione si stanno traducendo soprattutto nella rasatura radicale delle golene, con distruzione di ecosistemi che impoveriscono drasticamente la biodiversità, eliminano le capacità di auto-depurazione delle acque e favoriscono le erosioni, tendendo ad aumentare proprio quei rischi che si vorrebbero contenere.

In più sono continuate le scelte di privatizzazione del servizio idrico, consegnato di fatto alle grandi multiutilities Hera e Iren, che guardano alla massimizzazione dei profitti e dei dividendi, anziché a produrre un servizio realmente pubblico ed efficiente. Questo anche con lo scandaloso provvedimento regionale della fine del 2021, che ha prorogato tutte le gestioni del servizio idrico alla fine del 2027, superando la scadenza temporale di numerose concessioni, che avrebbe consentito la possibilità di aprire un percorso di ripubblicizzazione delle stesse.

La qualità dell’aria nella Pianura Padana è fra le peggiori al mondo, e la nostra Regione non brilla certo per provvedimenti che tendano a migliorarne le condizioni. La previsione di piantumazioni vegetali, spesso ostentata, non compete di certo con le mattanze di alberi che si stanno portando avanti in ogni provincia, sia per far posto a nuove strutture viarie sia per opere urbane spesso di dubbia utilità.

La realtà della mobilità resta legata a doppio filo con la piaga del trasporto privato, e mentre ad esso si continuano ad immolare ampi pezzi di natura e di salute delle popolazioni, non si ha il coraggio di promuovere scelte significative che incentivino il trasporto collettivo, si progettano grandi opere stradali e autostradali e si mortificano le linee della mobilità pubblica. Inoltre, la difesa ad oltranza dell’immagine da Motor Valley non mette minimamente in discussione lo strapotere della motorizzazione nel modello complessivo di vita.

Anche se la riduzione del consumo di carne e prodotti animali nell’alimentazione quotidiana è ormai riconosciuta come una necessità sia per la salute delle persone che per quella del territorio e del Pianeta, la presenza massiccia degli allevamenti intensivi non viene minimamente messa in discussione, le cosiddette eccellenze gastronomiche della regione vengono presentate come elementi da potenziare in maniera illimitata. L’indispensabile riduzione, anche moderata, della quantità e della densità degli allevamenti intensivi, viene rimandata sine die e non si ravvisa alcuna volontà di realizzarla veramente. A tutt’oggi non vede la luce neppure alcun provvedimento che limiti l’autorizzazione all’apertura di nuovi insediamenti.

Vogliamo poi sottolineare la grave scelta compiuta dalla Regione sul tema dell’autonomia differenziata, in modo, se si vuole, un po’ meno spinto rispetto a quello praticato dalle regioni Lombardia e Veneto, ma sempre inserendosi in quel solco, decisamente negativo e

lesivo dell’universalità dei diritti sociali e l’altrettanto grave scelta sempre di accodarsi a Lombardia e Veneto, in compagnia questa volta anche del Piemonte, di impegnarsi in un’azione volta a riformulare la proposta di Direttiva sulla qualità dell’aria, minandone il senso e affossando il livello di tutela dei cittadini e della loro salute chiedendo flessibilità della normativa ed eliminazione dei limiti di legge per le concentrazioni degli inquinanti dell’aria.

In passato, si è spesso detto che i costi ambientali di questa regione erano il “prezzo da pagare” per un alto livello di benessere e di efficienza dei servizi alla cittadinanza. Al di là del concetto sbagliato, perché i danni al patrimonio crescenti in modo esponenziale, come dimostra l’alluvione in Romagna, prima o poi si riversano sempre su tutti, ma in particolare sui più svantaggiati anche in termini sociali, oggi assistiamo a un depotenziamento di molti servizi anche nel settore sanitario e sociale, a una precarizzazione del lavoro senza che si mettano in atto proposte utili a frenare le tendenze devastanti del capitalismo globalizzato, e aree come quella del turismo, che sono di fatto settori trainanti dal punto di vista economico, vengono gonfiati senza limitazioni e con ben poche attenzioni alla qualità, con conseguenze negative sui diritti di chi lavora, sulla struttura sociale, sulla realtà urbanistica, sui rapporti umani e sull’equità economica.

Insomma, siamo stati in presenza di politiche che hanno costituito tutt’altro che una reale alternativa alle politiche negazioniste rispetto al contrasto al cambiamento climatico e alla conversione ecologica, dimostrandosi sostanzialmente subalterne ad esse.

La persistenza in maggioranza di forze politiche maggiormente vicine alle istanze ambientali che hanno scelto di continuare a sostenere “a prescindere” la giunta Bonaccini, secondo noi, è stato un errore che non va reiterato.
Dall’altra, altre forze, sensibili alle nostre istanze, non sono riuscite a rifuggire dalla frammentazione e dalla litigiosità.

Ovviamente, non stiamo neanche minimamente a prendere in considerazione il ruolo della destra che, anche in Regione, ha portato avanti impostazioni negazioniste, razziste e superliberiste.
Non pensiamo sia accettabile che questa situazione, anche dal punto di vista della rappresentanza elettorale, possa continuare.

Anche nel nostro ambito associativo e di movimento ci sono diverse persone che nel 2020, a fronte del rischio che la Regione venisse consegnata alle forze della destra, hanno sostenuto la coalizione Bonaccini, dando il voto alle liste che dichiaravano di voler rappresentare le istanze maggiormente significative del mondo ambientalista e della giustizia sociale, climatica e democratica.

Oggi, alla luce di quanto prima esposto, riteniamo che non vi siano minimamente le condizioni per ribadire la scelta di allora, non intravedendosi alcun segno di discontinuità rispetto alle questioni sopra segnalate, anche guardando ai nomi che vengono fatti come possibili successori del Presidente uscente, che rimarcano proprio la volontà di una forte continuità con la gestione dell’ultimo quadriennio.

Ovviamente, la Rete per l’Emergenza Climatica e Ambientale dell’Emilia-Romagna, per la sua natura di soggetto sociale, Rete composta da numerose Associazioni e realtà sociali, non intende cimentarsi con una propria presenza elettorale, ritenendo più opportuno continuare nel nostro lavoro di proposta e di promozione della mobilitazione dal basso e delle lotte di cittadini e cittadine, in un impegno interterritoriale e intergenerazionale.

Siamo però convinte/i che il tema della “sponda politica” sia ineludibile ed irrimandabile, e che occorra essere presenti anche nella dimensione istituzionale per affermare che il tempo per salvare la terra, anche nella nostra regione, sta scadendo. Quindi intendiamo rivolgerci a tutte le forze politiche, anche diverse, che hanno a cuore le sorti dell’ambiente e della giustizia climatica e sociale e che condividono la sostanza delle proposte da noi avanzate sopra, per discutere con noi e altre realtà sociali la possibilità di costituire un’alternativa volta a produrre una discontinuità forte rispetto allo scenario esistente. E che questa possa determinarsi anche nella prossima scadenza elettorale, verificando le condizioni e le prospettive per costruire una presenza unitaria del pensiero critico, ecologista ed alternativo, nelle forme che valuteremo opportune. Per queste ragioni, chiamiamo alla discussione sincera, priva di pregiudizi, libera da interessi di bandiera e ricca di disponibilità all’ascolto e di generosità politica tutte le realtà sociali e politiche interessate all’orizzonte che abbiamo delineato, mettendo a disposizione quanto elaborato in questi anni.

R.E.C.A. Emilia Romagna, maggio 2024


Dai fronti di mobilitazione: confronto e iniziative a Bologna ...

Sabato 15 giugno, al Parco Don Bosco, in presidio permanente per iniziativa del Comitato Besta, Ecoresistenze e Potere al Popolo promuovono un Forum cittadino "Bologna: di chi è la città?" ...


L'incontro si propone di "Immaginare un'alternativa a cementificazione, rendita immobiliare, espulsione delle fascia popolari, repressione, devastazione ambientale e crisi climatica" ... Tra i relatori docenti, architetti, ricercatori, attivisti, semplici cittadini con passione civile e politica ...

Ad ascoltare molte persone, soprattutto giovani e giovanissimi ... Qui durante l'intervento del prof. Giovanni Semi, dell'Università di Torino


A confronto generazioni, culture, look ...

Questione ambientale e questione sociale impongono nuove sintesi politiche ... Tra i partecipanti anche giovani donne di origine araba 




L'intervento di Vittorio Marletto, climatologo, già dirigente ARPAE Emilia Romagna ...


Tra Caterina e Gabriele, organizzatori del Forum, una giovane attivista di Ultima Generazione ...


Una foto di gruppo tra gli alberi a rischio e le altane costruite a difesa della natura, un messaggio di solidarietà alla mobilitazione nazionale ... (15 giugno 2024)




Un'altra Bologna è necessaria e possibile nel segno della conversione ecologica, della giustizia sociale, della democrazia partecipata (traccia dell'intervento di Gianni Tugnoli, Parco Don Bosco, 15 giugno 2024)

Ho tentato una risposta al tema che avete posto: "Di chi è la città?". Ho pensato ai 391.400 residenti del Comune. Ma poi, chi viene per lavoro o per studio? E ancora, chi risiede nella Città Metropolitana e subisce le conseguenze e i condizionamenti naturali della vita nel capoluogo? Sopportando passivamente anche il Sindaco Metropolitano, deciso solo dall'elettorato residente a Bologna? Sappiamo inoltre che, in realtà, chi dispone di scelte e potere sono soprattutto grandi gruppi economici e finanziari ... Quindi ho trovato preferibile partire da una osservazione che mi è stata rivolta in questi giorni.

"Perché vai? Non ti preoccupa chi prova a mettere un cappello politico su un movimento sociale e culturale ampio, plurale ... C'era già stato il Convegno al Perla".

A quell'amico e compagno rispondo: sono più preoccupato del silenzio seguito a quel Convegno partecipato e ricco di argomenti e di contributi di valore nazionale!

Si, certo tanta solidarietà, locale e dalla cultura viva del Paese (Mercalli e Tozzi, Zerocalcare). Ma anche grandi, inquietanti silenzi! A livello politico, sindacale, associativo. Eppure quante ragioni per alzare la voce, per avviare riflessioni e correzioni.

Su almeno 5 grandi questioni:

1. Il suolo non è una superficie, ma un patrimonio collettivo di biodiversità.

2. Gli alberi e gli arbusti non vanno solo piantati, ma vanno salvati e vincolati.

3. Gli edifici di 40 anni non vanno abbattuti e ricostruiti ma, ovunque possibile, manutenuti e ristrutturati.

4. La valorizzazione e pianificazione della scuola non significa erigere sempre nuovi edifici, ma pensare come educare e formare criticamente ragazzi e persone al passo con i tempi.

5. La Democrazia non è "parlare tutti". La partecipazione popolare è una risorsa fondamentale: cultura, conoscenza collettiva in divenire ...

Su questo si impone una svolta radicale, anche qui a Bologna. La Giunta Lepore ha fin qui sostanzialmente fallito. O sa correggere il tiro (vedere, capire, cambiare) rapidamente o finirà nelle mani di Piantedosi, Meloni e Salvini, dei potenti a capo dei grandi gruppi economici multinazionali.

Per questo incontri come quello di oggi sono importanti. Ogni partito, sindacato, associazione dovrebbe ragionare su quanto emerge dal Don Bosco.

E' una risposta alla generazione di Greta, oramai sfiduciata. Ai bisogni ed alle ingiustizie del mondo d'oggi.


Se permettete, è la ripresa di una elaborazione tentata 40 anni fa ... e sconfitta.

Si, negli anni '80 si aprì una breve stagione.

La "cultura del limite", la critica allo sviluppo capitalista e del "socialismo realizzato" ...

Pensieri, parole e progetti, azioni: la crescita di una cultura ecologista internazionale, il No nucleare, l'organizzarsi di associazioni tra cui la Lega per l'Ambiente, Giorgio Nebbia, Laura Conti ... l'ONU, Gorbaciov ... Anche un Ministro dell'Ambiente dell'epoca, Giorgio Ruffolo ...

A Bologna le Amministrazioni di Zangheri (con P.L. Cervellati) e Imbeni.

Qui, andrebbe studiata la storia di Bologna, della Sinistra e dell'ambientalismo (è una proposta!): 1984, il Referendum sulle auto nel centro storico ... 1985-'88: il nuovo ed ultimo PRG, con scelte rilevanti di vincolo incluso il Bosco urbano (CVT) ... 1989: L'avvio della fascia boscata, con il Parco Chico Mendes ...

Quella stagione si è interrotta in ragione dell'affermarsi di una cultura neoliberista che ha progressivamente conquistato il partito di maggioranza relativa, del venir meno del pensiero critico e del PCI di Berlinguer, del crollo dell'URSS ...

E' prevalsa una politica di corto respiro. Un aneddoto personale e politico. A Bologna, metà anni '90 ... dopo avere rinunciato al Partito ed alla sfida Amministrativa, con Legambiente organizzammo "Fascia Boscata. Chi l'ha vista"? La risposta dell'Assessore di turno: "non ne vale la pena. Con le risorse annue a disposizione del Comune, ci impiegheremo trent'anni a realizzarla" ... 


Anni duri! 

Il corso delle cose non è cambiato negli anni recenti.

A. Nella visione (anche di Lepore - Schlein) manca il senso del limite nelle produzioni e nei consumi (una cultura che accentra sull'uomo un potere quasi sovra naturale) ...

B. Nella programmazione (quando va bene) si "sommano" istanze senza priorità, né sintesi. Un classico per il PD (a Bologna con Coalizione Civica e gli animatori del M5S presto inglobati): Passante e tram in contemporanea, auto "più lente" (il Referendum su Città 30? Parliamone ... Nel 1984 si intendeva "ridurre gli automezzi") e bici ... Si promuovono insieme Bologna Carbon Neutral al 2030, Città 30 e la cultura della Motor Valley! Che fine ha fatto la riduzione dei traffici su gomma? E la prevenzione dall'inquinamento? Si pianifica (vedi il PUMS) dando per scontate (fatte, anche quando sono solo decise!) "grandi" opere sbagliate (come il Passante). 

C. Nella progettazione, anche quando per opere "utili" non ci sono visioni strategiche (le linee del tram non sono mai state oggetto di vero confronto, con una visione integrata della mobilità su ferro; la storia del TAV Bologna - Castel Bolognese, per 3.5 miliardi, rischia di essere un troncone monco senza sbocchi per decenni ...). Mancano "paletti" o vincoli necessari (es. il verde urbano va difeso, l'impermeabilizzazione va ridotta drasticamente, il lavoro ed i cantieri debbono essere sicuri per tutti) ...

D. Negli studi, nei progetti, nelle soluzioni manca la "mano pubblica". Sono quasi sempre "esterni": dai Comuni e dalle Istituzioni il lavoro di elaborazione e di stesura delle norme e dei dettagli è passato alle grandi imprese, ai gruppi industriali. Comuni ed Enti pubblici si sono progressivamente impoveriti di conoscenze, competenze, controlli ... Serve una grande vertenza nazionale (e meno strumentalità politica).

E. Nei percorsi di approvazione la partecipazione popolare è marginale. Mai "se fare" e sempre "come realizzare": dal Passante di Mezzo alle nuove scuole Quattrofoglie, ecc. ... Le persone, i cittadini "debbono adeguarsi" ...

F. Nella comunicazione si ripetono notizie di comodo, a volte false. Impunemente, senza scuse. Ancora sul Passante, circa i tempi per raccogliere dati, fare rilevamenti, produrre VIA e VIS. Vale per le Besta e il Don Bosco, sul rischio sismico, sui consumi energetici ... Da mesi è scritto e detto "Parte l'SFM" ... Quando? Si confonde una linea con un sistema! E di fronte alle critiche, alla mobilitazione si risponde con "balle" indecenti: "i violenti", gruppi "strumentalizzati dalle destre" ... 

Alcuni obiettivi da perseguire con determinazione:

1. Più verità e correttezza. Più informazione e trasparenza.

2. Più Costituzione. Leggi ed autorità, vanno rivendicati diritti e doveri ... Giustizia non repressione. Per un fronte ancora più vasto.

3. Azioni e visione. Mettere in conto pratiche di disobbedienza civile e di consapevole pluralismo. Ma anche rispetto, coordinamento.

4. Priorità strutturali e non minimali. Il Passante, le Autostrade, il SFM, la difesa di alberi e arbusti minacciati dai cantieri; la lotta per la riapertura di parchi, giardini ed aree in cui sono previsti i lavori per il Passante; la conversione energetica ed industriale nel segno dell'eco-compatibilità; il rapporto con operai ed impiegati di settori strategici (IIA), dei servizi (TPER), del verde (cura e vivai), delle costruzioni (la sicurezza e gli orari di lavoro) ...

5. Rispetto reciproco per ruoli distinti. Anche, in piccolo, per PaP. Sfide alte: RECA sollecita un confronto per la conversione ecologica verso le prossime elezioni regionali. 




Domenica 16 giugno, dal Parco della Montagnola, si muove il Bike Pride 2024: tanti in bici per promuovere investimenti a favore della mobilità eco-compatibile ...


Dal centro storico alle periferie: un ragazzo con casco tra i tanti ...


Intere famiglie, con bici adeguate (almeno di domenica e in occasioni particolari) ...


Una esplosione di creatività e di colori ...


In via del Lavoro, Quartiere San Donato, l'incontro con la protesta degli attivisti del Comitato Besta, già presenti con argomenti e volantini alla partenza ... Ad entrambi i lati della strada striscioni "il Don Bosco non si tocca, lo difenderemo con la lotta" ...


Il serpentone di bici sotto il ponte di via San Donato ...







In via della Torretta dal ponte Cesare Maltoni, di via Libia ...

Da via Sante Vincenzi a via Libia, a sinistra un "prototipo anti smog" per evitare di respirare direttamente gli scarichi degli automezzi ...
  

Lungo via Murri, verso Porta Santo Stefano ...


Quando natura e tecnologia trovano sintesi grazie alla creatività degli esseri pensanti ...


Al centro Sara con la bandiera dei Fridays for Future ...


Ricorda che il sorpasso delle auto deve avvenire a distanza di 1,5 m. dal ciclista!


Controluce in via Irnerio ...


In sella anche Andrea Colombo, già Assessore con Virginio Merola Sindaco e oggi "esperto senior in ambiente e clima" presso la Fondazione Innovazione Urbana ...


Il ritorno verso il punto di partenza: due "maglie rosa" chiudono il Bike Pride sotto il controllo della Polizia Municipale ... sullo sfondo i vecchi edifici di Piazza VIII Agosto e in lontananza la Torre Asinelli: priorità a natura e cultura, a persone e luoghi di vita e di socializzazione ...


2 commenti:

  1. Quindi Reca pensa ad una candidatura alternativa a De Pascale o Colla? Con una caratterizzazione di sinistra ecologista?
    DG

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  2. Le critiche delle associazioni ecologiste a Bonaccini sono più che condivisibili anche dall'osservatorio bolognese. Troppo consumo di suolo, impegni per consumi energetici fossili, investimenti nella mobilità concentrati su strade ed autostrade. Ma anche basta! Nel 2020 conquistarono voti contro Salvini - Bergonzoni le novità Schlein - Sardine.
    Questa volta?
    In percorsi bici, rispetto a due anni fa, sono stati fatti passi avanti? E come ciclisti? In due settimane la partecipazione al movimento è cresciuta?
    Rocchi

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