sabato 12 dicembre 2020

Next Generation UE. Il cambio di passo della mobilità resta al palo

Verso Bologna 2030: un binario ferroviario contro 18 corsie del Passante di Mezzo? 















Il problema del Recovery Plan italiano non sono i sei manager o la composizione della cabina di regia, la presenza dei partiti o la rappresentanza di genere. Dopo mesi di annunci, incontri riservati tra ministri e grandi imprese pubbliche, si scopre che c’è una grande questione politica sul tappeto: l’inadeguatezza di una proposta molto lontana da quanto ci si sarebbe aspettati.

Ricordiamolo, il programma europeo Next Generation UE mette a disposizione risorse senza precedenti per il nostro Paese, ma per ricostruire meglio e in modo diverso, con innovazione, sostenibilità, attenzione al disagio sociale e alle disuguaglianze cresciute in questi anni. Agli Stati spetta il compito di presentare piani capaci di presentare una visione al 2030 e proposte da finanziare per uscire dalla crisi, recuperare i ritardi e innovare il sistema economico e industriale.

Chi si aspettava proposte innovative si trova di fronte a un documento, circolato in questi giorni, desolante in particolare rispetto al sistema dei trasporti dove si rinuncia ad aggredire gli storici ritardi italiani. I cittadini del Mezzogiorno possono dimenticarsi di vedere cambiare una situazione di linee ancora a binario unico, non elettrificate, con pochissimi treni in circolazione.

Scordiamoci di realizzare una rivoluzione nelle città, quella per cui diventa possibile come in una normale città europea rinunciare a possedere un’auto o uno scooter per muoversi in tempi certi, perché si può contare su un servizio di mobilità pubblica efficiente, su una rete articolata di corsie ciclabili.

Nella proposta di piano, ancora una volta, si punta sui grandi cantieri infrastrutturali con un elenco di ferrovie ad alta velocità, oltretutto in larga parte già finanziate, come la Torino-Lione, la Milano-Genova, la Napoli-Bari. Quasi 20 miliardi per questi interventi a fronte di 9 destinati per rilanciare il sistema sanitario italiano messo in ginocchio dalla pandemia.

Come sempre per le città il ruolo è marginale, con i titoli giusti – decarbonizzazione, rinnovo del parco circolante, riduzione del gap infrastrutturale – ma con risorse del tutto inadeguate. Eppure, è nelle aree urbane che troviamo larga parte della domanda di mobilità delle persone in Italia, dell’inquinamento e delle emissioni prodotte dai trasporti.

Proprio ieri è stato trovato l’accordo tra i Paesi europei per portare gli obiettivi di riduzione dei gas serra al 2030 dal 40% al 55% e senza un cambiamento nei trasporti la sfida è impossibile. Per questo è incredibile che si scelga di andare in continuità con gli ultimi venti anni, con l’unica differenza che non ci sono finanziamenti per nuove autostrade, aeroporti o per il Ponte sullo Stretto, ma solo perché le regole europee lo vietavano.

E la promessa taciuta che a questi interventi andranno le risorse nazionali. Si poteva fare in modo diverso? Certamente si, scegliendo di aggredire con queste nuove risorse straordinarie i ritardi del Paese e spostando le risorse nazionali «ordinarie» dalla gomma al ferro.

Basterebbe che il premier Conte o la ministra De Micheli, si confrontassero con i loro colleghi francesi. Perché nel piano francese i capitoli prioritari riguardano il rinnovamento urbano e la mobilità verde, con scelte precise di finanziamento.

Questa situazione chiama davvero in causa la politica, i partiti di Governo e di opposizione, ma per parlare al Paese non tanto di incarichi ma del merito delle proposte, della visione che si vuole portare avanti grazie alle risorse europee, in modo da andare oltre le scelte ordinarie. Di sicuro è inaccettabile che si dica che il problema è la fretta, che non ci sono i tempi per aprire un confronto su queste proposte, pena problemi con Bruxelles e ritardi nel far partire i cantieri. Dei soliti vecchi cantieri. Si chiama Next generation Ue, deve guardare alla prossima generazione di italiani, non a salvare i soliti interessi.

Edoardo Zanchini*, il manifesto, 12 dicembre 2020

* Vicepresidente nazionale di Legambiente


"Gli ambientalisti contro Bonaccini" titola il Corriere di Bologna. "No ai patti con ENI"
per il grande centro di stoccaggio della CO2 in Adriatico al largo di Ravenna (12 dicembre 2020)
Certo, questo, ma non solo ...




In Piazza Maggiore anche al tempo del Covid-19 tantissimi giovani e cittadini, con le misure di sicurezza, manifestano per una Rivoluzione Ambientale a Bologna e in Emilia Romagna, investire sul SFM,
non sul potenziamento di strade ed autostrade
(17 ottobre 2020)





Ragazze/i di Extinction Rebellion e di movimenti ambientalisti bloccano per un'ora l'entrata 6 della Tangenziale per rivendicare una diversa politica della mobilità (7 dicembre 2019)


Centinaia di ciclisti "bolognesi" conquistano la Tangenziale per un'ora ... Un messaggio ai grandi della Terra per cambiare le politiche della mobilità locali e nazionali in occasione del G7 Ambiente
(11 giugno 2017

2 commenti:

  1. Giuste critiche e proposte.
    Sanità, ferrovie, rimboschimento e scuola sono le priorità del decennio.
    Conte e Bonaccini, De Micheli e Schlein vi teniamo d'occhio!
    DG

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  2. Si chiama Next generation Ue, deve guardare alla prossima generazione di italiani, non a salvare i soliti interessi. Bravo Zanchini.
    s.

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