L'addio di Vauro a Adil Belakhim, 37 anni, sindacalista, 2 figli, ucciso a Biandrate |
La logistica si sta rivelando ogni giorno di più come il vero cuore nero del capitalismo italiano. Il punto di snodo delle linee strategiche del modello produttivo dominato dalle grandi piattaforme, quello dove con maggiore intensità si scaricano i processi di accelerazione in corso e, di conseguenza, si esasperano i livelli dello sfruttamento e le tensioni nel rapporto capitale-lavoro. La morte atroce di Adil Belakhdim davanti ai cancelli della Lidl di Biandrate ne è una terribile conferma.
Riproduce il profilo della più classica conflittualità sindacale in tempi d’imbarbarimento dell’agire padronale, quando si arriva a toccare la nuda vita, e a toglierla, in un contesto nel quale la logica del profitto mostra di non rispettare più nulla, né leggi dello Stato (di uno Stato che ha abdicato alla propria sia pur formale imparzialità) né della decenza.Adil era il coordinatore novarese del Si Cobas, sindacato radicatissimo nel comparto ma spesso ignorato o marginalizzato ai tavoli negoziali, aveva 37 anni, due figli, e la dignità di chi non abdica ai propri diritti. Ora sappiamo che il presidente del Consiglio Draghi chiede di “fare piena luce”. E ci domandiamo: “su cosa?”. Basterebbe una sia pur fuggevole occhiata ai fatti, di oggi e delle settimane passate, per capire.
Qualche giorno fa a Tavazzano, vicino a Lodi, l’aggressione a un altro picchetto dei lavoratori Si Cobas da parte di energumeni sul modello tardo ottocentesco dei Pinkerton americani, a terra numerosi lavoratori, uno in gravi condizioni. E prima ancora, gli scontri a San Giuliano Milanese, sempre in quel triangolo incandescente della logistica che sta tra lodigiano, cremonese, piacentino – punto d’incrocio dei grandi assi autostradali su cui viaggiano, ininterrotti i flussi di merci – dove il nuovo far west del lavoro mette in scena il proprio mucchio selvaggio.
All’origine di tutto l’iniziativa della FedEx TNT, gigante della trasportistica globale – circa 400.000 collaboratori, 160.000 veicoli, 657 aerei, 22,4 miliardi di dollari di fatturato – grande beneficiata dalla pandemia, che fin da febbraio ha deciso di chiudere il proprio hub piacentino, dove i Cobas erano maggioritari, lasciando a casa centinaia di lavoratori e distribuendo le proprie sedi logistiche nei capannoni lodigiani e milanesi, dove appunto i licenziati hanno inseguito il proprio lavoro disperso e sono stati accolti a sprangate.
È un anticipo di come questi padroni intendono la “ripartenza” e interpretano la fine del blocco dei licenziamenti. Draghi, se vuole la luce, farebbe bene ad accenderla in casa propria.
Ma questa storia non parla solo dell’imbarbarimento padronale. Parla anche di un fallimento storico del sindacato confederale. Del buco nero che il suo abbandono dei canoni più propri del sindacalismo classico ha lasciato scoperto.
Della sua incapacità di tutelare le fasce più sfruttate (spesso composte da lavoratori migranti, i più vulnerabili). Della sua pervicace volontà di tagliare fuori le rappresentanze di base dalle trattative. Talvolta della sua, reale o apparente, connivenza con una controparte che non sanno, o non vogliono, contrastare come si dovrebbe.
Non si deve dimenticare che lo sciopero per cui Adil è morto si svolgeva nel quadro della giornata nazionale di mobilitazione della logistica proclamata da tutto il sindacalismo di base contro gli episodi di “squadrismo padronale” ma anche contro il contratto nazionale di lavoro di recente siglato dai Confederali e considerato, appunto, collusivo. Così come fa male, a chi ha conosciuto la Cgil in altri tempi, sapere che l’intervento della polizia contro i picchetti dei lavoratori della FedEx TNT di Piacenza che all’inizio di aprile protestavano contro la chiusura, era stato richiesto da esponenti della Camera del lavoro locale, che infatti nei giorni successivi era stata circondata in segno di protesta da centinaia di lavoratori disgustati.
Spettacolo che dovrebbe far riflettere i tanti che ancora in Cgil credono nella propria storia, e che a me personalmente ha ricordato il luglio del’62 a Torino, quando migliaia di operai Fiat assediarono la sede della Uil, rea di aver firmato un contratto separato con Valletta. E fu, quello, l’inizio del poderoso ciclo di riscossa operaia che sarebbe culminato con l’autunno caldo.
Marco Revelli, il manifesto, 19 giugno
Solidarietà con la famiglia ed i compagni di lotta di Adil.
RispondiEliminaLa mancanza di diritti e di rispetto della vita deve unire le donne e gli uomini, le lavoratrici ed i lavoratori, le generazioni che vedono compromesso e minacciato il loro futuro da una crescita illogica.
Le critiche di Marco Revelli al capitalismo sono sacrosante. Come temo lo siano anche quelle ai sindacati confederali, diverse ovviamente. I primi hanno gestito il sistema economico e si sono arricchiti. I secondi dimostrano subalternità ed abitudini a trattare il possibile. Ma non sempre il possibile è accettabile per tutte e tutti noi. A volte non lo è affatto e contraddice principi e regole universali.
Ecco sarebbe necessario chiudere questa epoca di ingiustizie senza fine ed aprire una stagione in cui tutte e tutti contribuiamo a realizzare una società più sana e capace di soddisfare i bisogni primari. Anche se questo significa rinunce per qualcuno. E qualche due o tre.
Altrimenti sarà una guerra tra poveri. Con donne e ragazzi a rimetterci. Come sempre, più di sempre.
Anna
Ancora solidarietà con la famiglia e i compagni di Adil. La scarcerazione del camionista che ha investito il sindacalista Si Cobas è un atto di ordinaria ingiustizia italiana.
RispondiEliminaAnna
Troppi buchi neri. Anche nella politica, sempre più autocentrata e distante dai problemi.
RispondiEliminaSi fanno accordi di potere senza intese programmatiche. Nelle aziende come nelle istituzioni. Cosa è stato concordato al momento della nascita del governo Draghi? E cosa tiene insieme i partecipanti alle primarie del centro-sinistra a Bologna?
Sarebbe interessante capire.
L.