Come quello di altri popoli che in questi decenni hanno scelto (più o meno democraticamente) di rivendicare una propria autonomia politica ed istituzionale e di costituirsi in Stato.
E' successo ad Est come ad Ovest, a Nord come a Sud di un mondo che è sempre più interdipendente e che richiederebbe, soprattutto, autorità internazionali rappresentative e cooperanti; un governo democratico delle principali scelte ambientali, sociali ed economiche.
Ma su un punto occorre massima chiarezza.
Non si può rispondere a richieste democratiche di confronto e di cambiamento con l'uso della violenza e con l'arresto di chi conduce battaglie non violente, pacifiche e/o di disobbedienza civile.
In Spagna le scelte del Partito Popolare e del Governo di Mariano Rajoy di recedere nel processo di autonomia della Catalogna, di contrapporsi duramente alla sfida referendaria, di "commissariare" la Generalitat di Barcelona e infine di incarcerare donne e uomini del Governo regionale sono un problema. Una violazione di principi e di libertà che in Europa dovrebbero essere considerati costitutivi.
Per scongiurare nuovi muri e trincee è necessario valorizzare la politica: un dialogo serrato ed aperto a nuove soluzioni e progetti, che entri nel merito delle questioni sociali e democratiche irrisolte che determinano malessere, ingiustizie, divisioni e conflitti.
Il Parlamento e la Commissione europea, i Governi nazionali, le forze politiche e le associazioni assumano iniziative immediate di mediazione.
Le elezioni di dicembre potevano anche essere una nuova sfida ed una occasione per misurare le opzioni in campo ed i rispettivi reali consensi popolari.
Non lo sono in presenza di provvedimenti di arresto e di mandati di cattura internazionali contro Puigdemont e soci, una maggioranza politica da verificare e verificabile solo in condizioni di confronto paritario, rispettato e reciprocamente riconosciuto.
Al contrario quale attendibilità può riscuotere un risultato elettorale conseguente ad un atto di forza, di repressione e di imposizione autoritaria?
Il rischio di degenerazione dello scontro politico è nei fatti.
La sfida catalana è un ulteriore impegnativo banco di prova per ogni europeo che vuole vivere libero e in comunità.
L'analisi di Lucio Caracciolo (Limes) su la Repubblica, domenica 29 ottobre |
L'Europa di oggi, autunno 2017. Stati e autonomismo (la Repubblica, 29/10) |
Concordo molto su due affermazioni.
RispondiElimina1. Quella del post: "La sfida catalana è un ulteriore impegnativo banco di prova per ogni europeo che vuole vivere libero e in comunità".
2. Quella di Caracciolo: "Con il risultato di autoparalizzarci nella protezione dello status quo, ovvero in una immaginaria pietrificazione legalistica della storia, rinunciando a trattare le rivendicazioni identitarie in sede politica ed identitaria".
In sostanza: i principi della autodeterminazione e della cooperazione non sono necessariamente in contraddizione e possono convivere!
Ciao!
Anche per me, ci vogliono piu politiche comunitarie e meno "fai da te" e secessionismo d'interesse.
RispondiEliminaIn Spagna come in Italia le spinte indipendentiste crescono nelle aree più ricche e produttive in risposta alla crisi e alle politiche di riequilibrio delle risorse.
Antonio
Mi pare che ne escono male tutti.
RispondiEliminaLe autorità di Madrid, arroccate nel loro potere.
Il governo di Barcellona, in fuga a Bruxelles.
A rimetterci restano catalani e spagnoli.
Anna
Abbiamo una Europa che antepone ai diritti e alle libertà dei cittadini la difesa degli Stati nazione.
RispondiEliminaCosì facendo la decadenza è certa. Stati Uniti d'America e Cina possono stare tranquilli. I loro imperi conquisteranno altre posizioni.
VR
Pare di capire che il Belgio stia con la Catalogna .......
RispondiEliminaMa il Belgio non sta in Europa? E l'Europa non si è dichiarata solidale con la Spagna, che mette in galera il governo regionale della Catalogna?
Sic
PS. E la Sicilia con chi sta? E Ostia?