Scrive Michele Serra ... su la Repubblica di martedì 20 giugno |
C’è una spaccatura profonda, a sinistra. Ma non è quella tra le sigle, i nomi, i cartelli: è quella tra chi è dentro il gioco autoreferenziale della «politica» praticata e chi ne è fuori. Una spaccatura che contribuisce in modo decisivo ad allargarne una ancora più profonda: quella tra chi vota e chi non vota più.
Per questo gli interventi centrali dell’assemblea di domenica al Brancaccio sono stati, per me, quelli di Andrea Costa (Baobab) e Giuseppe De Marzo (Rete dei numeri pari, Libera).
Hanno fatto capire come non esista più nessun rapporto tra il loro lavoro quotidiano (politico, se ce n’è uno) e l’idea stessa di rappresentanza parlamentare. Detto in altri termini: chi ogni giorno davvero cambia lo stato delle cose a favore degli ultimi, cioè chi riduce concretamente le diseguaglianze, ha ormai messo la croce sull’idea stessa di incidere sul processo democratico.
La proposta che Anna Falcone ed io abbiamo fatto è quella di portare quel mondo in Parlamento. Di riannodare i fili tra questa sinistra delle cose e i partiti (come Sinistra Italiana e Possibile) che combattono la stessa battaglia, ma che da soli non bastano.
La partecipazione e la rappresentanza come strumenti per costruire eguaglianza.
Non per caso queste due cose sono intrecciate nell’articolo 3 della Costituzione, che abbiamo eletto a bussola di questo processo. E invece sono anni che giochiamo al bricolage dello Stato avendo rinunciato allo Stato, che è il bene comune da cui dipendono tutti gli altri beni comuni.
I giornali ne parleranno solo quando questo processo sarà diventato inarrestabile: ed è a questo che stiamo lavorando.
Per ora di cosa parlano, i giornali? Del risiko di cui sopra. Le cui coordinate fondamentali, se ho ben capito, sono le seguenti: per una parte del gruppo dirigente fuoriuscito dal Pd è difficile tornare sotto l’ombrello di Matteo Renzi. Ma (come avverte Michele Serra) bisogna che questa «sinistra» stia con Renzi, perché sennò non va al governo.
Quale la via d’uscita? Eccola: Giuliano Pisapia otterrà «discontinuità». Una volta ottenuta, si tornerà al centro-sinistra unito, dove il centro è il Pd di Renzi.
Lo schema è ancora Bertinotti-che-condiziona-a-sinistra-Prodi: ma con Pisapia e Renzi. Cioè tutto uguale, anzi tutto incredibilmente spostato a destra. Se il finale sarà questo vedremo un’astensione record e un Movimento 5 Stelle di nuovo al comando.
Noi diciamo: un’altra strada è possibile.
Abbiamo detto con forza che l’obiettivo dovrebbe essere costruire rappresentanza. E abbiamo provato a spiegare perché non ci convince più la retorica della governabilità, della sinistra maggioritaria, della sinistra di governo.
Intendiamoci: la sinistra (intesa come coloro che hanno interesse a redistribuire la ricchezza) è maggioritaria nelle cose perché, come dicevano a Zuccotti Park, «siamo il 99%». Ma la realtà è che in questi ultimi vent’anni la sinistra italiana ha scambiato i fini con i mezzi: il governo è diventato un fine, e ci siamo dimenticati a cosa serviva, governare. «Ci siamo dimenticati dell’uguaglianza», ha scritto Romano Prodi nel suo ultimo libro.
Domenica ho fatto una lista (parziale) di ciò che dobbiamo al centro-sinistra: riscritture della Carta votate a maggioranza; chiusura sull’immigrazione; precarizzazione del lavoro; privatizzazioni, liberalizzazioni, alienazioni di patrimonio pubblico; deliberata assenza di una legge sul conflitto di interessi; smantellamento finale della progressività fiscale; federalizzazione dei diritti; e, sì, anche una guerra costituzionalmente illegittima (non ho detto illegale) che rappresenta il contributo dell’Italia alla stagione delle «operazioni di polizia internazionale».
Per essere chiari: tutto questo precede Renzi. E serve a dire che il problema sarebbe stato immenso anche se fossimo ancora al governo Letta.
Renzi ha rappresentato un salto di quantità mostruoso, ma non una discontinuità di politiche. Si può dire che le sue scelte – continuate, salvo dettagli, da Gentiloni – radicalizzano un processo ventennale che ha fatto dell’Italia il paese europeo in cui la diseguaglianza è maggiormente cresciuta. Che è esattamente il processo per cui la Sinistra si è ridotta al nulla, e metà del Paese, quella sommersa, non vota più.
Ecco: deve essere chiaro che la rotta è invertita. Che la rotta è diametralmente opposta a tutto questo.
Al netto di qualche fischio, il messaggio dell’assemblea di domenica è che l’unico modo per fare davvero unità a sinistra è proprio invertire la rotta, e puntare ad un orizzonte diverso. Per farlo ci vuole un processo aperto a tutti coloro che vogliono condividere una nuova rotta: quella (per esempio) dell’articolo 18, di una vera progressività fiscale, di una seria tassa patrimoniale, di una strutturata politica di accoglienza dei migranti, di un consumo di suolo zero, di una scuola pubblica e un’università non aziendali, di una tutela pubblica del patrimonio culturale.
Spero che saremo in tanti: perché se l’obiettivo è costruire (come dice Corbyn) «a country for the many, not the few», allora ci vuole una sinistra di tutte e di tutti.
Tomaso Montanari, il manifesto, mercoledì 21 giugno
Intento onesto.
RispondiEliminaMa tra il partito di Renzi e il movimento di Grillo non so se ci sia spazio per una sinistra divisa.
Ciao!
Capisco.
EliminaAnch'io vorrei una sinistra unita, parte di una più generale alleanza per il cambiamento della società.
Mi pare anche l'intento di Falcone e Montanari.
Interessante. Da sostenere. Soprattutto se all'interno dell'impianto proposto al Brancaccio troveranno adeguata forza e coerenza i temi della conversione ecologica, della redistribuzione del lavoro e della ricchezza, dei diritti e dei doveri sociali, della moralizzazione della vita pubblica, della conoscenza e della partecipazione dei cittadini ai processi decisionali.
Gianni
Considero l'iniziativa di Falcone e Montanari un tentativo di ridare rappresentanza ad un elettorato di sinistra critico del sistema sociale esistente e attratto dalla unica opposizione politica emersa in questi anni, quella di Grillo e Di Battista.
RispondiEliminaMentre Bersani e Pisapia vogliono fare pesare di più la sinistra che si allea con il centro per gestire le istituzioni e sottrarle alle destre liberiste negli anni della globalizzazione.
Andare divisi al voto rischiano molto, ma unendosi altrettanto. Perché ne va di mezzo la credibilità delle rispettive operazioni.
Per troppo tempo (gli uni e gli altri) hanno dormito o tentennato ed ora risulta difficile cambiare le propensioni maturate tra gli elettori. Può convivere una sinistra riformista autorevole con Renzi? Ovvero, si può dare un colpo al sistema dominante indebolendo la principale forza che lo ha scosso?
pl
Interessantissime considerazioni.
EliminaContraddizioni reali del presente con cui fare i conti.
Dipende da tutti noi superarle ... Forse.
Non sarà facile.
Mi convince l'impegno di Falcone - Montanari nell'indicare su cosa può ripartire una vasta alleanza democratica e popolare e sulla necessità di guardare a ciò che vogliamo fare nel presente e in futuro più che a ciò che i diversi protagonisti di una possibile nuova intesa hanno sbagliato in passato.
La credibilità è data soprattutto dal correggere gli errori che si compiono durante le esperienze, non dal chiudere porte in faccia a chi riflette criticamente sui percorsi fatti e sui risultati negativi prodotti.
Gianni
Mi perdonerà il "repubblicano" Michele Serra.
RispondiEliminaLa "vecchia solfa" mi pare la sua e di quelli che "dire mai con Renzi" equivale a "non volersi sporcare le mani".
Se quelli che pensano che occorrono scelte diverse da ciò che è stato fatto negli ultimi 20 anni in Italia e in Europa sono solo responsabili di scissioni e di logiche minoritarie come spiega il nostro Autore la generale crisi di credibilità delle Istituzioni e della Democrazia nei paesi europei, il crollo dei partiti socialisti e socialdemocratici, i consensi significativi raccolti da movimenti e partiti "radicali" come quelli di Corbyn, Melenchon e Iglesias? Per non parlare di Tsipras.
Non è che stare comodi su l'Amaca si è perso contatto con il mondo reale?
Io penso che solo una critica netta e coerente come quella di Montanari possa raccogliere consensi e partecipazione, concorrenziale con i grillini e capace di nuove alleanze con tutti gli interessati per un governo davvero alternativo ....
L.
Considero anch'io le tesi di Michele Serra inadeguate a fronteggiare il presente ed a costruire un futuro migliore.
EliminaCol passare dei decenni le sue giovanili e sagge critiche alle classi dirigenti della sinistra e del PCI, si sono perse in un sostegno imbarazzante alle politiche di un ceto politico e di potere sempre più arroccato e autoreferenziale.
Gianni
In questa notte di giugno di caldo afoso e di esami, tra gli argomenti "da portare in Parlamento" alle prossime elezioni ne voglio segnalare in particolare alcuni:
RispondiEliminaA. Strategie e leggi per ridurre il riscaldamento del Pianeta.
B. Una legge scolastica che formi i cittadini al pieno rispetto della Costituzione italiana.
C. Principi ed atti che inseriscano tanto i laureati quanto i loro coetanei che escono dagli istituti superiori e vogliono lavorare, in un mondo accogliente che riconosca rapidamente diritti e doveri di ogni persona.
Tre esempi concreti di un mondo che com'è oggi non funziona e porta alla distruzione.
La fiducia è importante.
Anna (senza Marco)
Concordo.
RispondiEliminaTanto nella valutazione della notte trascorsa, quanto nella necessità di immettere nel prossimo Parlamento idee, progetti e risorse umane adeguate ad un cambiamento culturale, sociale e politico all'altezza delle sfide che la crisi globale ci propone.
Gianni (con Anna)
Montanari ha molte ragioni. Ricostruire una sinistra popolare che è altro dal Pd è utile a tutti....
RispondiEliminaLa più importante amministrazione persa dalla destra di Salvini ed amici è Padova. Li una lista progressista unità in Coalizione Civica ha superato al primo turno il 20% ed ha contribuito in modo decisivo alla vittoria di un candidato civico sostenuto anche dal PD....
Meglio per la città.
BiBi