Terminati i riti funebri e versate le lacrime di stato, la vita — per chi ce l’ha ancora — riprende il corso normale. Come gli affari, perché business is business.
Tanto, a un mese dalla scomparsa di Giulio Regeni e a 22 giorni dal ritrovamento del suo corpo torturato possiamo stare tranquilli, veniamo avvertiti: le autorità egiziane e italiane stanno collaborando alla ricerca della verità sull’assassinio.
Le medesime autorità che ci stanno aiutando hanno peraltro — è l’ultima delle fantasiose scoperte del governo del Cairo — tirato fuori una nuova tesi: Giulio sarebbe stato ammazzato per una vendetta personale.
Una vendetta di chi? Non c’è il coraggio di dirlo apertamente ma si torna ad alludere, esattamente come tentato fin all’inizio, a rapporti personali non meglio precisati, niente a che vedere con l’attività di ricerca di Giulio. Meno che mai la politica e quanto di orribile accade oggi in Egitto.
Se non ci fosse stato quell’articolo, scritto con un altro collaboratore, sulla situazione sindacale in Egitto, quel testo con cui Giulio era entrato in contatto con noi, così come le coraggiose testimonianze dei suoi amici e colleghi che al Cairo studiano, chi ha ritirato fuori una simile fantasiosa tesi, vale a dire un altro depistaggio, pretenderebbe persino di esser creduto.
È possibile accettare tutto questo? No, non è possibile.
Ma come sempre in questi casi si sente pesante la nostra impotenza contro il cinismo di questo mondo.
Oggi alle 14 a Roma, Antigone e Amnesty chiamano ad un sit in davanti all’Ambasciata d’Egitto. Saremo il più possibile. Anche se sentiamo tutti la sproporzione fra la nostra forza, la rabbia e il dolore che proviamo.
Raccogliendo l’invito della famiglia di Giulio, moltiplicheremo gli atti intesi a non far dimenticare, attaccare striscioni, lasciare scritte, vale a dire moltiplicare per 1000 i sit-in come quello di oggi, ma soprattutto nel nostro lavoro quotidiano. Non è molto, ma è indispensabile: per Giulio, per la nostra coscienza, per la dignità del nostro paese ma anche dell’umanità: che non può accettare, non può abituarsi ad accettare che uno degli umani oggi, come sempre più numerosi in questi bruttissimi anni, possa subire, senza che si reagisca, la sorte di Giulio.
Impegniamoci anche se a volte avvertiamo la sproporzione fra quanto dovrebbe esser fatto e non si fa a livello istituzionale: per via degli affari, e perché nella dissennata spedizione che si prepara in Libia non possiamo litigare con l’Egitto, e anzi è bene che continuiamo a dare armi anche a paesi come l’Arabia Saudita che in fondo sarebbe un’alleata.
Non è combattendo l’Isis in questo modo che riusciremo a vincerlo.
Potranno riuscirci soltanto i ragazzi che a piazza Tahrir si sono mobilitati contro i regimi inaccettabili del loro paese, islamici o laici. A condizione che li sosteniamo «senza condizioni», rinunciando anche a qualche affare.
Se li aiutiamo come si era impegnato a fare Giulio in prima persona con la ricerca e la conoscenza.
Luciana Castellina, il manifesto, 25 febbraio
Come dice il Ministro Gentiloni esigiamo verità e collaborazione nelle indagini. Tanto più che dell'Egitto siamo alleati contro l'Isis. Ci vuole rispetto reciproco.
RispondiEliminaAntonio
Non mi pare che il regime militare abbia avuto rispetto per il bisogno di verità e di giustizia sull'assassinio di Giulio Regeni.
EliminaHanno proposto diverse dinamiche improbabili.
Non fossero considerati "alleati", li avremmo definiti depistaggi indecenti.
Purtroppo non ci si può sorprendere.
E' un regime militare nato da un cruento colpo di stato.
Vive sul terrore.
Come ha testimoniato il nostro ricercatore.
Gianni
Capisco che occorre diplomazia e rispetto. Senza queste doti si farebbero tante guerre.
RispondiEliminaMa occorre scegliere meglio gli alleati e gli amici.
I regimi militari sono per definizione autoritari.
Possiamo trattarli come se si trattasse di autorità rappresentative legittime?
Anna
La prudenza mostrata fin qui dal Governo Renzi in politica estera dovrebbe trasformarsi in iniziativa propositiva ed attiva.
EliminaIl Mediterraneo è un mare di conflitti che rischiano di esplodere.
Guai alimentare i conflitti e le ingiustizie che motivano anche i grandi processi migratori.
L'Italia e l'Europa debbono rapportare interessi nazionali e continentali con il rispetto e la promozione dei diritti universali degli individui e dei popoli.
Occorre agire ed investire, ovunque, per il cessate il fuoco, per il ripristino di libertà e rappresentanza, per politiche di pace e di disarmo, per la cooperazione e la solidarietà, per uno sviluppo equo ed eco-compatibile su scala globale.
Gianni