Viviamo tempi di grandi cambiamenti.
Storie comuni si interrompono come forti contrasti vengono superati.
Nessuna meraviglia è possibile.
Prendiamo l'Unita, il giornale fondato da Antonio Gramsci nel 1924 e per oltre 60 anni "organo del Partito Comunista Italiano".
Dopo la chiusura di un anno fa, da una settimana è nuovamente in edicola.
Per la soddisfazione di molti.
Molti lettori, giornalisti, cittadini che vogliono pluralismo e confronto di idee.
Molti storici sostenitori del quotidiano "dei lavoratori". Di quel giornale che, più di altri, informava e discuteva dei problemi di operai, impiegati, disoccupati, pensionati, intellettuali. Che veniva portato e acquistato nelle fabbriche, nelle aziende, nelle scuole e nelle università. Che veniva diffuso e venduto da compagni e "amici" (si chiamavano proprio così) casa per casa, nelle periferie delle città e nei piccoli paesi. Che era sostenuto con la passione ed il volontariato, con le feste (migliaia in tutta Italia) e con versamenti straordinari che mobilitavano decine di migliaia di persone.
Difficile dimenticare, per tanti, i sacrifici vissuti, le levatacce mattutine o le notti di discussione animata per notizie "non date" o per articoli "non condivisi".
Questa nuova edizione, dunque, incuriosisce.
Per verificare gli obiettivi, la cultura, la direzione di marcia del nuovo prodotto.
Anche considerando la nuova direzione di una personalità interessante, controversa, in evoluzione come Erasmo D'Angelis.
Due elementi colpiscono dopo la prima settimana.
1. Chi finanzia.
Forse gli stessi del passato. Lavoratori e cittadini comuni. Ma non direttamente. Piuttosto, per interposta persona. Meglio. Loro (lavoratori, consumatori e utenti) contribuiscono, pochissimi (dirigenti e proprietari) interloquiscono, trattano, decidono.
Si, fin qui, 11 grandi soggetti economici, finanziari, editoriali, d'affari e di potere, dispongono "pubblicità" con intere (o mezze) pagine.
Alcuni gruppi pubblici o a partecipazione pubblica: ENI (5 ultime pagine su 6), ENEL (6 mezze pagine su ogni numero), Poste Italiane (2 paginoni), Rimini Fiera (3). Poi Aziende e Gruppi privati: FIAT (2 pagine piene), Intesa - San Paolo (1), la Repubblica - Espresso (4), Bolaffi (4), Bassilichi (2), Menarini (2), CONAD (1).
Insomma l'Unita' al potere.
2. La partigianeria e la faziosità.
Come sempre? No, forse, più del passato. Ma, soprattutto, di segno politico radicalmente diverso.
Stiamo sull'argomento internazionale di questi giorni.
Dopo alcuni giorni in cui il conflitto Europa - Grecia viene relegato alle pagine interne, a tutto vantaggio delle piccole e grandi opere che caratterizzano la nuova fase del paese e del Governo (si è cominciato - il primo giorno - con "#Antimafia Capitale", tanto per intenderci, per proseguire con tutti i cantieri aperti per la "Buona scuola" ed arrivare ad "Una casa a metà per nonni e nipoti. Architetti ed urbanisti in campo per realizzare i quartieri del futuro"), la questione greca arriva finalmente nei titoli di apertura.
Sabato 4 luglio, titolo di apertura: "Grecia: tasche vuote e arsenali pieni". Poi articoli ("Spese militari. Che cosa non torna nei conti di Atene"), occhielli contro gli "incoerenti" italiani (1. Grillo, 2. Vendola, 3. Ferrero: tutti ad Atene ma "Contrari alle spese militari solo in Italia"), intervista ad un parlamentare di To Potami - "partito riformista che fa parte assieme al PASOK del Gruppo Socialisti e Democratici" - (titolo "Syriza non vuole le riforme") e commento dell'economista Pietro Reichlin ("La colpa di Syriza. La sinistra irresponsabile di Tsipras").
Della irresponsabilità e del fallimento delle politiche imposte dalla Troika europea, non una parola! Come nulla si trova sulle condizioni sociali disastrose dei lavoratori, dei pensionati, dei giovani, degli intellettuali, che pure sono state sempre il metro di riferimento per la critica e la proposta di Antonio Gramsci.
Domenica 5 luglio, "Grecia al voto. Forza Europa". Si, "Forza Europa". Un titolo, un programma.
Poi, all'interno, per bilanciare un problematico fondo di Valter Veltroni ("Se Obama non ha il telefono di Juncker"): "Il futuro dell'Europa nelle urne di Atene" (con specifica: "l'obiettivo è la ristrutturazione del debito, anche per il fronte del Si") e, ancora, pensando all'Italia, "Grillo e la brigata Kalimera, i "turisti" del referendum".
Per costruire di nuovo l'Unita' (del popolo della sinistra, della rinascita democratica dell'Italia e dell'Europa) si poteva sicuramente sperare in qualcosa di meglio!
Ce ne faremo una ragione.
Purtroppo l'Unita' è uscita da solo una settimana e le sue analisi non sono state a disposizione di lettori, politici e partiti.
RispondiEliminaCosì Tsipras e Syriza, non avendo letto l'esimio professore di economia della Luiss, Pietro Reichlin, sono incappate nel grave infortunio del referendum e la Grecia, con ogni probabilità, non potrà più avvalersi delle preziose e salvifiche ricette dell'Europa di JC Juncker, A Merkel, e M.me Lagarde.
Gianni
PS. Per chi volesse approfondire, leggere L'analisi di Pietro Reichlin, pubblicata, oggi, a pag.6. Imperdibile!
Certe storie non si ripetono.
RispondiEliminaNik
Una analisi davvero istruttiva ...
RispondiEliminaPer chi non vuole comprare l'Unità. Solo uno stimolo. Con le prime righe del professore della Luiss.
M.
La scelta di Syriza di portare i greci al voto non è servita alla democrazia e non rafforza la posizione negazionale del paese. Oggi le istituzioni europee hanno di fronte meno soluzioni di prima per risolvere i problemi della economia greca perché, all'incertezza sulla situazione economica, si aggiunge incertezza e sfiducia nei confronti della politica. Il referendum ci consegna un paese spaccato su un quesito incomprensibile. Un giudizio popolare su un programma economico per specialisti di cui neanche si conoscono i dettagli. Chi ha votato no vuole tornare alla Dracma? O inviare un segnale di orgoglio nazionale, o, infine, un sostegno al leader di Syriza? E il si va interpretato come la volontà di cooperare con le istituzioni europee o come la paura di perdere i propri risparmi? Questo referendum non è la scelta che avrebbe dovuto fare una sinistra seria che crede nella democrazia rappresentativa e nella responsabilità di un governo eletto di guidare il paese, componendo le contrapposizioni e frenando i populismi ...
(continua)