Matteo Renzi si è prontamente congratulato con il collega di Londra e appare soddisfatto: "avremo stabilità"!
Anzi, utilizza a fini di lotta politica interna il "il trionfo di Cameron" (titolo de la Repubblica) e attacca gufi e critici della legge elettorale appena votata in Italia con una risicata maggioranza parlamentare che ha pure diviso il PD: "loro governano da soli con meno del 37%, qui l'Italicum è stato ed è sotto attacco nonostante abbiamo alzato la soglia per il premio di maggioranza al 40%, metre, se si realizzassero le percentuali del voto inglese (36,9% Tories e 30,5% Labour), da noi si andrebbe al ballottaggio. Si vuole più di questo?"
Peccato che seguendo la stessa logica verrebbe da chiedere perché ciò che risulta "democratico" e "stabilizzante" in Europa non lo consideriamo tale in altri continenti, se è vero che in Egitto i "nostri" Governi hanno presto riconosciuto i Militari che hanno realizzato il cruento colpo di Stato contro i vincitori (Fratelli Mussulmani) delle libere elezioni popolari seguite alla "primavera araba".
Ma torniamo al voto di giovedì in Gran Bretagna e proviamo a capire di più su quella società e su quelle istituzioni che tanto condizionano l'Europa e il mondo di oggi.
Anche se nessun giornale (la Repubblica, il Manifesto, il Fatto Quotidiano, ...) riporta i voti e per trovarli occorre ricercarli sui siti inglesi. Da questi è necessario partire.
I Conservatori hanno ottenuto oltre 11.334.920 voti. 600 mila in più di quanti ne raccolsero nel 2010. In percentuale sono, ora, il 36.9%, lo 0.8% in più di 5 anni fa.
Al Governo erano con i Liberaldemocratici, da sempre terza forza politica del paese.
Questi, giovedi, hanno raccolto solo 2.415.888 consensi, perdendo 4,4 milioni di voti sulle precedenti elezioni. In percentuale sono crollati al 7.9% rispetto al precedente 23%.
Verrebbe allora da rilevare che la forza elettorale che sta dietro al nuovo Governo di Londra è passata da una base di consensi di oltre 17,5 milioni su meno di 30, ad un massimo di 13,8 milioni di voti, se venisse rinnovata l'alleanza tra Conservatori e Liberaldemocratici del dimissionario Nick Clegg. Si ridurrebbe ulteriormente se, come probabile, il Partito Conservatore farà da solo.
"Trionfo"? Quale "grande successo", verrebbe da chiedere?
Forse, è tutto frutto della paura e/o di sondaggi che prevedevano/indicavano un incerto testa a testa o addirittura il peggio per il Governo uscente. Aumentando, così, il valore della competizione e la partecipazione al voto.
Insomma, Istituti di previsione ed analisti incapaci (nonostante i potenti strumenti di comunicazione e di studio). Oppure, più probabilmente, professionisti partigiani, interessati e ben pagati, capaci di costruire mondi virtuali e di fare passare crisi e difficoltà delle classi dirigenti al Governo per incredibili successi e addirittura "trionfi".
Fatto è che della caduta libera dei consensi ai Liberaldemocratici (di Governo) solo in piccola parte conquistati dagli alleati Conservatori, non hanno tratto significativo vantaggio i Laburisti di Ed Miliband.
Questi ultimi hanno ottenuto 9.347.326 di voti. 750 mila in più su 5 anni fa. Il 30,4%, più 1,5% sul 2010.
Scarso e deludente recupero del rovinoso cedimento provocato dai 15 anni di leadership di Tony Blair (e di Gordon Brown) causa la progressiva trasformazione genetica del Labour Party (il 1 maggio 1997 contava oltre 13.5 milioni): un soggetto sempre più sradicato dal mondo del lavoro e degli ultimi; privo di strategie di cambiamento e di giustizia sociale e sempre più impegnato a gestire potere. Un potere arrogante ed anche bugiardo (come emerso sulle false prove utilizzate per giustificare la guerra all'Iraq di Saddam Hussein).
Ora terza forza è l'UKIP di Nicolas Farage, nazionalista, di destra, con 3.881.129 voti, il 12,6%. Nel 2010 non ne aveva nemmeno un milione, con il 3,1%. Lontano, tuttavia, dal successo e dalle percentuali (il 26.8%, condizionato dal crollo dei votanti al 36%) ottenute la primavera scorsa, alle europee, che lo hanno visto primo oppositore di ogni processo di unificazione.
Avanzano il Partito Nazionalista Scozzese, ora a 1.4 milioni, 4.7%. Non raggiungeva i 500 mila elettori e si fermava all'1.7%.
Avanzano i Verdi (repubblicani e critici verso la monarchia) ora quasi 1.2 milioni, il 3.8%. Erano meno di 300 mila, pari all'1%.
Per il resto si confermano i partiti fortemente identitari e radicati nei territori, nord irlandesi e gallesi.
Con questi dati, come si può parlare di "trionfo di David Cameron"?
Il problema è che le istituzioni britanniche propongono un sistema elettorale uninominale e maggioritario secco.
Il territorio è suddiviso in 650 collegi e il candidato che ottiene in ogni singolo collegio la maggioranza, viene eletto. Anche a prescindere da una visione generale e nazionale.
Così, ad esempio, può verificarsi che un partito o un movimento organizzato su tutto il territorio nazionale (come l''UKIP), che ottiene milioni di voti elegge 1 solo parlamentare, mentre un partito locale insediato in una determinata comunità (come l'Unionista nord irlandese) che raccoglie in tutto meno di 200 mila voti, ne elegge addirittura 8.
Dunque, tendenzialmente, una rappresentanza territoriale, con una quota significativa di personalizzazione.
Un sistema istituzionale ed elettorale che ha reso a lungo possibile (in un contesto sociale coeso e in un contesto politico sostanzialmente bipartitico) la governabilità. Oggi, per nulla scontata. E comunque debole e scarsamente autorevole in quanto a consenso sociale e reale rappresentanza popolare. Se è vero che una minoranza (meno del 37%) di votanti (non già di elettori) esprime il potere esecutivo e legislativo.
Allora, una Democrazia particolare, quella Britannica.
Discutibile. Come le altre. Non migliore. Anzi. Con limiti seri, evidenti, anche clamorosi.
Sicuramente non è riconosciuta pari dignità e rappresentanza (nazionale) al voto dei cittadini; né i diversi partiti pesano in Parlamento secondo i consensi nazionali ricevuti.
Compare la doppia faccia di una sola medaglia. Il localismo ed una pratica neo feudale convivono con una globalizzazione governata da poteri distanti, incontrollati e non democratici (o contenibili).
Un bel problema per chi crede e vuole scommettere nella partecipazione delle persone, nella interdipendenza degli individui e delle comunità, nella unicità del pianeta e dell'ambiente in cui viviamo, nella proprietà pubblica e collettiva dei beni comuni.
Altro che "stabilità", come dice Renzi, e costruzione consapevole e razionale del futuro.
La vittoria di Cameron e dei Conservatori inglesi è un campanello d'allarme per chiunque vuole costruire un mondo nuovo, di pace e di cooperazione, di diritti e doveri uguali e universali.
La Democrazia è da preservare, consolidare e da estendere saldando partecipazione e giustizia sociale.
Peccato che seguendo la stessa logica verrebbe da chiedere perché ciò che risulta "democratico" e "stabilizzante" in Europa non lo consideriamo tale in altri continenti, se è vero che in Egitto i "nostri" Governi hanno presto riconosciuto i Militari che hanno realizzato il cruento colpo di Stato contro i vincitori (Fratelli Mussulmani) delle libere elezioni popolari seguite alla "primavera araba".
Ma torniamo al voto di giovedì in Gran Bretagna e proviamo a capire di più su quella società e su quelle istituzioni che tanto condizionano l'Europa e il mondo di oggi.
Anche se nessun giornale (la Repubblica, il Manifesto, il Fatto Quotidiano, ...) riporta i voti e per trovarli occorre ricercarli sui siti inglesi. Da questi è necessario partire.
I Conservatori hanno ottenuto oltre 11.334.920 voti. 600 mila in più di quanti ne raccolsero nel 2010. In percentuale sono, ora, il 36.9%, lo 0.8% in più di 5 anni fa.
Al Governo erano con i Liberaldemocratici, da sempre terza forza politica del paese.
Questi, giovedi, hanno raccolto solo 2.415.888 consensi, perdendo 4,4 milioni di voti sulle precedenti elezioni. In percentuale sono crollati al 7.9% rispetto al precedente 23%.
Verrebbe allora da rilevare che la forza elettorale che sta dietro al nuovo Governo di Londra è passata da una base di consensi di oltre 17,5 milioni su meno di 30, ad un massimo di 13,8 milioni di voti, se venisse rinnovata l'alleanza tra Conservatori e Liberaldemocratici del dimissionario Nick Clegg. Si ridurrebbe ulteriormente se, come probabile, il Partito Conservatore farà da solo.
"Trionfo"? Quale "grande successo", verrebbe da chiedere?
Forse, è tutto frutto della paura e/o di sondaggi che prevedevano/indicavano un incerto testa a testa o addirittura il peggio per il Governo uscente. Aumentando, così, il valore della competizione e la partecipazione al voto.
Insomma, Istituti di previsione ed analisti incapaci (nonostante i potenti strumenti di comunicazione e di studio). Oppure, più probabilmente, professionisti partigiani, interessati e ben pagati, capaci di costruire mondi virtuali e di fare passare crisi e difficoltà delle classi dirigenti al Governo per incredibili successi e addirittura "trionfi".
Fatto è che della caduta libera dei consensi ai Liberaldemocratici (di Governo) solo in piccola parte conquistati dagli alleati Conservatori, non hanno tratto significativo vantaggio i Laburisti di Ed Miliband.
Questi ultimi hanno ottenuto 9.347.326 di voti. 750 mila in più su 5 anni fa. Il 30,4%, più 1,5% sul 2010.
Scarso e deludente recupero del rovinoso cedimento provocato dai 15 anni di leadership di Tony Blair (e di Gordon Brown) causa la progressiva trasformazione genetica del Labour Party (il 1 maggio 1997 contava oltre 13.5 milioni): un soggetto sempre più sradicato dal mondo del lavoro e degli ultimi; privo di strategie di cambiamento e di giustizia sociale e sempre più impegnato a gestire potere. Un potere arrogante ed anche bugiardo (come emerso sulle false prove utilizzate per giustificare la guerra all'Iraq di Saddam Hussein).
Ora terza forza è l'UKIP di Nicolas Farage, nazionalista, di destra, con 3.881.129 voti, il 12,6%. Nel 2010 non ne aveva nemmeno un milione, con il 3,1%. Lontano, tuttavia, dal successo e dalle percentuali (il 26.8%, condizionato dal crollo dei votanti al 36%) ottenute la primavera scorsa, alle europee, che lo hanno visto primo oppositore di ogni processo di unificazione.
Avanzano il Partito Nazionalista Scozzese, ora a 1.4 milioni, 4.7%. Non raggiungeva i 500 mila elettori e si fermava all'1.7%.
Avanzano i Verdi (repubblicani e critici verso la monarchia) ora quasi 1.2 milioni, il 3.8%. Erano meno di 300 mila, pari all'1%.
Per il resto si confermano i partiti fortemente identitari e radicati nei territori, nord irlandesi e gallesi.
Con questi dati, come si può parlare di "trionfo di David Cameron"?
Il problema è che le istituzioni britanniche propongono un sistema elettorale uninominale e maggioritario secco.
Il territorio è suddiviso in 650 collegi e il candidato che ottiene in ogni singolo collegio la maggioranza, viene eletto. Anche a prescindere da una visione generale e nazionale.
Così, ad esempio, può verificarsi che un partito o un movimento organizzato su tutto il territorio nazionale (come l''UKIP), che ottiene milioni di voti elegge 1 solo parlamentare, mentre un partito locale insediato in una determinata comunità (come l'Unionista nord irlandese) che raccoglie in tutto meno di 200 mila voti, ne elegge addirittura 8.
Dunque, tendenzialmente, una rappresentanza territoriale, con una quota significativa di personalizzazione.
Un sistema istituzionale ed elettorale che ha reso a lungo possibile (in un contesto sociale coeso e in un contesto politico sostanzialmente bipartitico) la governabilità. Oggi, per nulla scontata. E comunque debole e scarsamente autorevole in quanto a consenso sociale e reale rappresentanza popolare. Se è vero che una minoranza (meno del 37%) di votanti (non già di elettori) esprime il potere esecutivo e legislativo.
Allora, una Democrazia particolare, quella Britannica.
Discutibile. Come le altre. Non migliore. Anzi. Con limiti seri, evidenti, anche clamorosi.
Sicuramente non è riconosciuta pari dignità e rappresentanza (nazionale) al voto dei cittadini; né i diversi partiti pesano in Parlamento secondo i consensi nazionali ricevuti.
Compare la doppia faccia di una sola medaglia. Il localismo ed una pratica neo feudale convivono con una globalizzazione governata da poteri distanti, incontrollati e non democratici (o contenibili).
Un bel problema per chi crede e vuole scommettere nella partecipazione delle persone, nella interdipendenza degli individui e delle comunità, nella unicità del pianeta e dell'ambiente in cui viviamo, nella proprietà pubblica e collettiva dei beni comuni.
Altro che "stabilità", come dice Renzi, e costruzione consapevole e razionale del futuro.
La vittoria di Cameron e dei Conservatori inglesi è un campanello d'allarme per chiunque vuole costruire un mondo nuovo, di pace e di cooperazione, di diritti e doveri uguali e universali.
La Democrazia è da preservare, consolidare e da estendere saldando partecipazione e giustizia sociale.
Per vincere Cameron ha alzato il livello dello scontro con l'Europa.
RispondiEliminaHa proposto un referendum sull'Unione ... Ed ora?
Oltre alla trattativa con la Grecia si apre il fronte con la Gran Bretagna.
Questa Europa va ripensata. Queste istituzioni e queste politiche non reggono più ... Altro che il potere dei sindacati nelle industrie e nelle scuole, evocato da Matteo e Maria Elena. Coraggio ragazzi, parliamo di cose serie!
pl
OK. Tanta propaganda.
RispondiEliminaUna Democrazia conservatrice non partecipata!
Nik
Paradossalmente direi che a Londra ed in Europa, prevale la stessa logica.
EliminaAll'interno, una democrazia di elite, distante dai popoli e dai loro problemi.
Fuori, potere e forza su cooperazione ed egemonia.
Cameron e Juncker, Merkel, Hollande e Renzi con le loro scelte politiche comunitarie e nazionali come hanno parlato a greci, palestinesi, egiziani, libici … ovvero ai migranti che fuggono per guerre e fame?
Raffa
Dopo Londra, Varsavia.
RispondiEliminaAnche la Polonia vota euroscettico ...
Troppi privilegi sociali non più sostenibili. Troppo potere a sindacati conservatori.
Ci vuole più libertà!
Sic
Rimango convinto che il proporzionale sia il sistema più rappresentativo e Democratico ed inoltre con quel sistema L'Italia ha goduto di 50 anni di continuità politica , cambiavano i governi ,ma la linea politica era sempre quella . Poi qualcuno ha pensato che il paese fosse ingovernabile ed è iniziato il declino .
RispondiEliminaGianni su Repubblica on line io ho trovato questo .
http://www.repubblica.it/static/speciale/2015/elezioni/regno_unito_gran_bretagna/riepilogo_regno_unito.html?refresh_cens
Ciao
G.
I segnali sono ripetuti.
RispondiEliminaQuesta Europa non regge.
Mancano risposte adeguate ai grandi problemi del nostro tempo: salvaguardia dei beni comuni, prevenzione ambientale, conversione industriale verso produzioni socialmente utili e sicure, equa distribuzione del lavoro, protezione sociale delle fasce deboli della popolazione, progressiva unificazione internazionale di fisco, redditi, diritti e doveri universali dei cittadini, servizi sociali essenziali, promozione della partecipazione organizzata dei cittadini alla vita delle istituzioni.
E si perseguono spese militari insostenibili, investimenti irrazionali in grandi opere, profitti e retribuzioni assurdi a super manager, restrizioni di diritti personali e collettivi, restrizioni discrezionali del credito a piccole imprese e cittadini, accentramento di potere nelle mani degli esecutivi e delle grandi imprese.
Procedendo lungo questa strada crolla la credibilità delle istituzioni comunitarie. Lo hanno detto i popoli chiamati al voto: dalla Grecia, alla Francia, alla Gran Bretagna, alla Polonia.
Si alimenta un processo contraddittorio che si compone di spinte interne alla disgregazione e di moderno autoritarismo.
Con la pretesa di dettare le scelte ai singoli Paesi (con l'esempio Greco) e di intervenire in aree di conflitto, senza strategie politiche chiare e verificabili.
L'ultimo esempio è quello "contro i trafficanti di esseri umani" per "impedire nuove tragedie del mare" e "bloccare i migranti sulle coste africane".
Un'azione ancora confusa, che evoca una prossima guerra libica.
Con quali sviluppi e prospettiva?
Parliamone. Chiediamo conto a Renzi, Alfano, Gentiloni e Pinotti!
Gianni
Segnalo un intervento di Tony Blair su la Repubblica di ieri. Una lettura interessante e interessata.
RispondiEliminahttp://spogli.blogspot.it/2015/05/repubblica-11_96.html
M.